Immobili e aziende, nessun automatismo tra imposte dirette e registro
L’art. 5, co. 3, del D.Lgs. n. 147/2015 ha introdotto una norma di carattere interpretativo, riguardante le cessioni di immobili ed aziende: in particolare, è stato stabilito che – ai fini dell’imposizione diretta (Ires ed Irpef) delle plusvalenze e dei ricavi, e della determinazione della base imponibile Irap – l’esistenza di un maggior corrispettivo non può essere presunta soltanto in virtù del valore, anche se dichiarato o accertato con riferimento all’imposta di registro, ipotecaria o catastale.
Tale disposizione consente, pertanto, di superare l’orientamento giurisprudenziale che ammetteva l’accertamento di una maggior plusvalenza, in caso di cessione di azienda o di diritti reali immobiliari, facendo riferimento al valore accertato o definito ai fini dell’imposta di registro (Cass. 28 novembre 2014, n. 25290; Cass. 20 luglio 2012, n. 12632; Cass. 28 giugno 2012. n. 11012; Cass. 3 novembre 2011, n. 22869; Cass. 13 agosto 2010, n. 18705).
A questo proposito, si ricorda che, secondo la Suprema Corte, sebbene l’imposta di registro e le imposte sui redditi definiscano diversamente le proprie ba*si imponibili (il valore di mercato per l’imposta di registro, e il corrispettivo per la determinazione della plusva*lenza), l’esistenza di una presunzione di corrispondenza del prezzo incassato con il valore di mercato legittima l’Amministrazione Finanziaria a procedere in via induttiva all’accertamento di un maggior valore dell’immobile o dell’azienda ceduti, ai fini delle imposte dirette, in presenza di un diverso valore accertato in relazione all’imposta di registro. La giurisprudenza di legittimità riteneva, pertanto, che fosse onere onere del contribuente superare la presunzione di corrispondenza tra corrispettivo e valore, fornendo la prova di aver, concretamente, venduto a prezzo inferiore.
Tale filone giurisprudenziale era, inoltre, giunto a legittimare l’accertamento induttivo della maggior plusvalenza utilizzando il valore definito ai fini dell’imposta di registro nell’ambito di un accertamento con adesione (Cass. 13 dicembre 2012, n. 23001).
Per effetto della previsione dell’art. 5, co. 3, del D.Lgs. n. 147/2015, è, pertanto, venuto meno il predetto automatismo, nella trasposizione dei valori di immobili e aziende dall’imposta di registro alle imposte dirette: per legittimare l’accertamento di una maggiore plusvalenza è necessario fornire elementi di prova ulteriori, oltre allo scostamento dal valore accertato ai fini del registro; il maggior valore accertato, dichiarato o definito ai fini delle imposte di registro o ipotecaria e catastale, da solo non è sufficiente a presumere un maggior corrispettivo ai fini delle imposte dirette. La novità normativa è, pertanto, coerente con la norma di comportamento AIDC n. 171, secondo cui, in caso di cessione d’azienda, la definizione di un maggior valore ai fini dell’imposta di registro non assume automatica efficacia ai fini delle imposte dirette: “L’Amministrazione finanziaria, in sede di accertamento analitico del reddito d’impresa, può procedere alla rettifica del corrispettivo di cessione dell’azienda contabilizzato solamente in presenza di fatti certi o di ulteriori presunzioni semplici, purché gravi precise e concordanti, che siano aggiuntive rispetto ad un accertamento definito ai fini del registro e che provino che l’effettivo corrispettivo è superiore a quanto contabilizzato”.
La predetta norma ha natura dichiaratamente interpretativa e, quindi, efficacia retroattiva: in altri termini, è suscettibile di incidere suicontenziosi in corso.
L’art. 5, co. 3, del D.Lgs. n. 147/2015 ha introdotto una norma di carattere interpretativo, riguardante le cessioni di immobili ed aziende: in particolare, è stato stabilito che – ai fini dell’imposizione diretta (Ires ed Irpef) delle plusvalenze e dei ricavi, e della determinazione della base imponibile Irap – l’esistenza di un maggior corrispettivo non può essere presunta soltanto in virtù del valore, anche se dichiarato o accertato con riferimento all’imposta di registro, ipotecaria o catastale.
Tale disposizione consente, pertanto, di superare l’orientamento giurisprudenziale che ammetteva l’accertamento di una maggior plusvalenza, in caso di cessione di azienda o di diritti reali immobiliari, facendo riferimento al valore accertato o definito ai fini dell’imposta di registro (Cass. 28 novembre 2014, n. 25290; Cass. 20 luglio 2012, n. 12632; Cass. 28 giugno 2012. n. 11012; Cass. 3 novembre 2011, n. 22869; Cass. 13 agosto 2010, n. 18705).
A questo proposito, si ricorda che, secondo la Suprema Corte, sebbene l’imposta di registro e le imposte sui redditi definiscano diversamente le proprie ba*si imponibili (il valore di mercato per l’imposta di registro, e il corrispettivo per la determinazione della plusva*lenza), l’esistenza di una presunzione di corrispondenza del prezzo incassato con il valore di mercato legittima l’Amministrazione Finanziaria a procedere in via induttiva all’accertamento di un maggior valore dell’immobile o dell’azienda ceduti, ai fini delle imposte dirette, in presenza di un diverso valore accertato in relazione all’imposta di registro. La giurisprudenza di legittimità riteneva, pertanto, che fosse onere onere del contribuente superare la presunzione di corrispondenza tra corrispettivo e valore, fornendo la prova di aver, concretamente, venduto a prezzo inferiore.
Tale filone giurisprudenziale era, inoltre, giunto a legittimare l’accertamento induttivo della maggior plusvalenza utilizzando il valore definito ai fini dell’imposta di registro nell’ambito di un accertamento con adesione (Cass. 13 dicembre 2012, n. 23001).
Per effetto della previsione dell’art. 5, co. 3, del D.Lgs. n. 147/2015, è, pertanto, venuto meno il predetto automatismo, nella trasposizione dei valori di immobili e aziende dall’imposta di registro alle imposte dirette: per legittimare l’accertamento di una maggiore plusvalenza è necessario fornire elementi di prova ulteriori, oltre allo scostamento dal valore accertato ai fini del registro; il maggior valore accertato, dichiarato o definito ai fini delle imposte di registro o ipotecaria e catastale, da solo non è sufficiente a presumere un maggior corrispettivo ai fini delle imposte dirette. La novità normativa è, pertanto, coerente con la norma di comportamento AIDC n. 171, secondo cui, in caso di cessione d’azienda, la definizione di un maggior valore ai fini dell’imposta di registro non assume automatica efficacia ai fini delle imposte dirette: “L’Amministrazione finanziaria, in sede di accertamento analitico del reddito d’impresa, può procedere alla rettifica del corrispettivo di cessione dell’azienda contabilizzato solamente in presenza di fatti certi o di ulteriori presunzioni semplici, purché gravi precise e concordanti, che siano aggiuntive rispetto ad un accertamento definito ai fini del registro e che provino che l’effettivo corrispettivo è superiore a quanto contabilizzato”.
La predetta norma ha natura dichiaratamente interpretativa e, quindi, efficacia retroattiva: in altri termini, è suscettibile di incidere suicontenziosi in corso.
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