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    La giurisdizione del Giudice tributario può essere individuata e delimitata in base ad una serie di criteri di tipo oggettivo e soggettivo:


    ---> Criteri oggettivi: il tributo e la natura tributaria del rapporto giuridico controverso.
    Appartengono alla giurisdizione tributaria (art. 2):

    in via generale, “tutte le controversie aventi ad oggetto tributi di ogni genere e specie, comunque denominati, compresi quelli regionali, provinciali e comunali”;

    nello specifico:

    le controversie aventi ad oggetto il contributo per il Servizio sanitario nazionale, le sovrimposte, le addizionali, le sanzioni amministrative irrogate da uffici finanziari, gli interessi e ogni altro accessorio;

    le controversie promosse dai singoli possessori concernenti l'intestazione, la delimitazione, la figura, l'estensione, il classamento dei terreni e la ripartizione dell'estimo fra i compossessori a titolo di promiscuità di una stessa particella;

    le controversie concernenti la consistenza, il classamento delle singole unità immobiliari urbane e l'attribuzione della rendita catastale


    le controversie relative alla "debenza del canone per lo smaltimento dei rifiuti urbani", nonché le controversie attinenti l’imposta o il canone comunale sulla pubblicità e il diritto sulle pubbliche affissioni.

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      ---> Elementi oggettivi: il tributo e la natura tributaria del rapporto controverso.

      Il criterio principale per individuare la giurisdizione delle commissioni tributarie è costituito dal concetto di tributo: per effetto della disposizione generale di cui all’art. 2, comma 1, d.lgs. n. 546/1992, tutte le controversie su tributi, anche se di nuova istituzione, rientrano automaticamente nella giurisdizione tributaria.


      Il tributo, in via generale e di prima approssimazione, può essere definito come una prestazione patrimoniale imposta, caratterizzata dall’attitudine a determinare il concorso alle spese pubbliche. L’autoritatività della prestazione e la coattività del prelievo, costituiscono dunque elementi essenziali del tributo, che connotano la natura del rapporto tra contribuente e Ente impositore.

      La natura tributaria del rapporto controverso costituisce elemento essenziale ai fini della delimitazione della giurisdizione del Giudice tributario.

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        l’atto impugnabile

        Accanto ai criteri di tipo sostanziale (tributo e natura tributaria del rapporto giuridico controverso), un ulteriore elemento di tipo formale utilizzabile per delimitare la giurisdizione del Giudice tributario è costituita dalla presenza di uno degli atti impugnabili richiamati dall’art. 19 d.lgs. N. 546/92

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          N.B. l’elencazione contenuta nell’art. 19 citato, non esaurisce il novero degli atti impugnabili dinanzi le commissioni tributarie e non esclude la possibilità di impugnare atti tributari impositivi non “tipizzati” dalla norma, ma aventi effetti e funzioni corrispondenti a quelli tipizzati. In particolare:

          ai fini dell'accesso alla giurisdizione tributaria sono equiparati agli avvisi di accertamento o di liquidazione di un tributo tutti quegli atti, non tipizzati dall’art. 19 citato, con cui la Amministrazione comunica al contribuente una pretesa tributaria definita, compiuta e non condizionata . A tal fine, oltre alla natura tributaria della pretesa, è necessario che l’atto contenga l’esposizione delle ragioni di fatto e di diritto della pretesa, la liquidazione del tributo, e presenti gli effetti caratteristici dell’autoritatività e dell’esecutorietà;

          Sono impugnabili dinanzi alle commissioni tributarie anche gli atti tipicamente impositivi che, pur non richiamati dall’art. 19, rientrano nella giurisdizione tributaria (p.e. la bolletta doganale e gli avvisi di rettifica e di accertamento suppletivo in materia doganale)

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            i criteri soggettivi: le parti necessarie del processo


            La natura tributaria del rapporto controverso si riflette sulla natura delle parti del giudizio.

            La controversia tributaria vede come parti necessarie:

            l’ente impositore del tributo o l’organo della riscossione (rimangono infatti escluse dalla giurisdizione del giudice tributario le eventuali liti tra privati insorte nell’applicazione dei tributi (p.e. alcune liti tra sostituto d’imposta e sostituito).
            Il principio risulta codificato nell’art. 10 del d.lgs. 546/1992, il quale dispone: “Sono parti nel processo dinanzi alle commissioni tributarie oltre al ricorrente, l'ufficio del Ministero delle finanze o l'ente locale o il concessionario del servizio di riscossione che ha emanato l'atto impugnato o non ha emanato l'atto richiesto ovvero, se l'ufficio è un centro di servizio o altre articolazioni dell'Agenzia delle Entrate, con competenza su tutto o parte del territorio nazionale … l'ufficio delle entrate del Ministero delle finanze al quale spettano le attribuzioni sul rapporto controverso.”



            Il ricorrente: questi normalmente coincide con il soggetto privato titolare del rapporto tributario controverso, che esercita “l’azione”, presentando ricorso alla Commissione Tributaria avverso uno degli atti indicati nell’art. 19 del d.lgs. 546/1992.

            (dove trovate scritto Ministero s'intende Agenzia )

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              I suddetti elementi oggettivi e soggettivi devono essere individuati e coesistere congiuntamente al fine di stabilire se una controversia rientri nella giurisdizione tributaria, dalla quale sono infatti state escluse:


              --> Controversie aventi ad oggetto fattispecie di prelievo coattivo di natura non tributaria (p.e.: COSAP, Canone per lo scarico e la depurazione delle acque reflue, sanzioni irrogate da uffici finanziari per la violazione di disposizioni non aventi natura tributaria), rientranti nella giurisdizione del Giudice Ordinario;


              --> Controversie sorte tra privati in occasione dell’applicazione di un tributo (p.e. controversie tra cessionario e cedente per il rimborso dell’IVA applicata indebitamente in via di rivalsa), rientranti nella giurisdizione del Giudice Ordinario;

              --> Controversie di natura tributaria sorte sulla base di atti privi di natura impositiva e non riconducibili ad uno degli atti indicati nell’art. 19 del d.lgs. N. 546/92, impugnabili dinanzi al Giudice Amministrativo, ove espressivi di un potere discrezionale;

              --> Rientrano, inoltre, nella giurisdizione del Giudice penale, l’accertamento e l’applicazione della pena per le violazioni di norme tributarie a rilevanza penale, individuate dal d.lgs. n. 74/2000.

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                Nel caso venga proposta dinanzi al Giudice tributario una controversia non rientrante nella sua giurisdizione, si ha il c.d. “difetto di giurisdizione”, rilevabile in ogni stato e grado del processo: la relativa azione è “inammissibile” in quanto proposto dinanzi a un giudice privo di potestas iudicandi.


                In tal caso, è possibile riproporre l’azione dinanzi al diverso Giudice dotato di giurisdizione entro 3 mesi (il termine è perentorio) dal passaggio in giudicato della Sentenza del Giudice tributario che ha dichiarato il difetto di giurisdizione, facendo salvi gli effetti sostanziali e processuali della domanda, e ferme rimanendo le preclusioni già maturate


                E’ ammesso il regolamento preventivo di giurisdizione, previsto dal c.p.c.:
                “Finché la causa non sia decisa nel merito in primo grado, ciascuna parte può chiedere alle sezioni unite della Corte di cassazione che risolvano le questioni di giurisdizione” (ma è necessario il patrocinio di un Avvocato abilitato).

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                  I termini processuali.


                  Il processo è una sequenza di atti, che le parti hanno il potere/dovere di compiere entro determinati termini legali (se previsti dalla legge) o giudiziari ( se assegnati dal giudice).


                  I termini legali sono ordinatori, salvo che la legge non li dichiari espressamente perentori:

                  Termini perentori: l’inosservanza del termine comporta la decadenza dalla facoltà processuale, che non potrà più essere validamente compiuta. Non possono essere abbreviati o prorogati ma la parte può chiedere di essere rimessa in termini se dimostri di essere incorsa in decadenza per cause ad essa non imputabili;


                  Termini ordinatori: sono dettati per regolare l’attività processuale, possono essere prorogati d’ufficio o su istanza di parte proposta prima della scadenza.

                  Il computo dei termini processuali può essere:

                  A mesi o anni: si osserva il calendario comune, prescindendo dal numero dei giorni;

                  A giorni: non si computa il giorno iniziale, salvo si tratti di c.d. “giorni liberi”

                  I giorni festivi si computano sempre nel calcolo del termine. Se il termine per il compimento di atti svolti fuori dall’udienza scade di sabato o in un giorno festivo, il termine è prorogato di diritto al primo giorno seguente non festivo (art. 155 c.p.c.). Secondo la giurisprudenza fanno eccezione a questa regola i termini a ritroso: ove scadano in un giorno festivo, la scadenza rimane anticipata al giorno precedente non festivo.

                  Sospensione feriale dei termini: il decorso dei termini processuali è sospeso di diritto dal 1° agosto al 15 settembre di ogni anno e riprende a decorrere dal 16 settembre. Ove il decorso del termine abbia inizio nel periodo feriale, l’inizio è differito alla fine del periodo stesso.

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                    Le fonti del processo tributario.

                    Il processo dinanzi alle commissioni tributarie è regolato:


                    --> Dalle norme costituzionali sulla giurisdizione (in particolare, artt. 24, 111, commi 1, 2, e 6, e 113 Cost.) e dai principi comunitari e della CEDU in materia di tutela giurisdizionale dei diritti;


                    --> Dal d.lgs. 31 dicembre 1992 n. 546, il quale detta una dettagliata disciplina relativa a soggetti e oggetto del processo, definendo i presupposti, la forma e gli effetti dei vari atti compiuti nell’ambito del processo dinanzi le commissioni tributarie;


                    --> Dalle norme del Codice di procedura civile, applicabili “per quanto non disposto” dalle norme del d.lgs. N. 546/92 e in quanto “con esse compatibili” (art. 1, comma 2, d.lgs. n. 546/1992);

                    --> Dal d.Lgs. 18 dicembre 1997 n. 472, che detta una specifica disciplina per alcune vicende processuali relative ai giudizi avverso le sanzioni tributarie (p.e. azione cautelare dell’Amministrazione finanziaria, prevista dall’art. 22 del d.lgs. 472/97);

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                      to be continued...................

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