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    LETTERE D’INTENTO: PROCEDURA E NUOVE SANZIONI

    Una delle novità contenute nel Decreto sulla revisione del sistema sanzionatorio nella sua versione definitiva, emanato in attuazione della Delega fiscale (L. 23/2014), è quella di ridurre sensibilmente le sanzioni applicabili per la mancata verifica da parte del fornitore dell’esportatore abituale della trasmissione della lettera d’intento all’Agenzia delle Entrate.

    La nuova procedura - L’art. 20 del D.Lgs. semplificazioni fiscali (D.Lgs. 175/2014, entrato in vigore il 13.12.2014) ha trasferito in capo al c.d. “esportatore abituale” (soggetto che a determinate condizioni può porre in essere operazioni senza pagamento dell’IVA) l’obbligo di informare l'Agenzia delle Entrate dei dati contenuti nella lettera d'intento.
    La nuova procedura prevede che:
    i) l’esportatore abituale invii all’Agenzia dell’Entrate i dati contenuti nella lettera d'intento,
    ii) l’Agenzia delle Entrate rilasci apposita ricevuta;
    iii) l’esportatore abituale invii al fornitore (o in Dogana in caso di
    importazioni) la lettera di intento trasmessa all'Agenzia delle Entrate, assieme alla copia della ricevuta di presentazione della stessa;
    iv) il fornitore, ricevuta la documentazione, controlla telematicamente l'avvenuta comunicazione alle Entrate da parte dell'esportatore abituale della lettera d'intento;
    v) terminati i controlli, il fornitore può emettere fattura in sospensione d’imposta con la dicitura “non imponibile”.

    Il precedente apparato sanzionatorio - Il fornitore, ricevuta la documentazione dall’esportatore abituale, ha l’obbligo di controllare telematicamente l'avvenuta comunicazione alle Entrate da parte dell'esportatore abituale della lettera d'intento.

    Se il fornitore emette fattura in sospensione d’imposta senza effettuare tale controllo, o comunque poco prima della ricezione della lettera d’intento e al successivo riscontro della ricevuta di avvenuta presentazione all'Agenzia delle Entrate, è punito con la sanzione amministrativa che va dal 100% al 200% dell’imposta non addebitata.

    Se invece il fornitore emette fattura in sospensione d’imposta in mancanza della lettera d’intento, oltre
    all’applicazione della sanzione amministrativa che va dal 100% al 200% dell’imposta non applicata, il fornitore è altresì tenuto al pagamento del tributo.


    Il nuova apparato sanzionatorio – Le novità contenute del Decreto sulla revisione del sistema sanzionatorio
    prevedono che se il fornitore emette fattura in sospensione d’imposta senza controllare telematicamente l'avvenuta comunicazione alle Entrate da parte dell'esportatore abituale della lettera d'intento si applica in luogo della sanzione proporzionale precedentemente indicata, la sanzione fissa da 250,00 a 2.000,00 euro. Si tratta in sostanza di una “dequalificazione” della violazione: da violazione di carattere sostanziale a violazione di carattere formale.

    Violazioni commesse fino al 31.12.2014 – Resta da capire se la nuova misura sanzionatoria torni applicabile anche per le violazione commesse prima dell’entrata in vigore dell’art. 20 del D.lgs. semplificazioni fiscali, ovvero prima del 1° gennaio 2015. Sulla questione nessuna presa di posizione da parte dell’Amministrazione Finanziaria, sebbene abbia avuto più volte il modo di esprimersi sulle novità del Decreto semplificazioni fiscali.

    Si ricorda che la previgente normativa (Art. 1, D.L. n. 746/1983, come modificato dalla Legge n. 311/2004) stabiliva che il soggetto passivo che avesse ricevuto la dichiarazione con la quale il cliente esportatore abituale chiedeva la non applicazione dell’IVA, aveva l’obbligo di comunicare all’Agenzia delle Entrate, per via telematica, i dati contenuti nella come lettera d’intento. Il mancato rispetto del suddetto obbligo, oppure l’invio della comunicazione con dati incompleti o inesatti, comportava l’applicazione della sanzione amministrativa dal 100 al 200% dell’imposta non applicata.

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      VIES iscrizione immediata -

      Con l’art. 22 del Decreto semplificazioni fiscali (D.Lgs. 175/2014), è stato riscritto l’art. 35 del D.P.R. 633/1972, prevedendo che con l’esercizio dell’opzione per l’inclusione nell’archivio VIES, o al
      momento di presentazione della Dichiarazione di inizio attività o in un momento successivo, il soggetto viene automaticamente incluso nell’archivio VIES e può iniziare da subito a effettuare operazioni intracomunitarie (senza attendere 30 giorni).

      Nella previgente normativa, l’iscrizione all’archivio VIES poteva avvenire o al momento di presentazione della Dichiarazione di inizio attività o in un momento successivo. Tale iscrizione diveniva efficace decorsi 30 giorni dalla presentazione della richiesta, tranne il caso in cui nel medesimo termine l’Amministrazione Finanziaria emanasse un provvedimento motivato di diniego, che precludeva l’inserimento nel Vies.

      Ciò che si vuole evidenziare è che la soggettività attiva e passiva all’effettuazione di operazioni intracomunitarie era sospesa nel periodo di 30 giorni dall’effettuazione della richiesta, ovvero dopo la notifica del diniego.

      In seguito alla modifica normativa in commento, il soggetto passivo – diversamente da quanto precedentemente disposto – ottiene l’iscrizione nella banca dati VIES già al momento della attribuzione della partita IVA o, se la volontà di effettuare operazioni intracomunitarie è manifestata successivamente, al momento in cui manifesta tale volontà.

      Con il Provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle Entrate n. 159941 del 15.12.2014 sono state definite le modalità per l’inclusione immediata nell’archivio VIES (Vat information exchange system) per chi apre una partita Iva o anche successivamente, senza più dover attendere 30 giorni di tempo, con la possibilità, dunque, di effettuare fin da subito operazioni con gli altri Paesi UE .

      Gli effetti della mancata iscrizione al VIES – Abbiamo già evidenziato la mancata previsione di una norma ad hoc per le operazioni intracomunitarie poste in essere con controparti non iscritte al VIES.
      Va preliminarmente osservato che l’assenza dall’archivio VIES, secondo l’orientamento espresso dall’Agenzia delle Entrate nella C.M. 39/E/2011, determina il venire meno della possibilità di effettuare operazioni intracomunitarie e di applicare il regime fiscale loro proprio, in quanto il soggetto non può essere considerato come soggetto passivo IVA italiano ai fini dell’effettuazione di operazioni intracomunitarie. In altre parole, eventuali operazioni realizzate in mancanza d’iscrizione vanno comprese nel regime ordinario Iva.
      Tale interpretazione è stata più volte oggetto d’analisi dei giudici della Suprema Corte, che il più delle volte l’hanno ritenuta non condivisibile.

      Ad esempio, sia i giudici comunitari che quelli nazionali hanno affermato che il possesso dei requisiti sostanziali da parte del cessionario comunitario sia condizione sufficiente per applicare il regime di non imponibilità, mentre il possesso dei requisiti formali (iscrizione al VIES) non rappresenta condizione necessaria e sufficiente per l’applicazione del regime di non imponibilità proprio delle operazioni intracomunitarie. In altre parole, il regime di non imponibilità può essere applicato se il contribuente riesce a dimostrare che la controparte agisce in qualità di soggetto economico.
      Può capitare ad esempio che la controparte non sia presente negli archivi VIE; ma si riesca a provare la regolarità delle cessioni intracomunitarie attraverso il certificato di attribuzione della partita Iva del cessionario rilasciato dalle autorità competenti unitamente a visura camerale, dichiarazioni fiscali presentate e modelli Intrastat (CTR Lombardia 2495/2015) oppure al caso in cui sono stati presentati tutti i documenti che attestano l’avvio dell’iter di attribuzione della stessa (CTR Lombardia 2112/2015).

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        Originariamente inviato da strelizia Visualizza il messaggio
        Tutto avviene come se fosse cartiera il venditore, cartiera che si trova nel territorio dello Stato
        ma senza che nessuno paghi realmente l'Iva allo Stato, perché l'Iva pagata dell'acquirente reale viene intascata da cartiera. Poi però l'acquirente reale chiede la detrazione dell'Iva pagata a cartiera. Il soggetto passivo dell' Iva e' l'acquirente finale perché si tratta di acquisti intracomunitari e quindi viene aggirato il pagamento dell' Iva allo Stato per acquisti intracomunitari, ma sembra invece che sia avvenuta un'operazione all'interno del territorio dello Stato...

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          Originariamente inviato da strelizia Visualizza il messaggio
          Tutto avviene come se fosse cartiera il venditore, cartiera che si trova nel territorio dello Stato
          no

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            fatture ad aliquote zero......(successivamente da integrare ...nella frode dalla cartiera in italia...)

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              la cartiera poi fattura al reale acquirente....(ma non verserà l'iva a debito)

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                quindi il reale acquirente acquistando risulterà a credito iva (su iva però che non è stata versata...)

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                  il punto è......il reale acquirente sapeva o non sapeva che quella era una cartiera?

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                    il reale acquirente ha acquistato...ha la fattura d'acquisto, ha fatto il pagamento ecc,,,,,,perchè non deve poter detrarre?

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                      quali sono i requisiti per poter effettuare la detrazione iva in italia?

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                      Sto operando...
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