annuncio
Comprimi
Ancora nessun annuncio.
L'angolo di ROL
Comprimi
X
-
Effetti dell’iscrizione nel RUNTS – Il decreto in commento disciplina il procedimento d’iscrizione al RUNTS e, quindi, anche quello per gli enti senza personalità giuridica.
Un aspetto rilevante, però, è rappresentato dagli effetti che genera l’iscrizione a detto Registro, in quanto essa ha effetto costitutivo relativamente all’acquisizione della qualifica di Ente del Terzo Settore e fonda il presupposto ai fini della fruizione dei benefici previsti dal Codice e dalle vigenti disposizioni in favore degli ETS. Nei casi previsti dall’articolo 22, commi 1, 2 e 3 del Codice, l’iscrizione nel RUNTS ha, altresì, effetto costitutivo della personalità giuridica.
È, inoltre, previsto che le qualifiche di APS, ODV, di Ente filantropico, di società di mutuo soccorso non tenute all’iscrizione nell'apposita sezione “imprese sociali” del Registro imprese, di Rete associativa e di Rete associativa nazionale, nonché i benefici previsti in favore di tali specifiche tipologie di ETS sono collegati all’iscrizione in ciascuna delle apposite sezioni del RUNTS.
Le qualifiche di impresa sociale, di Società di mutuo soccorso tenuta all’iscrizione nel Registro imprese, nonché i relativi benefici, sono collegati all’iscrizione nella sezione “Imprese sociali” del Registro imprese.
L’ iscrizione consente, altresì, l’utilizzo nella denominazione sociale e negli atti a rilevanza esterna e nei confronti dei soci delle locuzioni specifiche di ciascuna tipologia di ETS e dei relativi acronimi. L’acronimo ETS e la locuzione “Ente del Terzo Settore” devono essere utilizzati dagli enti iscritti alla sezione di cui all’articolo 46 comma 1, lett. g), del Codice.
Sono, inoltre, disciplinati altri aspetti relativi all’iscrizione degli enti di nuova costituzione con l’intervento del notaio, degli enti già dotati di personalità giuridica, nonché l’aggiornamento delle informazioni del Registro, la migrazione in altra sezione dello stesso o la cancellazione.
Altre disposizioni contenute nel decreto in questione riguardano la tenuta del Registro, le modalità di comunicazione dei dati tra il RUNTS, il Registro imprese e le altre Amministrazioni ed il popolamento iniziale del Registro.
https://www.fiscal-focus.it/quotidia...ativo,3,125071
Commenta
-
SENTENZA DEL 14/05/2020 N. 772/22 - COMM. TRIB. REG. PER LA LOMBARDIA
Imposta di registro e accertamento del valore di cessione
Ai fini dell’imposta di registro per l’accertamento dell’effettivo valore del ramo d’azienda ceduto, è preferibile l’utilizzo della metodologia finanziaria e prospettica rispetto al metodo reddituale-patrimoniale. Nel caso di specie, dunque, la CTR lombarda rigetta le ragioni addotte dall’Ente impositore a sostegno dell’appello. Spiegano i giudici che la tipologia di servizio di “directory assistance” (e il relativo marchio), oggetto del ramo d’azienda trasferito, rappresenta un business che registra una notevole contrazione nel mercato di riferimento, tale da rendere inadatta la scelta di un metodo di accertamento totalmente incentrato sul dato storico della redditualità pregressa. Inoltre, ad ulteriore conferma della congruità del prezzo depongono sia la formazione dello stesso in un’asta controllata dall’Autorità garante della concorrenza e del mercato (AGCM) e gestita da advisor indipendente, sia la corrispondenza del valore dichiarato con la procedura di Purchase Price Allocation per la definizione del valore del marchio, di fatto rappresentativo di tutto il valore del ramo d’azienda ceduto.
Testo integrale della sentenza
Commenta
-
SENTENZA DEL 16/10/2018 N. 4332/2 - COMM. TRIB. REG. PER LA LOMBARDIA
Riqualificazione dell’ente assistenziale in ente commerciale
Ai fini della riqualificazione di un ente assistenziale o non commerciale in ente commerciale è necessario che l’Ufficio dimostri la prevalenza dell’attività che determina reddito d’impresa. La CTR di Milano ha spiegato che se da un lato non è sufficiente far riferimento alle finalità statutarie di un ente per qualificarlo assistenziale, dall’altro non basta il rilievo che lo stesso svolga anche attività da cui scaturiscano pagamenti di uno specifico corrispettivo. Alla luce della sentenza della Suprema Corte n. 4315 del 4/3/2015, i giudici lombardi affermano infatti che non si considerano commerciali e non producono reddito imponibile le attività svolte in diretta attuazione degli scopi istituzionali, sebbene dietro pagamento. Inoltre, sempre rifacendosi all’insegnamento della Corte di Cassazione risulta irrilevante che “il contribuente non tenga una contabilità separata per l’attività commerciale rispetto a quella istituzionale, ben potendosi, pur a fronte di una contabilità unica, separare le due sfere di attività allo scopo di farne confluire il risultato nella dichiarazione dei redditi” (Cass. sent. n. 13751 del 3/7/2015).
Testo integrale della sentenza
Commenta
-
SENTENZA DEL 20/05/2020 N. 789/2 - COMM. TRIB. REG. PER LA LOMBARDIA
Estinzione della Società e responsabilità dei soci
La cancellazione dal registro delle imprese, pur determinando l’estinzione dell’ente, non comporta la scomparsa dei debiti che la società aveva nei confronti dei terzi (Cass. sentenze n. 6070/13 e 6071/13). Di tali debiti rispondono i soci nei limiti di quanto riscosso in sede di liquidazione o totalmente, se illimitatamente responsabili. Dunque, a norma dell’art. 2495 c.c. i creditori possono agire nei confronti dei soci dell’estinta società di capitali sino alla concorrenza di quanto gli stessi hanno riscosso in base al bilancio finale di liquidazione, così come nei riguardi del liquidatore se il mancato pagamento è dipeso da sua colpa. Nel caso di specie, la CTR lombarda dichiara la legittimità degli avvisi di accertamento emessi a fronte dell’omessa presentazione delle dichiarazioni dei redditi, data l’esistenza di plusvalenze frazionate ai sensi dell’art. 86 del D.P.R. 917/86. Ne consegue che, alla luce di una presunta distribuzione delle plusvalenze tra i soci, salvo prova contraria, l’estinzione della società ha comportato una loro responsabilità solidale nei confronti del debito contestato dall’Erario.
Testo integrale della sentenza
Commenta
-
SENTENZA DEL 6/07/2020 N. 1634/21 - COMM. TRIB. REG. PER LA LOMBARDIA
Natura dell’iscrizione al registro Vies e regime di esenzione IVA
Per beneficiare dell’esenzione IVA nell’ ambito delle operazioni intracomunitarie è necessaria l’iscrizione nel registro Vies. Quest’ultima ha natura sostanziale e non meramente formale pertanto il mancato inserimento nel registro Vies non consente di effettuare operazioni in ambito UE esenti IVA( circolare dell’Agenzia delle Entrate n. 39/E dell’ 1.08.2011).
Sulla base di detto principio, la Commissione Tributaria della Regione Lombardia ha ribaltato l’esito del giudizio di primo grado che optava invece per il carattere meramente formale di detta iscrizione. In particolare i giudici milanesi hanno richiamato l’art. 35 D.P.R. n. 633/72, che prevede la presentazione di apposita dichiarazione per l’inserimento nel registro Vies e la citata circolare, secondo la quale “l'inclusione nell'archivio Vies è indispensabile per qualificare correttamente le cessioni e le prestazioni come effettuate o ricevute dal contribuente italiano, soggetto passivo Iva ai fini degli scambi intracomunitari”
Testo integrale della sentenza
Commenta
-
SENTENZA DEL 25/01/2019 N. 376/3 - COMM. TRIB. REG. PER LA LOMBARDIA
Onere della prova in tema di transfer pricing
In tema di transfer pricing spetta all’Amministrazione finanziaria di dimostrare l’esistenza di transazioni tra imprese collegate con evidenti discrepanze rispetto a transazioni dello stesso genere su un mercato indipendente, mentre al contribuente spetta l’onere di dimostrare che le transazioni sono intervenute per valori di mercato da considerarsi normali. E’ questa la ripartizione dell’onere della prova posta alla base della decisione della CTR milanese di rigetto dell’appello proposto dall’Agenzia delle Entrate. Il contribuente, nel caso in esame, ha infatti adempiuto al proprio onere descrivendo e documentando in atti che le funzioni e l’organigramma della consociata tedesca fossero tali da rendere conto in modo esauriente della particolarità di quest’ultima e dell’attendibilità del metodo CUP (Comparable Uncontrolled Price Method) utilizzato. Al contrario, invece, i “comparables“ presi a paragone dall’Agenzia delle Entrate al fine di provare la validità del proprio accertamento non risultavano corretti poiché nulla avevano a che fare con i prodotti e l’attività svolta dalla ricorrente.
Testo integrale della sentenza
Commenta
-
SENTENZA DEL 8/01/2020 N. 14/5 - COMM. TRIB. REG. PER LA LOMBARDIA
L’assoggettamento ad IVA dei contratti di locazione di immobili strumentali non esclude l’imposta di registro
Tutti i contratti di locazione aventi ad oggetto immobili strumentali devono essere registrati entro un termine fisso e sono assoggettati al pagamento dell’imposta di registro nella misura proporzionale dell’1%. Secondo la CTR milanese tale imposta è sempre dovuta indipendentemente dal regime di esenzione o imponibilità ai fini IVA di tali contratti. Spiegano i giudici che nel caso in esame non esiste alcun principio di alternatività tra IVA ed imposta di registro, come, invece, eccepito dal contribuente. L’unico tratto in comune tra le due imposte è il fatto di venire calcolate sul volume d’affari, per il resto i presupposti dei due tributi sono del tutto differenti e non integrano alcuna duplicazione.
Testo integrale della sentenza
Commenta
-
Originariamente inviato da ROL Visualizza il messaggioSENTENZA DEL 16/10/2018 N. 4332/2 - COMM. TRIB. REG. PER LA LOMBARDIA
Riqualificazione dell’ente assistenziale in ente commerciale
Ai fini della riqualificazione di un ente assistenziale o non commerciale in ente commerciale è necessario che l’Ufficio dimostri la prevalenza dell’attività che determina reddito d’impresa. La CTR di Milano ha spiegato che se da un lato non è sufficiente far riferimento alle finalità statutarie di un ente per qualificarlo assistenziale, dall’altro non basta il rilievo che lo stesso svolga anche attività da cui scaturiscano pagamenti di uno specifico corrispettivo. Alla luce della sentenza della Suprema Corte n. 4315 del 4/3/2015, i giudici lombardi affermano infatti che non si considerano commerciali e non producono reddito imponibile le attività svolte in diretta attuazione degli scopi istituzionali, sebbene dietro pagamento. Inoltre, sempre rifacendosi all’insegnamento della Corte di Cassazione risulta irrilevante che “il contribuente non tenga una contabilità separata per l’attività commerciale rispetto a quella istituzionale, ben potendosi, pur a fronte di una contabilità unica, separare le due sfere di attività allo scopo di farne confluire il risultato nella dichiarazione dei redditi” (Cass. sent. n. 13751 del 3/7/2015).
Testo integrale della sentenza
Con un’analisi appena più approfondita ecco allora emergere un lato oscuro di questo universo del cosiddetto non profit. Esistono tante associazioni, troppe, che oltre alle attività “istituzionali”, quelle per le quali nascono e hanno ragione d’essere (cultura, sport, assistenza, educazione) svolgono anche attività caratteristiche delle imprese commerciali; il caso tipico è la somministrazione di alimenti e bevande, ma non mancano attività di edizioni e pubblicazioni (con tanto di sponsor e pubblicità tabellare), commercio e servizi.
Associazioni con la partita IVA. Che non è illegale e nemmeno vietato, purché l’attività “commerciale” eventualmente svolta sia effettuata per trovare le risorse necessarie a sostenere e finanziare quella istituzionale, che deve restare prevalente, pena la perdita della qualifica di Ente Non Commerciale sancita dall’art. 148 del TUIR; vale a dire, obblighi fiscali e tassazioni ordinarie come per le società.
Associazioni che mascherano, di fatto, attività di impresa, costituite con il prevalente (se non unico) scopo di usufruire di amplissime semplificazioni e agevolazioni fiscali, almeno fino a ora. La possibilità di utilizzare il regime fiscale “forfetario” introdotto dalla legge n. 398 del 1991 per le Associazioni Sportive Dilettantistiche, ed esteso dalla successiva legge 66/1992 a tutte le Associazioni Culturali e alle Pro Loco, si configura in questi casi come un vero e proprio abuso del diritto.
Attività del tutto o quasi imprenditoriali, dalla ristorazione all’organizzazione di corsi di formazione, vengono nascoste dietro lo schermo di una pseudo attività associativa di tipo culturale per garantirsi i cospicui vantaggi previsti dalla legge. A partire dall’IVA, della quale si versa solo la metà di quella incassata a prescindere dagli acquisti effettuati: ma soprattutto, per l’imposta sul reddito.
Fino a 400.000 euro all’anno di “ricavi”, il fisco riconosce una deduzione forfetaria del 97% e chiede il pagamento dell’IRES (Imposta sul Reddito delle Società) solo sulla differenza. In pratica, un’Associazione che fattura 100.000 euro all’anno ne dichiara di reddito solo 3.000 e paga 720 euro di imposta (il 24%). Nessuna dichiarazione IVA da presentare, niente “studi di settore” o “indici di affidabilità” fiscale, praticamente nessun controllo. Con buona pace del principio di prevalenza, secondo il quale se un’associazione espone in bilancio 100.000 euro di entrate da attività commerciale dovrebbe averne almeno 101.000 da attività istituzionale (quote associative, donazioni, lasciti, contributi pubblici, erogazioni liberali ricevute a vario titolo).
Soggetti anomali che si trovano accanto, quasi nascosti, alle tante associazioni “libere” che creano identità di luogo (culturali, di gestione di cucito, sartoria, ceramica, doposcuola), nelle quali le persone partecipano donando il loro tempo, facendolo con piacere perché da questo tempo, dalla gratuità del dono, nasce la relazione.
L’inghippo di alcune Associazioni Sportive Dilettantistiche: guadagni senza contribuzione
Anche di Associazioni Sportive Dilettantistiche (ASD) ve ne sono tante che sono un patrimonio a volte nemmeno menzionato, fatto di persone che nell’associazione ci mettono anche soldi di tasca propria pur di andare avanti e di mantenere una sede, un punto di aggregazione che a volte è solo una piccola stanza, magari concessa in comodato d’uso dal comune, per i più fortunati. Purtroppo, però, anche nel mondo delle ASD si trovano situazioni quantomeno anomale se non proprio palesemente fasulle. E accanto alle palestre che pubblicizzano sconti e campagne promozionali tipiche dell’attività di impresa, e realizzate addirittura anche all’interno di centri commerciali, si trovano anche i soggetti più disinvolti che con la ASD fondata per diffondere il gioco della dama e delle freccette gestiscono una libreria o organizzano eventi.
In questo tipo di associazioni, oltre all’evidente possibilità di evasione/elusione fiscale, esiste il fenomeno ancora più preoccupante relativo all’inquadramento e alla retribuzione di quelli che ci lavorano. Per l’importanza e il giusto riconoscimento che viene dato allo sport in generale, agli sportivi dilettanti è riconosciuto un particolare regime per l’attività che svolgono in seno alle associazioni alle quali appartengono. Il loro “lavoro”, infatti, sfugge a qualsiasi normativa di tutela, a partire dal livello minimo di retribuzione per finire con la previdenza e assistenza sociale.
I compensi che vengono erogati agli sportivi dilettanti, anche a titolo di indennità o rimborso spese anche non documentate, sono totalmente esenti da qualsiasi prelievo fiscale fino a 10.000 euro all’anno. Sulle eventuali somme eccedenti i 10.000 euro e fino a ben 30.658,28 si applica la ritenuta d’acconto IRPEF del 23% e le ulteriori ritenute a titolo di Addizionali IRPEF Regionale e Comunale. Neanche un centesimo di contributi, né a carico dello sportivo né tantomeno a carico dell’associazione. E con questo sistema si possono retribuire non solo gli “atleti”, ma anche gli “allenatori”, i “giudici di gara” e, a certe condizioni, anche i “commissari speciali” che visionano l’operato degli arbitri e i “dirigenti accompagnatori”.
Agevolazioni e semplificazioni molto ampie, sicuramente corrette nella “ratio” della norma, ma che si prestano indubbiamente a fin troppo facili abusi, con importi anche rilevanti che restano sempre totalmente esenti da ogni forma di contribuzione e solo in parte, per le cifre più elevate, scontano un minimo prelievo fiscale. Una tentazione decisamente troppo forte.
False associazioni, un futuro ancora grigio: le nuove leggi serviranno ad arginarle?
Se tutto questo finirà con l’entrata in vigore a pieno regime del nuovo Codice del Terzo Settore, è difficile dirlo. Personalmente ho seri dubbi. Intanto è necessario attendere la piena attuazione della riforma che, più volte rinviata, dovrebbe finalmente arrivare nel 2021 con l’attuazione del Registro Unico Nazionale del Terzo Settore, emergenza COVID-19 permettendo.
L’unica cosa certa è che, a riforma completata, cesserà l’applicazione alle Associazioni Culturali e alle Pro Loco dei benefici fiscali della legge 398/91, che tuttavia resteranno per le Associazioni Sportive Dilettantistiche; gran parte delle quali, com’è ovvio, non entreranno nel terzo settore e resteranno sotto la normativa speciale in materia. Per le ASD resterà anche il regime agevolato dei compensi agli sportivi dilettanti e il relativo “inquadramento”.
Certamente le false associazioni, che di fatto sono attività commerciali “mascherate”, subiranno un certo colpo, ma immagino che stiano già pensando a come superare la crisi, magari attraverso il rispolverato regime fiscale forfetario destinato alla generalità dei cosiddetti “Enti Non Commerciali”. Come sempre, più che di leggi e regolamenti avremmo bisogno di controlli seri, continuativi ed efficaci, che per la nostra Amministrazione Finanziaria sembrano essere un risultato ancora di là da venire, almeno per alcuni settori.
Photo by Jametlene Reskp on Unsplash
https://www.informazionesenzafiltro....i-storie-vere/
Commenta
Commenta