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L'angolo di ROL
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http://espresso.repubblica.it/attual...?ref=HEF_RULLO
Corallo, titolare del gruppo Global Starnet (già denominato Atlantis e poi Bplus), è l'imprenditore catanese che nel 2004 ha ottenuto, benché figlio di un pericoloso pregiudicato, la concessione statale a gestire il business miliardario delle macchinette mangiasoldi (new slot e vlt) che a partire da quell'anno hanno invaso l'Italia. Il re del gioco d'azzardo è stato arrestato con i più stretti collaboratori nella sua base ai Caraibi, con l'accusa di aver sottratto all'Italia oltre 250 milioni di euro: profitti incamerati con le macchinette mangiasoldi, trasferiti all'estero e occultati in anonime società offshore.
L'indagine internazionale ha accertato che dalle casseforti segrete di Corallo è uscito un fiume di denaro che ha premiato anche tre familiari di Fini: la consorte Elisabetta Tulliani, suo fratello Giancarlo e il loro padre Sergio, che in totale si sono divisi, a partire dal 2008, quasi sette milioni di dollari. Interrogato dai magistrati di Roma dopo l'avviso di garanzia, Fini ha giurato di non aver mai saputo nulla dei fondi neri intascati dai suoi congiunti. E ha definito false le dichiarazioni accusatorie dell'ex parlamentare Amedeo Laboccetta, inquisito e poi scarcerato, che aveva accusato Fini, tra l'altro, di aver incontrato personalmente Corallo sia in Italia che ai Caraibi.
Ma ora nelle motivazioni del sequestro patrimoniale, chiesto dal pm Barbara Sargenti con l'aggiunto Michele Prestipino e il procuratore capo Giuseppe Pignatone, il giudice delle indagini preliminari, Simonetta D’Alessandro, definisce «del tutto inverosimile» la versione di Fini secondo cui i Tulliani si sarebbero arricchiti a sua insaputa.
Il rovvedimento, al contrario, elenca una lunga serie di documenti, testimonianze e altri indizi concatenati che, secondo l'accusa, proverebbero la «piena consapevolezza» di Fini.
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http://espresso.repubblica.it/attual...rallo-1.181914
Un mercato ricchissimo, ma chiuso, dove si entra solo con l’autorizzazione dello Stato. Che Corallo aveva potuto ottenere già dieci anni fa, nonostante i pesanti precedenti del padre Gaetano. E senza mai svelare il reale assetto proprietario del suo gruppo Bplus-Atlantis, nascosto dietro una cortina di società offshore e fiduciarie estere. Con buona pace delle leggi che, almeno dal 2010, imporrebbero rigorosi requisiti di legalità e trasparenza ai gestori di aziende ad alto rischio di infiltrazioni mafiose.
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Ma il rapporto tra la sua famiglia e il gioco d’azzardo ha radici ancora più lontane e misteriose. Tutto inizia nel 1977, quando Gaetano Corallo, il papà di Francesco, diventa «socio occulto» della Getualte, la società che allora controlla il casinò di Campione. Partendo da quella cassaforte, quel catanese tenta una clamorosa scalata alla sala da gioco di Sanremo. L’operazione viene fermata nel 1983 dalla prima retata antimafia al Nord. Nelle sentenze definitive, che “l’Espresso” ha ritrovato, i giudici raccontano una storia criminale che il re delle slot non ha mai pubblicizzato. Suo padre, Gaetano Corallo, nasce come usuraio: aggancia ricconi col vizio del gioco, li scorta con il suo aereo privato nei casinò internazionali e presta soldi a tassi da strozzino. Tra i suoi grandi sponsor c’è un mafioso stragista: Nitto Santapaola, il super boss di Cosa Nostra a Catania.
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REGGIO CALABRIA L’Italia è uno dei Paesi a maggior rischio riciclaggio d’Europa. E sul podio del peggio ed anche nelle immediate vicinanze, la Calabria piazza quattro dei suoi cinque capoluoghi. A svelarlo è un progetto internazionale (Iarm) che stila una classifica delle città a maggior rischio riciclaggio, elaborata dal centro Transcrime dell'Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, insieme alla Vrije Universiteit Amsterdam (Paesi Bassi) e alla University of Leicester (Regno Unito). Uno studio scientifico, basato sull’elaborazione statistica dei dati relativi a diversi fattori di rischio quali le infiltrazioni della criminalità organizzata, l’economia sommersa e l’uso del contante, i mercati illegali, l’opacità delle proprietà societarie e, infine, le rimesse di denaro all’estero. Dati che regalano alla Calabria e alle sue principali città un triste primato.
Al primo posto sul podio delle città-lavanderia c’è Reggio Calabria, capitale italiana del riciclaggio. Seguono da vicino Vibo Valentia, Catanzaro e Crotone. Di tutte, lo studio regala una fotografia impietosa, in cui illegalità ed arretratezza si mischiano in un cocktail micidiale. Ed ecco che la scarsa densità di pos, dunque la difficoltà nell’effettuare pagamenti elettronici, si mischia con una presenza quasi asfissiante della 'ndrangheta. Allo stesso modo, il lavoro nero si impasta con i mercati dell’economia illegale. E tutto infetta una serie di attività – considerate particolarmente a rischio – che in Calabria sono fra le più diffuse. Basta fare un giro in una qualsiasi città calabrese, dove le (poche) fabbriche sono scomparse per lasciare spazio a ristoranti, centri estetici e agenzie di scommesse.
«A causa dell’uso frequente di contante, degli alti livelli di manodopera irregolare e di infiltrazione della criminalità organizzata» bar, ristoranti e locali sono, secondo lo studio delle tre università, le attività che più facilmente si convertono in lavatrici. A seguire, ci sono le attività che «comprendono un’ampia varietà di esercizi come centri massaggi, centri estetici ma anche imprese di vigilanza e di investigazione». A rischio è anche il mondo dell'intrattenimento, «che da un lato include i casinò, le sale slot e videolottery; dall’altro attività correlate come la gestione di attività ludiche, impianti sportivi e stabilimenti balneari». Anche la filiera dell’edilizia, dalle imprese di costruzioni alle ditte che lavorano nell’indotto, dall’estrazione di sabbia alla produzione di cemento, sono considerate altamente a rischio. Tutti dati che le ultime inchieste non hanno fatto che confermare.
di Alessia Candito
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