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Il valigione del tirocinante

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    NOTIFICA AVVISO. VALE L’INDIRIZZO INDICATO NELLA DICHIARAZIONE DEI REDDITI

    Cassazione tributaria, sentenza depositata l’11 novembre 2015


    Il fisco deve notificare gli atti d’accertamento presso l’indirizzo indicato dal contribuente nella dichiarazione annuale dei redditi. Altrimenti il procedimento notificatorio è nullo. È quanto emerge, sintetizzando al massimo, dallasentenza n. 23024/15 della Sezione Tributaria della Cassazione.

    Un contribuente ha impugnato una cartella di pagamento conseguente a un avviso di accertamento divenuto definitivo per mancanza d’impugnazione nel termine di legge.

    L’atto di riscossione è stato annullato dalla CTR del Lazio in ragione della riscontrata nullità del procedimento di notificazione del prodromico avviso di accertamento. Di qui il ricorso in Cassazione del fisco, che però è stato respinto.

    Quanto all’asserita nullità della notifica dell’atto d’accertamento, la ricorrente Agenzia delle Entrate ha sostenuto che l’avviso era stato correttamente notificato nel luogo di residenza anagrafica del contribuente, anziché in quello indicato nella dichiarazione dei redditi, posto che l’indicazione da parte del contribuente nella dichiarazione dei redditi dell’indirizzo della propria abitazione non costituisce elezione di domicilio ai sensi e per gli effetti degli artt. 58 e 60 del D.P.R. 600/73.

    La Suprema Corte ha ritenuto l’assunto dell’Agenzia infondato.

    Nel caso di specie l’amministrazione non ha contestato il fatto che il contribuente avesse indicato in dichiarazione un indirizzo diverso da quello in cui era stato notificato l’avviso; prendendo le mosse da questo rilievo, i giudici del Palazzaccio hanno motivato la conferma del verdetto di secondo grado nei termini che seguono.

    A norma dell’art. 58 del D.P.R. 600/73, le persone fisiche residenti nel territorio dello Stato hanno il domicilio fiscale nel Comune nella cui anagrafe sono iscritte. La norma stabilisce, altresì, che “in tutti gli atti che vengono presentati agli uffici finanziari deve essere indicato il Comune di domicilio fiscale delle parti, con la precisazione dell’indirizzo”.

    A mente, invece, dell’art. 60 del D.P.R. 600/73: “è in facoltà del contribuente di eleggere domicilio presso una persona o un ufficio nel Comune del proprio domicilio fiscale per la notificazione degli atti o degli avvisi che lo riguardano e che in tal caso l’elezione di domicilio deve risultare espressamente dalla dichiarazione annuale ovvero da altro atto comunicato successivamente al competente ufficio imposte a mezzo di lettera raccomandata con avviso di ricevimento”. La norma in parola non precisa particolari requisiti formali per l’elezione di domicilio.

    E allora, se è pacifico, come nella fattispecie, che il contribuente ha indicato nella dichiarazione annuale espressamente il proprio indirizzo situato nel Comune di domicilio fiscale, “tale indicazione non può che equivalere ad elezione di domicilio nel suddetto indirizzo”. La giurisprudenza, peraltro, ha chiarito che, nel caso di difformità tra residenza anagrafica e quella indicata nella dichiarazione dei redditi, è valida la notifica dell’avviso perfezionatosi presso quest’ultimo indirizzo (cfr. Cass. n. 15258/2015, da ultimo).

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      Accertamento da abuso di diritto nullo se non rispetta il decorso dei 60 giorni

      Lo ribadisce la Cassazione, che sembra preparare il terreno per l’obbligo generalizzato di contraddittorio


      Con l’importante sentenza n. 23050 di ieri, la Cassazione ha stabilito che è nullo l’atto impositivo con il quale è stato contestato l’abuso di diritto, se la sua emanazione è avvenuta prima del decorso di 60 giorni dal ricevimento, da parte del contribuente, della richiesta obbligatoria di chiarimenti.
      Sorprende, in realtà, che sia necessaria una sentenza per stabilire ciò che la norma afferma chiaramente. Infatti, tanto l’ormai abrogato art. 37-bis, comma 4 del DPR 600/1973 (rilevante per la causa in oggetto), quanto il nuovo art. 10-bis, comma 6 dello Statuto del contribuente (introdotto dall’art. 1 del DLgs. 128/2015 ed entrato in vigore il 1° ottobre 2015), dispongono che l’atto impositivo è emanato (o meglio “preceduto”), “a pena di nullità”, dalla notifica al contribuente di una richiesta di chiarimenti da fornire entro il termine di 60 giorni.
      La difesa erariale ha sostenuto che tale prescrizione impone all’Ufficio solo di notificare la richiesta di chiarimenti, ma non di attendere il termine dilatorio previsto per l’emissione dell’atto impositivo.
      La Suprema Corte ha cassato tale tesi, affermando che “è con ogni evidenza illogica e contraria alla ratio della disposizione”, atteso che, se così non fosse, “la richiesta resterebbe a ben vedere un vuoto adempimento privo di senso se non seguisse anche la necessità di attendere il termine fissato per l’invio dei chiarimenti” da parte del contribuente.

      Del resto – ha ribadito la Cassazione – il principio del contraddittorio endoprocedimentale, poiché manifestazione di principi costituzionali ed espressione della giurisprudenza comunitaria (cfr. cause C-349/07e C-276/12), comporta la nullità dell’atto impositivo in caso di sua violazione, anche qualora la specifica sanzione di nullità non sia espressamente prevista. Ciò in analogia a quanto già stabilito dai giudici di legittimità circa la nullità del cosiddetto “accertamento anticipato” emesso in violazione dell’art. 12, comma 7 dello Statuto (Cass. nn. 18184/2013, 25759/2014 e 406/2015).
      Se l’atto impositivo è nullo per mancato rispetto del contraddittorio endoprocedimentale previsto, quando la fattispecie normativa, come nel caso del predetto art. 12, non prevede espressamente la nullità come sanzione, tanto più è nullo – hanno evidenziato i Supremi Giudici – quando è la stessa norma a stabilire espressamente la nullità, come nel caso del vecchio art. 37-bis (ora del nuovo art. 10-bisdello Statuto).
      Né può assumere alcun rilievo la mancata allegazione di specifici pregiudizi subiti in conseguenza del mancato rispetto del termine, dovendo tale pregiudizio ritenersi di per sé conseguire alla violazione della regola procedimentale, in quanto posta a tutela del fondamentale diritto di difesa del contribuente. Ciò vale ancor più nel caso oggetto della pronuncia in commento, in cui l’intenzione di avvalersi del termine concesso era stata espressamente manifestata dal contribuente, con l’annunciato proposito di presentare chiarimenti ulteriori rispetto a quelli presentati in un incontro con l’Ufficio per una possibile adesione.

      A sommesso parere di chi scrive, però, la parte veramente innovativa e rilevante della pronuncia è quella finale, perché potrebbe, in qualche modo, anticipare le rilevanti conclusioni delle Sezioni Unite sulla pendente questione circa la nullità degli atti impositivi cosiddetti “a tavolino” – non conseguenti a PVC e, quindi, non soggetti al termine dilatorio di 60 giorni ex art. 12, comma 7 dello Statuto – emessi in assenza di contraddittorio procedimentale.
      Nella parte conclusiva della sentenza si legge infatti che non può sostenersi l’emendabilità del vizio invalidante in questione attraverso la prova di resistenza fondata sulla (mancata) dimostrazione in concreto dell’effettivo pregiudizio subito dal soggetto destinatario dell’atto, ovvero sulla dimostrazione che il contenuto dispositivo dell’atto non avrebbe comunque potuto essere diverso: ciò ai sensi dell’art. 21-octies, comma 2 della L. 241/1990, a mente del quale non è annullabile il provvedimento adottato in violazione di norme sul procedimento o sulla forma degli atti qualora, per la natura vincolata del provvedimento, sia palese che il suo contenuto dispositivo non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato.

      L’avviso di accertamento non è, però, secondo la Suprema Corte, un atto vincolato, quanto piuttosto un atto a contenuto variabile, in relazione al diverso fatto economico presupposto, sicché non risulta applicabile la prefata disposizione.
      Diversamente, l’accertamento della validità dell’atto emesso in violazione del contraddittorio resterebbe affidato a un criterio di individuazione labile e malcerto, quale quello dell’idoneità delle difese che il contribuente avrebbe spiegato in sede procedimentale a modificare l’esito del procedimento.

      Richiamando, quindi, proprio l’ordinanza n. 527/2015, con cui è stata rimessa alle Sezioni Unite la questione della nullità degli atti “a tavolino” non preceduti da contraddittorio, la Cassazione ha osservato che, se le ragioni opposte dal contribuente alla pretesa fiscale sono fondate, esse sono di per sé sufficienti a portare all’annullamento dell’atto impositivo, a prescindere dal vizio procedimentale di violazione del contraddittorio; se invece non lo sono, vuol dire che le stesse sono infondate e, quindi, il procedimento non avrebbe avuto un esito diverso anche se tali ragioni fossero state spiegate nel contraddittorio procedimentale.
      Per superare quest’aporia si dovrebbe quindi ricorrere alla distinzionetra ragioni meramente pretestuose e ragioni infondate ma non pretestuose (di guisa che, per ottenere l’annullamento dell’atto impositivo per vizio procedimentale di violazione del contraddittorio, basterebbe al contribuente dimostrare non che le allegazioni che egli avrebbe proposto nel contraddittorio procedimentale erano sufficienti per escludere la ripresa fiscale, ma solo che esse erano ragionevoli e meritevoli di considerazione), ma si tratterebbe, con ogni evidenza, di distinzione foriera di notevoli incertezze applicative.

      Insomma, la Cassazione sembrerebbe prepararsi il terreno per affermare che qualsiasi atto impositivo, emesso in assenza di contraddittorio, è di per sé nullo, senza che sia necessario che il contribuente dimostri alcunché circa le sue argomentazioni difensive. Alle Sezioni Unite l’ultima parola.

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        sanzioni
        Al riguardo, la GdF precisa che, anche per le ipotesi delittuose per le quali è configurabile la causa di non punibilità, resta fermo l’obbligo di procedere alla trasmissione all’Autorità giudiziaria della notizia di reato, ponendo in evidenza ogni dato utile concernente l’eventuale condotta del contribuente volta a soddisfare gli interessi erariali.

        Quanto alla applicazione temporale delle nuove disposizioni, si afferma quanto segue:

        il nuovo reato di omessa dichiarazione del sostituto d’imposta ed il delitto di dichiarazione fraudolenta mediante altri artifici commesso da un contribuente “non” obbligato alla tenuta delle scritture contabili sono applicabili solo ai fatti commessi dal 22 ottobre 2015; in caso di innalzamento delle soglie di punibilità (ad esempio, per omesso versamento di ritenute e di IVA), trattandosi di modifiche favorevoli al reo, deve ritenersi che le nuove disposizioni valgano retroattivamente, ovvero le nuove soglie rilevano anche per le condotte poste in essere ante 22 ottobre 2015;
        gli incrementi di pene stabiliti per i reati di occultamento o distruzione di documenti contabili e per le indebite compensazioni di crediti inesistenti, infine, possono essere inflitti solo per le condotte perpetrate a decorrere dalla suddetta data.

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          Originariamente inviato da ROL Visualizza il messaggio
          sanzioni
          Al riguardo, la GdF precisa che, anche per le ipotesi delittuose per le quali è configurabile la causa di non punibilità, resta fermo l’obbligo di procedere alla trasmissione all’Autorità giudiziaria della notizia di reato, ponendo in evidenza ogni dato utile concernente l’eventuale condotta del contribuente volta a soddisfare gli interessi erariali.

          Quanto alla applicazione temporale delle nuove disposizioni, si afferma quanto segue:

          il nuovo reato di omessa dichiarazione del sostituto d’imposta ed il delitto di dichiarazione fraudolenta mediante altri artifici commesso da un contribuente “non” obbligato alla tenuta delle scritture contabili sono applicabili solo ai fatti commessi dal 22 ottobre 2015; in caso di innalzamento delle soglie di punibilità (ad esempio, per omesso versamento di ritenute e di IVA), trattandosi di modifiche favorevoli al reo, deve ritenersi che le nuove disposizioni valgano retroattivamente, ovvero le nuove soglie rilevano anche per le condotte poste in essere ante 22 ottobre 2015;
          gli incrementi di pene stabiliti per i reati di occultamento o distruzione di documenti contabili e per le indebite compensazioni di crediti inesistenti, infine, possono essere inflitti solo per le condotte perpetrate a decorrere dalla suddetta data.




          Secondo quanto ora previsto dall’art. 13 del DLgs. 74/2000, non sono più perseguibili penalmente
          gli omessi versamenti di ritenute dovute o certificate (art. 10-bis del DLgs. 74/2000),
          gli omessi versamenti dell’IVA (art. 10-ter del DLgs. 74/2000)
          e l’indebita compensazione di soli crediti non spettanti (art. 10-quater comma 1 del DLgs. 74/2000), quando il contribuente versi integralmente le somme dovute all’Erario, comprese le sanzioni amministrative e gli interessi maturati, prima della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado. L’integrale pagamento degli importi dovuti può anche avvenire a seguito delle speciali procedure conciliative e di adesione all’accertamento previste dalle norme tributarie (acquiescenza, adesione ai verbali di constatazione, adesione all’invito al contraddittorio, accertamento con adesione, mediazione e conciliazione giudiziale) nonché del ravvedimento operoso.

          Non saranno, inoltre, punibili
          i reati di dichiarazione infedele (art. 4)
          e omessa dichiarazione (art. 5) “se i debiti tributari, comprese sanzioni e interessi, sono stati estinti mediante integrale pagamento degli importi dovuti, a seguito del ravvedimento operoso o della presentazione della dichiarazione omessa entro il termine di presentazione della dichiarazione relativa al periodo d’imposta successivo,
          sempreché il ravvedimento o la presentazione siano intervenuti prima che l’autore del reato abbia avuto formale conoscenza di accessi, ispezioni, verifiche o dell’inizio di qualunque attività di accertamento amministrativo o di procedimenti penali”. Fuori da tali casi, l’estinzione integrale del debito tributario costituisce circostanza attenuante ad effetto speciale (con riduzione fino alla metà della pena rispetto alla precedente possibile attenuazione fino ad un terzo).

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            Domani parliamo di società di comodo....



            http://www.fiscooggi.it/files/u5/ras...5.11.12_02.pdf

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              off topic
              intercettazioni

              http://www.fiscooggi.it/files/u5/ras...5.11.12_05.pdf

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                In un certo senso legato a queste società di comodo possiamo associare un'altra situazione....

                Domanda..

                Come può un contribuente generare crediti iva fittizi e al contempo affermarsi in campo commerciale riuscendo a vendere beni ridotti fino al 50% del loro valore commerciale?

                In realtà questi sono gli straccioni-fusibili...

                i papponi veri sono questi....--> Come può un azienda acquistare beni sapendo che il bene ha un valore di mercato superiore del 50%?


                di cosa stiamo parlando?

                Commenta


                  Per evoluti....

                  Come mai il regime iva UE operi ancora in via transitoria?

                  Come mai la normativa penal tributaria non preveda una fattispecie specifica per le frodi carosello?

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                    @ Marylee

                    http://www.askanews.it/regioni/lazio..._711658225.htm

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                      Originariamente inviato da ROL Visualizza il messaggio
                      In un certo senso legato a queste società di comodo possiamo associare un'altra situazione....

                      Domanda..

                      Come può un contribuente generare crediti iva fittizi e al contempo affermarsi in campo commerciale riuscendo a vendere beni ridotti fino al 50% del loro valore commerciale?

                      In realtà questi sono gli straccioni-fusibili...

                      i papponi veri sono questi....--> Come può un azienda acquistare beni sapendo che il bene ha un valore di mercato superiore del 50%?


                      di cosa stiamo parlando?

                      Bravissimi...

                      http://www.ilgiorno.it/milano/evasio...cale-1.1477588

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