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    La disciplina dell'estinzione della società subisce diverse conseguenze a seconda che si verta su questioni civilistiche (in senso stretto) ovvero soltanto tributarie. Quali?

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      NB:


      A partire dal 13 dicembre 2014 l’avviso di accertamento contenente la rettifica della dichiarazione della società cancellata dal Registro delle imprese sarà emesso nei confronti della società "cancellata" e notificato alla stessa presso la sede dell’ultimo domicilio fiscale in quanto, a tal fine, l’effetto dell’estinzione si produrrà solo dopo cinque anni dalla data della cancellazione. Al riguardo, l’Agenzia ricorda che la società, precedentemente alla cancellazione, potrà avvalersi, comunque, della facoltà di eleggere domicilio presso una persona o un ufficio nel comune del proprio domicilio fiscale, per la notificazione degli atti o degli avvisi che lo riguardano ai sensi dell’art. 60, comma 1 lettera d), D.P.R. n. 600/1973.
      Ultima modifica di ROL; 29-01-2016, 15:16.

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        L’effetto estintivo connesso alla cancellazione dal Registro delle imprese interessa non solamente le società di capitali, ma anche quelle di persone

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          A seguito della modifica dell’art. 2495 c.c., introdotta con il citato D.lgs n.6 del 2003, in seno alla Corte di Cassazione si sono manifestati due diversiorientamenti in ordine agli effetti della cancellazione della società dal registrodelle imprese.

          Secondo un primo indirizzo (più datato nel tempo), la cancellazione dellasocietà dal registro delle imprese, data la sua efficacia meramente dichiarativa,non determinava l’estinzione della società laddove non fossero esauriti tutti irapporti giuridici ad essa facenti capo, con la conseguente permanenza dellacapacità processuale della società e della rappresentanza degli organi che larappresentavano prima della cancellazione


          Quattro sentenze a sezioni unite, la Suprema Corte,attribuendo natura costitutiva alla cancellazione della società dal registro delleimprese, ha affermato l’opposto principio della irreversibile estinzione dellasocietà anche in presenza di rapporti non definiti. Alla medesima conclusione laCorte di Cassazione è giunta con riferimento alle società di persone,riconoscendo al novellato art. 2495 c.c. “un effetto espansivo”, nonostante, inquesto caso, la natura dichiarativa della cancellazione.


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            Originariamente inviato da ROL Visualizza il messaggio
            L’effetto estintivo connesso alla cancellazione dal Registro delle imprese interessa non solamente le società di capitali, ma anche quelle di persone

            Società di persone

            Domanda
            Per effetto dell’espresso riferimento all'articolo 2495 c.c., è corretto ritenere che le nuove disposizioni non producano alcun effetto nei confronti delle società di persone, la cui estinzione è disciplinata dall'articolo 2312 c.c.?
            Risposta
            L’articolo 2495 c.c. dispone in materia di cancellazione delle società di capitali: Per le società di persone la cancellazione viene disciplinata dall’articolo 2312 c.c. Di recente, si è consolidato un orientamento giurisprudenziale che, a proposito dell’articolo 2495 del c.c., sostiene la natura costitutiva della cancellazione delle società dal Registro delle imprese con l’effetto conseguente dell’estinzione della società. Si tratta, tra le altre, delle sentenze della Corte di Cassazione a Sezioni Unite n. 4060, 4061 e 4062 del 22/02/2010 e n. 6070, 6071 e 672 del 12/03/2013. Con le medesime sentenze, i giudici di legittimità hanno ritenuto il principio dell’estinzione della società di capitali a seguito della cancellazione applicabile anche alle società di persone, seppure con le dovute differenze in ordine alla natura dichiarativa anziché costitutiva della cancellazione e alla diversa misura delle responsabilità dei soci. Tanto premesso, per motivi di ordine sistematico, si ritiene che le nuove disposizioni introdotte dall’articolo 28, comma 4 del decreto Semplificazioni (D.lgs n. 175/2014) possano applicarsi anche alla cancellazione di società di persone, ferma restando la diversa disciplina delle responsabilità dei soci collegata alla differente forma societaria

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              prima giurisprudenza contro agenzia in merito a retroattività.........
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                L’APPLICAZIONE DELL’IVA ALLE PERMUTE

                Secondo la disciplina civilistica, nella permuta, il corrispettivo è rappresentato dallo scambio di cosa contro cosa o di diritti (art. 1552 c.c.).

                Ai fini IVA, invece, la permuta ha una portata più ampia in quanto si considerano le cessioni di beni e le prestazioni di servizi effettuate in corrispettivo di altre cessioni di beni o prestazioni di servizi.

                L’art. 11 del D.P.R. n. 633/1972, in particolare, prevede che le cessioni di beni e le prestazioni di servizi effettuate in corrispondenza di altre cessioni di beni e prestazioni di servizi sono soggette ad imposta separatamente da quelle in corrispondenza delle quali sono effettuate; ciascuna operazione deve essere, pertanto, considerata distintamente ai fini non solo dell’applicazione dell’imposta, ma anche della determinazione della base imponibile, dell’aliquota e del momento impositivo.

                Nel caso in cui una delle controparti non sia un soggetto passivo IVA, la relativa cessione o prestazione non deve essere assoggettata ad imposta per carenza del presupposto soggettivo (R.M. 8 giugno 1989, n. 460210 e R.M. 11 febbraio 1974, n. 5000092). In caso, per esempio, di cessione di un’area edificabile in cambio di uno o più appartamenti, se il proprietario del terreno è un privato, la relativa operazione è esclusa da IVA e soggetta ad imposta di registro in base al principio di alternatività di cui all’art. 40, comma 2, del D.P.R. n. 131/1986, con l’avvertenza che, per le permute, la base imponibile è pari al valore del bene che dà luogo all’applicazione della maggiore imposta (art. 43, comma 1, lett. b), del D.P.R. n. 131/1986). Si resta in ogni caso al di fuori dallo schema della permuta quando è pattuito uno specifico corrispettivo in denaro per ciascuna operazione effettuata (risoluzione dell’Agenzia delle Entrate 11 luglio 2005, n. 88 e R.M. 24 settembre 1991, n. 430980). In considerazione di questo divieto, l’art. 13, comma 2, lett. d), del D.P.R. n. 633/1972 dispone che la base imponibile è costituita dal “valore normale” del bene o del servizio che forma oggetto di ciascuna operazione, determinato secondo i criteri previsti dall’art. 14 dello stesso decreto. Sul punto, occorre osservare che il riferimento al valore normale si pone in contrasto con la normativa comunitaria, così come interpreta dalla Corte di giustizia, per la quale, infatti, il valore normale identifica la base imponibile per le sole operazioni tra “soggetti collegati”, ex art. 80 della Direttiva n. 2006/112/CE, con divieto di applicazione alle permute (sent. 7 marzo 2013, causa C-19/12; sent. 19 dicembre 2012, causa C-549/11; sent. 26 aprile 2012, cause riunite C-621/10 e C-129/11).



                Riguardo al momento impositivo,

                in caso di permuta di beni, il medesimo si verifica, per entrambe le cessioni, al momento della prima cessione, assumendo a tal fine rilevanza i parametri previsti dall’art. 6 del D.P.R. n. 633/1972 (es. consegna o spedizione per i beni mobili e data del rogito per i beni immobili).

                Nelle permute di servizi
                , è stato chiarito che il momento impositivo coincide, per entrambe le prestazioni, considerate autonomamente ai fini IVA, con l’esecuzione della seconda prestazione, la quale funge da corrispettivo della prima; tuttavia, il momento impositivo della seconda prestazione deve essere inteso come termine ultimo entro il quale ambedue i contraenti possono emettere fattura a fronte delle prestazioni rese in permuta, senza che ciò impedisca al soggetto che ha effettuato la prima prestazione di emettere fattura anche prima di tale momento (risoluzione dell’Agenzia delle Entrate 31 luglio 2008, n. 331 e R.M. 26 maggio 2000, n. 75/E). Il principio esposto si riferisce ad una fattispecie in cui una delle prestazioni rese è ad esecuzione differita, sicché andrebbe chiarito, in via definitiva, se il medesimo abbia valenza generale, tenuto anche conto che – secondo la norma di comportamento dell’AIDC n. 150 – la prestazione del primo servizio determina l’effettuazione, per pagamento anticipato, del secondo. Secondo l’Associazione, il contraente che rende per primo il servizio non è obbligato all’emissione della propria fattura in quanto, non avendo ancora ricevuto il servizio scambiato, non ne ha ottenuto il pagamento, che costituisce momento impositivo per le prestazioni di servizi ai sensi dell’art. 6, comma 3, del D.P.R. n. 633/72. L’altro contraente, che riceve il servizio, è invece obbligato all’immediata emissione della fattura, anche se non ha ancora eseguito la propria prestazione, avendone comunque già ottenuto il pagamento in natura costituito dal servizio ricevuto, ai sensi dell’art. 6, comma 4, del D.P.R. n. 633/1972.

                Infine, in caso di permuta di beni contro servizi,
                il regime IVA dipende da quale operazione viene effettuata per prima (cessione di beni o prestazione di servizi). Per esempio, se la cessione preceda la prestazione, la controparte che consegna il bene all’altro deve emettere la fattura entro lo stesso giorno e, allo stesso modo, anche quest’ultimo deve adempiere al medesimo obbligo avendo ottenuto il pagamento del proprio corrispettivo in natura (R.M. 8 giugno 1989, n. 460210).

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                      http://www.ilfattoquotidiano.it/2016...-ryad/2417044/



                      che comitiva.....alla larga...

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