[QUOTE=bleu80;430085][QUOTE=salvo80;429978]Valutazione delle rimanenze.(di prodotti finiti e materie prime;semilavorati,lavori in corso e titoli sono un capitolo a parte)
Proprio oggi ho studiato questo argomento dal falsitta e vi dico cosa ho capito io sperando di non averne fatto un' interpretazione completamente soggettiva ( in questo caso chi ne sa di più spero mi riprenda).
Nei principi contabili, l' art. 2426 c.c.(mmm..i principi contabili non sono il codice civile) dice che le rimanenze possono essere valutate o al costo di acquisto o di produzione, ovvero se minore, al valore di realizzo desumibile dal mercato (credo per il principio di prudenza).
Però nella maggioranza dei casi,(per i beni FUNGIBILI) la valutazione di cui sopra solo raramente si applica, considerate le difficoltà di una ricostruzione analitica dei costi dei singoli beni esistenti a fine esercizio, quindi ci viene in aiuto l' art, 2426 n°10 del c.c. il quale ci permette di valutare le rimanenze (di beni fungibili) con determinati criteri convenzionali: MEDIA PONDERATA, LIFO, FIFO.
La normativa tributaria( dice Falsitta) considera rilevante ai fini tributari il dato delle rimanenze che si evince dal bilancio d' esercizio, a prescindere dal criterio di valutazione usato dall' imprenditore .(bè io non direi così..la normativa tributaria intanto descrive un metodo adottabile,il lifo a scatti annuali.tuttavia riconosce anche i metodi costo medio ponderato,fifo e lifo in tutte le sue varianti di cui al codice civile.se si applicano questi metodi,il valore minimo ammesso è quello derivente dalla corretta applicazione di tali metodi.punto e basta anche se il dato risultante dall' applicazione di questi metodi risulta inferiore a quello derivante dal lifo a scatti?se per caso si applicano altri metodi, si possono applicare altri metodi diversi da queli previsti dal codice civile per la valutazione delle rimanenze? il valore minimo è quello che risulterebbe dall' applicazione del lifo a scatti annuali,tuttavia se la valutazione fatta in bilancio con l'applicazione di questi metodi NON RICONOSCIUTI è superiore ai minimi fiscali ,NON si può fare nessuna svalutazione.
QUALORA POI la valutazione al valore normale sia inferiore a quelle di cui sopra,e solo in questo caso,e possibile svalutare fino a quel valore,che diventa così il minimo riconosciuto)
La normativa tributaria, dal canto suo, predispone un dispositivo di salvaguardia, credo per evitare elusioni varie, stabilendo un valore minimo delle rimanenze finali.
Se il valore delle rimanenze risultante dal bilancio è inferiore al valore minimo stabilito fissato dal tuir,(che ricordiamo da per buono il valore ottenuto coi metodi del codice civile)l'imprenditore deve correggere la dichiaraz dei redd apportando una variazione in aumento.
Se il valore delle rim. indicato in bilancio (se tale valore è stato ottenuto con metodi diversi da quelli riconosciuti) è maggiore del valore minimo previsto dal tuir conta il primo valore ( il maggiore) anche nell' ambito tributario.
A questo punto è essenziale capire quanto è effetivame questo valore minimo.(no lo abbiamo già capito!!)
A QUESTO PUNTO STAI DESCRIVENDO IL LIFO A SCATTI!!!!
Nel primo esercizio in cui si verificano le rimanenze il valore minimo si ottiene valutando le rimanenze con il criterio della media ponderata.
Nell' esercizio successsivo se la giacenze delle rimanenze è aumentata, la maggiore quantità, da vita ad una voce distinta valutata sempre col criterio della media ponderata e così via per il terzo esercizio...
(si vengono a formare diversi strati corrispondenti alle rimanenze aggiuntive di esercizio in esercizio)
Se invece in un esercizio la quantità delle giacenze diminuisce, la dimuzione si imputa agli incrementi formatisi negli esercizi precedenti, a partire dal più recente, secondo il paradigma "ultimo entrato, primo uscito)
Grazie
SPERIAMO BENE.
Proprio oggi ho studiato questo argomento dal falsitta e vi dico cosa ho capito io sperando di non averne fatto un' interpretazione completamente soggettiva ( in questo caso chi ne sa di più spero mi riprenda).
Nei principi contabili, l' art. 2426 c.c.(mmm..i principi contabili non sono il codice civile) dice che le rimanenze possono essere valutate o al costo di acquisto o di produzione, ovvero se minore, al valore di realizzo desumibile dal mercato (credo per il principio di prudenza).
Però nella maggioranza dei casi,(per i beni FUNGIBILI) la valutazione di cui sopra solo raramente si applica, considerate le difficoltà di una ricostruzione analitica dei costi dei singoli beni esistenti a fine esercizio, quindi ci viene in aiuto l' art, 2426 n°10 del c.c. il quale ci permette di valutare le rimanenze (di beni fungibili) con determinati criteri convenzionali: MEDIA PONDERATA, LIFO, FIFO.
La normativa tributaria( dice Falsitta) considera rilevante ai fini tributari il dato delle rimanenze che si evince dal bilancio d' esercizio, a prescindere dal criterio di valutazione usato dall' imprenditore .(bè io non direi così..la normativa tributaria intanto descrive un metodo adottabile,il lifo a scatti annuali.tuttavia riconosce anche i metodi costo medio ponderato,fifo e lifo in tutte le sue varianti di cui al codice civile.se si applicano questi metodi,il valore minimo ammesso è quello derivente dalla corretta applicazione di tali metodi.punto e basta anche se il dato risultante dall' applicazione di questi metodi risulta inferiore a quello derivante dal lifo a scatti?se per caso si applicano altri metodi, si possono applicare altri metodi diversi da queli previsti dal codice civile per la valutazione delle rimanenze? il valore minimo è quello che risulterebbe dall' applicazione del lifo a scatti annuali,tuttavia se la valutazione fatta in bilancio con l'applicazione di questi metodi NON RICONOSCIUTI è superiore ai minimi fiscali ,NON si può fare nessuna svalutazione.
QUALORA POI la valutazione al valore normale sia inferiore a quelle di cui sopra,e solo in questo caso,e possibile svalutare fino a quel valore,che diventa così il minimo riconosciuto)
La normativa tributaria, dal canto suo, predispone un dispositivo di salvaguardia, credo per evitare elusioni varie, stabilendo un valore minimo delle rimanenze finali.
Se il valore delle rimanenze risultante dal bilancio è inferiore al valore minimo stabilito fissato dal tuir,(che ricordiamo da per buono il valore ottenuto coi metodi del codice civile)l'imprenditore deve correggere la dichiaraz dei redd apportando una variazione in aumento.
Se il valore delle rim. indicato in bilancio (se tale valore è stato ottenuto con metodi diversi da quelli riconosciuti) è maggiore del valore minimo previsto dal tuir conta il primo valore ( il maggiore) anche nell' ambito tributario.
A questo punto è essenziale capire quanto è effetivame questo valore minimo.(no lo abbiamo già capito!!)
A QUESTO PUNTO STAI DESCRIVENDO IL LIFO A SCATTI!!!!
Nel primo esercizio in cui si verificano le rimanenze il valore minimo si ottiene valutando le rimanenze con il criterio della media ponderata.
Nell' esercizio successsivo se la giacenze delle rimanenze è aumentata, la maggiore quantità, da vita ad una voce distinta valutata sempre col criterio della media ponderata e così via per il terzo esercizio...
(si vengono a formare diversi strati corrispondenti alle rimanenze aggiuntive di esercizio in esercizio)
Se invece in un esercizio la quantità delle giacenze diminuisce, la dimuzione si imputa agli incrementi formatisi negli esercizi precedenti, a partire dal più recente, secondo il paradigma "ultimo entrato, primo uscito)
Grazie
SPERIAMO BENE.
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