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concorso agenzia delle entrate 2015 - 892 posti per funzionari amministrativi

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    Originariamente inviato da ROL Visualizza il messaggio
    Quali di questi non è un reddito esente:

    a) la pensione di guerra
    b) il compenso percepito dai componenti dei seggi elettorali per le consultazioni politiche
    c) la pensione privilegiata dei militari di leva
    d) la pensione di anzianità
    Rispondo così

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      Originariamente inviato da Limavy Visualizza il messaggio
      ...diventa un fantasma l'articolo
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        Originariamente inviato da ROL Visualizza il messaggio
        Costituiscono oneri deducibili:

        a) i premi per l'assicurazione sulla vita e gli infortuni
        b) le spese per erogazioni liberali in denaro a favore dello Stato
        c) i contributi previdenziali e assistenziali obbligatori ai sensi dell'art. 10 TUIR
        d) gli interessi pagati su mutui ipotecari per l'acquisto della abitazione principale
        Rispondo così

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          Originariamente inviato da ROL Visualizza il messaggio
          Sono deducibili i contributi versati ai fondi integrativi al servizio sanitario nazionale?

          a) No
          b) Sì, integralmente e senza particolari limitazioni
          c) Sì, per un importo complessivo non superiore a euro 3.615,20 ai sensi dell'art. 10 TUIR
          d) Sì, per un importo complessivo non superiore a euro 1.807,60
          Rispondo così

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            L'agenzia delle entrate aprirà una maxi-inchiesta sugli italiani con le offshore partendo dai documenti rivelati da “l'Espresso” con il consorzio Icij. Lo annuncia ufficialmente Rossella Orlandi, che dopo una lunga carriera interna dal giugno 2014 è direttore dell'Agenzia.

            Cosa cercherete nelle carte di Panama?
            «Il primo obiettivo sarà la verifica delle voluntary disclosure, che vale solo se l'autodenuncia dei capitali esteri è stata completa».

            Il problema di fondo sono 
i paradisi fiscali: quali Paesi sono ancora inseriti nella cosiddetta black list?
            «Tecnicamente in Italia la black list non esiste più».

            E da quando?
            «È stata abolita dalla legge di stabilità 2016, ispirata da ragioni di semplificazione normativa: l'iter era stato avviato già con il decreto del 2015 per la crescita».

            Significa che l'Italia ha smesso di combattere l'evasione dei signori 
delle offshore?
            «No, le regole contro l'elusione delle tasse attraverso società estere restano valide, ma non c'è più l'automatismo. Le norme precedenti, introdotte nel 2000, prevedevano un decreto per identificare 
i cosiddetti paradisi fiscali. Questo in base a due criteri: una tassazione inferiore 
al 50 per cento di quella applicabile in Italia; 
e la mancanza di accordi 
per un adeguato scambio 
di informazioni. Ora il decreto non c'è più: gli Stati a fiscalità privilegiata vanno identificati in base alle norme generali. Ma vale ancora il criterio della tassazione inferiore alla metà della nostra. La vera novità è che il mancato scambio di informazioni non assume più alcuna rilevanza».

            Ma senza lista nera come farete a identificare i furbi con i soldi in paradiso?
            «La stessa legge di stabilità ha previsto una massiccia raccolta di informazioni su acquisti di beni e prestazioni di servizi fuori dall'Italia».

            E da quando funzionerà questa super banca dati?
            «I criteri saranno dettati con un decreto del ministro dell'economia e da un atto conseguente dell'Agenzia».

            Come si spiega questa svolta fiscale e il silenzio che l'ha accompagnata?
            «La funzione della black list 
è venuta meno perché moltissimi Paesi ne sono già usciti: gli Stati che attiravano i maggiori flussi di capitali hanno firmato accordi per 
lo scambio di informazioni. Per l'Italia erano i più vicini: Svizzera, Montecarlo, San Marino... A livello globale, è stata decisiva la spinta dell'amministrazione Obama, dell'Ocse e della Ue. Anche l'Italia, con il ministro Padoan, ha fatto la sua parte. Oggi gli accordi ci garantiscono una quantità di informazioni prima impensabile».

            Quali Paesi, invece, rifiutano ancora di collaborare?
            «Beh, Panama non ha aderito ad alcun accordo. Lo stesso vale per gli Emirati arabi 
e alcuni piccoli stati come Seychelles o British Virgin Islands, che hanno firmato solo documenti preliminari. Per altro, anche Paesi non black list, come Austria 
o Lussemburgo, non hanno sempre garantito informazioni complete. 
La situazione cambierà radicalmente dal 2017, quando in tutta Europa entrerà in vigore lo scambio automatico dei dati fiscali».

            Ma agli evasori basterà spostare i capitali nei paradisi inattaccabili.
            «Sì, ma col rischio di non poterli più reinvestire. Con le nuove norme, se sposti i soldi ti prendono».

            Oggi cosa rischiano 
gli italiani con l'offshore?
            «Avere società estere è lecito, ma bisogna dichiararlo».

            Vanno denunciati solo i soldi custoditi nei conti di una offshore o l'esistenza stessa della società?
            «L'obbligo riguarda tutto il patrimonio: capitali, immobili e singole quote societarie».

            E quanto rischiano gli evasori offshore?
            «La sanzione per la mancata dichiarazione, il cosiddetto monitoraggio, scatta sempre. Poi, dipende dalla cifra. C'è la sanzione fiscale e, oltre una certa soglia, il reato. E ora è possibile anche il sequestro di somme equivalenti».

            Quindi ora vi basta trovare soldi o beni qui in Italia?
            «Esatto».

            Nella sua esperienza, esclusi i veri grossisti di frutta esotica o altri prodotti tipici dei paradisi fiscali, quanti italiani hanno dichiarato legalmente le loro offshore?
            «Per la verità, nessuno».

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              Originariamente inviato da ROL Visualizza il messaggio
              L'agenzia delle entrate aprirà una maxi-inchiesta sugli italiani con le offshore partendo dai documenti rivelati da “l'Espresso” con il consorzio Icij. Lo annuncia ufficialmente Rossella Orlandi, che dopo una lunga carriera interna dal giugno 2014 è direttore dell'Agenzia.

              Cosa cercherete nelle carte di Panama?
              «Il primo obiettivo sarà la verifica delle voluntary disclosure, che vale solo se l'autodenuncia dei capitali esteri è stata completa».

              Il problema di fondo sono 
i paradisi fiscali: quali Paesi sono ancora inseriti nella cosiddetta black list?
              «Tecnicamente in Italia la black list non esiste più».

              E da quando?
              «È stata abolita dalla legge di stabilità 2016, ispirata da ragioni di semplificazione normativa: l'iter era stato avviato già con il decreto del 2015 per la crescita».

              Significa che l'Italia ha smesso di combattere l'evasione dei signori 
delle offshore?
              «No, le regole contro l'elusione delle tasse attraverso società estere restano valide, ma non c'è più l'automatismo. Le norme precedenti, introdotte nel 2000, prevedevano un decreto per identificare 
i cosiddetti paradisi fiscali. Questo in base a due criteri: una tassazione inferiore 
al 50 per cento di quella applicabile in Italia; 
e la mancanza di accordi 
per un adeguato scambio 
di informazioni. Ora il decreto non c'è più: gli Stati a fiscalità privilegiata vanno identificati in base alle norme generali. Ma vale ancora il criterio della tassazione inferiore alla metà della nostra. La vera novità è che il mancato scambio di informazioni non assume più alcuna rilevanza».

              Ma senza lista nera come farete a identificare i furbi con i soldi in paradiso?
              «La stessa legge di stabilità ha previsto una massiccia raccolta di informazioni su acquisti di beni e prestazioni di servizi fuori dall'Italia».

              E da quando funzionerà questa super banca dati?
              «I criteri saranno dettati con un decreto del ministro dell'economia e da un atto conseguente dell'Agenzia».

              Come si spiega questa svolta fiscale e il silenzio che l'ha accompagnata?
              «La funzione della black list 
è venuta meno perché moltissimi Paesi ne sono già usciti: gli Stati che attiravano i maggiori flussi di capitali hanno firmato accordi per 
lo scambio di informazioni. Per l'Italia erano i più vicini: Svizzera, Montecarlo, San Marino... A livello globale, è stata decisiva la spinta dell'amministrazione Obama, dell'Ocse e della Ue. Anche l'Italia, con il ministro Padoan, ha fatto la sua parte. Oggi gli accordi ci garantiscono una quantità di informazioni prima impensabile».

              Quali Paesi, invece, rifiutano ancora di collaborare?
              «Beh, Panama non ha aderito ad alcun accordo. Lo stesso vale per gli Emirati arabi 
e alcuni piccoli stati come Seychelles o British Virgin Islands, che hanno firmato solo documenti preliminari. Per altro, anche Paesi non black list, come Austria 
o Lussemburgo, non hanno sempre garantito informazioni complete. 
La situazione cambierà radicalmente dal 2017, quando in tutta Europa entrerà in vigore lo scambio automatico dei dati fiscali».

              Ma agli evasori basterà spostare i capitali nei paradisi inattaccabili.
              «Sì, ma col rischio di non poterli più reinvestire. Con le nuove norme, se sposti i soldi ti prendono».

              Oggi cosa rischiano 
gli italiani con l'offshore?
              «Avere società estere è lecito, ma bisogna dichiararlo».

              Vanno denunciati solo i soldi custoditi nei conti di una offshore o l'esistenza stessa della società?
              «L'obbligo riguarda tutto il patrimonio: capitali, immobili e singole quote societarie».

              E quanto rischiano gli evasori offshore?
              «La sanzione per la mancata dichiarazione, il cosiddetto monitoraggio, scatta sempre. Poi, dipende dalla cifra. C'è la sanzione fiscale e, oltre una certa soglia, il reato. E ora è possibile anche il sequestro di somme equivalenti».

              Quindi ora vi basta trovare soldi o beni qui in Italia?
              «Esatto».

              Nella sua esperienza, esclusi i veri grossisti di frutta esotica o altri prodotti tipici dei paradisi fiscali, quanti italiani hanno dichiarato legalmente le loro offshore?
              «Per la verità, nessuno».


              Convenzione con l


              secondo me questo significa che riapriranno i termini per lo SCUDO

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                Originariamente inviato da ROL Visualizza il messaggio
                Indicare quali, dei seguenti costi, NON è onere deducibile ai fini irpef?

                a) Spese mediche per portatori di handicap
                b) donazioni a istituzioni religiose
                c) contributi previdenziali
                d) spese per istruzione
                ai sensi dell'art. 10 TUIR

                Rispondo così

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                  Originariamente inviato da strelizia Visualizza il messaggio
                  Rispondo così
                  quel numero mi dice qualcosa.....rispondo si..(controlla sul codice)

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                    Avevo proprio in testa che gli interessi passivi fossero oneri deducibili...ma è un retaggio del passato...

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                    Sto operando...
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