Originariamente inviato da Nazarin
Visualizza il messaggio
Ho letto dei timori avanzati da qualcuno qui sul forum sulle condizioni igienico - sanitarie delle celle, e li trovo sconcertanti proprio perchè se abbiamo studiato tanto le funzioni dell'educatore penitenziario, che pensiamo di andare in carcere e trovare una realtà già "cambiata", già bella infiocchettata per noi??? Perchè, invece, non ci poniamo la domanda se saremo capaci di saper aiutare, ascoltare le persone,i detenuti. Avremo bisogno di tutti gli operatori, perchè per noi è una realtà nuova (almeno lo è per me!) .
Dovremo percorrere con i detenuti le vicende della loro vita personale per offrire un programma di recupero e saper essere modelli di riferimento. Il nostro aiuto può fare veramente tanto ed io ,mi sono sempre detta, se anche se fossi stata d'aiuto ad una sola persona sarei contenta perchè avrei dato la possibilità di vivere a chi altrimenti sarebbe rimasta relegata ad una condizione di sopravvivenza.
Voglio qui raccontare un'esperienza maturata in questi ultimi anni nell'associazione di volontariato di cui faccio parte: mi trovavo in servizio e, con la mia squadra, andiamo a soccorrere una persona in stato di evidente shock. Nonostante il nostro pronto intervento l'ospedale non ha voluto accogliere quella persona, perchè ubriaca e riconosciuta per essere una vagabonda. Così è stata volutamente lasciata andare via dall'ospedale. Ecco, io ho cercato di riprendere questa persona "senza tetto" e di portarla in altra struttura, ma da persone mie colleghe che hanno maturato già altri anni di servizio mi sono sentita rispondere...lasciamo stare, abbiamo finito il turno e dobbiamo andare, e poi siamo gà tutte sporche!
Ora, sebbene il racconto riguarda la vicenda in un servizio di volontariato, quello che resta è la disposizione delle persone nei rispettivi ruoli professionali. Così, nel lavoro di educatore (e concordo con Nazarin a considerarlo Lavoro) ritengo sia necessario una predisposizione personale all'ascolto, alla pazienza, all'umiltà di conseguire risultati che devono partire innanzitutto dall'uomo, in primis il detenuto al quale ci rivolgiamo. Questo lo dico perchè sento forte che la maggiore gratificazione personale che da questo lavoro possiamo trarre è quello di contribuire alla realizzazione completa dell'uomo, prima ancora dello stipendio! Altrimenti potevamo partecipare ad altri concorsi o fare altro nella vita! Per questo mi sento di dire che forse è anche importante riflettere su come si è arrivati a questo concorso, alle nostre motivazioni interiori ed alle nostre aspirazioni perchè, oltre al "senso di civiltà" di cui parla Nazarin, è anche questione di coscienza personale nell'assumere un ruolo professionale tanto delicato per il bene comune...
Nell'attesa comune......un forte abbraccio!!!
Commenta