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Il valigione del tirocinante
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«Art. 10-bis (Disciplina dell'abuso del diritto o elusione
fiscale). - 1. Configurano abuso del diritto una o piu' operazioni
prive di sostanza economica che, pur nel rispetto formale delle norme
fiscali, realizzano essenzialmente vantaggi fiscali indebiti. Tali
operazioni non sono opponibili all'amministrazione finanziaria, che
ne disconosce i vantaggi determinando i tributi sulla base delle
norme e dei principi elusi e tenuto conto di quanto versato dal
contribuente per effetto di dette operazioni.
2. Ai fini del comma 1 si considerano:
a) operazioni prive di sostanza economica i fatti, gli atti e i
contratti, anche tra loro collegati, inidonei a produrre effetti
significativi diversi dai vantaggi fiscali. Sono indici di mancanza
di sostanza economica, in particolare, la non coerenza della
qualificazione delle singole operazioni con il fondamento giuridico
del loro insieme e la non conformita' dell'utilizzo degli strumenti
giuridici a normali logiche di mercato;
b) vantaggi fiscali indebiti i benefici, anche non immediati,
realizzati in contrasto con le finalita' delle norme fiscali o con i
principi dell'ordinamento tributario.
3. Non si considerano abusive, in ogni caso, le operazioni
giustificate da valide ragioni extrafiscali, non marginali, anche di
ordine organizzativo o gestionale, che rispondono a finalita' di
miglioramento strutturale o funzionale dell'impresa ovvero
dell'attivita' professionale del contribuente.
4. Resta ferma la liberta' di scelta del contribuente tra regimi
opzionali diversi offerti dalla legge e tra operazioni comportanti un
diverso carico fiscale.
5. Il contribuente puo' proporre interpello secondo la procedura e
con gli effetti dell'articolo 11 della presente legge per conoscere
se le operazioni che intende realizzare, o che siano state
realizzate, costituiscano fattispecie di abuso del diritto. L'istanza
e' presentata prima della scadenza dei termini per la presentazione
della dichiarazione o per l'assolvimento di altri obblighi tributari
connessi alla fattispecie cui si riferisce l'istanza medesima.
6. Senza pregiudizio dell'ulteriore azione accertatrice nei termini
stabiliti per i singoli tributi, l'abuso del diritto e' accertato con
apposito atto, preceduto, a pena di nullita', dalla notifica al
contribuente di una richiesta di chiarimenti da fornire entro il
termine di sessanta giorni, in cui sono indicati i motivi per i quali
si ritiene configurabile un abuso del diritto.
7. La richiesta di chiarimenti e' notificata dall'amministrazione
finanziaria ai sensi dell'articolo 60 del decreto del Presidente
della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, e successive
modificazioni, entro il termine di decadenza previsto per la
notificazione dell'atto impositivo. Tra la data di ricevimento dei
chiarimenti ovvero di inutile decorso del termine assegnato al
contribuente per rispondere alla richiesta e quella di decadenza
dell'amministrazione dal potere di notificazione dell'atto impositivo
intercorrono non meno di sessanta giorni. In difetto, il termine di
decadenza per la notificazione dell'atto impositivo e'
automaticamente prorogato, in deroga a quello ordinario, fino a
concorrenza dei sessanta giorni.
8. Fermo quanto disposto per i singoli tributi, l'atto impositivo
e' specificamente motivato, a pena di nullita', in relazione alla
condotta abusiva, alle norme o ai principi elusi, agli indebiti
vantaggi fiscali realizzati, nonche' ai chiarimenti forniti dal
contribuente nel termine di cui al comma 6.
9. L'amministrazione finanziaria ha l'onere di dimostrare la
sussistenza della condotta abusiva, non rilevabile d'ufficio, in
relazione agli elementi di cui ai commi 1 e 2. Il contribuente ha
l'onere di dimostrare l'esistenza delle ragioni extrafiscali di cui
al comma 3.
10. In caso di ricorso, i tributi o i maggiori tributi accertati,
unitamente ai relativi interessi, sono posti in riscossione, ai sensi
dell'articolo 68 del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546, e,
successive modificazioni, e dell'articolo 19, comma 1, del decreto
legislativo 18 dicembre 1997, n. 472.
11. I soggetti diversi da quelli cui sono applicate le disposizioni
del presente articolo possono chiedere il rimborso delle imposte
pagate a seguito delle operazioni abusive i cui vantaggi fiscali sono
stati disconosciuti dall'amministrazione finanziaria, inoltrando a
tal fine, entro un anno dal giorno in cui l'accertamento e' divenuto
definitivo ovvero e' stato definito mediante adesione o conciliazione
giudiziale, istanza all'Agenzia delle entrate, che provvede nei
limiti dell'imposta e degli interessi effettivamente riscossi a
seguito di tali procedure.
12. In sede di accertamento l'abuso del diritto puo' essere
configurato solo se i vantaggi fiscali non possono essere
disconosciuti contestando la violazione di specifiche disposizioni
tributarie.
13. Le operazioni abusive non danno luogo a fatti punibili ai sensi
delle leggi penali tributarie. Resta ferma l'applicazione delle
sanzioni amministrative tributarie.».
2. L'articolo 37-bis del decreto del Presidente della Repubblica 29
settembre 1973, n. 600, e successive modificazioni, e' abrogato. Le
disposizioni che richiamano tale articolo si intendono riferite
all'articolo 10-bis della legge 27 luglio 2000, n. 212, in quanto
compatibili.
3. Le norme tributarie che, allo scopo di contrastare comportamenti
elusivi, limitano deduzioni, detrazioni, crediti d'imposta o altre
posizioni soggettive altrimenti ammesse dall'ordinamento tributario,
possono essere disapplicate qualora il contribuente dimostri che
nella particolare fattispecie tali effetti elusivi non potevano
verificarsi. A tal fine il contribuente presenta istanza di
interpello ai sensi del regolamento del Ministro delle finanze 19
giugno 1998, n. 259. Resta fermo il potere del Ministro dell'economia
e delle finanze di apportare modificazioni a tale regolamento.
4. I commi da 5 a 11 dell'articolo 10-bis della legge n. 212 del
2000 non si applicano agli accertamenti e ai controlli aventi ad
oggetto i diritti doganali di cui all'articolo 34 del decreto del
Presidente della Repubblica 23 gennaio 1973, n. 43, che restano
disciplinati dalle disposizioni degli articoli 8 e 11 del decreto
legislativo 8 novembre 1990, n. 374, e successive modificazioni,
nonche' dalla normativa doganale dell'Unione europea.
5. Le disposizioni dell'articolo 10-bis della legge 27 luglio 2000,
n. 212, hanno efficacia a decorrere dal primo giorno del mese
successivo alla data di entrata in vigore del presente decreto e si
applicano anche alle operazioni poste in essere in data anteriore
alla loro efficacia per le quali, alla stessa data, non sia stato
notificato il relativo atto impositivo.
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Originariamente inviato da ROL Visualizza il messaggioOggi…
La situazione sembrerebbe migliorata infatti , come sapete , lo statuto del contribuente essendo norma “ generale” non limita la sua azione solo ad un tipo d'imposta
Ma si tratta di presidio depotenziato volto in realtà a limitare l’azione di una certa giurisprudenza più garantista a protezione degli interessi fiscali (art 53 della costituzione ) …..
Att 10 bis (statuto del contribuente)
Comma 3……..il nostro caro inciso.....
“ anche in ordine organizzativo o gestionale” (c’è nè per tutti…..) “ anche quando ‘l’attività economica del contribuente sia professionale)
E la parolina magica del comma 4…..
“Resta ferma”………….
(due autentiche picconate…)
+
Come, ho già ripetuto più volte, la depenalizzazione dei comportamenti abusivi……(la sanzione amministrativa non spaventa……)
Le entrate fiscali graveranno ancor di più sui poveracci secondo me……
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Originariamente inviato da strelizia Visualizza il messaggioIo capisco ma devo leggere tutto e a volte ripassare, guardare le norme o avere esempi o esempi numerici. Ma stai postando pure quelli
AVANZI E DISAVANZI DA CONCAMBIO
--> l'aumento di capitale dell’incorporante/risultante non corrisponde al patrimonio netto dell'incorporata. Ciò si verifica in quanto l’aumento di capitale sociale (che rappresenta la quota di possesso della società risultante riconosciuta ai soci dell’incorporata) non è funzione dei valori contabili di bilancio delle due società (ma del raffronto tra il valore economico intrinseco, pattuito dalle parti, dei due soggetti.)
Ove tale aumento di capitale sia inferiore al patrimonio netto dell'incorporata-->si avrà un avanzo di fusione ( che costituisce una posta patrimoniale giustamente esclusa da qualsiasi imposizione in capo alla società. In questo caso l'avanzo esprime infatti il precedente patrimonio netto dell'incorporata e pertanto una sua tassazione colpirebbe voci derivanti da conferimenti (capitale) oppure voci già tassate (riserve di utili).
esempio numerico (che pall.e strelizia :-) Devi procurarti un testo e seguire da li....
Incorporata B
Incorporante AATTIVO PASSIVO Attività 1000 Capitale 500 Debiti 500
ATTIVO PASSIVO Attività 600 Capitale 600
Qualora le parti convengano che, malgrado la rappresentazione di bilancio dei patrimoni netti (500 contro 600) il valore intrinseco dell’incorporata sia pari solamente alla metà di quello dell’incorporante, allora ai soci della prima dovranno essere attribuite in concambio azioni della seconda pari alla metà del capitale sociale (300).
La situazione della risultante sarà allora la seguente:
INCORPORANTE A DOPO LA FUSIONE
Viceversa, il disavanzo da rapporti di cambio potrebbe verificarsi quando l'aumento di capitale dell'incorporante fosse maggiore del patrimonio netto dell'incorporata.ATTIVO PASSIVO Attività B 1000 Capitale A 600 Attività A 600 Nuovo capitale 300
Debiti 500Avanzo 200
Tornando all’esempio appena fatto, qualora i soci delle due società concordassero sul fatto che il valore intrinseco delle stesse è uguale, allora per rendere questa parità all’interno della risultante ai soci di B dovranno essere assegnate azioni di A di nuova emissione pari a quelle già esistenti (600).
Lo stato patrimoniale di A dopo la fusione sarà dunque il seguente:
ATTIVO PASSIVO Attività B 1000 Capitale A 600 Attività A 600 Nuovo capitale 600
Debiti 500Disavanzo 100
Lo sbilancio contabile in cui consiste il disavanzo non è fiscalmente rilevante né a titolo di perdita (da portare a conto economico) né a titolo di “ribaltamento” sui costi delle voci dell'attivo. Il disavanzo da rapporti di cambio deriva infatti da un mero aumento di capitale, cui non corrisponde né un conferimento né alcun valore fiscalmente riconosciuto da salvaguardare. Ci si trova, in sostanza, di fronte a una situazione analoga a un aumento di capitale effettuato rivalutando i cespiti, nel qual caso l’iscrizione in bilancio di plusvalenze sui beni rivalutati è fiscalmente irrilevante.
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AVANZI E DISAVANZI DA ANNULLAMENTO
Si ha annullamento quando una società partecipante alla fusione possedeva in precedenza azioni di un’altra società partecipante; in tal caso tali azioni spariscono dal bilancio della risultante e vengono sostituite, nell’attivo, dal valore contabile dei beni della società partecipata.
Qualora il valore contabile dei beni sia inferiore a quello delle azioni la differenza viene indicata come disavanzo di annullamento; qualora invece il valore risulti superiore si formerà una voce di bilanciamento nel passivo definita avanzo di annullamento.
Riprendiamo l’esempio di cui sopra e supponiamo che A stavolta possieda le azioni di B.
Ipotesi 1 (disavanzo)
incorporante a
Ipotesi 2 (avanzo)attivo passivo Attività B 1000 Capitale 600 Disavanzo 100 Debiti B 500
incorporante a
Anche l'eventuale avanzo emerso nell'incorporazione senza concambio è espressamente considerato intassabile in base all'articolo 172 T.U.I.R..attivo passivo Attività B 1000 Capitale 600 Altri beni 300 Debiti B 500 Avanzo 200
Il disavanzo da annullamento è più frequente in quanto di solito il prezzo di acquisto della partecipazione, influenzato dalle plusvalenze latenti, dalle prospettive di mercato et, eccede il patrimonio netto contabile della partecipata. I valori fiscalmente riconosciuti dei beni della società incorporata non riescono quindi a controbilanciare l'eliminazione del costo della partecipazione e la differenza costituisce il "disavanzo da annullamento".
Neutralità fusione
L'espressione comunemente usata per descrivere l'irrilevanza reddituale della fusione è la cd. neutralità della fusione stessa; neutralità significa continuità dei valori fiscalmente riconosciuti rispetto a quelli anteriori alla fusione
In altri termini, la società incorporante o risultante dalla fusione unifica le proprie voci contabili con quelle provenienti dalla società incorporata o fusa, utilizzando gli stessi valori che erano riconosciuti in capo a quest'ultima
A seguito della fusione non emergono plusvalenze o minusvalenze in capo alla società risultante, né in capo ai soci delle società partecipanti in funzione della sostituzione delle azioni da loro possedute
le differenze tra i valori contabili e i valori correnti dei beni delle società incorporate o fuse rimangono irrilevanti ai fini dell'imposizione diretta. Tali beni transiteranno nel bilancio della società risultante dalla fusione o incorporante secondo il valore fiscalmente riconosciuto che avevano nella società di provenienza .
nb: I valori di bilancio esprimono i costi storici e non i valori correnti dei beni sociali. (ecco perchè le plusvalenze latenti)
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Originariamente inviato da strelizia Visualizza il messaggio«Art. 10-bis (Disciplina dell'abuso del diritto o elusione
fiscale). - 1. Configurano abuso del diritto una o piu' operazioni
prive di sostanza economica che, pur nel rispetto formale delle norme
fiscali, realizzano essenzialmente vantaggi fiscali indebiti. Tali
operazioni non sono opponibili all'amministrazione finanziaria, che
ne disconosce i vantaggi determinando i tributi sulla base delle
norme e dei principi elusi e tenuto conto di quanto versato dal
contribuente per effetto di dette operazioni.
2. Ai fini del comma 1 si considerano:
a) operazioni prive di sostanza economica i fatti, gli atti e i
contratti, anche tra loro collegati, inidonei a produrre effetti
significativi diversi dai vantaggi fiscali. Sono indici di mancanza
di sostanza economica, in particolare, la non coerenza della
qualificazione delle singole operazioni con il fondamento giuridico
del loro insieme e la non conformita' dell'utilizzo degli strumenti
giuridici a normali logiche di mercato;
b) vantaggi fiscali indebiti i benefici, anche non immediati,
realizzati in contrasto con le finalita' delle norme fiscali o con i
principi dell'ordinamento tributario.
3. Non si considerano abusive, in ogni caso, le operazioni
giustificate da valide ragioni extrafiscali, non marginali, anche di
ordine organizzativo o gestionale, che rispondono a finalita' di
miglioramento strutturale o funzionale dell'impresa ovvero
dell'attivita' professionale del contribuente.
4. Resta ferma la liberta' di scelta del contribuente tra regimi
opzionali diversi offerti dalla legge e tra operazioni comportanti un
diverso carico fiscale.
5. Il contribuente puo' proporre interpello secondo la procedura e
con gli effetti dell'articolo 11 della presente legge per conoscere
se le operazioni che intende realizzare, o che siano state
realizzate, costituiscano fattispecie di abuso del diritto. L'istanza
e' presentata prima della scadenza dei termini per la presentazione
della dichiarazione o per l'assolvimento di altri obblighi tributari
connessi alla fattispecie cui si riferisce l'istanza medesima.
6. Senza pregiudizio dell'ulteriore azione accertatrice nei termini
stabiliti per i singoli tributi, l'abuso del diritto e' accertato con
apposito atto, preceduto, a pena di nullita', dalla notifica al
contribuente di una richiesta di chiarimenti da fornire entro il
termine di sessanta giorni, in cui sono indicati i motivi per i quali
si ritiene configurabile un abuso del diritto.
7. La richiesta di chiarimenti e' notificata dall'amministrazione
finanziaria ai sensi dell'articolo 60 del decreto del Presidente
della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, e successive
modificazioni, entro il termine di decadenza previsto per la
notificazione dell'atto impositivo. Tra la data di ricevimento dei
chiarimenti ovvero di inutile decorso del termine assegnato al
contribuente per rispondere alla richiesta e quella di decadenza
dell'amministrazione dal potere di notificazione dell'atto impositivo
intercorrono non meno di sessanta giorni. In difetto, il termine di
decadenza per la notificazione dell'atto impositivo e'
automaticamente prorogato, in deroga a quello ordinario, fino a
concorrenza dei sessanta giorni.
8. Fermo quanto disposto per i singoli tributi, l'atto impositivo
e' specificamente motivato, a pena di nullita', in relazione alla
condotta abusiva, alle norme o ai principi elusi, agli indebiti
vantaggi fiscali realizzati, nonche' ai chiarimenti forniti dal
contribuente nel termine di cui al comma 6.
9. L'amministrazione finanziaria ha l'onere di dimostrare la
sussistenza della condotta abusiva, non rilevabile d'ufficio, in
relazione agli elementi di cui ai commi 1 e 2. Il contribuente ha
l'onere di dimostrare l'esistenza delle ragioni extrafiscali di cui
al comma 3.
10. In caso di ricorso, i tributi o i maggiori tributi accertati,
unitamente ai relativi interessi, sono posti in riscossione, ai sensi
dell'articolo 68 del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546, e,
successive modificazioni, e dell'articolo 19, comma 1, del decreto
legislativo 18 dicembre 1997, n. 472.
11. I soggetti diversi da quelli cui sono applicate le disposizioni
del presente articolo possono chiedere il rimborso delle imposte
pagate a seguito delle operazioni abusive i cui vantaggi fiscali sono
stati disconosciuti dall'amministrazione finanziaria, inoltrando a
tal fine, entro un anno dal giorno in cui l'accertamento e' divenuto
definitivo ovvero e' stato definito mediante adesione o conciliazione
giudiziale, istanza all'Agenzia delle entrate, che provvede nei
limiti dell'imposta e degli interessi effettivamente riscossi a
seguito di tali procedure.
12. In sede di accertamento l'abuso del diritto puo' essere
configurato solo se i vantaggi fiscali non possono essere
disconosciuti contestando la violazione di specifiche disposizioni
tributarie.
13. Le operazioni abusive non danno luogo a fatti punibili ai sensi
delle leggi penali tributarie. Resta ferma l'applicazione delle
sanzioni amministrative tributarie.».
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2. L'articolo 37-bis del decreto del Presidente della Repubblica 29
settembre 1973, n. 600, e successive modificazioni, e' abrogato. Le
disposizioni che richiamano tale articolo si intendono riferite
all'articolo 10-bis della legge 27 luglio 2000, n. 212, in quanto
compatibili.
3. Le norme tributarie che, allo scopo di contrastare comportamenti
elusivi, limitano deduzioni, detrazioni, crediti d'imposta o altre
posizioni soggettive altrimenti ammesse dall'ordinamento tributario,
possono essere disapplicate qualora il contribuente dimostri che
nella particolare fattispecie tali effetti elusivi non potevano
verificarsi. A tal fine il contribuente presenta istanza di
interpello ai sensi del regolamento del Ministro delle finanze 19
giugno 1998, n. 259. Resta fermo il potere del Ministro dell'economia
e delle finanze di apportare modificazioni a tale regolamento.
4. I commi da 5 a 11 dell'articolo 10-bis della legge n. 212 del
2000 non si applicano agli accertamenti e ai controlli aventi ad
oggetto i diritti doganali di cui all'articolo 34 del decreto del
Presidente della Repubblica 23 gennaio 1973, n. 43, che restano
disciplinati dalle disposizioni degli articoli 8 e 11 del decreto
legislativo 8 novembre 1990, n. 374, e successive modificazioni,
nonche' dalla normativa doganale dell'Unione europea.
5. Le disposizioni dell'articolo 10-bis della legge 27 luglio 2000,
n. 212, hanno efficacia a decorrere dal primo giorno del mese
successivo alla data di entrata in vigore del presente decreto e si
applicano anche alle operazioni poste in essere in data anteriore
alla loro efficacia per le quali, alla stessa data, non sia stato
notificato il relativo atto impositivo.
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