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La prima condanna è stata annullata il giorno stesso dell’entrata in vigore delle nuove norme, l’1 ottobre. “Il fatto non è più previsto dalla legge come reato”, ha sancito la Cassazione mandando assolto un imprenditore che in appello si era visto invece confermare un anno di carcere per dichiarazione infedele. Uno dei decreti attuativi della delega fiscale, varato durante l’estate dal governo Renzi, stabilisce infatti che chi aggira il fisco con operazioni mirate solo a pagare meno tasse rischia al massimo una multa. E’ la filosofia che sta alla base di diversi provvedimenti su fisco ed evasione adottati dall’esecutivo guidato dal leader Pd. Come la depenalizzazione della dichiarazione infedele sotto i 150mila euro (prima con 50mila si rischiava il carcere) e di quella fraudolenta “mediante altri artifici”, non più reato se vengono sottratti al fisco meno di 1,5 milioni (la soglia precedente era di 1 milione): meglio badare al sodo, cioè a incassare le somme evase. Secondo i critici, un modo per strizzare l’occhio a imprenditori, liberi professionisti e commercianti e ampliare ilbacino elettorale del Pd renziano. Resta da vedere se ampliare la zona grigia delle irregolarità “tollerate” sia la strategia giusta in un Paese con 122 miliardi di evasione annua stimata sui circa 1000 dell’intera Ue e meno di 200 persone condannate in via definitiva per reati fiscali. Ma a dirlo sarà il confronto tra i 14,2 miliardi recuperati dall’Erario nel 2014 e i risultati di quest’anno e dei prossimi. Di sicuro, per ora, c’è che a un anno dalle polemiche sulla prima versione del decreto sull’abuso del diritto (quello che sanava evasione e frode fiscale se limitate a somme inferiori al 3% dell’imponibile) le nuove norme varate nel frattempo da Palazzo Chigi e via XX Settembre hanno salvato dal carcere molti evasori. Anche eccellenti. Ilfattoquotidiano.it ha fatto un primo bilancio, per forza di cose provvisorio, e ha chiesto ad alcuni addetti ai lavori un giudizio sulle scelte dell’esecutivo e una “diagnosi” sulle motivazioni di fondo: rimpinguare le casse dello Stato o guadagnare il consenso di alcune categorie di elettori? Intanto, la lista dei provvedimenti borderline si allunga di giorno in giorno: ora è in fase di approvazione un decreto che toglie rilevanza penale alla violazione delle norme antiriciclaggio da parte degli intermediari finanziari. E le bordate non arrivano solo dalle opposizioni ma anche dalla crème della stampa finanziaria internazionale, particolarmente critica per esempio nei confronti dell’innalzamento da mille a 3mila euro del tetto all’uso del contante. “L’immensa economia sommersa dell’Italia rimane uno dei fardelli più pesanti per il Paese e nulla di buono potrà arrivare da una misura che serve solo a peggiorare il problema”, è stato il verdetto del Financial Times.
Il decreto sulla certezza del diritto nei rapporti tra fisco e contribuente, andato in Gazzetta ufficiale il 18 agosto, codifica l’abuso del diritto definendolo come “operazioni prive di sostanza economica che, pur nel rispetto formale delle norme fiscali, realizzano essenzialmente vantaggi fiscali indebiti“. E stabilisce che non è un illecito penale. “Una scelta di Realpolitik“, commenta il tributarista Tommaso Di Tanno. “Dal punto di vista etico, l’elusione dovrebbe essere trattata peggio dell’evasione, perché la seconda la fanno i “poveri disgraziati” mentre la prima è propria dei grandi criminali. Questo decreto fa il contrario. Ma se fossi il ministro dell’Economia anch’io mirerei per prima cosa al gettito“. “L’evasione la fanno i “poveri disgraziati”, l’elusione i grandi criminali. E il governo l’ha depenalizzata” Certo è che grazie alla depenalizzazione Alessandro Mocali, ex patron del gruppo dell’arredamento Emmelunga fallito nel 2011, ha fatto ricorso contro la condanna a un anno per dichiarazione infedele ricevuta dal Tribunale di Milano e confermata in appello. Secondo i giudici di primo grado, aveva indicato nella dichiarazione dei redditi “elementi passivi fittizi” per ottenere “un risparmio di imposta superiore alla soglia prevista”. Ma “alla luce della nuova disciplina”, hanno constatato i giudici di Cassazione, “le operazioni abusive non danno luogo a fatti punibili ai sensi delle leggi penali tributarie”. La stessa novità ha salvato anche Emilio Petrone, amministratore delegato di Sisal, la società concessionaria tra l’altro del Superenalotto. Il manager era imputato per dichiarazione infedele perché l’azienda, secondo la Guardia di finanza, tra 2007 e 2009 ha nascosto al fisco redditi per 18,8 milioni attraverso il “trasferimento di un eccessivo debito” nel suo bilancio all’atto della cessione da parte della famiglia Molo ai fondi Apax, Clessidra e Permira. Un’operazione, stando all’accusa, mirata unicamente a ridurre in modo “artificioso” il reddito di impresa. Il 5 ottobre il tribunale di Milano l’ha mandato assolto perché, anche in questo caso, “il fatto non è più previsto dalla legge come reato”.
La sfilza di assoluzioni “perché il fatto non è più previsto dalla legge come reato” ha un andamento in crescendo: il 28 ottobre si è concluso così il processo per una presunta evasione da ben 52 milioni di euro con al centro la vecchia gestione dell’Ilva di Taranto. Alla sbarra c’erano lo scomparso Emilio Riva, l’ex direttore finanziario di Riva Fire Mario Turco Liveri, l’ex consigliere delegato di Ilva Sa Agostino Alberti e Angelo Mormina, ex managing director di Deutsche Bank Londra. Il pm di Milano Stefano Civardi contestava loro di aver indicato nella dichiarazione dei redditi del 2008 elementi passivi fittizi per poter poi pagare meno tasse al fisco italiano. Per l’accusa avevano organizzato una complessa operazione di finanza strutturata, all’unico scopo di consentire alla consolidata Ilva spa l’abbattimento del reddito, “mediante l’utilizzazione di elementi passivi fittizi” per quasi 160 milioni di euro “e conseguentemente per la consolidante Riva Fire spa (…) una pari riduzione della base imponibile e un’evasione di imposta Ires pari a 52.463.213 euro”. Ma lo stesso Civardi, alla luce della depenalizzazione dell’abuso del diritto, non ha potuto che chiedere l’assoluzione. Stessa cosa ha dovuto fare il pm Salvatore Ronsisvalle per l’imputato eccellenteLuca Laurenti: il conduttore non ha versato al Fisco 237mila euro di Iva. Fino all’estate era reato, poi è arrivato il decreto di riforma del sistema sanzionatorio in materia fiscale, che ha innalzato di cinque volte la soglia di punibilità: da 50mila a 250mila euro. Una ricognizione del Fatto quotidiano tra le principali procure di italiane ha del resto rivelato che le nuove soglie e la depenalizzazione dell’abuso del diritto porteranno all’archiviazione in media un processo tributario su tre. Nuovo falso in bilancio: salvo Luigi Crespi - E’ invece in divenire l’interpretazione delle nuove norme sul falso in bilancio. Il 16 giugno la Cassazione ha annullato la condanna a 6 anni e 9 mesi dell’ex sondaggista di Silvio Berlusconi, Luigi Crespi, per la bancarotta della Hdc, con la motivazione che nella legge varata l’1 aprile è stata espunta la frase “ancorché oggetto di valutazioni“, riferita ai “fatti materiali non rispondenti al vero” esposti in bilancio per truccare i conti. La Corte, nelle motivazioni, ha scritto che dall’attuale formulazione traspare “la reale volontà legislativa di far venir meno la punibilità dei falsi valutativi“. Vale a dire i casi in cui l’imputato ha volutamente messo a bilancio un immobile o la consistenza del magazzino a un valore più alto di quello reale. Tuttavia giovedì 12 novembre la V Sezione penale della Cassazione ha sconfessato il precedente, sostenendo che nonostante la modifica il falso valutativo è “tuttora punibile”. Resta dunque da vedere quale delle due interpretazioni si consoliderà o se occorrerà andare alle Sezioni unite per dirimere il contrasto.
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