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I magistrati che indagarono su di lui lo definirono «la più esplicita infiltrazione della mafia nell'amministrazione pubblica». Nel 1993 il collaboratore di giustizia Pino Marchese dichiarò addirittura che Ciancimino era regolarmente affiliato nella Famiglia di Corleone. Un altro collaboratore di giustizia, Gioacchino Pennino (ex consigliere comunale e mafioso), dichiarò che nel 1981 voleva abbandonare il gruppo di Ciancimino nel consiglio comunale ma venne convocato dal boss Bernardo Provenzano, il quale gli intimò minacciosamente «di restare al suo posto».
Secondo quanto ricostruito dal giornalista Gianluigi Nuzzi, nel 2009, che si è avvalso dell'archivio di monsignor Renato Dardozzi dall'Istituto per le Opere di Religione sarebbero stati manovrati dei soldi diretti a Ciancimino per conto della mafia.
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