La bordata di Legnini, invece, ha molto a che vedere con il pressing dei magistrati di Autonomia e Indipendenza che vogliono Davigo, fondatore e leader della corrente nata dalla scissione di Magistratura Indipendente, candidato alle elezioni 2018 per il rinnovo del Consiglio: se dovesse accettare, prenderebbe una caterva di voti. Finora ha detto di non volersi candidare ma intanto ha presentato domande al Csm per nulla gradite ai vertici e a molti consiglieri, esattamente come la sua eventuale candidatura: una per concorrere alla presidenza della Cassazionee una per la Procura generale, sempre della Suprema Corte. Per inciso, se fosse nominato a una delle due cariche, andrebbe di diritto al Csm.
Davigo, non è un mistero, è un candidato scomodo, sicuramente inviso a Legnini, unico vicepresidente del Csm proveniente da un governo e al resto dei politici (con alcune eccezioni) a cui non le ha mandate a dire quando era presidente dell’Anm, il sindacato delle toghe. Ha pure l’aggravante di aver parlato contro “le nomine a pacchetto” fatte dal Csm.
Davigo, non è un mistero, è un candidato scomodo, sicuramente inviso a Legnini, unico vicepresidente del Csm proveniente da un governo e al resto dei politici (con alcune eccezioni) a cui non le ha mandate a dire quando era presidente dell’Anm, il sindacato delle toghe. Ha pure l’aggravante di aver parlato contro “le nomine a pacchetto” fatte dal Csm.
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