e gli altri tre???????? assenti o certificato???
annuncio
Comprimi
Ancora nessun annuncio.
ORALE LOMBARDIA (8 Novembre2010)
Comprimi
Questa è una discussione evidenziata.
X
X
-
Originariamente inviato da annalisa788 Visualizza il messaggioe gli altri tre???????? assenti o certificato???
Se non ricordo male non ho visto nessun assente segnato nel foglio di oggi.
Commenta
-
Originariamente inviato da noby Visualizza il messaggioragazzi come rispondete alla domanda:beni merce e beni strumentali,implicazioni reddituali....
L’art. 86 attrae nel suo ambito applicativo tutti i beni diversi dai beni merce come la cessione a titolo oneroso beni strumentali all’esercizio dell’impresa che sono ammortizzabili / beni non ammortizzabili purché non merce[1] / risarcimenti / e la destinazione di beni a finalità extra- imprenditoriali à cioè riguardano i beni relativi all’impresa diversi da quelli indicati nell’art. 85 ed infatti:
1)i beni “merce” generano ricavi
2)i beni di natura diversa dai beni “merce” generano plusvalenze
NeNel caso di conferimento di beni merce la plusvalenza è determinata quale differenza tra:
A)il valore normale dei beni ricevuti (corrispettivo conseguito)
e il costo non ammortizzato del bene trasferito al 3°.
L’ambito applicativo riguardante le minusvalenze e le perdite di beni è lo stesso delle plusvalenze patrimoniali à riguarda tutti i beni diversi dai beni merce, che essi siano ammortizzabili o meno.
I minori valori dei beni “merce”, infatti, concorrono in negativo alla formazione del reddito d’impresa quali decrementi delle rimanenze valutate al termine del periodo d’imposta.
Ai sensi dell’art. 86 co. 1, generano plusvalenze i beni diversi da quelli “merce”, all’atto:
1)della cessione a titolo oneroso e relative fattispecie assimilate (permuta, conferimento ecc)
2)della liquidazione del risarcimento assicurativo a fronte della perdita o del danneggiamento
3)dell’assegnazione ai soci e destinazione a finalità estranee all’esercizio dell’impresa.
Tali plusvalenze sono determinate in base alla differenza tra:
1)corrispettivo (o indennizzo) percepito meno costo ammortizzato, nei primi 2 casi
2)valore normale meno costo ammortizzato, nel 3° caso.
· Qualora, al verificarsi degli eventi sopra indicati, il corrispettivo o il valore normale siano inferiori al costo fiscale, l’eccedenza è ammessa in deduzione quale minusvalenza.
· la deducibilità delle minusvalenze è riconosciuta nei soli casi di cessione a titolo oneroso e di risarcimento.
[1] Esempio: i terreni e gli immobili patrimoniali detenuti dalle imprese immobiliari di gestione.
Commenta
-
Originariamente inviato da gionnigg Visualizza il messaggioL’art. 86 detta i criteri generali di imputazione delle plusvalenze à regolando le fattispecie imponibili e i relativi criteri di imposizione
L’art. 86 attrae nel suo ambito applicativo tutti i beni diversi dai beni merce come la cessione a titolo oneroso beni strumentali all’esercizio dell’impresa che sono ammortizzabili / beni non ammortizzabili purché non merce[1] / risarcimenti / e la destinazione di beni a finalità extra- imprenditoriali à cioè riguardano i beni relativi all’impresa diversi da quelli indicati nell’art. 85 ed infatti:
1)i beni “merce” generano ricavi
2)i beni di natura diversa dai beni “merce” generano plusvalenze
NeNel caso di conferimento di beni merce la plusvalenza è determinata quale differenza tra:
A)il valore normale dei beni ricevuti (corrispettivo conseguito)
e il costo non ammortizzato del bene trasferito al 3°.
L’ambito applicativo riguardante le minusvalenze e le perdite di beni è lo stesso delle plusvalenze patrimoniali à riguarda tutti i beni diversi dai beni merce, che essi siano ammortizzabili o meno.
I minori valori dei beni “merce”, infatti, concorrono in negativo alla formazione del reddito d’impresa quali decrementi delle rimanenze valutate al termine del periodo d’imposta.
Ai sensi dell’art. 86 co. 1, generano plusvalenze i beni diversi da quelli “merce”, all’atto:
1)della cessione a titolo oneroso e relative fattispecie assimilate (permuta, conferimento ecc)
2)della liquidazione del risarcimento assicurativo a fronte della perdita o del danneggiamento
3)dell’assegnazione ai soci e destinazione a finalità estranee all’esercizio dell’impresa.
Tali plusvalenze sono determinate in base alla differenza tra:
1)corrispettivo (o indennizzo) percepito meno costo ammortizzato, nei primi 2 casi
2)valore normale meno costo ammortizzato, nel 3° caso.
· Qualora, al verificarsi degli eventi sopra indicati, il corrispettivo o il valore normale siano inferiori al costo fiscale, l’eccedenza è ammessa in deduzione quale minusvalenza.
· la deducibilità delle minusvalenze è riconosciuta nei soli casi di cessione a titolo oneroso e di risarcimento.
[1] Esempio: i terreni e gli immobili patrimoniali detenuti dalle imprese immobiliari di gestione.
Commenta
-
Originariamente inviato da todajoia Visualizza il messaggiociao paola....potresti spiegarmi l'abuso del diritto...ho sentito che ne hai parlato ...cosa bisogna dire... sei stata bravissima oggi...
Con l'espressione abuso del diritto si indica un limite all'esercizio del diritto soggettivo, che altrimenti sarebbe potenzialmente illimitato. Si ha abuso quando il soggetto titolare del diritto soggettivo lo esercita in maniera anormale, o comunque per scopi che non rientrano nel novero di quelli considerati dall'ordinamento giuridico quando questo diritto soggettivo ha previsto e riconosciuto.
Nel nostro ordinamento giuridico non si rinviene alcuna norma a carattere generale che vieti l'abuso del diritto. In materia tributaria, la Corte di Cassazione, Sezione Tributaria Civile, con Sentenza del 13 maggio 2009 n.10981, ha chiarito (ribadito e secondo alcuni, innovato) la disciplina del cosiddetto "Divieto di abuso del (di) diritto". Questa sentenza, che produce e produrrà effetti anche importanti per quanto attiene al rapporto contribuenti/fisco, sancisce che "il divieto di abuso del diritto si traduce in un principio generale antielusivo, il quale preclude al contribuente il conseguimento di vantaggi fiscali ottenuti mediante l'uso distorto, pur se non contrastante con alcuna specifica disposizione, di strumenti giuridici idonei ad ottenere un'agevolazione o un risparmio d'imposta, in difetto di ragioni economicamente apprezzabili che giustifichino l'operazione, diverse dalla mera aspettativa di quei benefici. Tale principio trova fondamento, in tema di tributi non armonizzati, nei principi costituzionali di capacità contributiva e di progressività dell'imposizione, e non contrasta con il principio della riserva di legge, non traducendosi nell'imposizione di obblighi patrimoniali non derivanti dalla legge stessa, bensì nel disconoscimento degli effetti abusivi di negozi posti in essere al solo scopo di eludere l'applicazione di norme fiscali. Esso comporta l'inopponibilità del negozio all'Amministrazione finanziaria, per ogni profilo di indebito vantaggio tributario che il contribuente pretenda di far discendere dall'operazione elusiva, anche diverso da quelli tipici eventualmente presi in considerazione da specifiche norme antielusive entrate in vigore in epoca successiva al compimento dell'operazione".
Vi sono inoltre alcune norme nel campo dei diritti reali che disciplinano casi particolari di abuso, ad esempio il divieto, posto a carico del proprietario di un fondo, di compiere atti emulativi, cioè di quegli atti, pure rientranti nelle facoltà del proprietario, che non abbiano altro scopo se non quello di nuocere o recar molestia al proprio vicino.
;-))))))))))))))))))))))))))))))))
Commenta
-
Originariamente inviato da hope2 Visualizza il messaggioCon l'espressione abuso del diritto si indica un limite all'esercizio del diritto soggettivo, che altrimenti sarebbe potenzialmente illimitato. Si ha abuso quando il soggetto titolare del diritto soggettivo lo esercita in maniera anormale, o comunque per scopi che non rientrano nel novero di quelli considerati dall'ordinamento giuridico quando questo diritto soggettivo ha previsto e riconosciuto.
Nel nostro ordinamento giuridico non si rinviene alcuna norma a carattere generale che vieti l'abuso del diritto. In materia tributaria, la Corte di Cassazione, Sezione Tributaria Civile, con Sentenza del 13 maggio 2009 n.10981, ha chiarito (ribadito e secondo alcuni, innovato) la disciplina del cosiddetto "Divieto di abuso del (di) diritto". Questa sentenza, che produce e produrrà effetti anche importanti per quanto attiene al rapporto contribuenti/fisco, sancisce che "il divieto di abuso del diritto si traduce in un principio generale antielusivo, il quale preclude al contribuente il conseguimento di vantaggi fiscali ottenuti mediante l'uso distorto, pur se non contrastante con alcuna specifica disposizione, di strumenti giuridici idonei ad ottenere un'agevolazione o un risparmio d'imposta, in difetto di ragioni economicamente apprezzabili che giustifichino l'operazione, diverse dalla mera aspettativa di quei benefici. Tale principio trova fondamento, in tema di tributi non armonizzati, nei principi costituzionali di capacità contributiva e di progressività dell'imposizione, e non contrasta con il principio della riserva di legge, non traducendosi nell'imposizione di obblighi patrimoniali non derivanti dalla legge stessa, bensì nel disconoscimento degli effetti abusivi di negozi posti in essere al solo scopo di eludere l'applicazione di norme fiscali. Esso comporta l'inopponibilità del negozio all'Amministrazione finanziaria, per ogni profilo di indebito vantaggio tributario che il contribuente pretenda di far discendere dall'operazione elusiva, anche diverso da quelli tipici eventualmente presi in considerazione da specifiche norme antielusive entrate in vigore in epoca successiva al compimento dell'operazione".
Vi sono inoltre alcune norme nel campo dei diritti reali che disciplinano casi particolari di abuso, ad esempio il divieto, posto a carico del proprietario di un fondo, di compiere atti emulativi, cioè di quegli atti, pure rientranti nelle facoltà del proprietario, che non abbiano altro scopo se non quello di nuocere o recar molestia al proprio vicino.
;-))))))))))))))))))))))))))))))))
un altro mostro!!
L'unica asinella sono io
Commenta
-
Originariamente inviato da todajoia Visualizza il messaggiociao paola....potresti spiegarmi l'abuso del diritto...ho sentito che ne hai parlato ...cosa bisogna dire... sei stata bravissima oggi...
allora, premetto:
- io non sono paola (ma forse l'avrai già capito)
- sperando che abbia detto tutto questo all'orale
- sperando di non violare un copyright
- ti riporto un suo intervento sulla questione:
Abuso del diritto : intanto il concetto di abuso del diritto, non espressamente codificato, ma desumibile dal dovere di solidarietà ex art. 2 Cost., nasce e si pone come correttivo alla tutela illimitata riconosciuta al diritto soggettivo in relazione al quale vi è appunto il dovere di non abusarne.
In ambito tributario l’idea di abuso del diritto è , come dice Tesauro, “simmetrica” a quella di elusione : cioè il contribuente non applica l’atto o il contratto giusto per quel tipo di operazione economica ( perché gli costerebbe troppo e qui c’è il profilo dell’elusione ) ma applica altro strumento giuridico per ottenere un risparmio fiscale indebito ( e qui c’è l’abuso del diritto perché l’operazione economica reale non coincide con quella solitamente perseguita dal contratto fiscalmente più favorevole ) realizzando sostanzialmente un risparmio di imposta illecito.
Asimmetria impianto normativo antielusivo tra II.DD. ed IVA : in estrema sintesi il fatto è che per le II.DD. abbiamo il 37 bis come norma antielusiva espressa ( NON GENERALE ) mentre per l’IVA non abbiamo alcuna norma antielusiva e qui interviene nel 2008 una prima sentenza della Cassazione che riconosce l’applicabilità dell’abuso del diritto nel sistema dell’Iva ( cioè l’amministrazione può richiedere, con effetto retroattivo, il rimborso delle somme indebitamente detratte) in quanto clausola generale antielusiva espressione di un principio di diritto comunitario e quindi applicabile anche nel sistema nazionale ed anche in assenza di una specifica normativa interna ( la corte di giustizia nel 2006 riconosce l’esistenza di una clausola generale antiabuso in base alla quale un’operazione può essere colpita come elusiva anche solo per l’effetto che produce ossia quello di violare una norma che non può essere elusa a prescindere dalle valide ragioni economiche ).
Invece per le II.DD. la Cassazione ( con 3 sentenze del novembre 2008) riconosce si l’esistenza di una clausola generale antielusiva ma basandola non su principi comunitari e quindi non sull’abuso del diritto, vincolanti anche in Italia ma per l’Iva, quanto piuttosto sul principio costituzionale di capacità contributiva il quale costituisce il fondamento tanto delle norme impositive quanto di quelle di vantaggio per il contribuente… il principio della capacità contributiva tutela l’esigenza pubblica di evitare vantaggi fiscali indebiti per l’uso distorto di strumenti giuridici senza valide ragioni economiche… in sostanza il dovere di ciascuno di concorrere in relazione alla propria capacità contributiva significa che il prelievo fiscale deve corrispondere alla sostanza economica dell’operazione posta in essere.
In materia di II.DD. norme antielusive particolarmente importanti sono :
- in caso di fusione per incorporazione la limitata possibilità di deduzione delle perdite dell’incorporata e ciò all’evidente scopo di evitare il commercio delle bare fiscali ossia l’acquisto di società in perdita solo allo scopo di dedursi, dopo la fusione, le sue eccedenze di perdite e di interessi passivi riportati in avanti ( art. 172, comma 7
- la disciplina del transfer price nei trasferimenti infragruppo ( art. 110, comma 7 ) in base alla quale i prezzi di trasferimento sono rilevati al valore normale e non al valore pattuito ( io società italiana potrei pattuire con una mia collegata estera a fiscalità privilegiata un prezzo di trasferimento di un bene a 100.000 euro quando invece ne vale 50.000 per cui il risultato finale è quello di far uscire soldi ( ossia utili ) che dovrebbero essere tassati in Italia e che invece vanno a finire chissà dove e tassati in modo irrisorio).
- la disciplina CFC con tassazione dei dividendi di fonte estera a fiscalità privilegiata secondo il principio di trasparenza e non per cassa ( se e quanto ne percepisci ).
- la disciplina delle società di comodo ( qui occorrerà fare un discorso a parte) : imputazione presunta di redditi salvo esperire interpello disapplicativo e salvi i casi di esclusione previsti dalla legge oppure da provvedimenti del Direttore A.E.
- naturalmente la disciplina dei Dividend washing ( art. 109, comma 3 bis)
Ciao
Commenta
Commenta