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concorso agenzia delle entrate 2015 - 892 posti per funzionari amministrativi

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    Originariamente inviato da ROL Visualizza il messaggio
    L’accertamento sintetico è lo strumento accertativo con il quale l’Amministrazione finanziaria, nell’ambito dell’attività di controllo nei confronti delle persone fisiche, determina il reddito complessivo del contribuente ai fini Irpef, prescindendo dalla individuazione della categoria reddituale che ne è fonte.

    Un aspetto peculiare di questo strumento riguarda l’ampio raggio di applicabilità, considerato che ne possono essere destinatari i contribuenti persone fisiche indipendentemente dal fatto che siano o meno soggetti obbligati alla tenuta delle scritture contabili.

    In presenza di determinate condizioni, avvalendosi di una presunzione legale relativa, sono legittimati a risalire da un fatto noto, individuabile in una manifestazione di capacità contributiva del soggetto controllato, a un fatto ignoto, cioè all’esistenza di un reddito non dichiarato o di un maggior reddito imponibile rispetto a quello dichiarato.

    Prima della pronuncia del garante era più netta la distinzione tra l’accertamento sintetico in senso stretto e l’accertamento redditometrico, collocati, rispettivamente, ai commi 4 e 5 del nuovo articolo 38.

    Ai sensi del nuovo comma 4, il reddito sintetico può essere determinato sulla base delle “spese di qualsiasi genere sostenute nel corso del periodo d’imposta”.
    Dall’esame della norma, dunque, emerge un importante dato: ai fini dell’accertamento sintetico, assume rilievo (secondo il principio di cassa) qualsiasi spesa sostenuta nell’anno d’imposta, l’assunto è dunque (spesa sostenuta = reddito tassabile).

    Per l’emissione dell’avviso di accertamento sintetico si richiede uno scostamento di almeno il 20% del reddito complessivo determinabile sinteticamente rispetto a quello dichiarato

    Al contribuente continua a essere riconosciuta, nell’ottica dell’inversione dell’onere della prova che caratterizza il principio della presunzione legale relativa, la possibilità di dimostrare che il reddito determinato sinteticamente sia comunque compatibile con il reddito dichiarato

    Gli uffici saranno normativamente obbligati - ex articolo 38, comma 7 - a “invitare il contribuente… a fornire notizie rilevanti ai fini dell’accertamento e, successivamente, di avviare il procedimento di accertamento con adesione ai sensi dell’art. 5 del decreto legislativo 19 giugno 1997, n. 218” .

    Relativamente all’aspetto procedimentale, la disciplina dell’accertamento sintetico deve essere coordinata con la previsione di cui all’articolo 18 del Dl 78/2010, che, modificando l’articolo 44 del Dpr 600/1973, ha previsto l’obbligo per l’Agenzia delle Entrate di inviare una preventiva comunicazione al Comune di residenza del controllato prima dell’emissione dell’avviso di accertamento sintetico; a sua volta, il Comune dovrà rispondere entro sessanta giorni, segnalando ogni elemento utile alla determinazione del reddito complessivo.

    Viene riconosciuta la deducibilità dal reddito complessivo determinato sinteticamente degli oneri previsti dall’articolo 10 del Tuir, nonché delle detrazioni dall’imposta lorda previste dalla legge per gli oneri sostenuti dal contribuente.
    Ciò è da collegare al fatto che il reddito determinato sinteticamente assume nella nuova formulazione normativa la configurazione di un “reddito complessivo”, anche in relazione alle modalità di determinazione ( e non al “reddito complessivo netto”.)



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      Il ReddiTest - E’ uno strumento di compliance che serve a orientare il contribuente sulla coerenza tra il reddito del proprio nucleo familiare e le spese sostenute nell’anno.Per dare inizio al test occorre indicare la composizione della famiglia e il comune di residenza. Vanno poi inserite le spese più significative sostenute dal nucleo familiare durante l’anno. Le voci di spesa sono state aggregate in 7 macro-categorie: abitazione,mezzi di trasporto, assicurazioni e contributi, istruzione, tempo libero e cura della persona, spese varie, investimenti immobiliari e mobiliari netti. Terminata la compilazione, appare un messaggio di coerenza (“semaforo” verde) o di incoerenza(“semaforo” rosso).
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        NOTIFICHE CARTELLE E AZIENDE IN CRISI: I NUOVI TERMINI

        Nel nostro ordinamento le procedure concorsuali sono previste in riferimento a determinati soggetti che presentano precise caratteristiche dimensionali; per altri come imprenditori agricoli, le piccole imprese, soggetti privati, che invece sono esclusi da tali procedure, sono presenti altri tipi di istituti che consentono comunque di affrontare in maniera efficace lo stato di crisi.


        In riferimento a tali situazioni, il D.Lgs. 159/2015 ha introdotto alcune novità relative alla notifica delle cartelle esattoriali ad aziende che versano in stato di crisi aziendale o personale. Il Decreto ha portato un’integrazione dei termini ai fini della notifica di cartelle esattoriali legate ai controlli automatici (art.36 bis del D.P.R. n° 600/73 e 54 bis del D.P.R. n.633/72), ovvero del controllo formale delle dichiarazioni;
        Al primo comma dell’art. 4 modifica quanto riportato nell’art. 25 del D.P.R.. 29 settembre 1973, affermando che il termine per la notifica della cartella di pagamento relative a somme derivanti da inadempimenti di pagamenti rateali conseguenti ai controlli automatici, è il 31 dicembre del terzo anno successivo a quello in cui scade l’ultima rata del piani di rateazione.



        Concordato preventivo – con riferimento ai contribuenti in procedura di concordato preventivo, è previsto che la notifica delle cartelle relative a debiti, non iscritti a ruolo, sorti prima della pubblicazione della richiesta di ammissione alla procedura, deve avvenire entro il 31 dicembre del terzo anno successivo alla pubblicazione del decreto che revoca l’ammissione alla procedura, ovvero che comunica la mancata accettazione, o successivo alla sentenza che dichiara la risoluzione o l’annullamento del concordato.

        Accordi di ristrutturazione e proposta di transazione fiscale – per quanto riguarda i crediti
        rientranti in un accordo di ristrutturazione dei debiti, o in caso di proposta di transazione fiscale, sempre lo stesso D.Lgs. prevede che per i creditirientranti nell'accordo di ristrutturazione dei deb iti di cui all'articolo 182-b is del Regio Decreto 16 marzo1942, n. 267, o proposta di transazione fiscale di cui all'articolo 182-ter dello stesso decreto, non ancora iscritti a ruolo alla data di presentazione della richiesta di transazione, la notifica della cartella di pagamento deve avvenire entro il 31 dicemb re del terzo anno successivo alla scadenza del termine previsto per il pagamento degli enti creditori, ovvero alla pubblicazione della sentenza che dichiara l'annullamento dell'accordo;

        Accordi di composizione della crisi da sovraindebitamento o proposta di piano del consumatore - Per i soggetti non fallibili, e quindi, per coloro che possono ricorrere agli accordi di
        composizione della crisi da sovraindebitamento o di proposta di piano del consumatore, per i crediti non ancora iscritti a ruolo, anteriori alla data di pubblicazione della proposta di accordo di composizione della crisi da sovraindebitamento o della proposta di piano del consumatore, la notifica deve avvenire entro il 31 dicembre del terzo anno successivo alla pubblicazione del decreto che dichiara la risoluzione o l'annullamento dell'accordo di composizione della crisi da sovraindebitamento, ovvero la cessazione degli effetti dell'accordo o successivo alla pubblicazione del decreto che revoca o dichiara la cessazione degli effetti del piano del consumatore.


        Fallimento – Se in seguito alla chiusura delle procedure sopra indicate, dovesse sopravvenire il fallimento, quindi solo per i soggetti fallibili, si procede all’insinuazione al passivo senza che sia necessaria la notifica della cartella di pagamento.

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          Originariamente inviato da ROL Visualizza il messaggio
          Il D.lgs. 158/2015, in vigore il 1° gennaio 2016, ha esteso a tutti i trasferimenti d’azienda,
          compresi i conferimenti, la responsabilità solidale per i debiti tributaria tra cedente e
          cessionario, rendendo dunque ampia l’applicazione dell’articolo 14, D.Lgs. 472/1997.

          La responsabilità tributaria nella cessione d’azienda - Per
          contrastare l’adozione di comportamenti elusivi nell’ambito di operazioni di cessione d’azienda, l’articolo 14, D.Lgs. 472/1997, dispone la responsabilità solidale tra cedente e cessionario, relativamente a talune obbligazione
          tributarie.

          La richiamata disposizione recita testualmente “Il cessionario è responsabile in solido, fatto salvo il

          beneficio della preventiva escussione del cedente ed entro i limiti del valore dell’azienda o del ramo d’azienda, per il pagamento dell’imposta e delle sanzioni riferibili alle violazioni commesse nell’anno in cui è avvenuta la cessione e nei due precedenti, nonché per quelle già irrogate e contestate nel medesimo periodo anche se riferite a violazioni commesse in epoca anteriore”.
          Per rafforzare le tutele dell’Amministrazione Finanziaria, si prevede la possibilità che la stessa possa rivalersi su entrambi i soggetti, cedente e cessionario, nell’ambito di un’operazione di cessione d’azienda, relativamente a:
          - imposte e sanzioni inerenti a violazioni commesse nell’anno in cui è avvenuta la cessione d’azienda e nei due anni precedenti; in tal caso, la responsabilità solidale si applica anche per violazioni non contestate dall’Amministrazione Finanziaria;
          - imposte e sanzioni già irrogate e contestate, relativi a periodi precedenti il secondo anno a
          quello in cui è avvenuto il trasferimento d’azienda.

          Le tutele del cessionario - La responsabilità tributaria solidale tra cedente e cessionario
          d’azienda è mitigata dalle stesse disposizioni dell’articolo 14, D.Lgs. 472/1997, che prevedono:
          -la preventiva escussione del cedente;-la solidarietà del cessionario entro i limiti del valore dell’azienda o del ramo d’azienda acquisito.

          Entrambe le questioni sono state dettagliatamente affrontate dall’Amministrazione
          Finanziaria nella C.M. 180/E/1998.
          In merito al primo aspetto, il citato documento di prassi chiarisce che “il beneficio della previa
          escussione accordato al cessionario, impone all'ufficio o all'ente di procedere, anzitutto, in via esecutiva nei confronti del cedente. Chiusa questa fase, il credito (residuo) può essere fatto valere nei confronti del cessionario”.
          In merito alla seconda questione, il disposto congiunto del primo e del secondo comma dell’art. 14, D.Lgs. 472/1997 dispone che la responsabilità solidale del cessionario è pari al valore dell’azienda o ramo d’azienda trasferita o, se minore,il valore dei debiti del cedente nei confronti dell’Amministrazione finanziaria alla data del trasferimento dell’azienda e risultante agli Uffici.

          Il certificato dei carichi pendenti – Gli uffici dell’Amministrazione Finanziaria sono tenuti a
          rilasciare, su richiesta dell'interessato, un certificato sull’esistenza di contestazioni in corso e di quelle già definite per le quali i debiti non sono stati soddisfatti.
          Il certificato, se negativo, ha pieno effetto liberatorio del cessionario, del pari liberato ove il certificato non sia rilasciato entro quaranta giorni dalla richiesta.

          Le tutele del cessionario e la cessione in frode al fisco - La responsabilità del cessionario non è
          soggetta alle limitazioni analizzate qualora la cessione sia stata attuata in frode dei crediti tributari, ancorché essa sia avvenuta con trasferimento frazionato di singoli beni. La frode si presume, salvo prova contraria, quando il trasferimento sia effettuato entro sei mesi dalla constatazione di una violazione penalmente rilevante.
          In sostanza, qualora si verifichi la c.d. cessione in frode al fisco, il cessionario risponderà in solido con il cedente, senza la necessità della preventiva escussione di quest’ultimo e senza limiti quantitativi. In tale ipotesi, il certificato dei carichi pendenti non produrrà alcun effetto liberatorio per il cessionario.
          Quando non si applica la responsabilità solidale –Il suddetto impianto normativo non trova applicazione quando la cessione d’azienda avviene nell'ambito di una procedura concorsuale, di un accordo di ristrutturazione dei debiti di cui all'articolo 182-bis del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, di un piano attestato ai sensi dell'articolo 67, terzo comma, lettera d), del predetto decreto o di un procedimento di composizione della crisi da sovraindebitamento o di liquidazione del patrimonio.

          Il suddetto impianto normativo troverà applicazione, già dal 1° gennaio 2016, in tutti i casi di trasferimento d’azienda, compreso i conferimenti. Si tratta in sostanza di una estensione delle disposizioni dell’articolo 14, D. Lgs. 472/1997, finalizzata a contrastare l’adozione di comportamenti elusivi nell’ambito di tutte le operazioni di trasferimento d’azienda.
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            In vigore dal 01/01/2011
            Modificato da: Legge del 13/12/2010 n. 220 Articolo 1
            1. Senza pregiudizio dell'ulteriore azione accertatrice nei termini stabiliti dall'articolo 43, i competenti uffici dell'Agenzia delle entrate, qualora dalle attivita` istruttorie di cui all'articolo 32, primo comma, numeri da 1) a 4), nonche' dalle segnalazioni effettuati dalla Direzione centrale accertamento, da una Direzione regionale ovvero da un ufficio della medesima Agenzia ovvero di altre Agenzie fiscali, dalla Guardia di finanza o da pubbliche amministrazioni ed enti pubblici oppure dai dati in possesso dell'anagrafe tributaria, risultino elementi (certi? presunti?) che consentono di stabilire l'esistenza di un reddito non dichiarato o il maggiore ammontare di un reddito parzialmente dichiarato, che avrebbe dovuto concorrere a formare il reddito imponibile, compresi i redditi da partecipazioni in societa', associazioni ed imprese di cui all'articolo 5 del testo unico delle imposte sui redditi, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, o l'esistenza di deduzioni, esenzioni ed agevolazioni in tutto o in parte non spettanti, nonche' l'esistenza di imposte o di maggiori imposte non versate, escluse le ipotesi di cui agli articoli 36-bis e 36-ter, possono limitarsi ad accertare, in base agli elementi predetti, il reddito o il maggior reddito imponibili, ovvero la maggiore imposta da versare, anche avvalendosi delle procedure previste dal decreto legislativo 19 giugno 1997, n. 218. Non si applica la disposizione dell'articolo 44.


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              DISAVANZO

              La ragione economica alla base del disavanzo, ne determina il trattamento contabile: se il maggior valore è legato ad un effettivo valore economico dell’incorporata, esso va imputato agli elementi dell’attivo e del passivo “ove possibile” della società incorporante e ad avviamento, in caso di “cattivo affare”, esso va compensato con una o più riserve e, ove questo non sia possibile, imputato a conto economico.

              AVANZO

              Ai fini di una corretta rappresentazione in bilancio, occorre, indagare sulla natura economica dell’avanzo. Occorre, in altre parole, comprendere se il minor costo dell’acquisizione della società fusa o incorporata rispetto al proprio valore contabile dipenda dall’esistenza di minusvalenze latenti o ad un “buon affare”. Nel primo caso, l’avanzo deve essere imputato tra le passività, tra i fondi per rischi ed oneri, in ragione del fatto che, al momento in cui le minusvalenze si manifesteranno, la società dovrà far fronte ad un’uscita monetaria. Nel secondo caso, deve essere collocato tra le riserve di patrimonio netto, denominata “riserva per avanzo di fusione”. Deve essere costituita una riserva anche nel caso di una fusione propria. In tal caso,la dottrina è concorde nel ritenere l’avanzo una riserva di capitale di natura simile alla riserva sovrapprezzo azioni, che si manifesta in un’operazione di “modificazione strutturali della società e non in acquisizioni.”

              (aspetti contabili )......fare anche le scritture..........

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                Originariamente inviato da ROL Visualizza il messaggio
                Il conferimento delle aziende e rami d’aziende sono regolati dall’articolo 176 tuir (regime di neutralità)

                Il conferimento di partecipazioni di controllo e collegamento sono regolati dagli art 175 e 177 (realizzo controllato-->

                Se il valore della partecipazione iscritto dal conferitario risulti superiore all’ultimo valore fiscalmente riconosciuto della partecipazione scambiata, generando un incremento di patrimonio netto, l’operazione in esame comporterebbe l’emersione di una plusvalenza in capo al conferente; viceversa, si realizzerebbe contabilmente una minusvalenza nell’ipotesi in cui, per effetto del conferimento, il conferitario aumenti il proprio patrimonio netto ma per un ammontare inferiore al valore fiscalmente riconosciuto in capo al conferente della partecipazione conferita.

                L’operazione contabilmente non è destinata a generare alcuna plusvalenza o minusvalenza solo qualora l’incremento di patrimonio netto effettuato dal conferitario risulti pari all’ultimo valore fiscalmente riconosciuto delle partecipazioni conferite presso il conferente.

                Il conferitario rimane quindi in una certa misura «arbitro» del realizzo controllato: gli scambi di partecipazioni possono allora avvenire in neutralità, vale a dire, senza l’emersione di alcuna differenza imponibile in capo al conferente e senza implicare il riconoscimento in capo al conferitario di valori fiscali più elevati rispetto a quelli esistenti presso il conferente

                NOTA BENE
                Tale neutralità non assume tuttavia alcuna valenza agevolativa ma, garantendo una perfetta simmetria tra la posizione fiscale del conferente e quella del conferitario, denota piuttosto carattere tipicamente strutturale.-à Si tratta, dunque, di operazioni più «simmetriche» che «neutrali», come confermano, da un lato, o la simmetria tra

                - l’assoggettamento ad imposizione di una plusvalenza da conferimento e il riconoscimento in capo al conferita rio di maggiori valori delle partecipazioni ricevute, suscettibili di generare maggiori deduzioni future,oppure……appunto la neutralità.
                - (la simmetria tra la mancata tassazione della suddetta plusvalenza in capo al conferente e la continuità dei valori fiscalmente riconosciuti presso il conferitario.)

                NOTA BENE
                Che si tratti di un fenomeno strutturale appare evidente ove si consideri appunto che il sistema del «realizzo controllato» rende possibile l’identità tra «valori fiscali» e «valori civili», mentre nel conferimento neutrale di aziende questa divaricazione «civile-fiscale» tendenzialmente si verifica.(prospetto di riconciliazione)

                Qui invece il valore civilisticamente iscritto dal conferitario diventa il parametro di determinazione della componente reddituale realizzata dal conferente.


                Il conferimento di altri beni è regolato dall’art 9 comma 5----realizzo al valore normale

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                  conferente persona fisica non titolare di reddito d'impresa

                  a)in generale,si applica il regime fiscale del realizzo ex art.9 TUIR


                  b)deroga scambi di partecipazioni con requisiti ai sensi dell'art.177 TUIR,si applica il regime del realizzo controllato ex art.177TUIR

                  conferente titolare di reddito d'impresa


                  a)singoli beni,si applica il regime fiscale del realizzo ex art.9 TUIR


                  b)azienda o ramo di azienda,si applica il regime della neutralità ex art.176 TUIR


                  c)partecipazione di controllo o collegamento,si applica il regime della tassazione a valori contabili ex art.175 TUIR

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                    pag 2283 RINUNCIA AL CREDITO

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                      probabile domanda con collegamento.....


                      Come sopra ricordato, l’art. 94, comma 6, del Tuir, stabilisce l’irrilevanza reddituale del credito rinunciato (che, nel limite del suo valore fiscale, si aggiunge al costo delle azioni o quote) mentre l’art. 101, comma 5, prevede, in linea generale, che una rinuncia al credito, comportandone la cancellazione dal bilancio, è tale da far insorgere gli elementi certi e precisi per la deduzione della perdita.
                      È tuttora da ritenere che, per il caso di rinunce a crediti attuate da soci con finalità di sostegno patrimoniale alle partecipate, le disposizioni dell’art. 94 del Tuir, in quanto specifiche, siano tali da prevalere sulle regole generali previste dall’art. 101 e che dunque la rinuncia in esame, anche se riguardante crediti commerciali, non sia in grado di generare perdite su crediti fiscalmente deducibili a norma dell’art. 101 del Tuir.

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