annuncio

Comprimi
Ancora nessun annuncio.

concorso agenzia delle entrate 2015 - 892 posti per funzionari amministrativi

Comprimi
X
 
  • Filtro
  • Ora
  • Visualizza
Elimina tutto
nuovi messaggi

    Originariamente inviato da ROL Visualizza il messaggio
    che faccia tosta......perchè abbiamo scritto solo di questo? ( e nu vizio oh )

    NON NECESSARIAMENTE IN QUEST'ORDINE

    contabilità
    contenzioso
    iva
    abuso del diritto
    interpelli
    tutte le categorie reddituali irpef
    ecc ecc ecc.....
    La mia affermazione si riferiva solo a quanto sto approfondendo grazie ai quiz nell’ultima settimana…
    Non son contenta di questo…
    Abbiamo affrontato tanti argomenti, io ho seguito sempre per quanto ho potuto, ma stavo studiando solo contabilita’ e quando mi son data a tributario e a privato e’ stato solo per via di tuoi input…
    Prima postavi quiz a cui non sapevo rispondere e non li facevo o tentavo di rispondere, ora studio e i quiz che mi vengono proposti spesso non riguardano quell’argomento…
    Ma ho i manuali di quiz, posso fare quelli eventualmente.
    E il materiale sugli argomenti che abbiamo affrontato lo sto salvando e me lo sto andando a riguardare, anche perché i testi non sono mai abbastanza aggiornati e per la parte speciale di tributario ho materiale poco aggiornato e libri non all'altezza
    Ultima modifica di strelizia; 18-04-2016, 20:29.

    Commenta


      Il regime Iva per cassa (c.d. “cash accounting”), introdotto dall‘articolo 32-bis del Dl 83/2012, consente all’imprenditore o al lavoratore autonomo di posticipare il versamento dell’imposta sulle cessioni di beni e le prestazioni di servizi, dal momento dieffettuazione dell’operazione a quello dell’incasso. Allo stesso modo, il diritto a detrarre l’Iva sui beni e sui servizi acquistati nasce al momento del pagamento dei corrispettivi ai fornitori. L’imposta diventa comunque esigibile dopo un anno dall’effettuazione dell’operazione, a meno che, prima del decorso di questo termine, il cessionario o committente sia stato assoggettato a procedure concorsuali. Allo stesso modo l’Iva sugli acquisti può essere detratta, trascorso un anno dal momento in cui l’operazione si considera effettuata.
      Attenzione: per il fornitore dei beni o prestatore di servizi (che non abbia a sua volta scelto il “cash accounting”) il diritto alla detrazione segue le regole ordinarie. L’imposta è, cioè, detraibile a partire dal momento in cui l’operazione si considera effettuata, a prescindere dal pagamento.
      L’applicabilità del regime in esame non è preclusa per le operazioni per le quali è già previsto un differimento del termine di registrazione e/o fatturazione in quanto tale differimento non deriva dalla applicazione di un regime speciale ma dall’applicazione di disposizioni che attengono alla tempistica degli adempimenti (vedi, ad esempio, il differimento delle operazioni di cui all’articolo 6, quinto comma, secondo periodo, del D.P.R. n. 633 del 1972 per le quali è disposta in via ordinaria – e senza limite annuale – il differimento dell’esigibilità al momento del pagamento del corrispettivo

      Data l’importanza del momento dell’incasso/pagamento per determinarel’esigibilità/detraibilità dell’IVA relativa alle operazioni soggette al regime di cassa, ènecessario stabilire quando la regolazione di una transazione con esigibilità IVAdifferita, effettuata con mezzi diversi dal contante, debba considerarsi avvenuta.

      Commenta


        ...probabile domanda...

        in caso di accertamento/rettifica da parte del fisco, il fornitore
        ha diritto di rivalersi dell’imposta reclamata dall’Amministrazione finanziaria

        nei confronti del proprio cliente, a condizione che
        provveda al pagamento oltre che dell’Iva accertata anche delle sanzioni e dei relativi interessi.

        L’art. 60, comma 7, DPR 633/1972, modificato dall’art. 93 del D.L. 1/2012 a seguito della procedura di infrazione n. 2011/4081 avviata contro l’Italia dalla Commissione europea, ha superato il divieto di rivalsa dell’Iva pagata a seguito di un accertamento.L’art. 60, comma 7, dispone infatti che: “Il contribuente ha diritto di rivalersi dell'imposta o della maggiore imposta relativa ad avvisi di accertamento o rettifica nei confronti dei cessionari dei beni o dei committenti dei servizi soltanto a seguito del pagamento dell'imposta o della maggiore imposta, delle sanzioni e degli interessi. In tal caso, il cessionario o il committente può esercitare il diritto alla detrazione, al più tardi, con la dichiarazione relativa al secondo anno successivo a quello in cui ha corrisposto l'imposta o la maggiore imposta addebitata in via di rivalsa ed alle condizioni esistenti al momento di effettuazione della originaria operazione”.In sostanza, in caso di accertamento/rettifica da parte del fisco, il fornitore ha diritto di rivalersi dell’imposta reclamata dall’Amministrazione finanziaria nei confronti del proprio cliente, a condizione che provveda al pagamento oltre che dell’Iva accertata anche delle sanzioni e dei relativi interessi.Il cliente destinatario della rivalsa, sulla base di una nota di addebito ai sensi dell’art. 26, comma 1, DPR 633/1972, ha diritto di portare in detrazione l’Iva addebitata entro il termine di presentazione della dichiarazione del secondo anno successivo a quello in cui l’addebito in parola viene eseguito.I presupposti pertanto per rendere operativo il disposto dell’art. 60, comma 7, DPR 633/1972 sono:


        · la definizione dell’atto di accertamento, anche attraverso il ricorso a strumenti deflattivi del contenzioso;
        · il pagamento della maggior imposta, delle sanzioni e degli interessi maturati.

        Di conseguenza consentono la rivalsa:


        · l’accertamento con adesione,
        · l’adesione ai contenuti dell’invito al contradditorio,
        · l’adesione ai processi verbali di constatazione,
        · l’acquiescenza,
        · la conciliazione
        · la mediazione giudiziale,
        · la cristallizzazione della pretesa dell’Amministrazione finanziaria in caso di mancata impugnazionenei termini previsti dell’avviso di accertamento o di passaggio in giudicato della sentenza, a seguito di presentazione di ricorso in sede giudiziale.

        Non è invece consentita la rivalsa, né l’esercizio del diritto alla detrazione, dell’imposta o della maggiore imposta versata a titolo provvisorio a seguito di atti non divenuti definitivi; se al termine del giudizio, le somme pagate nel corso del contenzioso vengono acquisite a titolo definitivo da parte dell’Erario, allora la rivalsa potrà essere esercitata.Il diritto alla rivalsa non è limitato al solo caso di maggiore imposta, ovvero nel caso in cui un’operazione sia stata fatturata con aliquota inferiore rispetto a quella dovuta, ma riguarda anche i casi in cui l’Iva non sia stata addebitata considerando l’operazione esente o non imponibile o ancora nel caso in cui i trasferimenti di beni siano stati assoggettati ad imposta di registro, qualificando l’operazione come cessione d’azienda, e poi in sede di accertamento siano ritenuti da assoggettare ad Iva.Esula invece dall’ambito di applicazione dell’articolo 60, comma 7, DPR 633/1972, l’accertamento della violazione delregime di inversione contabile. In questa ipotesi, in sede di accertamento, è operata la compensazione dell’imposta a debito e dell’imposta a credito.La Circolare 35/E/2013 ha inoltre precisato che, nel caso di rateazione, il diritto alla rivalsa può essere esercitato progressivamente in relazione al pagamento delle singole rate.L’Amministrazione finanziaria – ai fini dell’esercizio della rivalsa – richiede l’emissione di una fattura (o nota di variazione in aumento), che contenga, oltre agli altri dati previsti dalla legge, gli estremi identificativi dell’atto di accertamento.La detrazione si esercita mediante annotazione del documento recante addebito in via di rivalsa dell’Iva accertata nel registro di cui all’articolo 25 DPR 633/1972.Al committente/cessionario è richiesta l’osservanza degli ordinari doveri di diligenza e cautela in ordine alla verifica della correttezza e regolarità del documento emesso dal cedente/prestatore.Nei casi di coincidenza tra debitore e creditore d’imposta (importazione, splafonamento, fusione e/o incorporazione), ai fini della detrazione, è necessaria la predisposizione di un documento, da registrare ai sensi dell’articolo 25 DPR 633/1972, dal quale si evinca l’ammontare dell’imposta versata a seguito di accertamento, nonché il titolo giustificativo della detrazione d’imposta, ovvero gli estremi identificativi dell’accertamento.

        n passato....il divieto di rivalsa dell’IVA oggetto di accertamento inibiva la detrazione in capo al cliente,
        violando il principio di simmetria tra “esigibilità” e “detrazione” del tributo,
        laddove l’art. 167 della Direttiva 2006/112/CE prevede che “Il diritto a detrazione sorge quando
        l’imposta detraibile diventa esigibile”

        Commenta


          split payment, finalizzato a contrastare le frodi costruite sulla figura del missing trader, l'ente pubblico, a fronte della cessione o della prestazione ricevuta, eroga il solo corrispettivo al netto dell'Iva, versando l'imposta direttamente all'erario (il meccanismo non si applica alle prestazioni di servizi assoggettate a ritenuta d'acconto.
          Con l’introduzione dello split payment e l’ampliamento del reverse charge si è ridotta la funzione e l’ambito applicativo di altri due regimi di applicazione dell’Iva: il cash accounting e l’iva ad esigibilità differita.
          Le disposizioni relative allo split payment non si applicano qualora l’ente pubblico sia debitore di imposta. E’ il caso, ad esempio, di un ente pubblico cessionario o committente che, in qualità di soggetto passivo d’imposta, deve applicare il meccanismo del reverse charge.

          Commenta


            Originariamente inviato da ROL Visualizza il messaggio
            L’art. 1 d.P.R. 633/1972 dispone che l’I.V.A. si applica:
            · sulle cessioni di beni e le prestazioni di servizi effettuate nel territorio dello Stato nell’esercizio di imprese, arti e professioni;
            · e sulle importazioni da chiunque effettuate.
            E’ del tutto evidente che, nella logica del legislatore nazionale, peraltro riproduttiva di quanto stabilito in ambito comunitario, l’I.V.A., pur rimanendo un tributo unico, sia dovuta in funzione di presupposti completamente diversi a seconda che si tratti di un’imposta interna (nel qual caso trova applicazione solo in relazione ad operazioni effettuate nell’esercizio di imprese, arti e professioni) o di un’imposta connessa agli scambi internazionali (nel qual caso trova applicazione sempre e comunque).
            A fronte di tale “duplicità”, sono anche distinti i sistemi di determinazione della base imponibile e, soprattutto, di riscossione da parte dell’Erario. Se, a fronte delle operazioni “interne” la determinazione della base imponibile avviene con il c.d. “sistema delle masse” calcolato con cadenza trimestrale o mensile in ragione del volume d’affari di ciascun soggetto debitore, a fronte delle importazioni l’imposta viene liquidata e riscossa “per singola operazione”, ossia in concomitanza di ciascuna operazione doganale di importazione.
            up

            Commenta


              Originariamente inviato da ROL Visualizza il messaggio
              ricapitolando....

              Nel deposito IVA possono essere introdotti beni nazionali e comunitari. Di conseguenza, i beni extracomunitari potranno essere inseriti all’interno di un deposito IVA soltanto dopo essere stati immessi in libera pratica e pagato i dazi doganali.

              Il maggior vantaggio e più percepibile per un’azienda che utilizza tale strumento, è il fatto che finanziariamente parlando si ottiene un differimento nel momento in cui l’imposta deve essere assolta; di conseguenza, ciò consente alle imprese di ridurre il ricorso al mercato del credito (qualora necessario), riducendo a sua volta gli oneri finanziari che possono pesare sulla stessa.

              up

              Commenta


                Originariamente inviato da ROL Visualizza il messaggio
                Negli scambi di beni e servizi tra soggetti passivi dell’iva (imprenditori e professionisti) l’imposta

                a) E’ neutrale se il cliente non ha limiti alla detrazione dell’imposta assolta sugli acquisti
                b) E’ neutrale in ogni caso
                c) Costituisce sempre un elemento effettivo di costo

                Ai fini IVA le cessioni eseguite mediante trasporto o consegna dei beni nel territorio dello stato della città del Vaticano danno luogo :

                a) Ad operazioni di cessioni all’esportazione
                b) Ad operazioni fuori campo iva
                c) Ad operazioni intracomunitarie

                Ai fini IVA le operazioni non imponibili comportano:

                a) La piena detraibilità dell’iva sugli acquisti
                b) L’indetraibilità dell’iva specificatamente relativa agli acquisti riguardanti il bene esportato
                c) Limitazione alla detrazione dell’iva sugli acquisti


                Ai fini dell’Iva la cessione di beni a soggetti residenti in paesi extra UE dà luogo ad un’operazione

                a) Non imponibile
                b) Esclusa dal campo di applicazione dell’iva
                c) imponibile

                Ai fini dell’iva le operazioni con la Repubblica di san Marino danno luogo a

                a) operazioni extracomunitarie
                b) operazioni fuori campo iva
                c) operazioni comunitarie

                Ai fini dell’Iva le importazioni sono:

                a) soggette ad iva da chiunque effettuate
                b) soggette ad iva da chiunque effettuate
                c) fuori campo iva

                Ai fini dell’iva le esportazioni danno luogo :

                a) operazioni non imponibili
                b) operazioni fuori campo iva
                c) operazioni esenti

                up

                Commenta


                  Originariamente inviato da ROL Visualizza il messaggio
                  quindi ricapitolando....

                  ai fini dell’applicazione delle suddette regole generali per i servizi "B2B"(business to business) rilevano due variabili principali quali : lo status di soggetto passivo del committente per la specifica prestazione e il luogo di
                  stabilimento del committente stesso.

                  Tuttavia ci sono dei casi particolari per i quali sono previste delle deroghe assolute o relative alle prescrizioni generali

                  es.. in relazione a tale tipologia di servizi l'art. 7-septies, D.P.R. 633/1972 che contiene delle deroghe cd. "relative", per effetto delle quali tali prestazioni sono considerate non effettuate nel territorio dello Stato (e quindi sono fuori campo IVA), se sono resi nei confronti di un soggetto non passivo d'imposta residente in un Paese extra- UE;

                  Prendiamo il caso di un avvocato residente in Italia che presta la propria attività in favore di un privato non residente UE; al momento dell’emissione della fattura deve comprendere nel corrispettivo finale l’importo maggiorato dell’Iva vigente in Italia?

                  Se considerassimo la regola generale prevista dall’art.7 del D..R. 633/1972, la prestazione va considerata effettuata in Italia e quindi rilevante territorialmente ai fini Iva; la previsione introdotta dall’art.7 septies, D.P.R. 633/1972 prevede invece che “in deroga a quanto stab ilito dall’art 7- ter, comma 1, lett.b ), non si considerano effettuate nel territorio dello stato….quando sono rese a committenti non soggetti passivi domiciliati e residenti fuori della Comunità:…C) le prestazioni di consulenza e assistenza tecnica o legale.Quindi in base a quanto sopra descritto e in deroga alla regola generale, l’avvocato dovrà procedere all’emissione di una fattura non soggetta ai sensi dell’art. 21comma 6-bis, D.P.R. 633/1972; le prestazioni non si considerano effettuate in Italia, quindi viene meno, in deroga, il requisito della territorialità.

                  Al contrario qualora la prestazione fossa prestata a favore di un privato UE troverebbe applicazione la prescrizione generale dall’art.7 del D..R. 633/1972, quindi la prestazione avrebbe rilevanza territoriale in Italia e si applicherebbe l’aliquota ivi vigente




                  up

                  Commenta


                    2116,2117,2118.....bilancio

                    Commenta


                      Originariamente inviato da ROL Visualizza il messaggio
                      Trovato articolo....
                      DISTRUZIONE BENI AZIENDALI: LE PROCEDURE PER VINCERE LA PRESUNZIONE DI CESSIONE

                      Considerate le conseguenti implicazioni fiscali, l’eliminazione di beni aziendali deve seguire particolari procedure, il cui rispetto determina l’inapplicabilità da parte dell’Amministrazione finanziaria di alcune disposizioni e presunzioni tributarie (sfavorevoli per il contribuente); nella sostanza, il rispetto di particolari adempimenti, normativamente previsti, tutela il contribuentedall’eventuale contestazione di cessioni in evasione d’imposta qualora, in sede di accesso ispettivo, taluni beni non risultino fisicamente presenti nelle sedi aziendali o negli studi
                      professionali, in quanto in precedenza eliminati.

                      La presunzione di cessione. Sotto il profilo Iva rileva, in particolare, il Dpr 10/11/1997, n. 441 ; ai sensi dell’art. 1 di tale decreto, in sede di intervento ispettivo, si presumono[1] ceduti i beni acquistati, importati o prodotti che non si trovano nei luoghi in cui il contribuente svolge le proprie operazioni, né in quelli dei suoi rappresentanti.
                      Tale presunzione si applica nei confronti di tutti i soggetti d'imposta e riguarda sia i beni alla cui produzione o al cui scambio è diretta l'attività dell'impresa sia i beni strumentali.
                      Ai sensi del medesimo art. 1, la presunzione non opera quando il contribuente dimostri che i beni sono stati:
                      ·impiegati per la produzione;
                      ·perduti o distrutti;
                      ·consegnati a terzi in lavorazione, deposito, comodato o in dipendenza di contratti estimatori, d'opera, d'appalto, di trasporto, di mandato, di commissione o di altro titolo non traslativo della proprietà.



                      Il regime probatorio della distruzione. Il comma 4 dell’art. 2 del Dpr n. 441/1997, definisce gli adempimenti specifici che l’azienda deve porre in essere, affinché la distruzione di beni d’impresa (ovvero la loro trasformazione in beni di altro tipo e di più modesto valore economico) non venga riqualificata dall’Organo accertatore come cessione in evasione di imposta degli stessi, ovvero quale destinazione a finalità extra-aziendali (con relativo recupero delle imposte dirette ed indirette, oltre alla contestazione delle connesse irregolarità documentali).
                      Gli adempimenti da porre in essere per documentare correttamente la distruzione di beni sono stati oggetto di chiarimenti da parte del Ministero delle Finanze con la citata C.M. 23/07/1998, n. 193/E.

                      La comunicazione preventiva. Il primo adempimento che l’azienda dovrà porre in essere ècostituito dall’invio all’Ufficio dell’Agenzia delle entrate e al Reparto della Guardia di Finanza competenti per territorio di apposita comunicazione preventiva, indicando luogo, data e ora in cui verranno poste in essere le operazioni, le modalità di distruzione o di trasformazione, la natura, qualità e quantità, nonché l'ammontare complessivo, sulla base del prezzo di acquisto, dei beni da
                      distruggere o da trasformare e l'eventuale valore residuale che si otterrà a seguito delladistruzione o trasformazione dei beni stessi.

                      La verbalizzazione. Alla distruzione dei beni aziendali deve presenziare un incaricato dell’Agenzia delle entrate, ovvero un ufficiale della Guardia di finanza o un notaio i quali, al termine delle operazioni, devono redigere un apposito verbale.
                      Nel caso in cui l'ammontare del costo dei beni distrutti o trasformati non sia superiore a euro 10.000, l’azienda (nella persona del rappresentante legale o di un procuratore) deve redigere una dichiarazione sostitutiva di atto notorio ai sensi dell’art. 47 del Dpr 28/12/2000, n. 445 (trattasi della cd. procedura semplificata); in tal caso, a prescindere
                      dall’effettiva partecipazione di un Pubblico ufficiale alla distruzione dei beni, il contribuente potrà concludere la procedura mediante un’autocertificazione dell’avvenuta operazione.

                      La documentazione del trasporto. Nel caso in cui dalle operazioni di distruzione o trasformazione residuino ulteriori beni da trasportare altrove, l’azienda deve redigere un documento di trasporto (ex Dpr 14/08/1996, n. 472); evidentemente si fa riferimento a beni, originati dalla distruzione, aventi una qualche rilevanza economica (es. rottami di
                      ferro o ceneri).
                      Il documento deve essere numerato progressivamente e deve riportare il destinatario, la data, la natura e quantità dei beni nonché la causale del trasporto.
                      In alternativa, se i beni distrutti diventano ‘‘rifiuti’’, è possibile che gli stessi vengano scortati in discarica con l’apposito formulario. In ogni caso non si ritiene necessaria l’emissione di un’autofattura per ‘‘distruzione beni’’.

                      up

                      Commenta

                      Sto operando...
                      X