Originariamente inviato da Laura Io ce la devo fare
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Io credo che alla prima domanda si debba rispondere con b) di seguito le ragioni: (ovviamente se ci sono pronunce più recenti e in contrasto correggetemi)
Le pronunce della Corte suprema: evasione ed elusione
La Corte di cassazione, con la sentenza del 29 luglio 2004 n. 14515, ha riconosciuto quale operazione elusiva quella che presenta i seguenti elementi:
In particolare, secondo un consolidato orientamento giurisprudenziale (sentenze n. 20398 del 21 ottobre 2005 e n. 22932 del 14 novembre 2005), i giudici hanno disposto la nullità assoluta di alcuni contratti, per difetto di causa, da intendersi come mancanza di uno scopo economico delle operazioni poste in essere.
Con un'altra sentenza (la n. 20398 del 21 ottobre 2005), la Cassazione ha ipotizzato simulazione assoluta o relativa dei contratti in essere, ovvero la nullità per frode alla legge, compresa quella tributaria, contemplata all'articolo 1344 cc.
La sentenza del 26 ottobre 2005, n. 20816, va oltre, qualificando le norme tributarie, quali imperative, poste a tutela dell'interesse generale del concorso paritario alle spese pubbliche. Pertanto, l'istituto civilistico della nullità del contratto, quando questo costituisce il mezzo per eludere una norma imperativa, di cui all'articolo 1344 cc, trova applicazione anche alle violazioni di disposizioni tributarie.
La pronuncia del 5 maggio 2006, n. 10353, riprendendo alcuni punti espressi nella sentenza del 21 febbraio 2006 - causa C-255/02 - della Corte di giustizia, afferma che la valutazione del carattere abusivo ed elusivo dell'operazione economica, spetta al giudice di merito, dandone motivazione logica e adeguata; pertanto, è da rintracciarsi nell'ordinamento interno il principio in base al quale i contribuenti non possano avvalersi fraudolentemente o abusivamente delle norme giuridiche.
Ne deriva che:
Viene, dunque, sanzionato con la nullità civilistica il contratto posto in esser privo di valide ragioni economiche, il cui unico scopo (causa) o motivo (movente individuale) è il risparmio d'imposta. Si va, pertanto, oltre l'inopponibilità delle operazioni poste in essere all'Amministrazione finanziaria.
Fatte salve le premesse di cui sopra, emerge, una sottile linea di demarcazione tra elusione ed evasione, entrambe caratterizzate, in ogni caso, da una inopponibilità all'Amministrazione finanziaria degli atti posti in esser privi di una valida ragione economica e aventi il fine di aggirare obblighi e divieti previsti dal sistema tributario.
In tal senso, l'interposizione fittizia di persone, inopponibile all'Amministrazione finanziaria, è un atto nullo ai fini civilistici, e da esso in teoria non dovrebbero discenderne effetti. Ma la legge fa salvi i diritti acquisiti dai terzi, dai titolari apparenti, se in buona fede (articolo 1415 cc). Considerando, inoltre, che la legge permette ai creditori di esercitare l'azione revocatoria (la quale, a sua volta, presuppone un'effettiva alienazione di beni fatta in frode ai creditori, e che la stessa ha effetto esclusivamente nei confronti dei creditori che hanno agito, si dovrebbe sostenere che l'interposizione fittizia andrebbe inizialmente inquadrata nella categoria dell'evasione d'imposta, ma restandone in piedi (al limite) gli effetti civilistici, ben si potrebbe collocarla per il risultato, comunque raggiunto e in presenza di ulteriori condizioni (buona fede e/o motivo illecito non comune a entrambe le parti), nella categoria dell'elusione.
In ogni caso, si vuole solo sottolineare che a prescindere dalle qualificazioni e fermo restando l'inopponibilità degli atti de quibus all'Amministrazione finanziaria, determinati soprattutto da una programmazione fiscale dell'azienda, i giudici potranno dichiarare la nullità civilistica degli atti posti in essere, con un ritorno allo status ante negozio (rectius contratto), dichiarandolo nullo, mai esistito, con evidenti riflessi in tema di mercato, economia, ordinamento sociale e certezza del diritto.
Le pronunce della Corte suprema: evasione ed elusione
La Corte di cassazione, con la sentenza del 29 luglio 2004 n. 14515, ha riconosciuto quale operazione elusiva quella che presenta i seguenti elementi:
- l'elemento oggettivo, costituito dall'esistenza di fatti, atti o negozi, anche collegati tra loro
- l'elemento soggettivo, costituito dall'assenza di valide ragioni economiche quale fine dell'operazione
- l'elemento teleologico, costituito dalla finalità di aggirare obblighi e divieti previsti dall'ordinamento tributario o di ottenere riduzioni o rimborsi d'imposta altrimenti indebiti.
In particolare, secondo un consolidato orientamento giurisprudenziale (sentenze n. 20398 del 21 ottobre 2005 e n. 22932 del 14 novembre 2005), i giudici hanno disposto la nullità assoluta di alcuni contratti, per difetto di causa, da intendersi come mancanza di uno scopo economico delle operazioni poste in essere.
Con un'altra sentenza (la n. 20398 del 21 ottobre 2005), la Cassazione ha ipotizzato simulazione assoluta o relativa dei contratti in essere, ovvero la nullità per frode alla legge, compresa quella tributaria, contemplata all'articolo 1344 cc.
La sentenza del 26 ottobre 2005, n. 20816, va oltre, qualificando le norme tributarie, quali imperative, poste a tutela dell'interesse generale del concorso paritario alle spese pubbliche. Pertanto, l'istituto civilistico della nullità del contratto, quando questo costituisce il mezzo per eludere una norma imperativa, di cui all'articolo 1344 cc, trova applicazione anche alle violazioni di disposizioni tributarie.
La pronuncia del 5 maggio 2006, n. 10353, riprendendo alcuni punti espressi nella sentenza del 21 febbraio 2006 - causa C-255/02 - della Corte di giustizia, afferma che la valutazione del carattere abusivo ed elusivo dell'operazione economica, spetta al giudice di merito, dandone motivazione logica e adeguata; pertanto, è da rintracciarsi nell'ordinamento interno il principio in base al quale i contribuenti non possano avvalersi fraudolentemente o abusivamente delle norme giuridiche.
Ne deriva che:
- un contratto è lecito se, oltre al risparmio fiscale, si accompagna una valida ragione economica
- la norma tributaria ha natura di norma imperativa e, pertanto, la sua violazione può integrare la figura della nullità del contratto per violazione di legge, di cui all'articolo 1344 cc
- è l'ordinamento giuridico, e per esso il giudice, che qualifica il fatto (operazione), ricollegando a esso determinati effetti. Pertanto, un'operazione ritenuta elusiva dal giudice, in quanto diretta ad aggirare il sistema tributario, diviene inopponibile all'Amministrazione tributaria.
Viene, dunque, sanzionato con la nullità civilistica il contratto posto in esser privo di valide ragioni economiche, il cui unico scopo (causa) o motivo (movente individuale) è il risparmio d'imposta. Si va, pertanto, oltre l'inopponibilità delle operazioni poste in essere all'Amministrazione finanziaria.
Fatte salve le premesse di cui sopra, emerge, una sottile linea di demarcazione tra elusione ed evasione, entrambe caratterizzate, in ogni caso, da una inopponibilità all'Amministrazione finanziaria degli atti posti in esser privi di una valida ragione economica e aventi il fine di aggirare obblighi e divieti previsti dal sistema tributario.
In tal senso, l'interposizione fittizia di persone, inopponibile all'Amministrazione finanziaria, è un atto nullo ai fini civilistici, e da esso in teoria non dovrebbero discenderne effetti. Ma la legge fa salvi i diritti acquisiti dai terzi, dai titolari apparenti, se in buona fede (articolo 1415 cc). Considerando, inoltre, che la legge permette ai creditori di esercitare l'azione revocatoria (la quale, a sua volta, presuppone un'effettiva alienazione di beni fatta in frode ai creditori, e che la stessa ha effetto esclusivamente nei confronti dei creditori che hanno agito, si dovrebbe sostenere che l'interposizione fittizia andrebbe inizialmente inquadrata nella categoria dell'evasione d'imposta, ma restandone in piedi (al limite) gli effetti civilistici, ben si potrebbe collocarla per il risultato, comunque raggiunto e in presenza di ulteriori condizioni (buona fede e/o motivo illecito non comune a entrambe le parti), nella categoria dell'elusione.
In ogni caso, si vuole solo sottolineare che a prescindere dalle qualificazioni e fermo restando l'inopponibilità degli atti de quibus all'Amministrazione finanziaria, determinati soprattutto da una programmazione fiscale dell'azienda, i giudici potranno dichiarare la nullità civilistica degli atti posti in essere, con un ritorno allo status ante negozio (rectius contratto), dichiarandolo nullo, mai esistito, con evidenti riflessi in tema di mercato, economia, ordinamento sociale e certezza del diritto.
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