Idonei non ricorrenti 2008 e Consiglio di Stato:-)
Vi allego, per fugare ogni dubbio il parere del Consiglio del Stato del 2001 ...però.....
Cosa pensate?
Adunanza della Sezione Prima 11 Luglio 2001.
N. Sezione 578/2001 La Sezione
PREMESSO
La Giunta della regione Lazio, con delibere nn. 11310/95, 2910/97, 6556/97 e 1467/98, ha approvato il piano tariffario relativo al triennio 1996-1998 per la remunerazione delle prestazioni di ricovero rese dalle Case di cura convenzionate.
Tali delibere, impugnate da alcune delle cliniche interessate, sono state annullate dal Giudice amministrativo nella parte in cui prevedevano tetti massimi di fatturato, oltre i quali le tariffe erano destinate a subire riduzioni scalari.
In relazione all’annullamento dei provvedimenti sopra citati, la Regione si domanda se alle sentenze vada riconosciuta valenza erga omnes o limitata alle Case di cura che ebbero a proporre ricorso.
Osserva la Regione che in favore di quest’ultima soluzione sembra deporre l’espresso rilievo contenuto nella decisione della VI Sez. 13.7.2000 n. 3920, alla stregua del quale gli atti di determinazione delle tariffe (poi annullati) vanno qualificati come atti plurimi, concettualmente scindibili in tanti distinti provvedimenti e non come atti generali.
CONSIDERATO:
Come in premessa riferito, il quesito che la Regione Lazio prospetta riguarda gli effetti derivanti dalle sentenze con le quali il giudice amministrativo ha annullato le deliberazioni della Giunta regionale recanti approvazione del piano tariffario relativo al triennio 1996-1998.(...).
In proposito, la Regione domanda se l’annullamento delle deliberazioni deve spiegare effetti erga omnes, e cioè nei confronti di tutte le Case di cura interessate, o all’opposto inter partes e dunque solo in vantaggio dei soggetti convenzionati che hanno proposto ricorso.
Il dubbio interpretativo, secondo quanto si desume dalla relazione, nasce dal fatto che nel contesto delle sentenze l’atto poi annullato è espressamente definito come atto plurimo concettualmente scindibile in distinti provvedimenti e non come atto generale.
Procedendo all’esame della questione, sembra utile ricordare che in sede dogmatica si distingue – nell’ambito dei provvedimenti amministrativi rivolti ad una pluralità di figure soggettive – fra atti generali ed atti plurimi o, più precisamente, ad oggetto plurimo.
Gli atti generali sono quelli che si rivolgono a gruppi indeterminati di destinatari, titolari di posizioni che l’Amministrazione vuol regolare appunto in via omogenea e dunque con efficacia generale: in tal senso, sono sicuramente atti generali quelli determinativi di prezzi o tariffe, quelli impositivi di obblighi generalizzati di fare o non fare, e quelli (ad esempio i bandi di concorso) che stabiliscono precetti operanti erga omnes circa aspetti tecnico-applicativi di procedimenti.
La configurazione degli atti plurimi, invece, ruota non tanto sulle caratteristiche modalità di individuazione dei destinatari quanto sulla pluralità sostanziale delle statuizioni contenute in un unico contenitore documentale(...)
Come ben si intuisce, la qualificazione dell’atto come plurimo o generale comporta rilevanti effetti in caso di invalidità del provvedimento: in linea di massima mentre il contenuto ontologicamente unitario dell’atto generale comporta che ogni vizio lo inficia nel suo insieme, nel caso dell’atto plurimo ciascuna delle statuizioni contestuali conserva invece la sua individualità, onde non è toccata dalla sorte delle altre.
La distinzione ora tracciata mantiene tutto il suo rilievo ove si passi a trattare il problema della delimitazione soggettiva degli effetti delle sentenze amministrative di tipo costitutivo (o caducatorio).
E’ infatti evidente, per le ragioni sopra esposte, che l’annullamento dell’atto generale in linea di principio spiega effetti nei confronti di tutti i soggetti toccati dall’atto, anche quando siano rimasti estranei al processo (fra le molte Sez. VI 4/3/98 n. 224): ciò dipende non già da una diretta efficacia ultra partes dell’accertamento contenuto nella sentenza passata in cosa giudicata (art. 2909 cod. civ.) quanto piuttosto dal fatto che i limiti soggettivi della caducazione di un atto amministrativo non possono non coincidere con quelli dell’atto caducato.
Viceversa, l’annullamento in sede giurisdizionale (e dunque su ricorso di parte) di un atto plurimo tendenzialmente spiega effetto solo su una delle statuizioni contenute nel provvedimento: ma poiché tale statuizione, pur esteriorizzata insieme ad altre all’interno di un singolo atto, è dotata per così dire di vita giuridica autonoma, il vizio in essa rilevato non si propaga automaticamente alle altre componenti.
In sostanza, l’invalidità di uno dei provvedimenti che compongono l’atto plurimo non lega necessariamente alla propria sorte quella degli altri, la cui eliminazione dal mondo giuridico in via contenziosa non può che derivare da una distinta impugnativa.
Alla stregua di questa ricostruzione, posto che le sentenze in rassegna hanno qualificato le deliberazioni regionali come atti plurimi, dovrebbe dunque concludersi nel senso che le statuizioni (appunto) plurime in esse contenute continuano a spiegare effetti nei confronti dei destinatari non ricorrenti: altrimenti detto, ed ai fini pratici, l’annullamento di quelle delibere rileverebbe solo inter partes.(...)
Da un lato, deve infatti darsi atto che nella più recente giurisprudenza la distinzione dogmatica fra atti generali ed atti plurimi assume sovente carattere recessivo, privilegiandosi invece l’indagine concreta sulla inscindibilità dell’atto, piuttosto che sulla astratta ascrivibilità dello stesso all’una o all’altra categoria.
D’altro canto, secondo un diverso indirizzo, nel caso di annullamento di atti contestuali il discrimine fra caducazione "multipla" o "singola" va tracciato indagando se il vizio accertato in sentenza sia personale al ricorrente o comune a tutti i destinatari.
In tale ottica, sotto il primo profilo, si precisa che il principio dell'efficacia inter partes del giudicato amministrativo non trova applicazione con riguardo alle pronunce di annullamento di peculiari categorie di atti amministrativi, quali quelli aventi pluralità di destinatari, contenuto inscindibile, ed affetti da vizi di validità che ne inficino il contenuto in modo indivisibile per tutti i loro destinatari. (ad es. Cass., sez. I, 13-03-1998, n. 2734).
In tal senso si rileva che l’annullamento in sede giurisdizionale amministrativa di un provvedimento tariffario di carattere generale esplica efficacia erga omnes, e cioè nei confronti di tutti gli imprenditori destinatari degli effetti del provvedimento medesimo, anche se rimasti estranei al processo amministrativo (cfr. con riguardo al provvedimento tariffario adottato dal Prefetto ai sensi dell'art. 9 T.U.L.P.S. Cass. civ. 17/12/94 n.10863).(...)
Al di là di quelle che sono le argomentazioni che sostengono gli indirizzi ora richiamati, non può non rilevarsi come essi siano in sostanza ispirati all’esigenza di contemperare il rispetto dei principi inerenti l’efficacia soggettiva del giudicato con esigenze sostanziali di imparzialità dell’azione amministrativa.(...)
In altri termini, si è in presenza di un atto indivisibile, in quanto espressione della volontà della p.a. a provvedere in modo omogeneo nei confronti di un complesso di soggetti considerati come componenti indifferenziati di un gruppo unitario ed inscindibile; e si è in presenza di un annullamento giurisdizionale che investe l'atto amministrativo nella sua interezza e sembra perciò destinato a produrre i suoi effetti nei confronti di tutti gli interessati, abbiano partecipato o meno al giudizio.
In siffatto contesto, a giudizio della Sezione, viene allora in rilievo – prima ancora della discrezionale facoltà amministrativa di provvedere all’estensione del giudicato in senso tecnico – la necessità che la Regione provveda all’esecuzione tenendo appunto conto della effettiva portata caducatoria delle sentenze in relazione alla natura peculiare degli atti annullati ed al carattere radicale del vizio di legittimità ivi riscontrato come sussistente.
Nel caso in esame infatti, in altri termini, non vengono in rilievo profili di estensione ultra partes del giudicato, quanto piuttosto gli effetti demolitori spiegati – sul piano sostanziale - dalla sentenza nei confronti di un atto unitario che dopo l’annullamento non può, come è stato efficacemente osservato, esistere per taluni e non esistere per altri (cfr. Sez. V 28.12.1989 n. 910).
Il che comporta sul piano esecutivo che le deliberazioni regionali recanti rinnovo delle determinazioni tariffarie andranno applicate a tutte le Cliniche, ancorchè non ricorrenti.
Fermo quanto sopra, permangono naturalmente alcuni elementi che differenziano la posizione delle ricorrenti vittoriose in giudizio da quella della generalità delle case di cura regionali, in primo luogo perchè ovviamente solo alle prime spetta l’actio iudicati e dunque la facoltà di agire in ottemperanza: l’accoglimento del ricorso, infatti, mentre giova anche al cointeressato rimasto inerte per il fatto che elimina dal mondo giuridico l’atto indivisibile, non accerta con effetto di giudicato la sua situazione soggettiva, di talchè questi né potrebbe proporre ricorso in ottemperanza né, a fronte del nuovo atto adottato dall’Amministrazione, potrebbe dedurre il vizio di violazione del giudicato(...)
(Paolo Salvatore)
Vi allego, per fugare ogni dubbio il parere del Consiglio del Stato del 2001 ...però.....
Cosa pensate?
Adunanza della Sezione Prima 11 Luglio 2001.
N. Sezione 578/2001 La Sezione
PREMESSO
La Giunta della regione Lazio, con delibere nn. 11310/95, 2910/97, 6556/97 e 1467/98, ha approvato il piano tariffario relativo al triennio 1996-1998 per la remunerazione delle prestazioni di ricovero rese dalle Case di cura convenzionate.
Tali delibere, impugnate da alcune delle cliniche interessate, sono state annullate dal Giudice amministrativo nella parte in cui prevedevano tetti massimi di fatturato, oltre i quali le tariffe erano destinate a subire riduzioni scalari.
In relazione all’annullamento dei provvedimenti sopra citati, la Regione si domanda se alle sentenze vada riconosciuta valenza erga omnes o limitata alle Case di cura che ebbero a proporre ricorso.
Osserva la Regione che in favore di quest’ultima soluzione sembra deporre l’espresso rilievo contenuto nella decisione della VI Sez. 13.7.2000 n. 3920, alla stregua del quale gli atti di determinazione delle tariffe (poi annullati) vanno qualificati come atti plurimi, concettualmente scindibili in tanti distinti provvedimenti e non come atti generali.
CONSIDERATO:
Come in premessa riferito, il quesito che la Regione Lazio prospetta riguarda gli effetti derivanti dalle sentenze con le quali il giudice amministrativo ha annullato le deliberazioni della Giunta regionale recanti approvazione del piano tariffario relativo al triennio 1996-1998.(...).
In proposito, la Regione domanda se l’annullamento delle deliberazioni deve spiegare effetti erga omnes, e cioè nei confronti di tutte le Case di cura interessate, o all’opposto inter partes e dunque solo in vantaggio dei soggetti convenzionati che hanno proposto ricorso.
Il dubbio interpretativo, secondo quanto si desume dalla relazione, nasce dal fatto che nel contesto delle sentenze l’atto poi annullato è espressamente definito come atto plurimo concettualmente scindibile in distinti provvedimenti e non come atto generale.
Procedendo all’esame della questione, sembra utile ricordare che in sede dogmatica si distingue – nell’ambito dei provvedimenti amministrativi rivolti ad una pluralità di figure soggettive – fra atti generali ed atti plurimi o, più precisamente, ad oggetto plurimo.
Gli atti generali sono quelli che si rivolgono a gruppi indeterminati di destinatari, titolari di posizioni che l’Amministrazione vuol regolare appunto in via omogenea e dunque con efficacia generale: in tal senso, sono sicuramente atti generali quelli determinativi di prezzi o tariffe, quelli impositivi di obblighi generalizzati di fare o non fare, e quelli (ad esempio i bandi di concorso) che stabiliscono precetti operanti erga omnes circa aspetti tecnico-applicativi di procedimenti.
La configurazione degli atti plurimi, invece, ruota non tanto sulle caratteristiche modalità di individuazione dei destinatari quanto sulla pluralità sostanziale delle statuizioni contenute in un unico contenitore documentale(...)
Come ben si intuisce, la qualificazione dell’atto come plurimo o generale comporta rilevanti effetti in caso di invalidità del provvedimento: in linea di massima mentre il contenuto ontologicamente unitario dell’atto generale comporta che ogni vizio lo inficia nel suo insieme, nel caso dell’atto plurimo ciascuna delle statuizioni contestuali conserva invece la sua individualità, onde non è toccata dalla sorte delle altre.
La distinzione ora tracciata mantiene tutto il suo rilievo ove si passi a trattare il problema della delimitazione soggettiva degli effetti delle sentenze amministrative di tipo costitutivo (o caducatorio).
E’ infatti evidente, per le ragioni sopra esposte, che l’annullamento dell’atto generale in linea di principio spiega effetti nei confronti di tutti i soggetti toccati dall’atto, anche quando siano rimasti estranei al processo (fra le molte Sez. VI 4/3/98 n. 224): ciò dipende non già da una diretta efficacia ultra partes dell’accertamento contenuto nella sentenza passata in cosa giudicata (art. 2909 cod. civ.) quanto piuttosto dal fatto che i limiti soggettivi della caducazione di un atto amministrativo non possono non coincidere con quelli dell’atto caducato.
Viceversa, l’annullamento in sede giurisdizionale (e dunque su ricorso di parte) di un atto plurimo tendenzialmente spiega effetto solo su una delle statuizioni contenute nel provvedimento: ma poiché tale statuizione, pur esteriorizzata insieme ad altre all’interno di un singolo atto, è dotata per così dire di vita giuridica autonoma, il vizio in essa rilevato non si propaga automaticamente alle altre componenti.
In sostanza, l’invalidità di uno dei provvedimenti che compongono l’atto plurimo non lega necessariamente alla propria sorte quella degli altri, la cui eliminazione dal mondo giuridico in via contenziosa non può che derivare da una distinta impugnativa.
Alla stregua di questa ricostruzione, posto che le sentenze in rassegna hanno qualificato le deliberazioni regionali come atti plurimi, dovrebbe dunque concludersi nel senso che le statuizioni (appunto) plurime in esse contenute continuano a spiegare effetti nei confronti dei destinatari non ricorrenti: altrimenti detto, ed ai fini pratici, l’annullamento di quelle delibere rileverebbe solo inter partes.(...)
Da un lato, deve infatti darsi atto che nella più recente giurisprudenza la distinzione dogmatica fra atti generali ed atti plurimi assume sovente carattere recessivo, privilegiandosi invece l’indagine concreta sulla inscindibilità dell’atto, piuttosto che sulla astratta ascrivibilità dello stesso all’una o all’altra categoria.
D’altro canto, secondo un diverso indirizzo, nel caso di annullamento di atti contestuali il discrimine fra caducazione "multipla" o "singola" va tracciato indagando se il vizio accertato in sentenza sia personale al ricorrente o comune a tutti i destinatari.
In tale ottica, sotto il primo profilo, si precisa che il principio dell'efficacia inter partes del giudicato amministrativo non trova applicazione con riguardo alle pronunce di annullamento di peculiari categorie di atti amministrativi, quali quelli aventi pluralità di destinatari, contenuto inscindibile, ed affetti da vizi di validità che ne inficino il contenuto in modo indivisibile per tutti i loro destinatari. (ad es. Cass., sez. I, 13-03-1998, n. 2734).
In tal senso si rileva che l’annullamento in sede giurisdizionale amministrativa di un provvedimento tariffario di carattere generale esplica efficacia erga omnes, e cioè nei confronti di tutti gli imprenditori destinatari degli effetti del provvedimento medesimo, anche se rimasti estranei al processo amministrativo (cfr. con riguardo al provvedimento tariffario adottato dal Prefetto ai sensi dell'art. 9 T.U.L.P.S. Cass. civ. 17/12/94 n.10863).(...)
Al di là di quelle che sono le argomentazioni che sostengono gli indirizzi ora richiamati, non può non rilevarsi come essi siano in sostanza ispirati all’esigenza di contemperare il rispetto dei principi inerenti l’efficacia soggettiva del giudicato con esigenze sostanziali di imparzialità dell’azione amministrativa.(...)
In altri termini, si è in presenza di un atto indivisibile, in quanto espressione della volontà della p.a. a provvedere in modo omogeneo nei confronti di un complesso di soggetti considerati come componenti indifferenziati di un gruppo unitario ed inscindibile; e si è in presenza di un annullamento giurisdizionale che investe l'atto amministrativo nella sua interezza e sembra perciò destinato a produrre i suoi effetti nei confronti di tutti gli interessati, abbiano partecipato o meno al giudizio.
In siffatto contesto, a giudizio della Sezione, viene allora in rilievo – prima ancora della discrezionale facoltà amministrativa di provvedere all’estensione del giudicato in senso tecnico – la necessità che la Regione provveda all’esecuzione tenendo appunto conto della effettiva portata caducatoria delle sentenze in relazione alla natura peculiare degli atti annullati ed al carattere radicale del vizio di legittimità ivi riscontrato come sussistente.
Nel caso in esame infatti, in altri termini, non vengono in rilievo profili di estensione ultra partes del giudicato, quanto piuttosto gli effetti demolitori spiegati – sul piano sostanziale - dalla sentenza nei confronti di un atto unitario che dopo l’annullamento non può, come è stato efficacemente osservato, esistere per taluni e non esistere per altri (cfr. Sez. V 28.12.1989 n. 910).
Il che comporta sul piano esecutivo che le deliberazioni regionali recanti rinnovo delle determinazioni tariffarie andranno applicate a tutte le Cliniche, ancorchè non ricorrenti.
Fermo quanto sopra, permangono naturalmente alcuni elementi che differenziano la posizione delle ricorrenti vittoriose in giudizio da quella della generalità delle case di cura regionali, in primo luogo perchè ovviamente solo alle prime spetta l’actio iudicati e dunque la facoltà di agire in ottemperanza: l’accoglimento del ricorso, infatti, mentre giova anche al cointeressato rimasto inerte per il fatto che elimina dal mondo giuridico l’atto indivisibile, non accerta con effetto di giudicato la sua situazione soggettiva, di talchè questi né potrebbe proporre ricorso in ottemperanza né, a fronte del nuovo atto adottato dall’Amministrazione, potrebbe dedurre il vizio di violazione del giudicato(...)
P.Q.M.
Nelle esposte considerazioni è il parere del Consiglio di Stato.Per estratto dal verbaleIl Segretario della Sezione
(Licia Grassucci)Visto
Il Presidente della Sezione(Paolo Salvatore)
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