Per effetto del DLgs. 139/2015, l’informativa su impegni, garanzie e passività potenziali dovrà essere fornita in Nota integrativa
Il DLgs. 139/2015, noto come decreto bilanci, ha modificato i criteri di valutazione di numerose poste di bilancio con effetti dal 1° gennaio 2016. In conseguenza di tali interventi, sono stati modificati anche gliartt. 2424 e 2425 c.c., così da recepire gli effetti sulle voci di bilancio derivanti dalle nuove disposizioni. Ci si riferisce, in particolare, alle novità che attengono ad azioni proprie, strumenti finanziari derivati, ratei e risconti, costi di ricerca e pubblicità.
Oltre a quelle richiamate, il decreto ha apportato ulteriori modifiche alcontenuto dello Stato patrimoniale e del Conto economico. La disposizione di maggior rilievo è quella che prevede l’eliminazionedal Conto economico delle voci di ricavo e costo relative alla sezione straordinaria.
La modifica è stata indotta dall’art. 13 della direttiva 2013/34/UE, che, nel disciplinare gli schemi per la presentazione del Conto economico, non prevede specifiche voci destinate ai componenti di reddito straordinari.
Detto ciò, il decreto ha eliminato la classe E), comprendente le voci “E.20 - Proventi straordinari” ed “E.21 - Oneri straordinari”, nonché il risultato intermedio “Totale delle partite straordinarie (20-21)”.
Conseguentemente, sono state rinumerate le successive voci del Conto economico. La modifica in esame incide anche sull’informativa di bilancio. Il decreto ha, infatti, eliminato la disposizione contenuta nell’art. 2427 comma 1 n. 13 c.c., che richiede di indicare in Nota integrativa “la composizione delle voci: «proventi straordinari» e: «oneri straordinari» del conto economico, quando il loro ammontare sia apprezzabile”.
In sua sostituzione, si richiede che siano fornite informazioni circa “l’importo e la natura dei singoli elementi di ricavo o di costo di entità o incidenza eccezionali”. Altra modifica agli schemi di bilancio attiene ai conti d’ordine, che sono stati eliminati dallo Stato patrimoniale.
A tal fine, è stato abrogato l’art. 2424 comma 3 c.c., ai sensi del quale “in calce allo stato patrimoniale devono risultare le garanzie prestate direttamente o indirettamente, distinguendosi fra fideiussioni, avalli, altre garanzie personali e garanzie reali, ed indicando separatamente, per ciascun tipo, le garanzie prestate a favore di imprese controllate e collegate, nonché di controllanti e di imprese sottoposte al controllo di queste ultime; devono inoltre risultare gli altri conti d’ordine”. Parallelamente, è stato sostituito l’art. 2427 comma 1 n. 9 c.c., ai sensi del quale la Nota integrativa deve indicare “gli impegni non risultanti dallo stato patrimoniale; le notizie sulla composizione e natura di tali impegni e dei conti d’ordine, la cui conoscenza sia utile per valutare la situazione patrimoniale e finanziaria della società, specificando quelli relativi a imprese controllate, collegate, controllanti e a imprese sottoposte al controllo di queste ultime”. Per contro, recependo l’art. 16 comma 1 lett. d) della direttiva 2013/34/UE, viene stabilito che:
- la Nota integrativa deve indicare “l’importo complessivo degliimpegni, delle garanzie e delle passività potenziali non risultanti dallo stato patrimoniale, con indicazione della natura delle garanzie reali prestate”;
- sono distintamente indicati “gli impegni esistenti in materia di trattamento di quiescenza e simili, nonché gli impegni assunti nei confronti di imprese controllate, collegate, nonché controllanti e imprese sottoposte al controllo di quest’ultime”. Infine, il decreto ha modificato gli schemi di Stato patrimoniale e Conto economico, introducendo specifiche voci di dettaglio relative ai rapporti intercorsi con imprese sottoposte al controllo delle controllanti (c.d. imprese sorelle).
Nel dettaglio, nell’attivo di Stato patrimoniale:
- tra le immobilizzazioni finanziarie, sono state inserite la nuove voci “B.III.1.d) - Partecipazioni in imprese sottoposte al controllo delle controllanti” e “B.III.2.d) - Crediti verso imprese sottoposte al controllo delle controllanti”;
- tra l’attivo circolante, sono state inserite le nuove voci “C.II.5) - Crediti verso imprese sottoposte al controllo delle controllanti” e “C.III.3-bis) - Partecipazioni in imprese sottoposte al controllo delle controllanti”.
Nel passivo di Stato patrimoniale, invece, è stata inserita la nuova voce “D.11-bis) - Debiti verso imprese sottoposte al controllo delle controllanti”. In riferimento al Conto economico, tra i proventi e gli oneri finanziari, sono state modificate le voci “C.15 - Proventi da partecipazioni, con separata indicazione di quelli relativi a imprese controllate e collegate”, “C.16.a - Proventi da crediti iscritti nelle immobilizzazioni, con separata indicazione di quelli da imprese controllate e collegate, di quelli da controllanti” e “C.16.d - Proventi finanziari diversi dai precedenti, con separata indicazione di quelli da imprese controllate e collegate, di quelli da controllanti”, richiedendo la separata indicazione anche dei proventi derivanti da imprese sorelle. Le modifiche esaminate si applicheranno, per espressa disposizione normativa, ai bilanci relativi agli esercizi finanziari aventi inizio a partire dal 1° gennaio 2016.
Con il DLgs. 158/2015, il legislatore ha riformato in maniera consistente il sistema sanzionatorio amministrativo e, in base al testo attuale dell’art. 32 comma 1 del decreto, le modifiche si applicheranno dal 1° gennaio 2017.
Rileviamo incidentalmente che, in base al Ddl. di stabilità 2016 trasmesso in Parlamento, la decorrenza potrà essere anticipata al 1° gennaio 2016, e ciò è molto importante per i contribuenti, specie ove venga appurata, sulla base del testo di legge definitivo, la possibilità di applicare il favor rei. Una delle novità che impatterà maggiormente nella pratica concerne i risvolti sanzionatori degli errori e omissioni commessi a lato della fatturazione e registrazione delle operazioni imponibili, di cui all’art. 6comma 1 del DLgs. 471/1997.
In coerenza con quanto è stato disposto in merito ad altre fattispecie sanzionatorie (pensiamo alla dichiarazione infedele oppure all’occultazione di corrispettivo), viene ridotta la sanzione “base”, che non sarà più compresa tra il 100% e il 200% dell’imposta, ma tra il 90% il 180%. Rimangono invariate le altre norme relative a tale fattispecie, così, per esempio, l’errore sulla fatturazione/registrazione della medesima operazione è considerato unico e le violazioni sugli scontrini sono sanzionate nella misura del 100% dell’imposta.
Viene introdotto, nella norma richiamata, un apposito periodo, che sancisce: “la sanzione è dovuta nella misura da 250,00 euro a 2.000,00 euro quando la violazione non ha inciso sulla corretta liquidazione del tributo”.
Si potrebbe ipotizzare, ferma restando l’opportunità di una conferma anche giurisprudenziale, che tale sanzione possa applicarsi quando la violazione si riferisca all’errore sull’individuazione della controparte, di numerazione della fattura e così via, fattispecie che, per l’Amministrazione finanziaria (circolare n. 23 del 1999), sono sempre rientrate nell’irregolare tenuta della contabilità (art. 9 del DLgs. 471/97, norma che prevede una sanzione da 1.000 a 8.000 euro, unica per anno d’imposta, prescindente dal numero di violazioni commesse). Pur rilevando la presenza di opinioni diametralmente opposte, a noi non sembra che la sanzione fissa di 250 euro riguardi pure il contribuente che abbia sanato la violazione (ad esempio l’applicazione dell’IVA in misura inferiore al dovuto) entro la prima liquidazione utile, commettendo dunque una violazione meramente formale non sanzionabile ai sensi dell’art. 6 comma 5-bis del DLgs. 472/97 (il principio è stato ribadito, da ultimo, in occasione dell’innalzamento dal 21% al 22% dell’aliquota ad opera del DL 98/2011, comunicato stampa Agenzia delle Entrate 30 settembre 2013, si veda per approfondimenti, anche sui contribuenti trimestrali, “Fatture del quarto trimestre sanabili entro il 20 agosto” del 18 luglio 2015).
In altre parole, la situazione risulta già disciplinata dallo Statuto del contribuente, rendendo pleonastico un intervento ad hoc da parte del DLgs. 158/2015. Ridotta la sanzione per l’indebita detrazione Sembra del pari potersi escludere che la sanzione di cui trattasi riguardi le violazioni sulla fatturazione/registrazione delle operazioni non imponibili/esenti/escluse, disciplinate dal comma 2 (sanzionate nella misura compresa tra il 5% e il 10% dei corrispettivi non documentati o non registrati, oppure, se la violazione non rileva nemmeno ai fini della determinazione del reddito, con sanzione fissa da 250 a 2.000 euro). Tanto premesso, le novità del sistema sanzionatorio IVA riguardano anche l’indebita detrazione, sanzionata ora nella misura del 100% dell’imposta illegittimamente recuperata (pensiamo al classico caso della detrazione dell’IVA su beni non inerenti all’attività aziendale). In futuro, la sanzione sarà pari al 90% dell’imposta. È poi chiaro che, se l’IVA indebitamente detratta confluisce in dichiarazione, scatterà pure la violazione più grave da dichiarazione infedele, anch’essa modificata dal DLgs. 158/2015 (nel testo “futuro”, la sanzione varierà non più dal 100% al 200% ma dal 90% al 180% della maggiore imposta o della differenza di credito utilizzata).
Così, ferma restando l’applicabilità dell’art. 12 del DLgs. 472/97 sulcumulo giuridico e sulla continuazione, il contribuente risponderà per entrambe le violazioni (artt. 5 comma 4 e 6 comma 6 del DLgs. 471/97).
Lo chiarisce la Cassazione, nell’ambito della determinazione della base imponibile del registro da applicare nella cessione di azienda
La circostanza che un’impresa abbia prodotto delle perdite negli anni precedenti alla cessione dell’azienda, pur meritevole di attenta considerazione ai fini della determinazione dell’avviamento dell’azienda ceduta, non è un elemento da solo sufficiente ad escludere l’esistenza di un avviamento, ai fini della determinazione della base imponibile dell’imposta di registro. Questo è il principio sancito dalla Corte di Cassazione nella sentenza n. 22506, depositata ieri. La vicenda esaminata dalla Suprema Corte (nell’ambito di una sentenza che riguarda anche molte questioni procedurali) concerne l’applicazione dell’imposta di registro alla cessione di un complesso aziendale ed editoriale relativo ad un quotidiano.
Nel caso di specie, tra l’Agenzia delle Entrate ed i contribuenti era sorto un contenzioso in relazione alla corretta valutazione dell’azienda, con particolare riferimento al valore di avviamento, che era stato individuato dalle parti nella misura simbolica di “1 lira”. La vicenda giunge in Cassazione, la quale, accogliendo due dei motivi di ricorso dell’Agenzia delle Entrate, rinviene un errore nella sentenza di merito, nella parte in cui la Commissione tributaria ha desunto la “preesistente inattitudine dell’azienda alla produzione di un reddito”, facendone scaturire l’esclusione di un valore di avviamento superiore a quello simbolico di 1 lira, “dal mero fatto delle perdite intervenute negli anni precedenti ed in quello di cessione”.
In breve, la Commissione tributaria ha ritenuto che il fatto stesso dell’esistenza delle perdite e la loro persistenza, anche dopo la vendita, consentisse di escludere che l’avviamento del complesso aziendale ed editoriale potesse avere valore positivo.
Ma tale affermazione, secondo la Corte di Cassazione, configura “un errore giuridico”. L’avviamento è una qualità dell’azienda In particolare, la sentenza, dopo aver ricordato che l’avviamento configura una qualità dell’azienda, precisa che, ai fini dell’imposta di registro, a norma dell’art. 51 del DPR 131/86, per gli atti che hanno ad oggetto aziende, il valore venale di esse deve essere determinato “con riferimento al valore complessivo dei beni che compongono l’azienda, compreso l’avviamento” ed escluse le passività. Tale procedimento – continua la Corte – è coerente con la natura dell’avviamento, che è un valore patrimoniale e, come tale, attiene all’azienda obiettivamente considerata e non all’attività di impresa. Per queste ragioni, il fatto che un’impresa abbia prodotto perdite negli anni precedenti la cessione dell’azienda, pur costituendo un fatto rilevante e meritevole di attenta considerazione ai fini della determinazione dell’avviamento, non è da solo sufficiente ad esaurire l’oggetto di indagine. Infatti, ben potrebbe capitare che un’impresa sia in perdita per ragioni che non hanno nulla a che vedere con l’avviamento aziendale (come, per esempio, l’insufficiente liquidità, il peso degli oneri finanziari etc.), mentre l’azienda conservi un considerevole valore di avviamento.
Per queste ragioni, la Corte di Cassazione cassa la sentenza di secondo grado e rinvia la causa ad un’altra Commissione, perché decida la questione attenendosi ai principi sopra riportati.
Ho trovato qualcosa di decisamente più recente...è che se non associo un caso pratico, che poi mi appassiona, in testa non mi entra
Miiiii che sorta di pippone..:-)ottimo… aspetto civile e fiscale..anche se troppo giuridichese per un funzionario a.e. In realtà non dovrebbe esserlo perché i grossi papocchi sono originati e derivano (principio di derivazione fiscale :-) dalla normativa civilistica...
Per l’esame….…(tralasciando le definizione in dettaglio...) In Italia esiste una clausola generale antielusiva o solo casi tassativi?
In Italia per lungo tempo è mancata una clausola generale antielusiva e ciò ha spinto la giurisprudenza ad utilizzare strumenti offerti dal codice civile.
Nullità del contratto per frode alla legge---> (è nullo per illeciità della causa il contratto posto in essere per eludere l’applicazione di una norma imperativa)
Frode ai creditori ( considerando lo stato danneggiato nell’interesse erariale)
Nullità del contratto per mancanza di causa ( famose le sentenze sul dividend washing e dividend stripping...
…uno o più negozi giuridici reciprocamente collegati tra loro , per mezzo dei quali le parti non intendono conseguire altro vantaggio economico al di fuori del risparmio fiscale risultano affetti da nullità.
Ma poi si giunse a questa conclusione…… L’ELUSIONE TRIBUTARIA PUO’ ASSUMERE RILIEVO GIURIDICO SOLAMENTE PER EFFETTO DI UNA ESPLICITA PREVISIONE NORMATIVA: IN MANCANZA, IL RISPARMIO D’IMPOSTA CONSEGUITO , ANCORCHE’ ANOMALO E TALORA INGIUSTIFICATO E’ DA RITENERSI LEGITTIMO.
La prima norma (più recente) fu l’articolo 10 della legge 408/1990
Na cagata….perchè per come fu scritta e soprattutto interpretata dagli attori (in conflitto d’interesse) era sufficiente la dimostrazione che l’operazione sospettata di elusività fosse finalizzata anche al perseguimento di un qualsiasi altro scopo, oltre a quello di ottenere fraudolentemente il risparmio d’imposta per mettere la norma fuori gioco.
Si passò all’introduzione del 37-bis dpr 600/73
Non mi soffermo su questo….(dovreste conoscerlo) ….si conservano gli effetti civilistici dei negozi: infatti la conseguenza non è la nullità dei contratti , ma l’inefficacia relativa nei soli confronti dell’A.e. e se sussistono valide ragioni economiche l’illecito di elusione non si perfeziona ancorchè la condotta sia economicamente elusiva
Ad essere elusive non sono (non dovrebbero) essere solo le operazioni tassativamente individuate dall’articolo ma l’uso che di tali operazioni viene fatto per mezzo dei comportamenti (fatti, atti o negozi)
Magari….l’interpretazione che ne venne data fu quella invece di considerare le operazioni elencate tassative con la conseguenza che se l’operazione non fosse rientrata in quelle elencate il 37-bis la norma non si potesse applicare. (ovviamente gli straccioni si misero al lavoro per creare prodotti ad hoc per bypassare l’elencazione tassativa). Inoltre l’aver posto la norma nel 37 bis dpr 600/73 (e non nello statuto del contribuente) faceva in modo che la norma si applicasse solo alle imposte dirette)
Cosa si poteva fare per arginare questi signori?
L’abuso del diritto.
Se si capisce continuo…ahahahahah
Gentile contribuente,
con la presente desideriamo informarLa che la Cassazione, con una recente sentenza, ha sancito l’irrilevanza penale delle violazioni fiscali che costituiscono una fattispecie elusiva. Nel dettaglio, con sentenza n. 40272/2015, la Cassazione ha stabilito che in applicazione del principio del favor rei, i Giudici dovranno sancire l’irrilevanza penale di tali condotte, anche se perfezionate nel periodo precedente al 01.10.2015.
Agli effetti pratici, quindi, numerosi procedimenti, anche attualmente pendenti, vedranno l’assoluzione dell’imputato per cessata materia del contendere. La decisione della Cassazione è intervenuta in un particolare contesto di transizione: secondo quanto previsto dal D.Lgs. n. 128/2015, infatti, dal 01.10.2015 si applicano nuovi criteri di accertamento dell’imposta (c.d. “abuso del diritto”), che prevedono, tra l’altro, l’irrilevanza penale delle fattispecie che costituiscono abuso (ma non di certo i più gravi fenomeni di evasione). La Cassazione - stante l’applicazione della disciplina fiscale a decorrere dal 01.10.2015 - ha sancito che la (sola) previsione dell’irrilevanza penale si deve applicare tanto alle fattispecie perfezionate a partire dal 01.10.2015, quanto alle medesime fattispecie perfezionate in date precedenti. Ciò in quanto le garanzie del processo penale non permettono che il contribuente venga condannato per un reato che alla data della pronuncia non costituisce più reato. Inoltre, considerata l’attualità della questione, segnaliamo che con il D.Lgs.n.158/2015 il legislatore ha introdotto alcune forme di collaborazione del contribuente che prevedono la non punibilità dell’imputato: qualora la somma contestata sia stata regolarizzata con ravvedimento, ad esempio, il contribuente non incorrerà in alcuna sanzione penale.
quante cose da ricordare ...ma chi ben inizia è a metà dell'opera...chi ha tempo non aspetti tempo...uffa
tra il dire e il fare ...mi butto a mare ..a no era diversa..scusate lo sfogo
Apertura di una stabile organizzazione all'estero. Si deve infatti constatare come la tematica degli adempimenti contabili della stabile organizzazione sia caratterizzata da una certa lacunosità della disciplina. (è già un buon inizio......:-)
La norma di riferimento è costituita da un semplice comma dell’art. 14 del D.P.R. n. 600/1973 in base al quale le società, gli enti e gli imprenditori «che esercitano attività commerciali all'estero mediante stabili organizzazioni e quelli non residenti che esercitano attività commerciali in Italia mediante stabili organizzazioni, devono rilevare nella contabilitàdistintamentei fatti di gestione che interessano le stabili organizzazioni, determinando separatamente i risultati dell'esercizio relativi a ciascuna di esse».
In sostanza, la normativa fiscale impone la rilevazione distinta dei fatti gestionali che interessano la casa madre da quelli relativi alla stabile organizzazione.Per quanto concerne le stabili organizzazioni all’estero, la norma potrebbe dirsi rispettata anche se la contabilità di queste è tenuta esclusivamente in Italia presso la casa madre.
E’ tuttavia facile immaginare che anche lo Stato estero, analogamente a quanto voluto dall’Italia, richiederà la tenuta in loco della contabilità della stabile.E’ bene precisare che la contabilità della stabile ha una valenza prettamente fiscale, in quanto finalizzata alla determinazione del reddito imponibile nello Stato estero. Significativo, in tal senso, è il fatto che l’Italia, pur pretendendo la tenuta nel nostro Paese della contabilità delle stabili organizzazioni di società estere, preveda il deposito presso il registro delle imprese del bilancio complessivo della casa madre in quanto è solo quest’ultimo che rappresenta la consistenza effettiva del patrimonio potenzialmente aggredibile dai creditori.
Nella maggior parte dei casi la contabilità della stabile dovrà essere tenuta secondo la lingua, la forma, le norme contabili e la moneta locali.Rilevato come sia probabile che la contabilità della stabile organizzazione debba essere tenuta sia nel Paese in cui la stessa è ubicata, sia in Italia, si pone a questo punto il problema di esaminre le modalità di recepimento presso la casa madre della contabilità della filiale estera. Non esiste al riguardo una disciplina specifica, tuttavia, va tenuto presente che in base all’art. 22, comma 1 ultimo periodo, del D.P.R. n. 600/1973 «Le registrazioni nelle scritture cronologiche e nelle scritture ausiliarie di magazzino devono essere eseguite non oltre sessanta giorni». Tale obbligo deve essere coordinato con le indicazioni fornite negli interventi ministeriali che si sono succeduti nel tempo. La R.M. del 01.02.1983 - prot. n. 9/2398 ha precisato che «Relativamente agli obblighi contabili, questa Direzione generale si è già pronunciata con la citata circolare n. 7/1496 del 30 aprile 1977, con la quale é stata dichiarata la piena idoneità di una procedura contabile basata sul sistema delle scritture sezionali, nonché con la risoluzione del 15 luglio 1980, n. 9/428 dove si afferma che l'istituzione di "giornali sezionali" presso le unità operative di cui si vuole la separata gestione, permette una distinta imputazione di tutti quegli elementi di ricavo e di costo direttamente riferibili alla stessa unità».
L’utilizzo di scritture sezionali risolve quindi il problema della tenuta della contabilità della stabile. Il problema che a questo punto si pone è il trasferimento di dette scritture nella contabilità della madre.
A tal fine è necessario distinguere le seguenti due fattispecie:
la branch tiene una mera prima nota;
la branch tiene un libro giornale completo.
Nel primo caso si può scegliere tra la tenuta in Italia di un giornale sezionale relativo alla stabile, e la contabilizzazione di ogni singola operazione mediante l’uso di mastri dedicati.Nel secondo caso è possibile inviare alla sede centrale il saldo dei conti. Il libro giornale, tuttavia, dovrà rispettare la normativa italiana, ovverosia la numerazione progressiva delle pagine, l’assenza di cancellature e tutte le altre prescrizioni formali.
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