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Comitato "i nuovi educatori penitenziari"

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    x cinderella
    Ho letto la tua risposta al mio post.
    La mia è una situazione complicata da tanti punti di vista, sia personali che professionali.
    Non sono alla mia prima esperienza lavorativa e mi sono resa subito conto della situazione in cui sono capitata. La mia è una C.C. non grande (circa 300 detenuti) con i pro e i contro delle strutture dislocate anche in piccole città.
    Non si possono fare corsi scolastici/professionali; non c'è partecipazione da parte della comunità esterna; non ci sono associazioni sul territorio etc..
    Di educatori saremo in due, entrambei neo- assunti.
    Uno dei problemi per me è che mi sveglio alle 5 del mattino e faccio 2 ore di viaggio all'andata e 2 al ritorno e con una famiglia da seguire, non è semplice.
    Il lavoro mi piace molto, anche se le problematiche sono tante e particolari, ma devo pensare anche ai miei 3 figli adolescenti che, in queste condizioni, non riesco a seguire, poichè, durante l'adolescenza, è richiesta ai genitori energia mentale.

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      Mi piace lavorare colleghi; il collaboratore dell'area educativa, in particolare, è molto efficiente, preparato e simpaticissimo.
      Il carcere è un mondo molto strano. Ho avuto l'opportunità di seguire, come dicevo in altri post, tutte le attività che l'educatore deve fare, ma mi sono resa subito conto che il tutor nei colloqui aveva creato l'idea dell'educatore burocrate al quale ci si rivolge per "le domandine" (richieste varie in specie, permessi e misure alternative). Durante questa settimana, sono rimasta sola, e con l'approvazione del direttore, sono scesa in sezione a fare dei colloqui. Ovviamente ho scelto con cura i detenuti e sono andata nella sezione femminile. Ho sperimentato una nuova modalità, quella del colloquio di sostegno e di riflessione. Ho potuto vedere sul viso delle persone, la meraviglia, anche l'incredulità. Ho visto una ragazza cambiare sguardo, espressione. Le ho chiesto di scrivere la sua storia poichè penso che l'autobiografia sia un'attività molto utile soprattutto se legata e lanciata per un progetto sociale futuro. Dopo due giorno sono andata a parlare con un detenuto il quale mi ha fatto capire che già si era sparsa la voce che stava cambiando la "musica".

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        Un detenuto ha affermato "mi sento una formica nel deserto" in relazione al fatto che è difficile per loro instaurare rapporti autentici con i compagni ma c'è l'esigenza di dialogare in tal senso. E' ovvio che ci sono anche tante persone che strumentalizzano (la maggior parte) ma alcuni, spesso stranieri, si trovano in un ambiente di cui non capiscono bene le regole e fanno fatica ad adattarsi al "NULLA FARE".
        Soprattutto nella sezione femminile è deleteria la noia forzata. non c'è rieducazione se non ci sono attività possibilmente non fine a se stesse ma che hanno uno scopo. Avrei tante idee da mettere in campo ma adesso devo ancora capire come organizzarmi con la famiglia e il viaggio.
        Scusatemi se ho scritto tanto.....mi piacerebbe avere un confronto con chi ha più esperienza e con chi è appena entrato. Un abbraccio

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          Salerno, capisco benissimo ciò che scrivi ed io stesso, lavorando in area trattamentale, ho sperimentato le stesse sensazioni. Bisogna però fare molta attenzione a non lasciarsi andare ad una visuale da "crocerossina". Bisogna fare in modo che la volontà di aiutare non prenda il sopravvento sulla constatazione della realtà delle cose. A quello che dici e che io ritengo del tutto condivisibile, qualcuno potrebbe rispondere (giustificato anch'egli) che se i detenuti si annoiano potevano anche pensarci prima di commettere il reato e che nella vita c'è sempre possibilità di scegliere. C'è possibilità di scegliere anche tra delinquere e morire di fame. Chi ha scelto la strada del reato ha fatto una scelta non solo sbagliata ma anche facile rispetto a tutto il resto. Ed ora ne paga le conseguenze, anche se sono più disumane di quello che credeva e di ciò che dovrebbe garantirgli uno stato di diritto.
          Giorni fa parlavo con un detenuto extracomunitario che, arrestato per la seconda volta, chiedeva di fare istanza per beneficiare dell'espulsione come pena sostitutiva alla detenzione. Arrestato per spaccio una prima volta, aveva scontato la sua pena e, invece di tornare nel suo paese come prescritto dal foglio di via, ha deciso di rimanere in Italia finché non è stato arrestato nuovamente. L'idea di voler tornare nel suo paese, quindi, gli è venuta solamente quando è stato arrestato per la seconda volta pur avendo già a suo carico un provvedimento che gli intimava di farlo. Cosa voglio dire? Che non bisogna mai dimenticare che il carcere non è uno strumento punitivo. E' la giusta conseguenza di un comportamento illecito. E se qualche volta le parole "s'adda fà a galera" dette da qualche collega ti potranno sembrare parole di chiusura mentale, molto spesso, invece, corrispondono alla realtà dei fatti perché, credimi, ci sono persone che seppur intelligenti e capaci di fare altro, scelgono la via del reato perché molto più semplice rispetto a tutto il resto.
          Master(Pi)card

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            hai perfettamente ragione Picard. Per quanto mi riguarda, mi affascina proprio l'idea di maturare un'idea ed una personalità tale da potermi sentire più forte rispetto alle "oscillazioni" della coscienza. Insomma in tutti i lavori per me l'importante è capire ciò che mi può servire per crescere ulteriormente come persona, dunque è un'opportunità anche per me. il mio timore è di rimanere delusa. Ho capito che quella dell'educatore è una professione particolare, ma bisogna sempre calarla nella realtà in cui si opera.....ed è proprio quest'ultimo aspetto che mi dà da pensare. Come ben tu sai, le situazioni sono molto diverse da zone a zone. Inoltre, sai bene la mia situazione e mi tocca riflettere approfonditamente!!!!

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              Picard cosa sai riguardo alla firma per il nostro contratto integrativo? quando verrà firmato? ci saranno novità? da quello che ho letto sembra siano prossimi alla firma....bisogna vedere cosa si riesce ad ottenere anche rispetto al passaggio ai ruoli tecnici.

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                Naturalmente è tutto rinviato a settembre. Anche se nell'ultima riunione alcune sigle sindacali hanno posto il proprio veto alla firma. Non è mia intenzione entrare nel merito di questa scelta però è assurdo prendere determinate posizioni di principio lasciando i lavoratori in balia delle nuove norme sulla contrattazione. Per fortuna abbiamo ancora un po' di tempo (settembre - ottobre) per ottenere ciò che ci spetta. Speriamo che nessuno faccia le barricate e che il clima dei prossimi incontri sia più propositivo e meno ideologico.
                Master(Pi)card

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                  [QUOTE=salerno;354048] La mia è una C.C. non grande (circa 300 detenuti) con i pro e i contro delle strutture dislocate anche in piccole città.
                  Non si possono fare corsi scolastici/professionali; non c'è partecipazione da parte della comunità esterna; non ci sono associazioni sul territorio etc..
                  QUOTE]

                  ciao salerno, leggendoti mi chiedo e vi chiedo quali possono essere i paramentri di scelta delle sedi..tra poco toccherà anche a me e vorrei cercare di capire su che indicatori sia meglio orientarsi per fare una scelta, tolto ovviamente il fattore vicinanza a casa propria.
                  tu mi sembra hai delineato alcuni punti deboli di realtà piccole, ti posso chiedere in quale C.C. sei ?

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                    Se ti dicessi in quale C.C. mi trovo, non mi sentirei più libera di commentare ciò che vedo...e poi sono da tutelare i colleghi.
                    NellaC.C. circondariale, solitamente i detenuti restano per poco tempo e/o sono di passaggio, dunque è difficile organizzare corsi scolastici a medio/lungo termine, (così mi ha detto l'educatore tutor). Io penso che sia una difficoltà facilmente superabile se si considera che spesso, come da me, ci sono detenuti con pene lunghe e che si possono interpellare altri istituti per formare classi.
                    Il problema è che nelle piccole realtà, arrivano anche meno soldi e, come dicevo in altro post, la comunità esterna non è organizzata. Poi tutto è relativo, dipende dalle città. Da me la Caritas non funziona, non sono presnti assoc. di volontariato, non ci sono comunità di accoglienza per tossico dipendenti, insomma non c'è una rete sociale e tutto ciò incide sul trattamento anche esterno. Pensa che abbiamo un detenuto che potrebbe andare in permesso ma non va poichè nessuno lo accoglie!.
                    Siamo al Sud.....!!!! (senza campanilismo!) Questo è ciò che ho appreso in questo periodo anche dagli incontri con il PRAP e con il direttore dell' U.E.P.E (persona preparata, intelligente, ex educatore).
                    Dunque tutto ciò è un ostacolo al nostro lavoro ma potrebbe essere anche un'opportunità per "inventare", "animare" ed attivare un territorio.......ma forse poi diventerebbe un altro lavoro!

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                      scelta sede

                      che sede hai scelto? anche io sono siciliana e anche se (spero) verrò chiamata il prossimo anno queste tre sedi da te indicate sono molto lontane (avendo marito ). in bocca al lupo!

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                      Sto operando...
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