È proprio leggendolo che si capisce l’importanza dei costi di acquisto della materia prima. Nel 2015 Philip Morris Italia ha fatturato 1,3 miliardi di euro. I soli costi d’acquisto di materie prime ammontavano a 1,1 miliardi. Insomma, profitti bassissimi. E così, nonostante un giro d’affari miliardario, le imposte versate a Roma non sono state molte: 21,5 milioni. Ma dove finisce il margine di guadagno ottenuto vendendo sigarette in Italia? Principalmente a due consociate del gruppo: la Philip Morris International Management e la Philip Morris Product. Entrambe domiciliate in Svizzera, dove le tasse societarie possono scendere al 9 per cento, o addirittura a zero se il gruppo ha firmato un ruling vantaggioso anche con il governo di Berna. Resta quindi da capire che cosa ha guadagnato Roma dall’accordo con Philip Morris.
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L'angolo di ROL
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Perché, andando indietro negli anni, ci si accorge che i numeri dichiarati sono più o meno sempre gli stessi: il fisco non ha incassato più soldi da quando ha firmato il ruling con il gigante del tabacco. La controprova dello svantaggio si ottiene confrontando il margine di guadagno realizzato da Philip Morris in Italia con quello registrato mediamente nel mondo. Su scala globale, per ogni milione di euro incassato circa 110 mila euro sono profitti. Da noi si arriva a 32 mila euro. Quasi quattro volte in meno. Un indizio utile a spiegare i motivi della discrepanza lo fornisce la stessa società, che dichiara di aver parcheggiato in alcune sue filiali straniere la bellezza di 23 miliardi di dollari di profitti tassati a regime preferenziale.
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La struttura fiscale di Philip Morris è simile a quella adottata da Michelin. Non sembra dunque casuale che anche la multinazionale francese degli pneumatici abbia firmato un tax ruling con l’Italia. Porta la data del 18 dicembre 2015. Valido per quattro anni, il contratto è in realtà un rinnovo - si legge nel bilancio - e riguarda «la determinazione dei prezzi di trasferimento» tra la filiale italiana e «le principali società dell’Europa dell’Ovest appartenenti al Gruppo». Anche qui il ruling è stato dunque fatto per decidere a quale prezzo la filiale italiana deve acquistare prodotti dalle succursali straniere.
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Un altro colosso globale che ha stretto accordi fiscali riservati è Microsoft. Ma il caso sembra molto diverso dai precedenti. La multinazionale controllata da Bill Gates ha firmato il ruling il 30 giugno del 2015. Un accordo valido per quattro anni, di cui però non si sa altro. I numeri dicono che in Italia l’azienda ha margini di guadagno quasi doppi rispetto alla sua media mondiale.
Una buona notizia anche per l’Agenzia delle Entrate, in teoria.
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Originariamente inviato da ROL Visualizza il messaggioo taxxx rulinggg
diversi paesi offrono ai grandi gruppi l’opportunità di spiegare in anticipo come intendono organizzarsi. Con un vantaggio duplice: lo Stato sa più o meno quanto incasserà a fine anno, la multinazionale evita il rischio di controlli a sorpresa. Questa almeno è la teoria. La pratica indica che i ruling possono però essere usati anche per eludere il fisco, quasi sempre spostando i profitti nei Paesi dove le imposte sono più basse.
l'innocenza delle colombe si accompagna (quasi sempre), tuttavia, come noto all'astuzia dei serpenti
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In breve tempo si è creata dal nulla un’audience che, pur non avendo idea di cosa sia il Bitcoin e di come funzioni, ha recepito il messaggio (fasullo) che è possibile guadagnare moltissimo in poco tempo
Bitcoin & co, escalation di truffe. La vigilanza tace
quanta fretta ma dove corri....
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