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L'angolo di ROL

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    http://www.francocalifano.org/trust-onlus/

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      http://www.ilmattino.it/napoli/cultu...i-1397086.html

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        amarcord....

        Nu funzionario a Rol : " ma che cavolo dici, fai discorsi come uno dello strada".....

        L'oggetto del contendere....

        Rol : Amico, quando vedi scritto l'unanime dottrina sostiene che......là t'aviss mett a ballà, i giudici non possono essere tutti trimon

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          ancora non gli passa a ciccio bello.....

          http://webtv.camera.it/evento/11838

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            http://www.fiscooggi.it/files/u5/ras...tampa/1_83.pdf

            anche qui.....

            vedevo giusto , "Avit a scenn abbascia"

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              http://www.fiscooggi.it/files/u5/ras...tampa/1_83.pdf

              non si doveva disturbare caro.....non è difficile intuire come finirà....

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                In sostanza, il dissesto finanziario della società e, quindi, il depauperamento del patrimonio della stessa, sarebbero stati la conseguenza di una gestione caratterizzata «da continue e ingiustificate distrazioni di denaro perpetrate dai soci, sia a favore di loro congiunti sia sotto forma di finanziamenti a favore delle altre società del “Gruppo”».

                http://www.corrieredellacalabria.it/...restato-barile

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                  Il pm Dolci commenta l'operazione e spiega le dinamiche interne ai clan: «Quello lombardo non è un sistema indipendente». Ogni mese veniva inviato un milione di euro a San Luca. Individuato un altro partecipante al summit nel centro Falcone-Borsellino. Indagato per corruzione anche l'ex vicepresidente della Regione Mantovani

                  https://www.laltrocorriere.it/comand...e-franchising/

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                    Abuso del diritto. La Ctr Sicilia condanna l’ex amministratore a saldare l’intero importo contestato dal Fisco.

                    La liquidazione e la cancellazione di una società – se eseguite con il formale rispetto delle norme, ma con un disegno diretto a eludere le obbligazioni tributarie – possono far scattare la piena responsabilità dell’ex socio e amministratore, riconosciuto responsabile di abuso del diritto. È quanto avvenuto nella fattispecie decisa dalla Ctr di Palermo, sezione di Caltanissetta, con la sentenza 185/21/2017 (presidente Gennaro, relatore Palermo), che ha ravvisato un’ipotesi di abuso del diritto nel progressivo svuotamento economico di una Srl, fino alla sua cancellazione, con l’intento di «sottrarre la società ai suo obblighi tributari». Nell’arco di quattro anni, successivi a una verifica della Guardia di finanza, e in pendenza di diversi processi tributari decisi a favore del Fisco in primo grado, la Srl è passata da un attivo di 2 milioni a poco più 500 euro.
                    In applicazione dell’articolo 37-bis del Dpr 600/1973, che tra le singole ipotesi di abuso indicava anche la liquidazione volontaria della società (norma ora superata dalla più ampia previsione dell’articolo 10-bis dello Statuto del Contribuente), la Ctr ha confermato la legittimità dell’avviso di accertamento notificato nei confronti del socio di maggioranza per il 66% della Srl, in quanto autore – tramite atti di amministrazione straordinaria – del progressivo impoverimento patrimoniale, poi sfociato nella liquidazione, cancellazione ed estinzione della società. Ampliando la responsabilità dell’amministratore all’intero pagamento delle imposte dovute, rispetto alle ipotesi dell’articolo 36 del Dpr 602/1973 e dell’articolo 2495, comma 2, del Codice civile (che limitano la responsabilità di liquidatori, amministratori e soci alle somme riscosse nel corso dei due anni precedenti o in base al bilancio finale di liquidazione).
                    La sorte dei debiti sociali e fiscali a seguito dell’estinzione della società è stata oggetto di numerosi approfondimenti giurisprudenziali, sin dalle pronunce a Sezioni unite 4060 e 4061 del 2010. Venuto meno il soggetto societario, si instaura un fenomeno “successorio” a carico dei soci, limitatamente alle somme riscosse in base al bilancio finale di liquidazione (articolo 2495, comma 2, già citato) per le società di capitali, o illimitatamente per le società di persone (per una efficace sintesi, su veda la Cassazione 20024 dell’11 agosto scorso). Responsabilità che, però, non di rado è evaporata a fronte di delicati meccanismi processuali sfociati con pronunce di inammissibilità delle azioni svolte nei confronti di società medio tempore estinte, con ciò vanificando ogni sforzo di recupero di crediti erariali. Da qui l’articolo 28 del Dlgs 175/2014, secondo cui l’estinzione della società – solo nei confronti del Fisco o degli enti che riscuotono i contributi – ha effetto «trascorsi cinque anni dalla richiesta di cancellazione» dal Registro delle imprese. Norma assai contestata in dottrina, che la Cassazione ha ritenuto, da un lato, non retroattiva e, dall’altro, riferibile anche alle società di persone. Peraltro, anche una volta garantita la continuità del processo nei confronti della società estinta, non è detto che il Fisco non si trovi davanti a “scatole vuote”, che rendono inefficace l’azione di recupero, o a soci che riescono a limitare la propria responsabilità a quanto risultano aver effettivamente riscosso. L’aspetto peculiare della sentenza in esame sta proprio nel tentativo di rimediare a questi inconvenienti, laddove le risultanze processuali evidenzino il preordinato e progressivo svuotamento della società in danno dell’Erario, mediante la contestazione dell’abuso del diritto e la notifica dell’intero importo dell’accertamento a carico degli amministratori.

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                      Accertamento. Per la Cassazione l’ex liquidatore non può presentare ricorso perché privo di capacità processuale. Stop all’avviso per i soggetti cancellati prima del 13 dicembre 2014.

                      È illegittimo l’accertamento emesso nei confronti di una società cancellata dal registro imprese: si tratta infatti di un soggetto inesistente e come tale non può essere destinatario di alcun provvedimento. La nuova norma, peraltro, ha valenza solo per le cancellazioni decorrenti dal 13 dicembre 2014. L’ex liquidatore non può comunque proporre ricorso avverso il provvedimento ricevuto poiché privo di capacità processuale. A confermare questo orientamento è l’ordinanza 20752/2017 della Corte di cassazione depositata ieri.
                      L’agenzia delle Entrate ha notificato un accertamento ad una società estinta ed al suo ex liquidatore. Il provvedimento veniva impugnato da parte di entrambi ed annullato dal giudice di merito. In particolare, la commissione regionale, pur respingendo l’eccezione di inammissibilità del ricorso, ha rilevato che l’ente proprio perché estinto non poteva essere destinatario di alcun atto, ma andava comunque riconosciuto il diritto di difesa.
                      L’agenzia delle Entrate ha presentato così ricorso in Cassazione lamentando che, secondo la nuova norma, l’estinzione aveva efficacia solo decorso un quinquennio. Inoltre, l’ufficio ha dedotto in ogni caso che il ricorso doveva essere dichiarato inammissibile fin dal primo grado, atteso che proposto da soggetto ormai estinto e privo di capacità processuale.
                      La Suprema corte, confermando la decisione di appello, ha innanzitutto ricordato che la nuova norma sulle società estinte non è retroattiva e pertanto ha valenza solo ed esclusivamente per le cancellazioni presentate a decorrere dal 13 dicembre 2014 (Cassazione 6743/2015). I giudici di legittimità hanno così rilevato che effettivamente la Ctr avrebbe dovuto accogliere l’eccezione di inammissibilità del ricorso introduttivo del giudizio promosso dall’ex liquidatore della società cancellata, attesa la carenza di capacità processuale.
                      La decisione conferma l’orientamento ormai consolidato sul punto sull’inesistenza degli atti notificati al soggetto estinto.
                      La nuova norma, infatti, non ha alcun valore per il passato con la conseguenza che in vigenza delle vecchie regole, la società cancellata non può essere destinataria di alcun provvedimento. In passato, la Cassazione in merito al ruolo dell’ex liquidatore aveva già chiarito che il ricorso dallo stesso proposto avverso una cartella di pagamento è inammissibile ed il giudice è tenuto a rilevare d’ufficio la nullità dell’atto impositivo perché intestato a soggetto estinto (28187/2013).
                      Tuttavia, in tale occasione era stato anche precisato che la cartella di pagamento non poteva essere emessa e che quindi anche qualora non fosse stata impugnata dall’ex liquidatore non avrebbe prodotto alcuna conseguenza: nessuna esecuzione forzata, infatti, sarebbe stata possibile nei confronti di una società “inesistente”.
                      La Cassazione osservava poi che, in ogni caso, non può essere negato il diritto di difesa al soggetto che riceve un atto dal quale, benché in astratto, potrebbe conseguirgli un pregiudizio. Per completezza, si segnala che la giurisprudenza di legittimità ha recentemente chiarito che l’estinzione della società non fa venir meno la legittimazione attiva e passiva dei soci in giudizio, anche se la pretesa del fisco resta comunque vincolata a quanto eventualmente percepito nel riparto dell’attivo di liquidazione (sentenza 15035/2017).

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