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    oh...finalmente....

    Il Vivaio delle imprese: a Bologna il progetto di Trust Eureka avvicina studenti e aziende

    Trust Eureka, nato da un’idea della Fondazione Golinelli, ha messo in piedi un progetto innovativo che avvicina i giovani talenti alla cultura imprenditoriale intercettandoli sui banchi di scuola: si chiama “Il Vivaio delle imprese” e da giugno coinvolgerà 70 studenti dell’Emilia-Romagna.

    Far conoscere ai giovani la cultura imprenditoriale attraverso un percorso non formale: è un progetto assolutamente innovativo quello che il Trust Eureka, pensato dalla Fondazione Golinelli, ha deciso di mettere in piedi per avvicinare i giovani talenti al mondo delle imprese.

    Presentato ieri 22 maggio 2014 nella sede di Unindustria Bologna, alla presenza del Sindaco Merola, di numerosi partner istituzionali e di Marino Golinelli, Presidente dell’omonima fondazione, il progetto “Il Vivaio delle imprese”mette al centro i giovani e le loro potenzialità permettendo loro di vivere un’esperienza educativa informale che si affianca a quella scolastica tradizionale.
    Protagonisti saranno settanta ragazzi di terza e quarta superiore provenienti da diversi istituti dell’Emilia-Romagna: ITIS Belluzzi Fioravanti, Liceo Copernico, Liceo Malpighi, Liceo Galvani, Liceo Fermi di Bologna; Liceo Spallanzani di Reggio Emilia; ITIS Fermi di Modena; Istituto Agrario Scarabelli-Ghini, IIS Alberghetti e Istituto Agrario Scarabelli-Ghini di Imola e il Liceo Paulucci di Calboli di Forlì.
    L’aspetto innovativo è che non si tratterà necessariamente di studenti modello, quanto piuttosto di giovani dalle idee brillanti che hanno voglia di rendere concrete le loro intuizioni.

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    Da settembre 2014 ci si potrà misurare concretamente con esperimenti di imprenditorialità: il progetto si focalizzerà nell’ambito di neuroscienze, nanotecnologie, biotecnologie con l’obiettivo di ideare un software o uno strumentoutile a migliorare le Smart Cities. Le idee progettuali più curiose e innovative otterranno un finanziamentoa novembre e potranno usufruire degli “acceleratori del Vivaio” delle imprese che mettono a disposizione spazi, training e tutoraggio.
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    Finanziato e sostenuto dalla Fondazione Golinelli, il Trust Eureka è stato definito come una sorta di “cassaforte di cristallo” pronta a ricevere risorse economiche da privati ed istituzioni che ne condividono le finalità. Tra i partner del progetto ci sono già H-Farm Ventures, Comune di Bologna, Ufficio Scolastico Regionale Emilia-Romagna.
    In un momento in cui la disoccupazione giovanile supera il 40% per cento, speriamo che siano tanti gli attori pronti a sostenere un progetto che va controcorrente accrescendo l’imprenditorialità.


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      Buongiorno...


      New York, 8 apr - (Adnkronos) - In linea con l'impegno di rafforzare la cooperazione internazionale contro il cambiamento climatico, il governo italiano ha firmato con le Nazioni Unite un accordo per la costituzione di un trust fund che finanzierà analisi sul fenomeno e azioni volte a sensibilizzare la comunità internazionale e promuovere politiche più responsabili. Lo comunica la Rappresentanza italiana al Palazzo di Vetro presso la cui sede si è tenuta la cerimonia di firma, con il direttore generale del Ministero per l'Ambiente, Corrado Clini e il segretario generale aggiunto dell'Onu per il policy planning, Bob Orr, alla presenza del Rappresentante permanente italiano all'Onu, l'Ambasciatore Sebastiano Cardi.
      L'Italia contribuirà al Fondo con 700mila euro. Una somma che peraltro servirà a costruire le basi di una piattaforma per pervenire a un accordo globale sull'impiego di strumenti fiscali sostenibili e di meccanismi di phasing-out dai sussidi per politiche che danneggiano l'ambiente.

      Ancora, il Fondo sarà impiegato per promuovere su scala mondiale soluzioni energetiche a basso impiego di carbone, incoraggerà le collaborazioni pubblico-privato per lo sviluppo di investimenti nel settore delle green energies e aiuterà il settore privato fornendo dati e consulenze sulle strategie d'investimento in progetti legati alla green economy.
      Il nostro Paese - come ricordato lo scorso febbraio dal segretario generale delle Nu, Ban Ki Moon - da qualche anno è in prima linea nella lotta contro il cambiamento climatico. Una leadership che l'Italia, alla vigilia del semestre di Presidenza di turno dell'Ue e dell'Expo Milano 2015, intende mantenere saldamente.
      08 aprile 2014

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        Gradisce una canzoncina nell'attesa....?

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          Italia.

          Dalla Suprema Corte di Cassazione arriva un altro pronunciamento importante in materia di Trust. La sentenza 21621/14 della Sesta sezione penale del 20 maggio, infatti, chiarisce che il trust apparente (sham trust) non mette al riparo le quote societarie dal sequestro preventivo della Procura.

          " Il fondo in Trust, rappresentato dalle quote societarie, appartiene al disponente e non al Trustee e pertanto può essere oggetto – quando sussistono elementi indiziari sintomatici – di sequestro penale preventivo.
          Dunque, non esiste Trust se il disponente intende utilizzare lo strumento per far apparentemente ricorso allo stesso, ma in effetti mantiene il controllo attraverso un Trustee snaturato dai suoi poteri. Perciò se non vi è il trust non si sono possono produrre i suoi effetti, primo far i quali il risultato segregativo del fondo in trust.

          ergo: QUANDO IL DISPONENTE SI RISERVA POTERI (COME ACCADE IN MOLTE LEGGI STRANIERE UTILIZZATE) TALI DA SNATURARE LA CONVENZIONE....IL TRUST ANCHE FISCALMENTE NON ESISTE.

          NB: BENI SOTTO IL CONTROLLO DEL TRUSTEE . ( A VOLTE SI GIUSTIFICA ERRONEAMENTE (A MIO PARERE) LO SVUOTAMENTO DEL POTERE DEL TRUSTEE POICHE' IL TUTTO E' COMUNQUE FATTO NELL'INTERESSE DEI BENEFICIARI).....RIPETO: LA CONVENZIONE RICHIEDE CHE I BENI DEVONO ESSERE POSTI SOTTO IL CONTROLLO del trustee.....

          quindi...giusto il sequestro.



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            Se i poteri del Trustee sono esercitati sotto la direzione di persone "autorizzate" (Disponenti) e prestano somme a società controllate dal Disponente è tutto un gioco....

            Se il guardiano ha influenza sul trustee e agisce per conto del Disponente è tutto un gioco.....

            Queste dinamiche, data l'opacità dello strumento, sono verificate solo tramite intercettazioni ed indagini finanziarie.

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              Giovambattista Palumbo

              Uno dei problemi principali di un’efficace azione di contrasto all’evasione fiscale riguarda come smontare le strutture societarie costituite per nascondere i patrimoni nei paradisi fiscali. In tal senso assumono particolare rilievo gli assetti societari di enti come i trust.

              Uno degli Stati eletti a patria della gestione dei grandi patrimoni è senz’altro San Marino, che, anzi, proprio a seguito del rientro in Italia di oltre 100 miliardi di capitali (effetto scudo fiscale) si propone sempre più come sede ideale dei trust. Del resto le norme italiane disciplinano solo parzialmente questo istituto e rinviano per gran parte alla legislazione di Stati esteri (nel caso, per esempio del Trust di Pavarotti, questo era disciplinato dalla normativa degli Stati Uniti).

              San Marino invece, nel marzo 2010, ha emanato un’apposita legge che regolamenta in toto tale istituto, compresa la figura del trustee, che può essere rappresentato da un agente residente, ovvero un avvocato, notaio o commercialista iscritto ad uno degli albi della Serenissima Repubblica Sanmarinese.

              Ma che cos’è esattamente il trust? Il trust è un istituto attraverso il quale un soggetto (settlor) trasferisce alcuni beni di sua proprietà ad altro soggetto (trustee), che ne diventa l’amministratore nell’interesse di un terzo soggetto (beneficiario). Infine può essere nominato anche un guardiano (protector), il quale dovrà controllare l’operato del trustee.

              Oggetto del trust possono essere beni immobili, beni mobili registrati, titoli di credito e partecipazioni societarie. Sotto il profilo causale, invece, possono esserci vari tipi di trust, dal trust successorio o donatorio, al trust di garanzia, al trust di famiglia, al trust di controllo di una società, solo per fare degli esempi.

              Tale istituto può essere del resto anche un facile strumento di evasione e/o elusione ed è già più volte accaduto che l’Amministrazione Finanziaria abbia attribuito i redditi prodotti dal trust ai beneficiari anziché al trust stesso, oggi a pieno titolo soggetto di diritto anche nel nostro ordinamento. Ciò accadrà senz’altro, per esempio, nei cosiddetti casi di trust “nudo”, la cui capacità contributiva non viene attribuita al trust, ma ai beneficiari, i quali possono disporre dei frutti dei beni attratti nel trust. Del resto, nei casi in cui i beneficiari del trust siano individuati, per espressa previsione normativa, i redditi conseguiti dal trust sono imputati direttamente a questi ultimi, in proporzione alla quota di partecipazione indicata nell’atto di costituzione del trust o in altri documenti successivi, oppure, in mancanza di specifica indicazione, in parti uguali.

              Nel caso dei trust, peraltro, i criteri di imputazione della residenza fiscale, coincidono con la sede dell'amministrazione e l'oggetto principale dell’attività, laddove la sede dell'amministrazione coinciderà con il luogo dove si trova la struttura organizzativa di cui il trust si avvale nel perseguire il suo scopo (mentre, nel caso in cui non sia possibile identificare con certezza tale luogo, la sede coinciderà con il domicilio fiscale del trustee) e l'oggetto principale dell'attività del trust è, invece, collocato nello Stato in cui si trovano i beni del trust stesso (nel caso in cui i beni o i diritti interessino diversi Stati, si dovrà fare riferimento al criterio della prevalenza).

              Come poi stabilito da specifica disposizione antielusiva, i trust esteri, istituiti in Paesi che non consentono un adeguato scambio di informazioni, sono considerati residenti in Italia qualora, alternativamente, il disponente o il beneficiario (effettivo) siano fiscalmente residenti in Italia, oppure siano posti in essere da parte di un soggetto fiscalmente residente in Italia a favore del trust, successivamente alla sua costituzione, atti di trasferimento di diritti di proprietà su beni immobili, di costituzione o di trasferimento di diritti reali immobiliari (anche per quote), ovvero di vincoli di destinazione sugli stessi.

              Sono inoltre applicabili ai trust anche le disposizioni in materia di esterovestizione, in base alle quali è considerata esistente nel territorio dello Stato la sede dell'amministrazione di società ed enti, che detengono partecipazioni di controllo in Spa, Sapa, Srl, società cooperative, società di mutua assicurazione, enti pubblici e privati, se, alternativamente, sono controllate, anche indirettamente, da soggetti residenti nel territorio dello Stato, o se sono amministrate da un consiglio di amministrazione, o altro organo equivalente di gestione, composto in prevalenza di consiglieri residenti nel territorio dello Stato.

              Il trust è dunque oggi “personificato”, essendo esso stesso soggetto passivo di imposta. Il legislatore ha infatti in particolare previsto che, laddove i beneficiari non risultino identificabili (si parla in questi casi di trust opachi), i redditi del trust vengano tassati in capo al trust personificato, di volta in volta qualificato come ente commerciale o non commerciale.

              Diversamente, nei casi in cui i beneficiari del trust siano individuati, i redditi conseguiti dal trust sono a questi ultimi imputati (per trasparenza) in proporzione alla rispettiva quota di partecipazione (se individuata nell’atto di costituzione del trust o in altri documenti), oppure, in mancanza, in parti uguali.

              Il trust, però, come detto, può essere usato, a volte, anche come mezzo di elusione fiscale.
              Vista l’importanza che, anche nella manovra fiscale, assume un efficace contrasto all’evasione fiscale, può dunque essere utile conoscere (e riconoscere) tali profili elusivi. Volendo enunciare sinteticamente quelli che possono essere gli usi difformi dell’istituto, si sottolinea infatti come il trust (rectius: gli effetti fiscali della sua istituzione) possa essere contestato, ogni qual volta esso sia stato costituito per nascondere l’esistenza di attività all’Amministrazione Finanziaria, o per eludere comunque il pagamento della “giusta” imposta.
              Si pensi, per esempio, al caso in cui un disponente trasferisca, in maniera simulata, proprie attività e beni in un trust e tuttavia eserciti ancora il controllo, di fatto, sul medesimo trust, magari anche attraverso lettere di desiderio (letters of wishes), che “impegnano” il trustee a seguire le sue direttive.
              Insomma, la caratteristica del trust, che ne assicuri la conformità a legalità, deve essere l’effettiva distinzione di ruolo e poteri tra i vari soggetti in esso operanti: il settlor, il trustee, i beneficiaries e il protector, pena la possibilità di disconoscimento dello stesso atto istitutivo del trust, da considerarsi simulato al fine esclusivo di sottrarre materia imponibile all’Erario.
              Il settlor, quindi, non potrà coincidere con il beneficiario e il trustee dovrà avere reali ed autonomi poteri di gestione. Ne consegue che i diritti e le facoltà che il settlor può riservare a se stesso, devono essere tali da non precludere al trustee il pieno esercizio del potere di controllo sui beni.
              Gli elementi di prova dell’intento elusivo potranno del resto desumersi anche attraverso indagini finanziarie, oppure attraverso il reperimento di documentazione (o dichiarazioni) che attesti la costituzione simulata del trust.
              Il trust, inoltre, oltre ad essere ex se simulato, potrà essere usato anche come strumento per eludere altre norme, come, per esempio può accadere in caso di attribuzione al trust stesso di un pacchetto di controllo di partecipazioni in una società sita in un paradiso fiscale, per aggirare il divieto di ammissione in deduzione di componenti negative di reddito derivanti da operazioni intercorse tra imprese italiane e società controllate fiscalmente domiciliate in paradisi fiscali.
              Insomma, l’istituto in sé può anche essere lecito, ma è sicuramente soggetto ai profili di contestazione tipici del cosiddetto abuso del diritto, in base al quale non omne quod licet, honestum est. In parole povere, il fine (quando coincidente con l’intento di evadere le imposte dovute) non giustifica i mezzi.


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                Premafin, Ligresti a giudizio a Milano per aggiotaggio su trust esteri

                MILANO, 6 giugno (Reuters)

                - Salvatore Ligresti è stato rinviato a giudizio dal gup di Milano Alessandra Clemente nell'ambito

                dell'indagine sui trust esteri con al centro la holding Premafin.

                Lo riferiscono fonti legali, precisando che il processo comincerà il prossimo 2 ottobre davanti ai

                giudici della prima sezione penale.


                Insieme
                a Ligresti sono stati rinviati a processo anche Giancarlo De Filippo e Niccolò Lucchini.


                Ligresti è attualmente sotto processo a Torino per falso in bilancio aggravato dal grave nocumento e

                aggiotaggio sotto forma della falsa informazione ai mercati relativamente alla gestione di Fonsai nel

                periodo 2008-2011.



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                  Originariamente inviato da ROL Visualizza il messaggio
                  Non ci possono credere...oggi sono andato sul sito della Consob

                  Beneficiari: membri della famiglia

                  Settlor : persona fisica riconducibile alla famiglia


                  Ah, Ah, Ah....immaginate una bella famiglia cozzala del sud..( sapete quelle numerose...)...ah..ah...

                  ci manca la figura chiave...è il Protector???? Spesso è lui l'uomo di fiducia del disponente che limita la sfera di azione del Trustee ...(ridotto ad una mera testa di legno....)

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                    Una bella notizia......

                    Disabili: 'Trust Italia', bene discussione Camera su post morte genitori

                    12 Giugno 2014 - 19:04

                    (ASCA) - Roma, 12 giu 2014 - L'associazione ''Il Trust in Italia' si unisce alla soddisfazione della prima firmataria della proposta di legge, la deputata Argentin, e saluta l'avvio in commissione Affari sociali della Camera dell'iter del provvedimento ''Dopo di Noi'', dedicato al drammatico e urgente bisogno di dare risposte alle famiglie con figli disabili. Lo scrive in una nota l'associazione che da tempo collabora non solo con i Parlamentari proponenti il testo, ma anche con le Onlus, come l'Anffas,(rappresentanti nazionali delle famiglie con persone con disabilita' intellettiva e relazionale) che guardano con interesse allo strumento giuridico del Trust, inserito nel Ddl, come soluzione seria e sicura a cui affidare la gestione delle risorse per il ''dopo'' quando i figli disabili resteranno soli. Proprio per questo - sottolinea il comunicato - dalle stesse Associazioni, che difendono i diritti dei disabili, e' partita piu' volte la richiesta, rivolta al Parlamento e al Governo, perche' l'attivazione di un Trust con queste finalita' meritevoli possa essere defiscalizzato. E non pesare, percio', sul bilancio delle famiglie costrette a dover affrontare questo problema. In ogni caso, un approfondimento in tal senso si svolgera' domani a Lanciano, in occasione del convegno nazionale dell'Anffas. com-stt/mau

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                      Possiede 201 milioni, dichiara 4 euro:
                      assolto dall’accusa di evasione fiscale


                      I legali del veronese Montresor «Tasse pagate dalle sue società». Il pm chiedeva 6 anni di carcere

                      Ma non esiste anche una tassazione progressiva Irpef???? Aspettiamo di leggere le motivazioni.....pare di capire che mettendo gli utili in un contenitore (trust) puoi fare un piccolo salvadanaio esentasse.....aspettiamo di leggere ste motivazioni....




                      VERONA - Della sua «amnesia fiscale» da decine e decine di milioni di euro avevano parlato i mass media di tutta Italia. E ogni volta, per il 70enne «paperone di Bussolengo», gli epiteti che si sono sprecati erano gli stessi: «Evasore record, evasore da guiness ». Del resto, il quadro che di lui avevano tracciato gli inquirenti - procura e guardia di Finanza - non lasciava margine ai dubbi: perché l’imprenditore Giovanni «Lolo» Montresor, secondo l’accusa, negli ultimi 15 anni avrebbe dichiarato dieci euro lordi in tutto, inclusi i redditi della moglie. Peccato però che, a conti fatti, possieda invece un patrimonio da 201milioni di euro (all’estero) e diversi hotel. Contestazioni pesantissime e che, codice penale alla mano, rischiavano di tradursi per lui in una condanna altrettanto gravosa. Eppure, fin dall’inizio, il «Lolo» non si era mai scomposto: «Finirà tutto in niente - aveva dichiarato dopo che le Fiamme Gialle gli avevano posto sotto sigilli gran parte del suo immenso patrimonio -. Andrà a finire come l’altra volta. Anche Tangentopoli per me era finita in niente: prosciolto da tutte le accuse».
                      Parole, le sue, che si sono rivelate profetiche: già, perché nel primo pomeriggio di mercoledì il giudice Giorgio Piziali ha assolto il «Lolo» dall’accusa di evasione fiscale «perché il fatto non sussiste». Bisognerà comunque attendere il deposito delle motivazioni per conoscere nel dettaglio le ragioni di una sentenza che, in ogni caso, farà indubbiamente discutere. Basti pensare che alla scorsa udienza, a coronamento della propria requisitoria, il pubblico ministero Maria Beatrice Zanotti aveva sollecitato per Montresor la condanna a sei anni oltre alla confisca di «tutti i beni attualmente sotto sequestro» perché «dagli esiti delle indagini e dalle risultanze del processo - aveva più volte ribadito il pm in aula - rimangono comprovati gli elementi soggettivi ed oggettivi del reato». Nulla di più inesatto, invece, secondo il combattivo pool difensivo messo in campo dal «Lolo»: a rappresentarlo in aula c’erano sia due avvocati veronesi di primo piano - Tiburzio De Zuani e il figlio Armando - che l’amministrativista del Foro di Milano Maurizio Marullo. Sono stati loro, con una dettagliata contro-ricostruzione, a far prevalere al processo la tesi assolutoria: «Siamo oltremodo soddisfatti, sia noi che il nostro cliente - ha commentato nel pomeriggio l’avvocato Tiburzio De Zuani -. Non era semplice riuscire a dimostrare l’infondatezza dell’accusa».
                      Al centro del contenzioso, infatti, si configurava una presunta evasione d’imposta quantificata dalle Fiamme gialle in svariate decine di milioni di euro. Una «dimenticanza fiscale» che, secondo l’accusa, sarebbe stata «totale per dodici anni»; mentre nel 2010 e 2011 - a indagine della Finanza già avviata - Montresor e la moglie, forse nella speranza di poter usufruire di un eventuale condono, si erano fatti vivi con l’Erario presentando le rispettive dichiarazioni dei redditi: lui prima per 4 e poi per 5 euro, lei per 1 e poi, addirittura, con un sonoro zero. In realtà, però, secondo la ricostruzione della procura, il 70enne avrebbe incassato 65 milioni solo dalla vendita di un terreno nel litorale veneziano, a Eraclea. Commerciante di bovini e imprenditore immobiliare, in base alla ricostruzione del pm avrebbe vantato invece disponibilità all’estero (nella fattispecie, riconducibili a una società con sede in Lussemburgo) fino a 201 milioni di euro. «È andata bene, certo. Possiamo tirare un primo sospiro di sollievo, ma siamo appena agli inizi perché adesso si apre la partita più complicata, quella per il dissequestro » dice l’avvocato Tiburzio De Zuani, che subito dopo il verdetto scandito in aula dal giudice Piziali, ha comunicato al telefono la parola che Montresor (mai presente in aula) tanto aspettava: «Assolto».
                      Nella battaglia ha giocato un ruolo-chiave la consulenza dei due autentici «super esperti della materia» a cui si era affidato il pool difensivo, ovvero Maurizio Lupoi e Paolo Giovannini. Tema- chiave della loro analisi, più volte richiamato nel corso delle arringhe, l’istituto giuridico del «trust», un negozio «regolato dalle leggi estere e che consente a un soggetto (in questo caso Montresor, ndr) di affidare a un altro soggetto la gestione di beni patrimoniali». Un «trust», quello dell’imprenditore di Bussolengo, datato 25 maggio 2006 e che era stato qualche mese dopo precisato da due «lettere dei desideri » con cui l’imprenditore «spiegava di non voler niente per sé e per la moglie, se non, una volta diventati vecchi, il necessario per provvedere al nostro mantenimento». Davanti alle telecamere, del resto, il grintoso «paperone di Bussolengo » si era spinto anche oltre: «Non ho niente da nascondere. Le tasse mai pagate? Balle. I redditi li hanno sempre dichiarati le mie società. Ne ho avute tante. Ma io come persona non dovevo dichiarare niente». Il motivo è presto detto: secondo il «Lolo», «Se presto soldi a una mia società che poi me li restituisce, è reddito? No, è il rimborso di un prestito... » . E la giustizia gli stando ragione. Per ora.

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