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concorso agenzia delle entrate 2015 - 892 posti per funzionari amministrativi

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    Originariamente inviato da Limavy Visualizza il messaggio
    ..se ti da fastidio che scherzi basta dirlo..
    ????? Ehhhhh? como?????

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      Città o lago...

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        Tassazione della plusvalenza da cessione d'azienda

        Per quanto concerne la tassazione dell’eventuale plusvalenza emergente occorre distinguere diversi regimi di tassazione (differito o ordinario) a seconda che il cedente sia un imprenditore individuale o una società ed in base al periodo di possesso dell’azienda ceduta.
        Con il regime differito, su opzione del cedente, la plusvalenza viene frazionata in quote costanti nell’esercizio in cui è realizzata e al massimo nei quattro successivi; se l’azienda o il ramo ceduto sono stati detenuti per almeno tre anni prima della cessione.
        La plusvalenza non è imponibile ai fini IRAP.
        Le cessioni d’azienda sono operazioni escluse da IVA, ai sensi dell’art. 2 comma 3 lett.b) DPR 633/72 e sono invece soggette a imposta di registro del 3%.
        Qualora l’azienda (o il ramo d’azienda) ceduta sia composta da beni soggetti ad aliquote diverse, si applicheranno le aliquote riguardanti i diversi beni. L’art. 23 del DPR 131/86 stabilisce che quando un atto ha per oggetto più beni o diritti si applica sull’intero valore, ai fini dell’imposta di registro, l’aliquota più elevata tra quelle previste per i singoli beni o diritti in oggetto, a meno che nell’atto non vengano espressamente previsti differenti corrispettivi per i singoli beni o diritti.
        L’Agenzia delle Entrate, con la Circolare 18/E/2013, ha affermato che l’atto cessione d’azienda, in assenza di immobili, sconta l’imposta di registro con l’aliquota del 3%. Non pare quindi che l’Amministrazione ritenga applicabile quanto previsto dall’art. 23 del DPR 131/86.
        Trattamento contabile della plusvalenza
        Il Cedente
        · deve effettuare le rettifiche di periodo per determinare il valore contabile dell’azienda alla data di cessione;
        · deve determinare, congiuntamente con il Cessionario, il prezzo di cessione e valutare i beni ceduti, determinando l’eventuale plusvalenza e l’eventuale avviamento;
        · redigere il bilancio di cessione;
        · chiudere al valore contabile attività e passività cedute;
        · valutare come assoggettare a tassazione la plusvalenza derivante da trasferimento d’azienda, qualora sussistano i presupposti per il metodo differito e nel qual caso effettuare una variazione fiscale in aumento in sede di dichiarazione dei redditi e stanziare le relative imposte anticipate.
        Il Cessionario
        · Deve prendere in carico gli elementi acquistati ai valori evidenziati nell’atto di cessione e rilevare l’eventuale avviamento. Si ricorda che l’avviamento è civilisticamente ammortizzabile in cinque esercizi, mentre fiscalmente è deducibile solo un diciottesimo del costo dell’avviamento.
        · Pertanto sarà necessario effettuare una variazione fiscale in aumento in sede di dichiarazione dei redditi e stanziare le relative imposte anticipate.

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          super ammortamenti (legge di stabilità 2016)

          La norma prevede che, ai fini delle imposte sui redditi, i soggetti titolari di reddito d’impresa e i soggetti esercenti arti e professioni i quali, dal 15 ottobre 2015 al 31 dicembre 2016, effettuano investimenti in beni materiali strumentali nuovi, il costo di acquisizione è maggiorato del 40%, con esclusivo riferimento alla determinazione delle quote di ammortamento fiscalmente deducibili.
          In pratica se il costo d’acquisto di un bene strumentale nuovo è pari a 100, il costo deducibile ai fini dell’ammortamento fiscale sarà pari a 140. Questo maggior ammortamento costituisce in definitiva un bonus fiscale per i contribuenti pari all’11% del costo del bene (il 27,5% di 40).
          Facciamo un esempio
          Ipotizziamo di acquistare un bene a 100, soggetto al 10% di aliquota d’ammortamento.
          Il primo anno l’aliquota si dimezza per cui l’ammortamento sarà pari al 5% (ad eccezione dei professionisti per i quali l’aliquota non si dimezza).
          In contabilità nulla cambia: iscriveremo il bene nell’Attivo al costo di 100, stanzieremo una quota d’ammortamento pari a 5, avremo un Fondo ammortamento pari a 5.
          Sarà solo in sede di Dichiarazione mod. Unico che effettueremo una variazione in diminuzione (superammortamento) pari al 40% di 5, cioè 2, in deroga al principio della previa imputazione a c/economico.
          In totale dedurremo fiscalmente una quota d’ammortamento pari a 7.
          Per gli anni successivi la quota di ammortamento sarà pari a 10, incrementata di ulteriori 4 sotto forma di variazione in diminuzione, per un totale di 14 e fino al termine del processo di ammortamento.

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            Il criterio della consegna

            I superammortamenti al 140% agevoleranno anche gli investimenti avviati prima del 15 ottobre 2015, purché la consegna o la spedizione avvengano a partire da questa data. Quindi ciò che conta è che la consegna del bene sia avvenuta a partire dal 15.10.2015, anche in presenza di acconti anteriori, e a tal fine dovrebbero valere i criteri generali del TUIR e, pertanto, la data di consegna o spedizione oppure, se diversa e successiva, la data in cui si verifica l’effetto traslativo o costitutivo della proprietà (o di altro diritto reale).
            Quali sono i beni oggetto dell'agevolazione e quelli esclusi
            Sono agevolati i beni strumentali nuovi (o mai usati) acquisiti anche tramite leasing.
            L’inciso “mai usati” comprende i beni acquistati non dal produttore ma da un terzo, che rimangono agevolati se mai usati prima. Quindi anche l’auto acquistata a Km 0 dovrebbe essere agevolata, trattandosi comunque di un bene mai usato.
            Il beneficio riguarda, oltre naturalmente gli autocarri, anche le autovetture, i motocicli ed i ciclomotori, tenendo tuttavia conto delle limitazioni previste dall’art. 164 Tuir (quota fiscalmente deducibile del 20%, o 70% se affidata a dipendenti, limite di costo fiscalmente ammesso, ecc.).
            Ad esempio, il limite del costo fiscale delle auto (18.076 euro) è incrementato nella stessa misura del 40% e, quindi, è innalzato a 25.306 euro. L’incremento del limite non riguarda le auto concesse in uso promiscuo ai dipendenti per le quali il limite non esiste.
            Resta invece immutata la percentuale di deducibilità del 20% ovvero del 70% per le imprese e professionisti e dell’80% per agenti e rappresentanti.
            Nel caso di leasing l’agevolazione si applica sulla quota capitale inclusa nel canone.
            Nessuna agevolazione per i noleggi a lungo termine.
            Beni esclusi dall’agevolazione
            L’agevolazione esclude i fabbricati e le costruzioni, gli aerei, i beni con coefficiente di ammortamento inferiore al 6,5% (silos, serbatoi, ecc.), i beni immateriali e i beni usati.

            Alcuni esempi pratici di calcolo
            Facciamo qualche esempio riferito alle autovetture, in quanto i calcoli sono più difficili.
            1. Acquisto di un’autovettura generica; costo, compreso il 60% di Iva non detraibile € 20.000. Percentuale di ammortamento 25%.
            Fino a ieri: ammortamento civilistico 25% = € 5.000, fiscale € (18.076 x 25% x 20%) = € 904,00 (arrotondato).
            Oggi: ammortamento civilistico identico; fiscale € (18.076 + 40%)= € 25.306 x 25% x 20% = € 1.265,00.
            Stesso caso ma con auto affidata a dipendente.
            Fino a ieri: ammortamento civilistico 25% = € 5.000, fiscale € 20.000 x 25% x 70%) = € 3.500,00.
            Oggi: ammortamento civilistico identico; fiscale € (20.000 + 40%) = € 28.000 x 25% x 70% = € 4.900,00.

            2. Acquisto di un’autovettura generica; costo, compreso il 60% di Iva non detraibile € 15.000. Percentuale di ammortamento 25%.

            Fino a ieri: ammortamento civilistico 25% = € 3.750, fiscale € (15.000 x 25% x 20%) = € 750.
            Oggi: ammortamento civilistico identico; fiscale € (15.000 + 40%)=€ 21.000 x 25% x 20%= € 1.050.
            Stesso caso ma con auto affidata a dipendente.
            Fino a ieri: ammortamento civilistico 25% = € 3.750, fiscale € 15.000 x 25% x 70%) = € 2.625.
            Oggi: ammortamento civilistico identico; fiscale € (15.000 + 40%)= € 21.000 x 25% x 70%= € 3.675.

            3. Acquisto di un’autovettura generica; costo, compreso il 60% di Iva non detraibile € 30.000. Percentuale di ammortamento 25%.
            Fino a ieri: ammortamento civilistico 25% = € 7.500, fiscale € (18.076 x 25% x 20%) = € 904 (arrotondato).
            Oggi: ammortamento civilistico identico; fiscale € (18.076 + 40%)=€ 25.306 x 25% x 20%= € 1.265.
            Stesso caso ma con auto affidata a dipendente.
            Fino a ieri: ammortamento civilistico 25% = € 7.500, fiscale € 30.000 x 25% x 70%) = € 5.250.
            Oggi: ammortamento civilistico identico; fiscale € (30.000 + 40%)= € 42.000 x 25% x 70%= € 7.350.
            Per agenti e rappresentanti occorre ricordare che il limite di ammortamento auto, escludendo l’Iva che normalmente si deduce al 100%, era di € 25.823, aumentato del 40% passa ad € 36.152 e la quota di ammortamento fiscalmente deducibile è pari all’80%.

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              La vendita anticipata annulla l’agevolazione

              I beni non dovranno essere venduti prima della fine del periodo di ammortamento.
              In caso di cessione del bene prima della conclusione del processo di ammortamento bisogna restituire al Fisco il bonus ricevuto, per cui nel determinare la plusvalenza/minusvalenza, ferme restando le quote di superammortamento già dedotte, occorrera’ operare una rettifica per i maggiori ammortamenti fiscali dedotti come se questo bonus non fosse esistito.
              In pratica si tassano i maggiori ammortamenti dedotti sotto forma di maggiore plusvalenza (o minore minusvalenza).

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                L'Agenzia delle Entrate, con Risoluzione del 30 ottobre 2015 n. 92/E chiarisce che il maggior rimborso chilometrico corrisposto al dipendente in trasferta in un comune diverso da quello in cui è situata la sede di lavoro, che decide di partire dalla propria abitazione invece che dalla sede di lavoro, compiendo un tragitto più lungo, è da considerarsi reddito imponibile.

                Si ricorda che per le trasferte fuori del territorio comunalesono previsti tre distinti sistemi di tassazione in ragione del tipo di rimborso (analitico, forfetario o misto) scelto.
                Per quanto concerne il regime fiscale da applicare ai rimborsi spese corrisposti sotto forma di indennità chilometrica, i rimborsi chilometrici erogati per l'espletamento della prestazione lavorativa in un comune diverso da quello in cui è situata la sede di lavoro, sono esenti da imposizione, sempreché, in sede di liquidazione, l'ammontare dell'indennità sia calcolato in base alle tabelle ACI, avuto riguardo alla percorrenza, al tipo di automezzo usato dal dipendente e al costo chilometrico ricostruito secondo il tipo di autovettura.
                Detti elementi dovranno risultare dalla documentazione interna conservata dal datore di lavoro.
                Laddove la distanza percorsa dal dipendente per raggiungere, dalla propria residenza, la località di missione risulti inferiore rispetto a quella calcolata dalla sede di servizio, con la conseguenza che al lavoratore è riconosciuto, in base alle tabelle ACI, un rimborso chilometrico di minor importo, quest'ultimo è da considerare non imponibile ai sensi dell'articolo 51, comma 5, secondo periodo, del TUIR.
                Invece, nell'ipotesi in cui la distanza percorsa dal dipendente per raggiungere, dalla propria residenza, la località di missione risulti maggiore rispetto a quella calcolata dalla sede di servizio, con la conseguenza che al lavoratore viene erogato, in base alle tabelle ACI,un rimborso chilometrico di importo maggiore rispetto a quello calcolato dalla sede di servizio, la differenza è da considerarsi reddito imponibile ai sensi dell'articolo 51, comma 1, del TUIR

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                  Attenuanti penali per l'omessa dichiarazione

                  L’estinzione integrale del debito tributario, comprensivo di sanzioni e interessi, non comporta la punibilità del reato purché il pagamento avvenga a seguito di ravvedimento operoso o della presentazione della dichiarazione omessa entro l’anno successivo, a condizione che, nessuno dei due casi, sia preceduto da una qualsiasi attività di accertamento amministrativo o penale o inizio di accessi, ispezioni e verifiche. La normativa attuale non prevede i benefici della non punibilità nei casi sopra delineati.

                  Inoltre se il debito tributario è invia di estinzione, anche mediante la rateizzazione, ipotesi quest’ultima non prevista dall’attuale normativa, prima della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado, scatta la causa di non punibilità. Nel caso del rateizzo, anche ai fini dell’applicazione della norma sulla circostanza del reato di nuova introduzione, è previsto un termine di 3 mesi, prorogabile dal giudice per una sola volta per altri 3 mesi, per il pagamento del debito residuo e la sospensione della prescrizione.

                  Il nuovo art. 13-bis del D.Lgs. 74/2000 prevede pene ridotte alla metà, con esclusione delle pene accessorie, per i reati diversi da quelli di dichiarazione infedele o omessa, omesso versamento di ritenute o dell'Iva e indebite compensazioni, specificati nell'art. 13 del medesimo decreto. I reati poc'anzi menzionati, sono esclusi dalla punibilità per effetto dell'integrale pagamento del debito, comprensivo di sanzioni e interessi, prima della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado, anche a seguito di conciliazione, accertamento con adesione o ravvedimento operoso.

                  Per i reati diversi da quelli di cui all'art. 13 delD.Lgs. 74/2000 è prevista, invece, nonostante l'integrale pagamento del debito,comprensivo di sanzioni e interessi, anche a seguito di conciliazione o accertamento con adesione ma non ravvedimento operoso, una riduzione di pena fino alla metà con esclusione delle pene accessorie.

                  Si osserva che il nuovo art. 13-bis co. 1 del D.Lgs. 74/2000, che tratta le ipotesi di reato soggette comunque a pena, anche se ridotta per il verificarsi di alcune circostanze, non cita il ravvedimento operoso come modalità di pagamento del debito tributario.La richiesta di patteggiamento per tutti i reati di cui al D.Lgs. 74/2000 è condizionata alla circostanza che sia stato totalmente pagato il debito tributario prima dell’apertura del dibattimento o sia stato esperito il ravvedimento operoso previsto per i casi di omesso versamento di ritenute o Iva e indebite compensazioni e omessa o infedele dichiarazione

                  Dal patteggiamento sono esclusi i casi in cui l’autore dei reati di cui ai commi 1 e 2 dell'art.13 del D.Lgs. 74/2000 (dichiarazione infedele o omessa, omesso versamento delle ritenute o dell'Iva e indebite compensazioni), abbia avuto formale conoscenza dell’avvio di un procedimento penale o di un’attività di controllo.

                  Un confronto tra il nuovo dettato normativo dell'art. 13-bis del D.Lgs. 74/2000e l'ex art. 13 del medesimo decreto evidenzia che entrambi condizionano il patteggiamento della pena al pagamento integrale del debito, comprensivo di sanzioni e interessi (per gli interessi la precedente normativa li escludeva),prima della dichiarazione del dibattimento di primo grado, ma solo il novellato articolo cita il ravvedimento operoso.

                  La possibilità offerta al contribuentedi presentare la dichiarazione omessa entro il termine di presentazione della dichiarazione relativa all’anno successivo e prima di controlli e/o accertamenti, esclude comunque la possibilità del ravvedimento sotto il profilo amministrativo, mentre avrebbe rilevanza sotto l’aspetto della non punibilità penale.

                  In effetti, la nuova ipotesi di ravvedimento prevista per il pagamento integrale del debito tributario attiene alla causa di non punibilità visto anche il suo inserimento normativo nell’ambito del D.Lgs. 74/2000 che si occupa, appunto, dei reati tributari, e non invece nel D.Lgs. 472/1997 che, nel disciplinare all’art. 13 l’istituto del ravvedimento operoso, si occupa di sanare le omissioni, gli errori e il caso della dichiarazione tardiva entro i 90 giorni dal termine ordinario.

                  La dichiarazione omessa è comunque titolo valido per la riscossione delle imposte che ne derivano, ma il contribuente non può ricorrere al ravvedimento della stessa sotto il profilo amministrativo ma solo delle imposte non versate nei termini ordinari e sempre ché non abbia ricevuto avviso di liquidazione o accertamento o siano iniziati i controlli fiscali. In tale caso il contribuente riceverà l’atto d’irrogazione della sanzione dall’Agenzia delle Entrate.

                  In ossequio al principio del favor rei risulta che destinatari delle nuove norme saranno i procedimenti da attivare e pendenti per omessa presentazione della dichiarazione se l’imposta evasa non supera€ 50.000. In maniera analoga, l’inasprimento delle pene riguarderà solo le omissioni poste in essere dopo l’entrata in vigore delle nuove norme e non anche quelle passate. Quanto detto vale anche per le omissioni risultanti dall’Unico 2015.
                  Ultima modifica di ROL; 30-12-2015, 10:06.

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                    E' stato pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 231 del 5 ottobre 2015 il decreto del ministero dell’Economia e delle Finanze del 21 settembre 2015, attuativo dell’articolo 24, comma 3-bis del Tuir che, come previsto dall’articolo 7 della Legge europea 2013 bis (Legge n. 161/2014), ha introdotto nel nostro ordinamento il regime dei “non residenti Schumacker”. La norma, in vigore dal periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2014, estende alle persone fisiche residenti in un altro Paese Ue o in uno degli Stati aderenti all’accordo sullo Spazio economico europeo, il sistema di determinazione dell’imposta stabilito dagli articoli da 1 a 23 del Tuir, incluse quindi eventuali detrazioni e deduzioni. Il presupposto è che essi abbiano prodotto almeno il 75% del loro reddito complessivo nel nostro Paese.
                    Ultima modifica di ROL; 30-12-2015, 10:11.

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                      Le certificazioni per redditi di lavoro dipendente e assimilati

                      Nel caso di reddito di lavoro dipendente, la certificazione delle ritenute operate deve essere conforme al modello ministeriale Certificazione Unica approvato con il Provvedimento del Direttore dell'Agenzia delle Entrate del 15.1.2015 .
                      Il datore di lavoro deve rilasciare a ciascun dipendente, anche a mezzo posta, la certificazione unica anche ai fini contributivi e previdenziali (modello CU). Nel documento vengono riepilogate le somme e i valori corrisposti, l'ammontare delle ritenute operate, delle detrazioni di imposta effettuate e dei contributi previdenziali e assistenziali.
                      La Certificazione Unica va consegnata in duplice copia al lavoratore o collaboratore entro il 28 febbraio dell'anno successivo a quello di riferimento dei redditi ovvero entro 12 giorni dalla richiesta del lavoratore nel caso di cessazione del rapporto di lavoro.
                      Sul tema l'agenzia ha emanato la Circolare n. 32/2015 di chiarimenti e risposte alle domande più frequenti

                      La certificazione per gli utili: Modello CUPE

                      Con Provvedimento del Direttore delle Entrate del 27 Dicembre 2006 (pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 5 dell'8 Gennaio 2007) è stato approvato, con le relative istruzioni, lo schema 2007 di certificazione degli utili di soggetti IRES corrisposti a partire dal 1° Gennaio 2006 e dei proventi equiparati, delle ritenute operate e delle imposte sostitutive., il cosiddetto Modello CUPE, successivamente modificato dal Provvedimento del 7.1.2013

                      La certificazione dei compensi di lavoro autonomo

                      Il sostituto di imposta deve rilasciare entro il 28 Marzo, la certificazione per i compensi di lavoro autonomo (anche occasionale) che sono stati assoggettati alla ritenuta alla fonte prevista dall'art. 25 del DPR n. 600 del 1973. Anche per questo tipo di reddito dal 2015 va utilizzato il Modello CU. In precedenza non era definito un modello obbligatoria ma era sufficiente che fossero indicati di dati identificativi del sostituto di imposta, la causale del versamento, l'importo delle comme con indicazione di quelle non immponibili e l'ammontare delle ritenute effettuate.

                      La certificazione delle provvigioni ad agenti, rappresentanti e venditori porta a porta

                      Anche le provvigioni corrisposte a queste categorie sono assoggettate a ritenuta e quindi da certificare entro il 28 febbraio con il Modello CU - Certificazione Unica.
                      La ritenuta è operata applicando l'aliquota corrispondente al primo scaglione Irpef (23%):
                      • Al 50% delle provvigioni corrisposte oppure
                      • Al 20% delle provvigioni corrisposte se il percipiente ha dichiarato al proprio committente (con raccomandata AR spedita entro il 31 Dicembre precedente) di avvalersi in via continuativa dell'opera di dipendenti o di terzi.

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