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Comitato "i nuovi educatori penitenziari"

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    Cara Mariannicca,
    penso che quando "toccherà" anche a noi, ricordare ciò che hai detto sulla tua personale esperienza di formazione all'ISSPE attenuerà abbastanza il nostro impatto con il particolarissimo ambiente di studio e lavoro in cui dovremo operare sapendo già, in linea di massima, cosa aspettarci.

    Inoltre, ho trovato particolarmente interessante la tua informazione sulla momentanea tendenza alla "ri-chiusura dei circuiti penitenziari".

    Infatti sono del parere che attualmente, in materia di sicurezza del cittadino, siamo giunti purtroppo a un punto tale da sperare che sia ancora possibile "salvare il salvabile" restituendo urgentemente autentica effettività alla pena detentiva.

    Personalmente, credo che si potrebbe tentare di ottenere un simile risultato in un unico modo e cioè risolvendosi, una volta per tutte, ad attuare un indirizzo di politica penale che limiti sensibilmente la fruizioni di misure alternative e permessi vari privilegiando,di contro, forme di trattamento rieducativo sostanzialmente intramurario.

    Chiaramente sarebbe ingenuo da parte mia pensare che basti questo per risolvere definitivamente, in Italia come altrove, l'emergenza-sicurezza.

    Ciò non toglie che ci si debba comunque impegnare perlomeno ad arginare il problema, servendosi di strumenti idonei a tutelare -come minimo- alcuni fondamentali valori, imprescindibili per qualunque comunità sociale voglia considerarsi realmente civile.

    Mi riferisco in particolare alla necessità che ogni Stato, all'interno del suo territorio, si ponga in condizione di esercitare un grado di autorità sufficiente a:
    fare giustizia almeno nei confronti delle vittime di reati gravi; tutelare la persona non dico in ogni aspetto esistenziale, ma almeno in ordine alla sua integrità fisica; offrire opportunità reali di reinserimento sociale a quanti, pur avendo deviato, desiderino rientrare nell'ambito della legalità.

    Attualmente, però, i valori/base cui ho accennato costituiscono - a parer mio come di molti altri- più che elementi caratteristici della nostra comunità sociale, mete ancora così lontane da assumere la sostanza di vere e proprie utopie.

    Ad ogni modo, bisognerebbe evitare che ciò induca a perdere qualunque speranza in ordine a concrete possibilità di modifica dello status quo.

    Piuttosto ogni cittadino, al momento di apprestarsi al voto, dovrebbe aver cura di esprimere preferenze atte a impedire l'ingresso in Parlamento di chiunque faccia politica esclusivamente allo scopo di soddisfare smaccatamente interessi personali e di parte.

    Voi che ne pensate?

    P.S.Un saluto e un grazie anche da parte mia, Koros

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      Cinderella, mi spiace ma su alcune cose sono in disaccordo con te. Innanzitutto nella parte in cui dici:

      Originariamente inviato da cinderella n. Visualizza il messaggio
      ...sono del parere che attualmente, in materia di sicurezza del cittadino, siamo giunti purtroppo a un punto tale da sperare che sia ancora possibile "salvare il salvabile" restituendo urgentemente autentica effettività alla pena detentiva. Personalmente, credo che si potrebbe tentare di ottenere un simile risultato in un unico modo e cioè risolvendosi, una volta per tutte, ad attuare un indirizzo di politica penale che limiti sensibilmente la fruizioni di misure alternative e permessi vari privilegiando,di contro, forme di trattamento rieducativo sostanzialmente intramurario.
      Non capisco cosa significhi per te dare autentica effettività alla pena detentiva. La Costituzione parla di rieducazione non di punizione. E non capisco neppure il perché della tua ipotesi limitativa di misure alternative e permessi. Come potrebbe una pena tendere al reinserimento sociale senza un graduale ritorno del detenuto nel tessuto sociale? Le cose sono due. O pensiamo che i detenuti siano irrecuperabili (ed allora tanto vale buttare la chiave) oppure pensiamo che ci sia spazio per un loro recupero ed allora le misure alterative e le premialità sono strettamente necessarie allo scopo. Quelli che poi tu chiami "permessi vari" si limitano a due ipotesi: i permessi ex art 30 O.P. e quelli ex art. 30 ter sempre O.P. I primi nati non per premiare ma per consentire ai detenuti di partecipare ad eventi importanti per la propria vita e per quella dei propri familiari (morti, matrimoni, gravi infermità, ecc...), i secondi che costituiscono il mezzo con cui l'Equipe (che esprime il parere in merito) e la Magistratura di Sorveglianza (che li concede), riconoscono al detenuto l'effettività del suo percorso di recupero.

      Un altro punto che non mi è chiaro in questo tuo discorso è quando affermi che...

      Originariamente inviato da cinderella n. Visualizza il messaggio
      ...mi riferisco in particolare alla necessità che ogni Stato, all'interno del suo territorio, si ponga in condizione di esercitare un grado di autorità sufficiente a: fare giustizia almeno nei confronti delle vittime di reati gravi; tutelare la persona non dico in ogni aspetto esistenziale, ma almeno in ordine alla sua integrità fisica; offrire opportunità reali di reinserimento sociale a quanti, pur avendo deviato, desiderino rientrare nell'ambito della legalità.
      Da una parte sembri paventare una deriva autoritaria (almeno per quei reati che tu ritieni gravi) dall'altra lasci aperta la porta all'opportunità di reinserimento che, permettimi, limitando premialità e misure alternative è veramente difficile da raggiungere. Ti spiego. Probabilmente la maggior parte delle persone non ha idea di cosa significhi effettivamente stare in un Istituto. Vivere anche solo per 10 anni in una cella di 9 metri quadrati da condividere con almeno altre due persone. Bagno in comune, se va bene possibilità di andare ai passeggi due volte al giorno e attività limitate a causa del sovraffollamento e della mancanza di personale. Dopo 10 anni passati così è più facile che una persona faccia un percorso di imbarbarimento che un percorso di riabilitazione. I permessi premio e poi le misure alternative servono proprio per limitare i danni che l'istituzione carcere comporta a prescindere dalle condizioni dell'Istituto e dalla professionalità degli operatori che vi operano.

      Grazie per lo spunto che mi hai dato e per il confronto che spero possa esserci.
      Master(Pi)card

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        Originariamente inviato da Picard Visualizza il messaggio
        Cinderella, mi spiace ma su alcune cose sono in disaccordo con te. Innanzitutto nella parte in cui dici:



        Non capisco cosa significhi per te dare autentica effettività alla pena detentiva. La Costituzione parla di rieducazione non di punizione. E non capisco neppure il perché della tua ipotesi limitativa di misure alternative e permessi. Come potrebbe una pena tendere al reinserimento sociale senza un graduale ritorno del detenuto nel tessuto sociale? Le cose sono due. O pensiamo che i detenuti siano irrecuperabili (ed allora tanto vale buttare la chiave) oppure pensiamo che ci sia spazio per un loro recupero ed allora le misure alterative e le premialità sono strettamente necessarie allo scopo. Quelli che poi tu chiami "permessi vari" si limitano a due ipotesi: i permessi ex art 30 O.P. e quelli ex art. 30 ter sempre O.P. I primi nati non per premiare ma per consentire ai detenuti di partecipare ad eventi importanti per la propria vita e per quella dei propri familiari (morti, matrimoni, gravi infermità, ecc...), i secondi che costituiscono il mezzo con cui l'Equipe (che esprime il parere in merito) e la Magistratura di Sorveglianza (che li concede), riconoscono al detenuto l'effettività del suo percorso di recupero.

        Un altro punto che non mi è chiaro in questo tuo discorso è quando affermi che...



        Da una parte sembri paventare una deriva autoritaria (almeno per quei reati che tu ritieni gravi) dall'altra lasci aperta la porta all'opportunità di reinserimento che, permettimi, limitando premialità e misure alternative è veramente difficile da raggiungere. Ti spiego. Probabilmente la maggior parte delle persone non ha idea di cosa significhi effettivamente stare in un Istituto. Vivere anche solo per 10 anni in una cella di 9 metri quadrati da condividere con almeno altre due persone. Bagno in comune, se va bene possibilità di andare ai passeggi due volte al giorno e attività limitate a causa del sovraffollamento e della mancanza di personale. Dopo 10 anni passati così è più facile che una persona faccia un percorso di imbarbarimento che un percorso di riabilitazione. I permessi premio e poi le misure alternative servono proprio per limitare i danni che l'istituzione carcere comporta a prescindere dalle condizioni dell'Istituto e dalla professionalità degli operatori che vi operano.

        Grazie per lo spunto che mi hai dato e per il confronto che spero possa esserci.
        Anch'io credo che il "problema penitenziario" non sia dovuta dall'esitenza delle misure alternative e dei benefici in generale nè dall'ampiezza dei presupposti legali per la loro concessione. Semmai i vari istituti necessiterebbero di una opera di razionalizzazione e coordinamento, ma nel complesso, come ricordava Picard, rappresentano la concreta applicazione del dettato costituzionale.
        Il problema quindi deve essere ricercato altrove: nella carenza delle strutture penitenziarie che spesso non offrono ambienti consoni all'opera rieducativa; nella carenza del personale dell'A.P che deve dare attuazione alla volontà legislativa.
        Un detenuto che non lavora, trascorre gran parte della giornata in una cella concepita per un numero di persone inferiore rispetto a quelle che ospista, che non sempre ha l'occasione di studiare, che non riesce ad incontrare l'educatore o lo psicologo o altro operatore se non in prossimità della relazione di sintesi, non può avere molte chance di reinserimento.
        Il problema non è quindi la misura alternativa, i permessi premio o i benefici in generale (espressione di un sistema indulgente e non repressivo) ma il contesto in cui si calano dove finiscono per essere utilizzate come strumenti di gestione delle conflittualità e di lotta contro il sovraffollamento.
        Il problema a mio avviso non si risollve, come sostenuto da tanti politici come slogan elettorali, agitando la bandiera della certezza della pena (magari inasprendola) tot anni di condanna = tot anni di dietro le sbarre; ma contribuendo a migliorare la realtà penitenziaria, investendo sulle strutture, sulle risorse umane e sulla formazione.
        In questo senso anche noi, insieme a tutti gli altri, siamo chiamati a dare il nostro contributo.

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          Originariamente inviato da marigra Visualizza il messaggio
          Gin, sono ancora io, volevo dirti che per questa settimana credo di non avere più tempo per collegarmi ( ho un'emergenza, poi ti spiego ) ; quindi, nel caso tu riesca a rispondere alla mia e-mail - ribadisco, quando puoi - non badare alla mia "assenza", appena potrò accedere alla posta troverò comunque ciò che mi hai scritto.
          Grazie, un abbraccio.
          Marigra
          Ciao Marigra, scusami se ancora non ti ho risposto, ma è un periodo in cui sn tanto presa dal lavoro e la sera arrivo distrutta...venerdì c'è l'Annuale del Corpo di Polizia Penitenziaria della Toscana e la mia Direzione è quella organizzatrice, quindi oltre al lavoro ordinario mi è toccato lavorare anche per l'organizzazione, essendo stata chiamata a far parte dello staff organizzativo.
          Vorrei rispondere stasera, ma non riesco ad aprire tiscali....ci riprovo più tardi, o al max il we che viene.
          Baciotti, Gin

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            Originariamente inviato da eddi Visualizza il messaggio
            Ciao Ginevra,
            so che al momento dell'assunzione dei nuovi contabili ai neoassunti in precedenza è stato data la possibilità di scegliere nuovamente la sede. Cosa che dovrebbero fare anche con gli educatori anche se, visti i numeri più elevati, si presenterà certamente più complessa.
            Quello che mi interessava sapere è se nella nuova scelta del neoassunto vengono applicati alcuni dei criteri dell'accordo di mobilità oppure se esiste una diversa procedura. In particolare, mi chiedevo se l'interessato può scegliere un numero massimo di tre sedi di preferenza oppure elencare le sedi dando priorità a quelle preferite. Ovviamente l'adozione del criterio cambia il destino delle persone.

            Ma quant'è complicato........ e dire che non vedevo l'ora..
            Grazie di tutto
            Ciao eddi, niente di complicato....basta entrare nei meccanismi! Nel caso dell'assunzione dei nuovi educatori, leggevo presumibilmente nel 2010, sarete richiamati a scegliere con "assestamento di sede" o "interpello straordinario" che dir si voglia, e non secondo i criteri della mobilità.
            In ogni caso per i contabili la scelta è avvenuta su tre sedi....ma questa Amministrazione è molto...varia, ovvero anche per casi analoghi applica criteri diversi, quindi non mi meraviglierei se con voi si comportasse diversamente.
            Per qualsiais cosa, io sn qui.
            Baciotti, Gin

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              Originariamente inviato da Ginevra Visualizza il messaggio
              Ciao eddi, niente di complicato....basta entrare nei meccanismi! Nel caso dell'assunzione dei nuovi educatori, leggevo presumibilmente nel 2010, sarete richiamati a scegliere con "assestamento di sede" o "interpello straordinario" che dir si voglia, e non secondo i criteri della mobilità.
              In ogni caso per i contabili la scelta è avvenuta su tre sedi....ma questa Amministrazione è molto...varia, ovvero anche per casi analoghi applica criteri diversi, quindi non mi meraviglierei se con voi si comportasse diversamente.
              Per qualsiais cosa, io sn qui.
              Baciotti, Gin
              Grazie Ginevra...
              la scelta di tre sedi implicherebbe, ovviamente, che nel caso in cui le tre strutture individuate dal richiedente siano tutte già assegnate, lo stesso dovrebbe rimanere dove si trova. Senza alcuna possibilità di avvicinamento...

              E' il PRAP toscana che organizza l'evento? ma partecipano anche altri educatori?

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                Originariamente inviato da eddi Visualizza il messaggio
                Grazie Ginevra...
                la scelta di tre sedi implicherebbe, ovviamente, che nel caso in cui le tre strutture individuate dal richiedente siano tutte già assegnate, lo stesso dovrebbe rimanere dove si trova. Senza alcuna possibilità di avvicinamento...

                E' il PRAP toscana che organizza l'evento? ma partecipano anche altri educatori?
                Si, così dovrbbe essere....
                E' la Direzione a cui appartengo che organizza l'evento per l'intero PRAP Toscana, sono inviattai tutti i civili della Direzione organizzatrice, e i capi area degli altri istituti.
                Baciotti

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                  Eheheh...ad ognuno il suo...a me tocca la festa del Corpo Provinciale, a te quella Regionale? Azz...credevo che si tenesse a Firenze. Ciao bella! Ma in Toscana non vengono organizzate feste per provincia? Riazz...qualcosa non torna...a questo punto mi viene il sospetto che non sia regionale pure la mia...ihihihih!
                  Master(Pi)card

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                    Anzitutto, grazie a te Picard per aver colto questo spunto come anche ad eddi.

                    La mia intransigenza in materia penale deriva dal fatto che, al momento, fatico un po' ad accettare l'idea che autori di reati particolarmente efferati, fruendo dei benefici cui abbiamo accennato, scontino effettivamente in istituto solo una parte della pena detentiva specificata in sentenza.

                    Non so, ma ho l'impressione che anticipando la scarcerazione del detenuto, si perpetri una ulteriore ingiustizia nei confronti della vittima e si consenta, nel contempo, al reo di sottrarsi al peso delle sue responsabilità poichè restituendolo alla libertà anzitempo si finisce, in sostanza, per attenuare notevolmente il più importante degli effetti negativi conseguenti alla sua azione delittuosa.

                    Del resto, come giustamente sottolinei tu con la cognizione di causa di chi operi già all'interno del sistema penitenziario," parcheggiare" i detenuti in istituti vetusti, del tutto carenti di strutture adeguate ad attivare percorsi di reinserimento sociale ( quali ad es. aule-studio o locali attrezzati per formare professionalmente) favorendone oltretutto il contatto quotidiano con altri "soggetti difficili", certamente non agevola prese di coscienza che inducano ad adottare stili di vita orientati al rispetto della legge nonchè, indirettamente, del prossimo.

                    La questione è indubbiamente spinosa dato che da un lato, imponendo al detenuto lunghi periodi di disagiata inattività, si rischia di deteriorarne ulteriormente la personalità e quindi di compromettere ogni speranza, anche minima, di un suo recupero sociale; dall'altro lato, tentando di rieducare il reo tramite forme di esecuzione penale esterna, si rischia di rimettere in libertà soggetti ancora socialmente pericolosi che abbiano avuto l'abilità di riuscire ad ingannare esperti e magistrati dando una falsa immagine di sè.

                    Mi scuso per aver messo a dura la prova la vostra pazienza con la mia lungaggine.

                    Passo e chiudo dando spazio a quanti desiderino entrare in argomento o introdurre nuovi spunti di discussione.

                    Intendo esprimere, però, ancora un concetto e cioè che mi auguro una cosa: ossia che le mie articolate speculazioni fungano da blando sonnifero per chi, non riuscendo a prendere sonno, si colleghi al forum nottetempo.

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                      Ciò che dici, Cinderella, sarebbe corretto se le statistiche non dimostrassero che laddove c'è un regime carcerario senza alcun tipo di beneficio oppure là dove c'è la pena di morte per i reati di maggior efferatezza non c'è alcuna diminuzione della fattispecie criminosa specifica. Ciò rappresenta evidentemente che il carcere duro non è mai un deterrente. Al massimo peggiora le condizioni del soggetto sia dal punto di vista psicologico che fisico. Piuttosto un percorso rieducativo serve proprio per far nascere, crescere e maturare nel soggetto la consapevolezza di ciò che si è fatto e molto spesso diventa il modo per ripagare la società (e la vittima del reato). Naturalmente questo rappresentazione non vuole essere il Verbo né la Verità. Ma l'esperienza mi insegna che se un detenuto viene dotato degli strumenti per affrontare serenamente il ritorno ad una vita "normale" non solo riesce a prendere coscienza di ciò che ha fatto ma molto spesso non tornerà a delinquere. C'è da dire in ultimo (anche se non sempre è facile da accettare) che i reati più efferati (omicidio o comunque fattispecie di particolare violenza), al di fuori dei casi di infermità mentale che come tali vanno trattati in maniera diversa, molto spesso sono frutto di una esplosione episodica. Non sono uno psicologo ma madri che uccidono i figli, mogli che uccidono i mariti, uomini che uccidono le suocere, sono al riparo da ogni tipo di reiterazione del reato in quanto la vis omicida nasce e si spegne con l'uccisione della persona verso la quale quella vis era diretta. Ciò mi fa pensare (ma questa è una opinione personale) che non sempre il carcere sia la giusta soluzione, che ci siano modi migliori per ripagare la società per quello che si è fatto, magari senza pesare sulle spalle dei contribuenti.
                      Master(Pi)card

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