64 cristiani che sbagliano???? meeeee
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L'angolo di ROL
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Nel 2015, invece, Bellomo sottopose a una borsista a cui era legato sentimentalmente un vero e proprio codice comportamentale, che prevedeva il divieto di uscite notturne senza il suo consenso (e se c'era il consenso, la totale reperibilità al telefono), il divieto di andare in luoghi dove non prende il cellulare, il divieto di parlare o di avere contatti fisici con gli uomini e molto altro ancora. "Era una sudditanza reciproca" sottolinea il magistrato. "Perché queste regole valevano anche per me. Ma non c'entra niente con il contratto degli allievi della scuola". Alla lettera d'amore di un'altra alunna, che scriveva al magistrato "mi sono annullata per te", il giornalista parla di plagio e Bellomo risponde: "Il plagio non esiste in natura e lo dice una sentenza del 1981. Questa ragazza l'ho molto stimata e ho creduto in lei, però non credo c'entri nulla con il mio percorso in magistratura".
secondo me questo è stato il passaggio più difficile ieri......
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topolini....
Secondo l’ipotesi accusatoria del procuratore aggiunto Paolo Ielo e del pm Mario Palazzi, Scafarto deve essere sospeso perché nel corso delle indagini avrebbe provato a cancellare prove utili agli inquirenti manipolando il cellulare di Sessa per eliminarle dal suo whatsapp. In chat venivano scambiate informazioni sull’inchiesta e il tutto sarebbe avvenuto quando Scafarto era già indagato e il suo telefonino era già stato sequestrato dagli inquirenti nel corso del primo interrogatorio.
https://www.ilfattoquotidiano.it/201...farto/4114993/
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https://www.ilfattoquotidiano.it/201...lutri/4114383/
“Morte del reo”. Con il decesso di Aldo Micciché, avvenuto in ospedale nelle settimane scorse, si è chiuso così l’ultimo stralcio del processo “Cento anni di storia” contro la cosca Piromalli di Gioia Tauro. Arrestato a Caracas, in Venezuela, nel luglio del 2012 dopo quattro anni di latitanza, Micciché era ritenuto dalla Direzione distrettuale antimafia di Reggio Calabria un faccendiere di professione, l’uomo dai mille volti che avrebbe fatto da tramite tra la ‘ndrangheta e, addirittura, il senatore Marcello Dell’Utri. Rimarranno tali i segreti che gli hanno consentito di diventare da ex dirigente della Democrazia cristiana (è stato segretario provinciale) a imprenditore del petrolio in Venezuela dove, per conto della ‘ndrangheta, avrebbe garantito il voto degli italiani all’estero. Condannato in primo grado a 11 anni di carcere, il suo nome era comparso nelle carte dell’inchiesta “Cento anni di storia”, coordinata dal sostituto procuratore Roberto Di Palma.
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“La Piana è cosa nostra… – sentono gli investigatori dalla viva voce di Micciché – Fagli capire che il porto di Gioia Tauro lo abbiamo fatto noi… fagli capire che in Aspromonte e tutto quello che succede là sopra è successo tramite noi. Fagli capire che in Calabria o si muove sulla jonica o si muove sulla tirrenica o si muove al centro ha sempre bisogno di noi”. Cinquantamila votitruccando le schede in cambio di 200mila euro in contanti e i benefici sull’applicazione del 41 bis ai boss di Gioia Tauro. Sarebbe stata questa la contropartita per le elezioni politiche del 2008. E per avere la certezza che il centrodestra ottenga il risultato, Aldo Micciché fece un rogo con le schede elettorali degli italiani residenti in Venezuela.
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