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concorso agenzia delle entrate 2015 - 892 posti per funzionari amministrativi

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    S'è sfrenato....che è successo... leggo dietro....
    Buon giorno ;-)

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      vi lamentate dell'a.e.....

      Concorso scuola 2016, sedi dell'esame cambiano a sorpresa meno di dieci giorni prima dei test - Il Fatto Quotidiano

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        Originariamente inviato da Limavy Visualizza il messaggio
        S'è sfrenato....che è successo... leggo dietro....
        Buon giorno ;-)
        Eh?......riporto in avanti le novità (per quei tirocinanti che non ne avuto il tempo...) poi magari anche qualcuno i ricorderà che parliamo anche di altre cose....(non solo di trust e redditi FONDIARI (terreni e fabbricati ahahhaahhaahah)

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          Inchiesta petrolio, il sottosegretario Pd alla sindaca di Corleto: "Tuo figlio lo mando all'Eni come se fosse mio" - Il Fatto Quotidiano

          Lo temeva al punto di utilizzare la parola “convegno”, per indicare il “colloquio di lavoro”.....ahahahahhahahahahahhahahahaha

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            http://www.fiscooggi.it/files/u5/ras...6_04_19_02.pdf

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              Originariamente inviato da ROL Visualizza il messaggio
              es di un caso pratico.....

              AFFITTI COMMERCIALI. FOCUS SUL MANCATO INCASSO DEI CANONI


              Le indicazioni delle Entrate per la difesa
              I controlli automatici -
              Negli ultimi giorni di luglio sono stati notificati ai contribuenti gli accertamenti sui redditi da locazione di fabbricati relativi al periodo d’imposta 2010 (Unico 2011) da parte del Centro operativo di Pescara dell'Agenzia delle Entrate. Gli atti d’accertamento parziale automatizzati (articolo 41 bis del D.P.R. 600/73) sono quelli che scaturiscono dal controllo incrociato tra dati contenuti nei contratti di locazione registrati e quelli esposti in dichiarazione dei redditi dai proprietari di immobili. Se il sistema rileva delle incongruità, scatta la notifica al contribuente.

              Le verifiche - In sostanza il controllo scatta in tutte quelle ipotesi in cui quanto dichiarato dal contribuente non coincide con i dati presenti in anagrafe tributaria derivanti dal contratto registrato. Si va dall’ipotesi classica di mancata registrazione della cessazione del contratto, all’erronea indicazione in dichiarazione dei canoni effettivamente percepiti nel periodo d’imposta anziché di quelli di competenza derivanti dal contratto registrato, alle cessazioni tardive rispetto al reale momento di fine locazione, fino ad arrivare alle vere e proprie ipotesi di infedele dichiarazione derivanti dalla mancata dichiarazione del canone percepito.

              La regola e l’apertura delle Entrate per i “non abitativi” - Il contribuente deve dichiarare gli affitti riguardanti gli immobili non abitativi, anche se non percepiti, finché non riesce a provare l’intervenuta risoluzione del contratto sulla
              base delle norme civilistiche. Tuttavia il contribuente, che è in grado di dimostrare in maniera certa e inequivocabile di non avere percepito i canoni, può non dichiarare alcun imponibile, applicando la regola generale di attribuzione del reddito in base alla rendita catastale. È quanto indicato dalla direzione centrale accertamenti con una nota interna destinati ai singoli uffici.

              Le indicazioni pratiche - Sulla scorta delle indicazioni trasmesse dalle Entrate a fine luglio, gli uffici preposti all’accertamento (fra cui anche il centro operativo di Pescara) dovranno verificare in contraddittorio con il contribuente la documentazione e gli altri elementi esibiti a dimostrazione dell’avvenuta risoluzione del contratto, con il diritto per il locatore a dichiarare solo il reddito fino al momento dell’intervenuta interruzione del contratto.
              Così, nel caso in cui i contribuenti possano produrre in contraddittorio copia del provvedimento giudiziale di convalida di sfratto per morosità, a partire da tale data si può considerare risolto il contratto di locazione a uso commerciale, quindi escludere dalla tassazione i canoni di locazione non percepiti.
              Inoltre si evidenzia che qualora il locatore ottenga una pronuncia giudiziale in cui viene accertata la conclusione del contratto in data antecedente, viene meno l’obbligo di dichiarare i canoni di locazione dalla data precedente a quella del provvedimento di convalida di sfratto, in quanto si deve fare riferimento al provvedimento o alla pronuncia emessa nell’eventuale separato giudizio, che accerta l’avvenuta risoluzione del contratto per effetto dell'inadempimento

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                Originariamente inviato da ROL Visualizza il messaggio
                qui alcuni si incartano spesso....ATTENZIONE

                un conto è il CREDITO D'IMPOSTA PER IL RIACQUISTO 1 CASA --> ART 7 l. 448 /98 altra storia

                è..

                L'AGEVOLAZIONE 1 CASA--> IN TARIFFA (testo registro..)

                ( quindi discipline autonome e separate sebbene il meccanismo del credito d'imposta sia strettamente legato all'applicazione dell'agevolazione 1 casa)

                studiare le novità LEGGE DI STABILITA 2016

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                  Originariamente inviato da ROL Visualizza il messaggio
                  Passando alla disciplina fiscale delle sponsorizzazioni per l’associazione sportiva (sponsee), le somme che l’associazione riceve dallo sponsor costituiscono proventi rientranti nell’ambito delle attività commerciali tanto ai fini delle imposte dirette quanto ai fini Iva e, pertanto, sono soggette a tassazione sulla base del regime fiscale scelto dall’associazione (regime ordinario, regime forfetario di determinazione del reddito da parte degli enti ammessi al regime di contabilità semplificata, regime agevolato previsto dalla legge 398/1991).

                  Con riferimento ai corrispettivi da sponsorizzazione, l’associazione, inoltre, deve sempre emettere fattura.


                  Ciò premesso in termini generali, è opportuno ricordare che le associazioni sportive non aventi scopo di lucro, che svolgono attività sportiva dilettantistica (riconosciuta dal Coni), affiliate alle federazioni sportive nazionali o agli enti nazionali di promozione sportiva e che nel corso del periodo d’imposta precedente hanno conseguito dall’esercizio di attività commerciali proventi per un importo non superiore a 250mila euro, possono optare per l’applicazione del regime di favore di cui alla legge 398/1991.


                  La detrazione Iva per le prestazioni di sponsorizzazione
                  L’articolo 9 del Dpr 544/1999 (Regolamento recante norme per la semplificazione degli adempimenti dei contribuenti in materia di imposta sugli intrattenimenti) stabilisce che alle associazioni sportive dilettantistiche che, avendone i requisiti, hanno esercitato l’opzione per l’applicazione del regime agevolato ex legge 398/1991, si applicano, per tutti i proventi conseguiti nell’esercizio di attività commerciali, connesse agli scopi istituzionali (compresi, quindi, quelli derivanti da prestazioni pubblicitarie e contratti di sponsorizzazione), le disposizioni di cui all'articolo 74, comma 6, Dpr 633/1972, vale a dire lo speciale regime di detrazione forfetaria dell’Iva ivi previsto.

                  Il comma 6 dell’articolo 74, peraltro, è stato recentemente modificato dal Dlgs 175/2014 (“decreto semplificazioni”), il cui articolo 29, rubricato “Detrazione forfetaria per prestazioni di sponsorizzazione”, ha variato, appunto, la disciplina della detrazione Iva relativa alle prestazioni di sponsorizzazione prevista nell’ambito del ricordato regime forfetario.
                  In particolare, il “decreto semplificazioni”, in un’ottica di riduzione del contenzioso dovuto in particolare alle difficoltà oggettive di distinguere le prestazioni di pubblicità da quelle di sponsorizzazione, ha eliminato la previsione di una specifica percentuale (pari al 10%) per la detrazione forfetizzata dell’Iva relativa alle prestazioni di sponsorizzazione. Per effetto della modifica legislativa, quindi, le prestazioni di sponsorizzazione sono state ricondotte nella regola generale della forfetizzazione della detrazione Iva nella misura del 50%, prevista per le prestazioni di pubblicità.
                  Pertanto, a decorrere dal 13 dicembre 2014 (data di entrata in vigore dell’articolo 29 del “decreto semplificazioni”), la forfetizzazione è pari:
                  • al 50%, in riferimento ai proventi pubblicitari e di sponsorizzazione
                  • a 1/3, in riferimento ai proventi derivanti dalla cessione di diritti radiotelevisivi.


                  Con la circolare n. 6/E del 19 febbraio 2015 (paragrafo 5.1), l’Agenzia delle Entrate ha precisato che “la nuova regola si applica alle prestazioni di sponsorizzazione effettuate a partire dalla data di entrata in vigore del Decreto semplificazioni, vale a dire alle prestazioni di sponsorizzazione effettuate a partire dal 13 dicembre 2014, anche se relative a contratti stipulati in data precedente”.
                  Nel medesimo paragrafo, inoltre, viene chiarito che “il momento di effettuazione delle prestazioni di sponsorizzazione deve, ovviamente, individuarsi con i criteri dettati dall’articolo 6, Dpr 633/1972. Pertanto, a prescindere dalla data di sottoscrizione dei contratti di sponsorizzazione, rileva il momento del pagamento del corrispettivo o, se anteriore, quello di fatturazione delle prestazioni di sponsorizzazione”.

                  La modifica normativa appena descritta elimina il notevole grado di incertezza che aveva accompagnato gli operatori del settore dello sport dilettantistico, chiamati a distinguere tra spese di sponsorizzazione e spese di pubblicità, attesa la diversa percentuale di detrazione forfetizzata prevista dalla disciplina previgente (infatti, nel caso di sponsorizzazione, la detrazione era pari al 10%, con conseguente obbligo per l’associazione sportiva di versare il 90% dell’Iva addebitata in fattura allo sponsor, mentre, nella ipotesi di prestazione pubblicitaria, la detrazione era pari al 50% e, conseguentemente, l’associazione era tenuta a versare un minor importo di Iva).
                  La previsione di un’unica percentuale di detrazione forfetaria (50%) per le operazioni di sponsorizzazione e di pubblicità mira proprio a ridurre le incertezze applicative e a delineare un quadro normativo di maggiore certezza e stabilità.

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                    Originariamente inviato da ROL Visualizza il messaggio
                    Il conferimento di beni è, sulla base di quanto stabilisce l’art. 9 del Tuir, un’operazione in linea generale realizzativa: non sfugge a questa regola il conferimento di partecipazioni.Per determinare la plusvalenza da assoggettare a tassazione, il soggetto che effettua il conferimento delle partecipazioni dovrà confrontare il valore normale delle azioni o quote ricevute per effetto dell’operazione con quello fiscalmente riconosciuto delle partecipazioni conferite.Il comma 2 dell’art. 177 del Tuir contempla però una particolare modalità di tassazione delle plusvalenze derivanti dallo scambio di partecipazioni realizzato attraverso un’operazione di conferimento.La disposizione stabilisce che le azioni o quote ricevute a seguito di conferimenti in società, mediante le quali la società conferitaria acquisisce il controllo, ai sensi dell'art. 2359, comma 1, n. 1) del Codice Civile, della società le cui partecipazioni sono oggetto di conferimento, ovvero ne incrementa, in virtù di un obbligo legale o di un vincolo statutario, la percentuale di controllo, sono valutate, ai fini della determinazione del reddito del soggetto conferente, in base alla corrispondente quota delle voci di patrimonio netto formato dalla società conferitaria per effetto del conferimento stesso.La norma condiziona la particolare modalità impositiva alla circostanza che, con l’acquisizione delle partecipazioni oggetto di conferimento, la società conferitaria acquisisca il controllo nell’altra società.La nozione di controllo cui fa riferimento la disposizione è rappresentata esclusivamente dal controllo di diritto ai sensi dell’art. 2359, comma 1, n. 1) del Codice Civile, che prevede che è considerata controllata una società in cui un soggetto dispone della maggioranza dei voti esercitabili nell’assemblea ordinaria.Non rilevano, quindi, il controllo di fatto e quello contrattuale previsti dai numeri 2) e 3) del comma 1 dell’art. 2359.Veniamo alla definizione dell’ambito soggettivo.La società le cui partecipazioni sono oggetto di conferimento devono essere necessariamente società di capitali, attesa la necessità di acquisirne il controllo di diritto: il requisito stabilito dalla norma esclude di conseguenza le società di persone, non essendo queste provviste di un organo assembleare in relazione al quale poter stabilire una maggioranza di diritti di voto.Per la dottrina prevalente le società di persone (così come naturalmente quelle di capitali) possono invece rivestire il ruolo di società conferitarie.Per quanto riguarda invece la figura del conferente, non solo gli imprenditori ma anche lepersone fisiche che detengono le partecipazioni al di fuori dell’esercizio dell’attività di impresa sono interessate dall’applicazione di questa particolare modalità impositiva.Come chiarito dalla circolare n. 33/E/2010, che ha modificato l’orientamento precedentemente espresso dall’Agenzia con la risoluzione n. 57/E/2007, la disciplina dell’art. 177 comma 2 del Tuir non attribuisce alcuna rilevanza ad eventuali rapporti sussistenti tra soggetti conferenti e società conferitaria: l’operazione si presta quindi ad essere utilizzata anche nell’ambito della riorganizzazione dei gruppi societari e familiari.Dal punto di vista della definizione del meccanismo impositivo, è bene sottolineare come non ci troviamo di fronte ad un’operazione fiscalmente neutra, come è invece per il conferimento d’azienda disciplinato dall’art. 176 del Tuir, ma piuttosto ad un conferimento che si definisce a realizzo controllato.Le azioni o quote ricevute a seguito del conferimento sono infatti valutate, per stabilire l’effetto reddituale per il conferente, in base alla corrispondente quota delle voci di patrimonio netto formato dalla società conferitaria per effetto del conferimento stesso: il valore di realizzo da considerare in capo al conferente è quindi pari all’incremento di patrimonio della conferitaria derivante dall’aumento di capitale deliberato a seguito del conferimento e dell’eventuale sovrapprezzo.Nel caso in cui l’aumento di patrimonio netto sia pari al valore fiscalmente riconosciuto delle partecipazioni conferite, non vi è alcuna plusvalenza da assoggettare ad imposizione.Analizziamo al riguardo un esempio numerico.Ipotizziamo che vi sia una persona fisica che detiene il 70% del capitale sociale di una società per azioni: il valore fiscale della partecipazione è pari a 2 milioni di euro, mentre il valore normale ammonta a 5 milioni di euro.La partecipazione in questione viene conferita in una holding, che iscrive le azioni ricevute a 2 milioni di euro e incrementa dello stesso ammontare il patrimonio contabile.Nel caso di specie, sulla base dell’applicazione dell’art. 177 comma 2 del Tuir, non emerge alcuna plusvalenza da assoggettare ad imposizione.Qualora invece la holding avesse iscritto le azioni ricevute ad un valore maggiore rispetto a quello fiscalmente riconosciuto in partenza in capo al conferente, questi avrebbe dovuto assoggettare ad imposizione una plusvalenza pari alla differenza fra i due importi.L’emersione di materia imponibile dipende quindi unicamente dal comportamento contabile tenuto dalla società conferitaria: di qui appunto la definizione di regime di realizzo controllato.

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                      Originariamente inviato da ROL Visualizza il messaggio
                      A seguito delle modifiche apportate dall’art. 18 del Decreto Semplificazioni, a decorrere dal periodo d’imposta 2014 il periodo di osservazione previsto per l’applicazione della disciplina sulle società in perdita sistematica ex art. 2 del D.L. n. 138/2011 è stato ampliato da 3 a 5 periodi d’imposta.Pertanto, il presupposto per l’applicazione di tale disciplina è ora costituito da 5 periodi d’imposta consecutivi in perdita fiscale ovvero 4 in perdita fiscale e 1 con reddito imponibile inferiore al c.d. reddito minimo ex art. 30 della L. n. 724/1994. La disposizione prevede espressamente che le modifiche introdotte trovano applicazione a decorrere dal periodo d’imposta in corso all’entrata in vigore del provvedimento che le introduce, ossia, per i soggetti con periodo d’imposta coincidente con l’anno solare, dal periodo d’imposta01.01.2014-31.12.2014.
                      L’effetto principale della novità è che le società potranno contare su un maggior intervallo temporale al fine di evitare di ricadere nella fattispecie delle società in perdita sistematica; le altre questioni relative all’applicazione delle disposizioni in materia, quali la possibilità di verificare le cause di disapplicazione previste dal provvedimento direttoriale del giugno 2012 oppure le cause di esclusione generali, restano invariate.

                      Gli effetti per le società non operative sono alquanto penalizzanti:
                      • devono dichiarare obbligatoriamente il reddito minimo ai fini Ires nonché il valore della produzione minimo ai fini Irap.
                      • l’aliquota Ires è maggiorata di 10,5 punti percentuali (38%).
                      • nel periodo in cui la società è non operativa, il riporto delle perdite è limitato: sarà possibile utilizzare le perdite di periodi precedenti soltanto in diminuzione del reddito eccedente quello minimo.
                      • il credito Iva non può essere compensato orizzontalmente, ceduto o richiesto arimborso. Così, ad esempio, per una società in perdita fiscale nel periodo 2009-2013, che risulta non operativa nel 2014, la preclusione dell’utilizzo del credito Iva interessa il credito risultante dalla dichiarazione annuale per il 2014. In tal caso il divieto di utilizzo del credito decorre dal 1° gennaio 2015.
                      • se per 3 periodi d’imposta consecutivi sono assenti operazioni attive rilevanti ai fini Iva, il credito Iva non potrà più essere compensato verticalmente nei periodi d’imposta successivi. Quest’ultima disposizione chiaramente non è stata coordinata dal D.Lgs. n. 175/2014 con l’ampliamento a n. 5 periodi d’imposta, rimanendo in vigore il vecchio limite triennale.


                      Le cause di esclusione generali operano per tutte le società di “comodo”, sia che derivi dal mancato superamento del test di operatività sia che derivi dall’essere in perdita sistematica. Tali cause sono indicate nell’art. 30, c.1, L. 724/94 e consentono di non applicare la disciplina delle società in perdita sistematica (o non operative) nel periodo d’imposta di applicazione. Così, ad esempio, a fronte di un periodo di osservazione di 5 periodi d’imposta in perdita fiscale dal 2009 al 2013, le suddette cause di esclusione devono verificarsi limitatamente al 2014, 6° periodo d’imposta.
                      A fianco a queste cause generali di esclusione, troviamo alcune cause di disapplicazione automatica specifiche per le società in perdita sistematica e per le società che non superano il test di operatività. Le prime sono cause di disapplicazione sancite dalProvvedimento dell’Agenzia delle Entrate 11.06.2012 e devono sussistere in almeno uno dei periodi d’imposta oggetto di monitoraggio quinquiennale. Viceversa, per le società non operative operano delle situazioni oggettive di disapplicazione sancite dal Provvedimento dell’Agenzia delle Entrate 14.02.2008, le quali devono sussistere nel singolo periodo di applicazione della disciplina. In alternativa alle cause di disapplicazione previste nell’ambito della disciplina delle società di comodo, resta ferma la possibilità di proporre un interpello disapplicativo.Infine un chiarimento per tutte quelle società che non hanno un periodo di osservazione quinquiennale. Le disposizioni in materia di società in perdita sistematica presuppongono, infatti, un “periodo di osservazione” di 5 anni e nei confronti di quelle società che non hanno una tale anzianità, la disciplina sulle società in perdita sistematica non potrà trovare applicazione. Come chiarito dall’Agenzia delle Entrate nella Circolare n. 6/E/2015, la disciplina delle società in perdita sistematica può operare solo dal 6° anno successivo all’inizio di attività, essendo possibile risultare non operative soltanto dal 7° anno di attività.

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