di Bruno Tinti..
Reato “sbagliato ”
D&G assolti
Di Bruno Tinti
La Cassazione ha assolto Dolce e Gabbana:il fatto non sussiste. Quali le motivazioni non si sa ancora. Però, secondo me, che ho scritto la legge in base alla quale Dolce e Gabbana sono stati processati, i reati contestati ai due erano sbagliati. La storia è questa. I due, fino al 2004, erano proprietari della holding D&G s.r.l. che controllava Dolce & Gabbana s.r.l. a sua volta licenziataria dei marchi(Dolce&Gabbana, D&G e altri)di proprietà personale dei due stilisti; per il che gli pagava le relative royalties. Dolce & Gabbana s.r.l deteneva anche la maggioranza di Dolce & Gabbana Industria s.p.a., che era la società produttiva.
Insomma i due si arricchivano sia con i dividendi distribuiti da Dolce & Gabbana Industria; sia con le royalties. Su questi redditi pagavano le relative tasse.
Nel 2004 tutto cambia. Sono costituite in Lussemburgo Dolce & Gabbana Luxembourg s.a.r.l.e Gado s.a.r.l. La catena di controllo
a questo punto è: D&G srl(italiana) controlla Dolce &Gabbana Luxembourg che a sua volta controlla Gado (lussemburghese)e Dolce & Gabbana srl (italiana). I marchi (vi ricordate, erano di proprietà di Dolce e Gabbana persone fisiche)sono venduti a Gado per 360
milioni di euro (somma ridicola ma così si paga poco di plusvalenza).
Gado concede i marchi in licenza a Dolce & Gabbana srl(italiana) che le paga royalties molto più elevate rispetto alla
precedenti: 3/8 % contro lo 0,5/2,5%. Insomma, gli utili che prima andavano alle società italiane e ai due stilisti, adesso finiscono a Gado, dunque non più in Italia ma in Lussemburgo.
E Dolce & Gabbana srl (italiana)abbatte i propri utili deducendo i costi rappresentati dalle royalties (non a caso elevate)che deve pagare a Gado. Una pacchia: soldi (tanti) e tasse (poche, aliquota 4 %) in Lussemburgo,utili ridotti per le società italiane, risparmi di imposta
in Italia.La L. 74/2000 prevede (art. 3) un reato fatto apposta per questo tipo di frodi; si chiama “Dichiarazione fraudolenta mediante altri artifici”: “È punito con la reclusione da un anno e sei mesi a sei anni chiunque, al fine di evadere le imposte sui redditi o
sul valore aggiunto, sulla base di una falsa rappresentazione nelle scritture contabili obbligatorie e avvalendosi di mezzi fraudolenti idonei a ostacolarne l’accertamento, indica in una delle dichiarazioni annuali relative a dette imposte elementi attivi per un ammontare inferiore a quello effettivo o elementi passivi fittizi.” Ora, il fine di evadere era evidente: utili e tasse
in Lussemburgo, costi in Italia.
IL MEZZO fraudolento idoneo a ostacolare l’accertamento (delle imposte) era la società lussemburghese Gado, priva di struttura fisica (domiciliata presso una società, Alter Domus, che fornisce servizi per l’amministrazione di società); amministrata da soggetti italiani, stabilmente residenti in Italia, gli stessi che amministravano (di fatto o di diritto) le società italiane; per due anni priva di dipendenti e dal 2005 con un solo (uno solo!Stiamo parlando di Dolce &Gabbana, non della sartina sottocasa) dipendente; con contabilità tenuta da Alter Domus.
Per la falsa rappresentazione nelle scritture contabili obbligatorie c’era solo l’imbarazzo della scelta:fatture soggettivamente false emesse da Gado nei confronti di Dolce & Gabbana srl (italiana),solo apparentemente licenziataria dei marchi fittiziamente venduti a una società inesistente (la stessa Gado); costi fittizi, rappresentati dai pagamenti a una società inesistente portati indebitamente in deduzione dei ricavi;il tutto, ovviamente, annotato in contabilità e indicato nelle dichiarazioni ai fini delle imposte dirette e dell’Iva. InsommaD&G& soci dovevano semplicemente essere incriminati per frode fiscale.
Reato “sbagliato ”
D&G assolti
Di Bruno Tinti
La Cassazione ha assolto Dolce e Gabbana:il fatto non sussiste. Quali le motivazioni non si sa ancora. Però, secondo me, che ho scritto la legge in base alla quale Dolce e Gabbana sono stati processati, i reati contestati ai due erano sbagliati. La storia è questa. I due, fino al 2004, erano proprietari della holding D&G s.r.l. che controllava Dolce & Gabbana s.r.l. a sua volta licenziataria dei marchi(Dolce&Gabbana, D&G e altri)di proprietà personale dei due stilisti; per il che gli pagava le relative royalties. Dolce & Gabbana s.r.l deteneva anche la maggioranza di Dolce & Gabbana Industria s.p.a., che era la società produttiva.
Insomma i due si arricchivano sia con i dividendi distribuiti da Dolce & Gabbana Industria; sia con le royalties. Su questi redditi pagavano le relative tasse.
Nel 2004 tutto cambia. Sono costituite in Lussemburgo Dolce & Gabbana Luxembourg s.a.r.l.e Gado s.a.r.l. La catena di controllo
a questo punto è: D&G srl(italiana) controlla Dolce &Gabbana Luxembourg che a sua volta controlla Gado (lussemburghese)e Dolce & Gabbana srl (italiana). I marchi (vi ricordate, erano di proprietà di Dolce e Gabbana persone fisiche)sono venduti a Gado per 360
milioni di euro (somma ridicola ma così si paga poco di plusvalenza).
Gado concede i marchi in licenza a Dolce & Gabbana srl(italiana) che le paga royalties molto più elevate rispetto alla
precedenti: 3/8 % contro lo 0,5/2,5%. Insomma, gli utili che prima andavano alle società italiane e ai due stilisti, adesso finiscono a Gado, dunque non più in Italia ma in Lussemburgo.
E Dolce & Gabbana srl (italiana)abbatte i propri utili deducendo i costi rappresentati dalle royalties (non a caso elevate)che deve pagare a Gado. Una pacchia: soldi (tanti) e tasse (poche, aliquota 4 %) in Lussemburgo,utili ridotti per le società italiane, risparmi di imposta
in Italia.La L. 74/2000 prevede (art. 3) un reato fatto apposta per questo tipo di frodi; si chiama “Dichiarazione fraudolenta mediante altri artifici”: “È punito con la reclusione da un anno e sei mesi a sei anni chiunque, al fine di evadere le imposte sui redditi o
sul valore aggiunto, sulla base di una falsa rappresentazione nelle scritture contabili obbligatorie e avvalendosi di mezzi fraudolenti idonei a ostacolarne l’accertamento, indica in una delle dichiarazioni annuali relative a dette imposte elementi attivi per un ammontare inferiore a quello effettivo o elementi passivi fittizi.” Ora, il fine di evadere era evidente: utili e tasse
in Lussemburgo, costi in Italia.
IL MEZZO fraudolento idoneo a ostacolare l’accertamento (delle imposte) era la società lussemburghese Gado, priva di struttura fisica (domiciliata presso una società, Alter Domus, che fornisce servizi per l’amministrazione di società); amministrata da soggetti italiani, stabilmente residenti in Italia, gli stessi che amministravano (di fatto o di diritto) le società italiane; per due anni priva di dipendenti e dal 2005 con un solo (uno solo!Stiamo parlando di Dolce &Gabbana, non della sartina sottocasa) dipendente; con contabilità tenuta da Alter Domus.
Per la falsa rappresentazione nelle scritture contabili obbligatorie c’era solo l’imbarazzo della scelta:fatture soggettivamente false emesse da Gado nei confronti di Dolce & Gabbana srl (italiana),solo apparentemente licenziataria dei marchi fittiziamente venduti a una società inesistente (la stessa Gado); costi fittizi, rappresentati dai pagamenti a una società inesistente portati indebitamente in deduzione dei ricavi;il tutto, ovviamente, annotato in contabilità e indicato nelle dichiarazioni ai fini delle imposte dirette e dell’Iva. InsommaD&G& soci dovevano semplicemente essere incriminati per frode fiscale.
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