Mancata sottoscrizione della cartella di pagamento e mancata indicazione del responsabile del procedimento sono 2 vizi distinti Cassazione n. 18927 del 24/09/15
L’omessa sottoscrizione della cartella di pagamento e l’omessa indicazione del responsabile del procedimento amministrativo sono due distinti vizi di legittimità della cartella di pagamento, attinenti a requisiti formali dell'atto, che bene possono coesistere ovvero possono inficiare autonomamente l'atto, e che, ove dedotti dal contribuente con il ricorso introduttivo, sono suscettibili di distinti accertamenti e pronunce da parte del Giudice del merito, che vengono a costituire autonomi capi di sentenza. La circostanza secondo cui unica sarebbe la "ratio" ispiratrice delle norme che prescrivono tali requisiti, in quanto predisposte a garanzia dell'esercizio del diritto di difesa del contribuente, oltre a non cogliere la diversa esigenza cui attendono i due requisiti: 1) la sottoscrizione assolve alla esigenza di verificare la riferibilità dell'atto alla Amministrazione da cui promana; 2) la indicazione del responsabile del procedimento, mira a individuare le responsabilità in relazione alle modalità ed ai tempi di definizione del procedimento assicurando, in osservanza al principio di trasparenza della attività amministrativa, una utile interlocuzione della Amministrazione procedente con il contribuente, non è sufficiente a conferire univocità alla impugnazione (nel caso di specie della sentenza di primo grado) - che accerta la invalidità della cartella in quanto affetta da entrambi i vizi in questione, laddove (come nel caso di specie) l'intero apparato critico svolto nel motivo di gravame è stato rivolto a contestare esclusivamente il vizio di omessa sottoscrizione della cartella.
Le spese di rappresentanza sono quelle affrontate per accrescere, come obiettivo immediato, l’immagine ed il prestigio della società e per potenziarne le possibilità di sviluppo, senza dare luogo all’aspettativa di un incremento delle vendite
Le spese di pubblicità o di propaganda sono quelle erogate per la realizzazione di iniziative tendenti prevalentemente alla pubblicizzazione dei prodotti o comunque dell’attività svolta, al fine diretto dell’incremento delle vendite.
Cosa sono le spese per sponsorizzazione?
NB: fiscalmente, le spese di rappresentanza non sono più considerate possibili costi ad utilizzo pluriennale. Dal 1 gennaio 2016 sono deducibili nel periodo di sostenimentose inerenti considerando determinati limiti, diverificati in relazione all’ammontare dei ricavi e proventi della gestione caratteristica
NB Decreto 139/2015 (civilisticamente)spese di ricerca e pubblicità, a partire dal 1 gennaio 2016, non potranno più essere capitalizzate. Invece, per i costi di sviluppo occorrerà stimarne la vita utile ed ammortizzarli di conseguenza. Se ciò non sarà possibile, l’ammortamento dovrà essere completato in 5 anni.
SOSTITUTI D’IMPOSTA: AUTOCOMPENSAZIONE LIBERA
CON DEBITI ERARIALI SCADUTI
Risoluzione 73/E del 04.08.2015
Con la risoluzione 73/E del 04.08.2015, l’Amministrazione Finanziaria ha fornito chiarimenti sull’applicazione
dell’art. 15 del Decreto Semplificazioni Fiscali, che prevede la possibilità per il sostituto d’imposta di recuperare le
ritenute versate in più rispetto al dovuto nonché i rimborsi effettuati nei confronti del sostituito mediante
compensazione tramite modello F24.
Nel documento di prassi in questione, chiarisce l’Agenzia che le compensazioni in questione non possono essere
qualificate tra quelle orizzontali o esterne e conseguentemente non può essere applicato il divieto di
compensazione in caso di presenza di debiti erariali scaduti di importo superiore a 1.500 euro.
Sulla questione era già intervenuta l’Amministrazione Finanziaria con la C.M. 31/E/2014, chiarendo che:
• le compensazioni in questione non concorrono alla determinazione del limite di compensazione attualmente
fissato in 700.000 euro per ciascun anno solare dall’art. 34, comma 1, della Legge 23 dicembre 2000, n. 388;
• per le medesime compensazioni effettuate nei limiti delle ritenute relative al periodo d’imposta, in caso di importi
superiori a 15.000 euro annui, non sussiste l’obbligo di apposizione del visto di conformità ovvero di
sottoscrizione alternativa da parte dei soggetti che esercitano il controllo contabile di cui all’articolo 1, comma
574, della legge 27 dicembre 2013, n. 147.
L’obbligo di apposizione del visto di conformità ovvero di sottoscrizione alternativa sussiste invece nel caso in cui
l’eccedenza scaturente dalla dichiarazione sia riportata ai sensi dell'art. 17 del Decreto Legislativo 9 luglio 1997, n.
241 per compensare i pagamenti di importi diversi dalle ritenute dovuti nell’anno successivo, posto che, come
precisato con la Circolare n. 28/E del 2014, il limite dei 15.000 euro, al cui superamento scatta l’obbligo di apporre il
visto di conformità, è riferibile esclusivamente alla compensazione orizzontale dei crediti.
Ora viene affrontato un altro tema relativo alla nuova norma, ovvero la possibilità che per il sostituto d’imposta la
compensazione sia preclusa in caso di presenza di debiti erariali scaduti di importo superiore a 1.500 euro.
Si ricorda infatti che a decorrere dall’1 gennaio 2011, è stato introdotto il divieto di compensazione, ai sensi dell’art.
17, comma 1 del d.lgs. n. 241 del 1997, dei crediti relativi alle imposte erariali in presenza di debiti iscritti a ruolo,
per imposte erariali ed accessori, di ammontare superiore a 1.500 euro, e per i quali è scaduto il termine di
pagamento, prevedendo una specifica sanzione in caso di violazione del divieto.
Come chiarito dalla C.M. 13/E/2011, per la determinazione della soglia di 1.500 euro riferita ai debiti erariali scaduti,
per cui scatta il divieto assoluto di compensazione fino all’estinzione dell’intero debito, è necessario fare riferimento
agli importi scaduti in essere al momento del versamento (comprensivi non solo delle imposte, ma anche di tutti gli
accessori). Quindi, nel caso di più cartelle, per importi e per scadenze diverse, occorrerà verificare il complessivo
debito scaduto ancora in essere al momento dell’effettuazione del versamento e conseguentemente, in caso di
pagamento parziale avvenuto in data anteriore a quella in cui si intende procedere alla compensazione, occorrerà
fare riferimento all’ammontare del debito residuo nel giorno di presentazione della delega modello F24.
Si tratta ora di capire se tale limitazione è applicabile anche ai sostituti d’imposta.
N e l l a risoluzione 73/E del 04.08.2015, l’Amministrazione Finanziaria ha chiarito che il divieto riguarda
esclusivamente la compensazione “orizzontale” o “esterna” e non quella “verticale “ o “interna” e che sono, in ogni
caso, esclusi i contributi e le agevolazioni erogati a qualsiasi titolo sotto forma di credito d’imposta.
In sostanza, se le eccedenze sono utilizzate per compensare i versamenti di altre ritenute trattenute ai sostituiti non
si applica tale divieto di compensazione. Se invece le eccedenze sono utilizzare per compensare tributi diversi, ad
esempio IVA, allora si applica il divieto di compensazione in caso di presenza di debiti erariali scaduti di importo
superiore a 1.500 euro.
Chiarisce l’Agenzia che le compensazioni in questione non possono essere qualificate tra quelle orizzontali o
esterne e conseguentemente non può essere applicato il divieto di compensazione in caso di presenza di debiti
erariali scaduti di importo superiore a 1.500 euro.
L'applicazione del principio di immediata esecutività delle sentenze è stato recepito tenendo conto delle peculiarità del processo tributario, strutturato pur sempre come un giudizio amministrativo di impugnazione di atti autoritativi, ancorchè nei confronti di un giudice che ha cognizione piena del rapporto.
Si è quindi stabilito quanto segue.
a) L'esecutività riguarda le sole sentenze aventi ad oggetto l'impugnazione di un atto impositivo, ovvero un'azione di restituzione di tributi in favore del contribuente. Per le altre controversie (invero di numero esiguo), quali ad esempio quelle sulla qualifica di ONLUS, ovvero su esenzioni fiscali, sulle rendite catastali ecc., si è mantenuto, invece, il principio della coincidenza tra esecutività e giudicato. Ciò allo scopo di una maggiore certezza delle situazioni giuridiche. D'altro canto per lo stesso motivo anche nel processo civile esistono categorie di sentenze (in particolare quelle costitutive o traslative della proprietà) per le quali l'efficacia è subordinata al giudicato.
La giurisprudenza è costante nel ritenere, ad esempio, che nei casi di una controversia sull'esenzione da un tributo, l'Amministrazione, all'esito del giudizio ad essa sfavorevole, deve provvedere d'ufficio al rimborso di quanto versato medio tempore dal contribuente in base all'atto annullato (Cass. 1967/2005; n. 24408/2005; n. 10010/2006).
b) L'esecutività della sentenza in favore dell'Amministrazione avrebbe consentito di esigere l'intero tributo già dopo la sentenza di primo grado (attualmente l'art. 68 del decreto prevede che ne diventino esigibili solo i 2/3). Si è, giustamente, lasciato inalterato il meccanismo della riscossione frazionata del tributo previsto dall'articolo 68, sul presupposto che l'intenzione del legislatore non fosse quella di aggravare la situazione dei contribuenti nell'ambito di un contenzioso ancora "sub judice". Tale scelta, inoltre, viene a bilanciare il maggior onere a carico del contribuente per quel che concerne l'esecuzione delle sentenze di rimborso a suo favore.
c) L'esecutività immediata delle sentenze di condanna in favore del contribuente. L'attuazione di tale importante, e del tutto innovativo principio (ad oggi l'esecutività per tali pronunce si realizza solo con il giudicato), ha dovuto tener conto delle peculiarità del giudizio tributario, che vede contrapposti una parte pubblica ed una privata.
Ne consegue che mentre per la prima non vi sono di norma problemi di insolvenza, per la parte privata occorre tener conto di tale possibilità, e cioè del rischio che una volta ottenuto in virtù di una sentenza esecutiva, ma impugnata dall'Amministrazione, il pagamento di una somma a titolo di rimborso, non sia più possibile il recupero delle somme erogate in caso di successiva riforma della sentenza. Da ciò la scelta di subordinare il pagamento di somme in favore del contribuente ad una idonea garanzia, il cui onere graverà comunque sulla parte che risulterà definitivamente soccombente nel giudizio, con le seguenti eccezioni:
- pagamenti di somme fino a 10.000 euro;
- restituzione delle somme pagate in corso di causa, a norma dell'art. 68, comma 2, del decreto (qualunque sia l'importo).
In questi casi, pertanto, l'esecutività della sentenza sarà incondizionata.
Ovviamente, il contribuente resterà libero di non chiedere l'immediata esecuzione della sentenza (qualora non intenda anticipare gli oneri della garanzia o anche solo per non dover rischiare di restituire le somme ottenute con gli interessi) e di preferire l'attesa di un giudicato che gli consentirà di ottenere quanto gli spetta, con gli interessi di legge medio tempore maturati, senza fornire alcuna garanzia.
d) Modalità di esecuzione della sentenza.
Sempre la peculiarità del processo tributario ha fatto ritenere preferibile la scelta del giudizio di ottemperanza come esclusivo sistema di esecuzione di tutte le sentenze, definitive e non (novità assoluta).
Si è, pertanto, stabilito che lo strumento previsto dall'art. 70 del decreto sia utilizzabile:
- per l'esecuzione delle sentenze passate in giudicato;
- per l'esecuzione delle sentenze anche solo esecutive;
- per ottenere il rimborso delle somme da restituire al contribuente ai sensi dell'art. 68 comma 2.
Si è, inoltre, previsto che per i rimborsi fino a 20.000 euro e quelli relativi alle spese di lite la Commissione operi in sede di ottemperanza come giudice monocratico (data la relativa semplicità della esecuzione della sentenza, in cui non è necessaria neppure la garanzia), con ciò attuando parzialmente la delega sul punto.
La scelta della esclusività del giudizio di ottemperanza come unico strumento per la esecuzione delle sentenze è giustificata:
- dalla peculiarità delle sentenze emesse nel processo tributario, dove spesso anche il calcolo delle somme dovute a titolo di rimborso di imposta non è agevole, essendo necessaria, comunque, un'attività dell'ufficio per la determinazione degli interessi per i vari periodi interessati; inoltre, la necessità di una garanzia per le condanne in favore del contribuente al rimborso di somme superiori a 20.000 euro, avrebbe creato notevoli problemi alle segreterie per il rilascio delle formule esecutive, non potendosi pretendere da tali uffici un controllo sulla idoneità della garanzia stessa;
- dalla particolare efficacia della procedura di ottemperanza, che consente anche con la nomina di un commissario ad acta di ottenere in tempi relativamente brevi l'adempimento dell'Amministrazione, con il rimborso delle relative spese (rinvio ad un mio articolo sull’argomento consultabile sul mio sito);
- dal fatto che l'ordinaria procedura esecutiva (oltre ad aggravare lo stato della giustizia civile), non garantisce spesso il soddisfacimento dell'interesse del contribuente, anche per le note difficoltà di agire in via esecutiva sui beni dei soggetti pubblici.
Si è deciso, infine, che lo strumento dell'ottemperanza, sia di sentenza definitiva che solo esecutiva, può essere utilizzato anche nei confronti degli Agenti della riscossione e dei soggetti iscritti nell'albo di cui all'articolo 53 del D.Lgs. n. 446/1997, stante la natura pubblica dell'Agente e l'attività oggettivamente pubblica posta in essere dai concessionari (privati).
L’applicazione di questo principio pare non riguardare i crediti e i debiti commerciali. In queste operazioni, infatti, i tempi di incasso e di pagamento si presentano di norma brevi e la componente finanziaria (interessi espliciti o impliciti) non assume rilievo.
Pertanto, nella sostanza, l’applicazione del “vecchio” e del “nuovo” principio non conducono a risultati differenti e quindi i crediti commerciali a breve possono essere valutati al valore di presumibile realizzo, mentre per i debiti commerciali a breve si farà riferimento al valore di presumibile estinzione futura.
Il criterio del costo ammortizzato deve invece essere applicato ai crediti e debiti di natura finanziaria.
Tale modalità di valutazione ha sempre la sua base nel costo storico, ma tiene conto delle differenze tra tassi di interesse nominali e tassi effettivi, in particolare impone di ripartire (ammortizzare) le componenti di reddito finanziarie (interessi) lungo la durata dell’operazione.
esempio
Se si ipotizza un’impresa che contrae un debito di € 100.000 avente scadenza 10 anni al tasso contrattuale del 10% annuo, sostenendo commissioni per € 2.000, ....l’accredito netto (effettivo) sarà di € 98.000.
Il debito verrà pertanto iscritto a € 98.000 e il tasso di finanziamento effettivo sarà calcolato su € 98.000 e non su € 100.000, risultando pari non al 10% ma al 10,33%. Ciò comporta la redazione di un nuovo piano di ammortamento finanziario del debito in base al tasso effettivo e non a quello nominale, con l’iscrizione a Conto Economico degli oneri finanziari effettivi.
Per quanto riguarda i crediti e i debiti, si richiede di tenere conto del “fattore temporale”: in altri termini, i crediti e debiti che al momento della loro rilevazione iniziale non sono produttivi di interessi oppure producono interessi a un tasso notevolmente inferiore a quelli di mercato, vanno “attualizzati”.
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