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    Bilanci 2014: i nuovi Oic dettano le regole

    L’Organismo Italiano di contabilità, con l’emanazione del nuovo OIC 24, relativo alle immobilizzazioni immateriali, ha completato l’aggiornamento dei principi contabili nazionali.

    All’appello manca soltanto l’Oic 11, relativo alle finalità e ai postulati di bilancio, e l’Oic 3, dedicato ai derivati: il loro aggiornamento è stato semplicemente differito, in attesa che l’Italia recepisca la direttiva n.34/13.

    Non rientrano invece nel progetto di revisione i principi dedicati alle operazioni straordinarie, quali l’Oic 4, 5 e 6, dedicati rispettivamente alle fusioni e scissioni, ai bilanci di liquidazione e alle ristrutturazioni di debito. Sono già stati pubblicati nel 2013 nella loro nuova versione anche i principi Oic 7 e Oic 8, relativi ai certificati verdi e alle quote di emissione di gas a effetto serra.

    I nuovi Oic si applicano ai partire ai bilanci chiusi al 31.12.2014.
    Come più volte è stato ricordato dagli esperti, la revisione dei principi può rappresentare un’ottima occasione per i redattori dei bilanci per rivedere i comportamenti passati e per correggere eventuali imperfezioni.

    Si pensi, a tal proposito, agli ammortamenti dei terreni sui quali insistono dei fabbricati.
    In alcuni casi si è continuato ad ammortizzare il terreno unitamente al fabbricato, in virtù di una piccola precisazione contenuta nella precedente versione del principio contabile n.16, che tuttavia riguardava un caso estremamente raro. Ci si riferisce, in particolare, alla previsione secondo la quale il valore del terreno poteva non essere scorporato da quello dei fabbricato quando il valore del terreno tendeva a coincidere con il valore del fondo di ripristino o bonifica del sito.
    Oggi tale previsione è scomparsa, per cui risulta necessario dare distinta evidenza al valore del terreno.

    Sempre in merito alle immobilizzazioni materiali, merita di essere richiamata un’altra importante novità. È stata infatti eliminata la previsione secondo la quale era necessario sospendere l’ammortamento dei cespiti che non erano utilizzati per lungo tempo.
    In virtù delle attuali previsioni, invece, si rende necessario continuare il processo di ammortamento, in considerazione del fatto che, nel periodo in esame, il bene è comunque oggetto di obsolescenza tecnica ed economica.

    Particolare attenzione deve essere riservata anche alla valutazione dei lavori ultrannuali. Nel nuovo principio contabile 23 è stato infatti espressamente chiarito che il metodo da applicare è quello della percentuale di completamento, se possono ritenersi rispettate determinate condizioni.
    Solo nel caso in cui tali condizioni non siano rispettate sarà possibile optare per il metodo della commessa completata.
    Più precisamente, sarà necessario ricorrere al metodo della percentuale di completamento se esiste un contratto vincolante tra le parti che definisca chiaramente le obbligazioni in capo a ciascuna di esse; se il diritto al corrispettivo matura con ragionevole certezza via via che i lavori proseguono; se non vi sono incertezze in merito alla capacità dei contraenti ad adempiere agli obblighi contrattuali; se il risultato della commessa può essere attendibilmente misurato.

    Altre importanti precisazioni riguardano le poste del patrimonio. Nel nuovo principio contabile OIC 28 viene infatti chiarito che la rinuncia di qualsiasi credito da parte del socio è trattata contabilmente alla stregua di un apporto di patrimonio.
    Pertanto nel caso di rinuncia dei soci al diritto di restituzione, la scrittura contabile in partita doppia della società deve essere necessariamente è "Debiti verso soci” a “riserve", mentre non è possibile movimentare i conti economici (non può quindi essere rilevata la scrittura contabile "Debiti verso soci” a “sopravvenienze").
    Si sottolinea come, in precedenza, tale previsione fosse limitata ai crediti finanziari, mentre attualmente la previsione è estesa a qualsiasi credito, anche commerciale. Rileva, a tal fine, unicamente la volontà di patrimonializzare la società.

    Sempre con riferimento al patrimonio netto, è stato precisato che i “versamenti in conto futuro aumento di capitale” possono essere iscritti soltanto se gli apporti non sono effettivamente restituibili.

    Nei nuovi principi contabili è dato inoltre notevole risalto al rendiconto finanziario: un documento che ogni società dovrebbe redigere e al quale appunto è dedicato un apposito principio, il 10.
    Si prevede inoltre l’inclusione di questo documento nella nota integrativa, non più nella relazione sulla gestione come in passato.

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      I nuovi Oic calcolano le imposte

      Spesso si tende a tenere nettamente distinti gli aspetti del bilancio civilistico dai risultati fiscali d’impresa. In realtà invece le interrelazioni tra i due aspetti sono di gran lunga maggiori di quanto, a prima vista, potrebbe apparire.

      È infatti da rilevare che, quando non sono dettate specifiche norme fiscali per la determinazione del reddito d’impresa, a farla da padrona sono proprio i principi contabili che indicano ai redattori dei bilanci le linee guida da seguire.

      A tal proposito merita di essere richiamata un’importante sentenza della Corte di Cassazione, la n.22016 del 17 ottobre 2014.

      Nel caso in oggetto, l’Agenzia delle Entrate aveva emesso avviso di accertamento dopo aver ritenuto indebita la deduzione dell’ammortamento dei beni strumentali.
      La società, infatti, dal 1999, aveva modificato immotivatamente il piano di ammortamento dei beni strumentali adottato fino all’anno prima, elevando i coefficienti di ammortamento dalla percentuale del 50% a quella del 100%.
      Nella sentenza possiamo leggere ancor meglio le motivazioni addotte dagli Uffici: “tale comportamento veniva ritenuto contrario all'obbligo di redigere il bilancio con chiarezza e verità ex articolo 2423 c.c. ed al principio stabilito dall'articolo 2426 c.c. per cui il costo delle immobilizzazioni dev'essere ammortizzato in modo sistematico e tendenzialmente uniforme, in relazione alla residua possibilità di utilizzazione del bene”.

      Appare immediato comprendere come le motivazioni appena richiamate siano di natura prettamente civilistica e nulla hanno a che vedere con le disposizioni fiscali.

      Eppure la Corte di Cassazione ha riconosciuto piena rilevanza ai principi contabili di redazione del bilancio, anche ai fini fiscali, statuendo che le quote di ammortamento non possono essere determinate e variate in modo arbitrario dalla società, “ma devono essere rapportate, in modo tendenzialmente uniforme, alla durata normale di utilizzazione dei beni strumentali, in quanto l'articolo 67 (adesso 102) TUIR non introduce una deroga alle disposizioni del codice civile in materia di redazione del bilancio, le quali sono destinate a valere anche ai fini delle determinazioni fiscali”.

      Gli altri principi contabili rilevanti
      L’incidenza dei principi contabili sulla determinazione del reddito fiscale non si esaurisce con gli ammortamenti.

      Meritano a tal proposito di essere ricordate anche le disposizioni contenute negli Oic 13 e 16 in merito alla capitalizzazione degli interessi passivi.
      Se infatti gli interessi sono imputati al valore delle immobilizzazioni materiali o delle rimanenze nel rispetto delle disposizioni di cui ai principi contabili, nulla potrà essere eccepito dal Fisco, mentre nel caso in cui la scelta appaia come arbitraria potrà essere facilmente dimostrata la volontà di aggirare le disposizioni di cui all’articolo 96 del Tuir che limitano le deduzione degli interessi passivi.

      Un altro aspetto interessante attiene allo spostamento di un immobile dalle immobilizzazioni immateriali all’attivo circolante, in quanto destinato alla rivendita.
      Abbiamo già avuto modo di parlare diverse volte di questo “spostamento” e dei rilevantissimi effetti che lo stesso potrebbe avere ai fini del test di operatività per l’applicazione della disciplina sulle società di comodo.
      Anche in questo caso, però, non si potrà procedere secondo scelte arbitrarie, ma si dovrà rispettare quanto disposto dal principio contabile OIC 16.

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        Terreni sempre distinti dai fabbricati

        I terreni e i fabbricati dovranno sempre trovare una distinta esposizione in bilancio: è questa un’importante precisazione contenuta nel nuovo Oic 16, applicabile dai bilanci chiusi dal 31.12.2014.

        Per la precisione, anche la precedente versione del principio prevedeva la necessità di scorporare il valore del terreno.
        Tuttavia chiariva anche che era possibile non scorporare il valore del terreno dal fabbricato se il valore del terreno stesso tendeva a coincidere con il valore dell’eventuale fondo di bonifica o ripristino.
        In altre parole, il costo di bonifica, sostituendo l’ammortamento, andava ad azzerare il costo del terreno, lasciando evidenza, in bilancio, soltanto del valore del fabbricato.

        Il nuovo principio contabile, invece, prevede che sia sempre data distinta evidenza del valore del terreno e dell’eventuale fondo di ripristino.

        Ecco quindi che, nei bilanci chiusi dal 31.12.2014 sarà sempre necessario dividere il valore del terreno da quello del fabbricato, anche se, successivamente, i due importi saranno accolti entrambi nell’unica voce dell’attivo “Terreni e Fabbricati” (B.II.1).

        La determinazione del valore

        Nel determinare il valore da attribuire al terreno non si potrà far riferimento, esclusivamente, alla disciplina fiscale.

        In altre parole, non sarà possibile limitarsi ad applicare la percentuale forfettaria del 20% (o del 30% per i fabbricati industriali) del costo complessivo.

        Sarà invece necessario ricorrere a una stima oggettiva, che potrebbe emergere anche a seguito di una perizia interna.

        Come rimediare al passato
        Le novità, come prima detto, devono trovare applicazione dal bilancio chiuso a partire dal 31.12.2014. Come comportarsi, però, con il fondo ammortamento al 31.12.2013?

        In questo caso è necessario distinguere due casi:
        - la situazione pregressa è frutto di un errore;
        - nel passato, effettivamente, il mancato scorporo del terreno era giustificato dall’esistenza di un fondo di ripristino.


        Nel primo caso si suggerisce di seguire quanto stabilito dall’Oic 29, ovvero di stornare il fondo ammortamento immobilizzazioni con l’iscrizione di una sopravvenienza straordinaria attiva.
        In questo caso infatti si tratta di una vera e propria correzione di errori, non imputabili alle intervenute modifiche nel principio contabile.

        Nel secondo caso, invece, è possibile iscrivere un fondo di ripristino o bonifica, con una semplice scrittura che veda in dare il fondo ammortamento immobilizzazioni e, in avere, il fondo oneri di ripristino o bonifica. Successivamente sarà inoltre necessario verificare la congruità del fondo stesso.

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          Bilancio: la rinuncia al credito da parte del socio

          Una delle novità più importanti contenute nell’OIC 28, dedicato al patrimonio netto, riguarda la rinuncia del credito da parte del socio.

          Viene infatti chiarito che se la rinuncia del credito da parte del socio si concretizza in un atto formale effettuato esplicitamente nella prospettiva del rafforzamento patrimoniale della società, il trattamento contabile deve essere lo stesso di un apporto di patrimonio.

          Pertanto, la rinuncia dei soci al diritto alla restituzione, trasforma il debito della società in una posta di patrimonio netto avente natura di riserva di capitale, e non dovrà mai transitare nel conto economico.

          In altre parole, la scrittura contabile in partita doppia della società deve essere necessariamente "Debiti verso soci a riserve", mentre non è possibile movimentare i conti economici (non può quindi essere rilevata la scrittura contabile " Debiti verso soci a sopravvenienze").

          Uno sguardo al passato - Anche la precedente versione del principio contabile OIC 28 prevedeva che la rinuncia del credito da parte del socio trasformasse il debito in una posta di patrimonio netto, ma tale diposizione era limitata ai crediti finanziari.
          Attualmente la previsione è estesa a qualsiasi credito, anche di natura commerciale.

          Richiamiamo qualche esempio per comprendere meglio.
          Ipotizziamo che un socio, a causa delle difficoltà economiche della società, abbia deciso di finanziare la società per euro 1.000. L’anno successivo decide di rinunciare al credito.
          L’attuale Oic 28, come la precedente versione del principio, prevede che la scrittura contabile da effettuare sia "Debiti verso soci a riserve".

          Sempre la stessa società, specializzata nella produzione di abbigliamento, ha un socio che produce stoffe, il quale ha fornito materie prime alla stessa, sempre per euro 1.000.
          Anche questo socio decide di rinunciare al suo credito. Ebbene, in questo caso la nuova versione del principio si discosta dalla precedente e richiede che, in ogni caso, non siano movimentati dei conti reddituali
          .


          Il rafforzamento patrimoniale della società - Il principio espressamente stabilisce che la rinuncia del credito del socio è trasformato in un apporto di patrimonio soltanto se è chiaro l’intento di rafforzare il patrimonio della società.

          Anche in questo caso, per comprendere meglio la previsione, richiamiamo un esempio.
          Ipotizziamo che il socio che produce stoffe di cui all’esempio precedente abbia fornito alla società dei tessuti che presentano dei difetti qualitativi. La società richiede ed ottiene quindi un abbuono.
          In questo specifico caso non si può certo parlare di una volontà di patrimonializzare la società, ma, semplicemente, di un difetto nella fornitura dei prodotti.
          Sarà quindi necessario rilevare un abbuono, come nelle ordinarie transazioni commerciali.


          Le penalizzazioni per la società - La novità appena richiamata potrebbe portare con sé alcune penalizzazioni per le società che detengono partecipazioni in società controllate o collegate.

          Al fine di comprendere meglio quanto appena esposto merita di essere richiamato un esempio.
          Si immagini che la società Alfa Srl detenga una partecipazione in Beta Srl. Alfa Srl è altresì un fornitore di Beta e vanta verso la stessa un credito.
          Decide di rinunciare al credito in oggetto (la volontà è quella di capitalizzare Beta Srl): in questo caso appare ovvio comprendere come, se per Beta la rinuncia rappresenta una posta di patrimonio netto, per Alfa necessariamente, la stessa rinuncia, dovrà configurare un aumento del valore della partecipazione.



          Ciò potrebbe avere negativi effetti soprattutto dal punto di vista fiscale, in quanto:
          - in occasione della rinuncia del credito Alfa Srl non potrà rilevare un componente negativo di reddito, ma dovrà incrementare il valore della sua partecipazione;
          - eventuali svalutazioni delle partecipazioni che successivamente dovrebbero rendersi necessarie sarebbero comunque indeducibili per Alfa Srl.

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            Bilancio: il valore di mercato abbatte le rimanenze

            Ai sensi dell’articolo 2426, punto 9, Codice civile, le rimanenze sono iscritte al costo di acquisto o di produzione o, se minore, al valore di realizzazione desumibile dal mercato.

            Ma cosa sono esattamente le “rimanenze”?
            Ebbene, possiamo dire che con il termine “rimanenze” possono essere indicate le giacenze di magazzino a fine esercizio di materie prime, sussidiarie e di consumo, nonché di prodotti in corso di lavorazione e semilavorati:
            - conservate presso gli stabilimenti e i magazzini della società (eccezion fatta per quelle ricevute da terzi in visione, in prova, in conto lavorazione, deposito, ecc.);
            - conservate presso terzi in conto deposito, lavorazione, prova, ecc., ma di proprietà della società;
            - ancora in viaggio e non ancora pervenute quando, secondo le modalità dell’acquisto, la società ha già acquisito il titolo di proprietà.

            La valutazione
            Come abbiamo già anticipato, le rimanenze sono valutate in bilancio al minore tra il costo di acquisto o produzione e il valore di realizzazione desumibile dal mercato (articolo 2426, numero 9, codice civile).
            Questo principio deve ritenersi applicabile a tutte le rimanenze di magazzino: dalle materie prime ai prodotti finiti.

            Il costo di acquisto

            Con riferimento al costo di acquisto, risulta utile richiamare un’importante distinzione:

            - per le merci e le materie prime, sussidiarie e di consumo è necessario far riferimento al costo di acquisto, ovvero al prezzo effettivo d’acquisto, al quale devono essere sommati gli oneri accessori (costi di trasporto, dogana, altri costi).
            I resi, gli sconti (tranne gli sconti cassa, che rappresentano dei proventi finanziari), gli abbuoni e premi devono essere portanti in diminuzione dei costi;

            - per i prodotti finiti, i semilavorati e i prodotti in corso di lavorazione rileva il costo di produzione, ovvero il costo di acquisto, al quale vanno sommati i costi industriali di produzione.

            I costi industriali di produzione non sono rappresentati soltanto dai costi diretti (si pensi, ad esempio, al costo materiali utilizzati, costo della mano d’opera diretta, imballaggi, ecc.), ma anche dai costi indiretti.
            Rientrano nel novero dei costi indiretti la mano d’opera indiretta e costi della direzione tecnica dello stabilimento, gli ammortamenti dei cespiti destinati alla produzione, le manutenzioni e riparazioni, i materiali di consumo, nonché gli altri costi effettivamente sostenuti per la lavorazione di prodotti. Non vi rientrano, invece, i costi di natura eccezionale o anomali. Si pensi, a tal proposito, ai costi che l’azienda potrebbe sostenere per una riparazione eccezionale degli impianti a seguito di un incendio.
            Merita infine di essere ricordato che, come espressamente chiarisce il principio contabile Oic n.13, i costi generali (o indiretti) fissi devono essere imputati in base al normale livello di produzione: considerare il valore reale della produzione potrebbe infatti portare all’errata determinazione del costo effettivamente sostenuto.

            In virtù di quanto appena chiarito è facile comprendere che la valutazione delle rimanenze comporta un esame dei costi sostenuti che, nella pratica, è difficile da attuare.
            È pertanto ammessa l’assunzione di ipotesi che consentano di “standardizzare” il flusso delle rimanenze.
            Per ognuna delle ipotesi che sono poste alla base della descrizione del flusso delle giacenze possiamo individuare un metodo di determinazione del costo (dal LIFO al FIFO, senza dimenticare il costo medio ponderato).

            Il valore di realizzazione
            Con specifico riferimento al valore di realizzazione, rileva:
            - il valore netto di realizzazione per merci, prodotti finiti, semilavorati e prodotti in corso di lavorazione;
            - il costo di sostituzione per materie prime e sussidiarie.

            L’errore da evitare
            In considerazione del fatto che il magazzino deve essere valutato al minore tra costo e valore di mercato, il redattore del bilancio potrebbe essere indotto a compensare eventuali perdite (voci il cui costo eccede il valore di mercato), con gli utili sperati ma non realizzati (voci il cui il valore di mercato eccede il costo).
            Questo comportamento deve ritenersi inammissibile, in virtù di quanto stabilito dell’articolo 2423-bis codice civile, secondo il quale “gli elementi eterogenei ricompresi nelle singole voci devono essere valutati separatamente”.

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              Capitalizzazione degli oneri finanziari

              I criteri da seguire nel nuovo principio contabile Oic 13

              Premessa – Al paragrafo 41 del Principio contabile OIC 13 è stato chiarito che “la capitalizzazione degli oneri finanziari è ammessa solo con riferimento a beni che richiedono un periodo di produzione (ad esempio, per la maturazione o l’invecchiamento) significativo”. La capitalizzazione è dunque ammessa solo se il periodo di produzione è “significativo”, da intendersi nel senso di “non breve” e inoltre non può portare a un valore del bene superiore al suo valore di realizzazione, e nel caso in cui si opti per la stessa, tale metodologia deve essere “applicata in modo costante nel tempo”.

              Nuovo Oic 13 – L’organismo italiano contabilità (OIC) ha elaborato una nuova edizione dell’Oic 13 allo scopo di renderne più agevole la lettura e l’utilizzo. Le variazioni apportate hanno comportato un riordino generale della tematica e un miglior coordinamento con le disposizioni degli altri principi contabili nazionali.

              Rimanenze - Il nuovo Principio contabile OIC 13, relativo alle rimanenze, fornisce utili chiarimenti in tema di capitalizzazione degli interessi passivi e degli altri oneri finanziari e di valorizzazione delle rimanenze quando, per i correlati acquisti, l’impresa ha ricevuto dei contributi in conto esercizio.

              Oneri finanziari – Per quanto riguarda gli oneri finanziari per il disposto dell’art. 2426, primo comma, nn. 1) e 9), c.c., il costo di produzione delle rimanenze può comprendere “gli oneri relativi al finanziamento della fabbricazione, interna o presso terzi”. Tali oneri, rappresentati dagli interessi passivi e dagli altri oneri finanziari, possono essere assunti per la sola “quota ragionevolmente imputabile al prodotto”, corrispondente “al periodo di fabbricazione e fino al momento dal quale il bene può essere utilizzato”.

              Principi contabile – Al riguardo l’Oic nel principio contabile 13 ha chiarito che gli oneri finanziari sono generalmente esclusi dalla determinazione del costo delle rimanenze. La capitalizzazione degli oneri finanziari è ammessa solo con riferimento a beni che richiedono un periodo di produzione (ad esempio per la maturazione o l’invecchiamento) significativo. Il limite della capitalizzazione degli oneri finanziari è rappresentato dal valore di realizzazione del bene ed inoltre la scelta di capitalizzare gli oneri finanziari è applicata in modo costante nel tempo.

              Rappresentazione in bilancio – Per quanto riguarda la rappresentazione in bilancio degli oneri finanziari capitalizzati a seguito del rimando che il paragrafo 41 del Principio contabile OIC 13 fa ai criteri di capitalizzazione degli oneri finanziari previsti dal Principio contabile OIC 16 (paragrafi da 33 a 36), gli interessi passivi e gli altri oneri finanziari che sono oggetto di capitalizzazione devono comunque essere imputati alla voce C.17) del conto economico, Interessi e altri oneri finanziari, e la loro capitalizzazione avverrà mediante la loro considerazione nella valorizzazione delle rimanenze finali, andando quindi ad influire sulla “variazione delle rimanenze” rappresentata nel conto economico.

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                CREDITI: un nuovo Principio contabile

                Il 26 giugno 2014, con la pubblicazione dei primi tre Principi contabili, approvati in via definitiva dagli Organi dell’OIC, si è compiuto un importante passo nell’ambito del progetto di aggiornamento dei principi contabili nazionali.

                I nuovi Principi contabili, che potranno essere applicati ai bilanci chiusi a partire dal 31 dicembre 2014 sono l’OIC 15 “Crediti”, l’OIC 20 “Titoli di debito” e l’OIC 21 “Partecipazioni e azioni proprie”.
                Si ricorda che è tuttavia consentita una loro applicazione anticipata.

                Il nuovo OIC15
                Con specifico riferimento al Principio contabile OIC 15 “Crediti” le principali novità si sostanziano:
                - nel maggior dettaglio con il quale viene affrontato il tema dello scorporo/attualizzazione dei crediti;
                - nelle più precise istruzioni riguardo il procedimento di valutazione collettiva dei crediti e alcuni aspetti specifici della svalutazione dei crediti.
                Più precisamente, l’attenzione viene focalizzata sul concetto di “classi omogenee” e sui crediti assistiti da garanzia o assicurati;
                - nella precisazione che, in caso di vendita a rate con riserva di proprietà, il ricavo della vendita e il relativo credito sono iscritti in sede di consegna del bene.

                La novità più importante è però sicuramente quella che prevede la cancellazione dei crediti dal bilancio solo nel caso di operazioni di cessione che comportino il trasferimento dei rischi.

                È infatti da ricordare come con la Legge di stabilità 2014 sia stata espressamente ammessa la deducibilità fiscale delle perdite su crediti iscritte in bilancio secondo i corretti Principi contabili: è immediato quindi comprendere come le novità ora richiamate abbiano una duplice valenza, non solo civilistica, ma anche fiscale.

                La cancellazione dei crediti
                Secondo il nuovo Principio contabile, la società può cancellare il credito in bilancio quando:
                1. i diritti contrattuali sui flussi finanziari derivanti dal credito si estinguono;
                oppure:
                2. la titolarità dei diritti contrattuali sui flussi finanziari derivanti dal credito è trasferita e con essa sono trasferiti sostanzialmente tutti i rischi inerenti al credito.

                In considerazione dei punti appena richiamati, se con l’operazione si ha il trasferimento sostanziale di tutti i rischi è necessario iscrivere in bilancio la perdita da cessione, pari alla differenza tra:
                - il corrispettivo;
                e
                - il valore nominale del credito iscritto nell’attivo al netto delle perdite accantonate nel fondo svalutazione crediti.

                Sarà pertanto possibile cancellare il credito dal bilancio e rilevare quindi una perdita su crediti nel caso in cui siano poste in essere operazioni di forfaiting; datio in solutum; conferimento del credito; vendita del credito, compreso factoring con cessione pro soluto con trasferimento sostanziale di tutti i rischi del credito; cartolarizzazione con trasferimento sostanziale di tutti i rischi del credito.

                Al contrario, nel caso in cui non siano trasferiti tutti i rischi, la cessione del credito non comporta la sua cancellazione dal bilancio e lo stesso continua ad essere soggetto alle regole generali di valutazione dei crediti.

                Il Principio contabile sottolinea inoltre come l’obbligo di pagare penali, commissioni o franchigie nel caso di mancato pagamento del credito ceduto deve essere equiparato ad una garanzia sul credito ceduto e non può quindi considerarsi trasferito il rischio sul credito.
                Quest’importante precisazione è volta ad arginare quei comportamenti elusivi che potrebbero vedere nell’introduzione di particolari clausole contrattuali lo strumento per aggirare i principi richiamati e consentire quindi la cancellazione del credito dal bilancio pur in assenza dei necessari presupposti.

                Per concludere, merita di essere chiarito che, nella vita dell’impresa, non è scontato che vi sia un integrale trasferimento dei crediti: può infatti accadere che rimangano in capo al cedente alcuni rischi minimali.
                Ebbene, in tal caso il Principio contabile chiarisce che è necessario stanziare un apposito accantonamento, e dare evidenza del rischio residuo nei conti d’ordine.

                Le novità
                La disciplina appena esposta rappresenta indubbiamente una novità rispetto alla precedente impostazione dell’OIC 15.

                Come infatti abbiamo già avuto modo di sottolineare in precedenti interventi, il vecchio principio contabile consentiva la cancellazione del credito anche nel caso in cui i rischi non fossero stati tutti integralmente trasferiti: era infatti lasciata al redattore del bilancio la scelta della modalità di contabilizzazione della cessione.
                Appare ovvio come in tal modo venisse penalizzata la comparabilità dei bilanci.

                Il limite più grande nella precedente formulazione del Principio contabile era tuttavia rappresentata soprattutto dall’impossibilità di applicare in modo coerente le nuove norme in tema di deducibilità fiscale delle perdite su crediti.
                A fianco ad un’impresa che decideva di lasciare il credito in bilancio, infatti, ve ne poteva essere una che optava per la sua cancellazione, anche in mancanza di trasferimento integrale dei rischi: in quest’ultimo caso le eventuali perdite su crediti rilevate potevano considerarsi fiscalmente deducibili?
                Con la nuova formulazione dell’OIC n.15 questo problema ha quindi trovato una soluzione, in quanto la cancellazione del credito è stata subordinata al trasferimento dei rischi.

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                  Crediti tributari: l'indicazione in bilancio

                  Nella classificazione dei conti da esporre in bilancio, occorre prestare particolare attenzione alla compilazione della voce riguardante i crediti tributari, poiché, per effetto di una recente sentenza di Cassazione, la mancata indicazione dei citati crediti può comportare conseguenze negative per il contribuente.

                  Il bilancio. In questo documento, nell’attivo dello stato patrimoniale alla voce C.II. 4-bis Crediti tributari, come suggerisce l’OIC25, si evidenziano gli ammontari certi e determinati per i quali la società ha un diritto al realizzo tramite rimborso o compensazione, quali ad esempio: i crediti per eccedenze d’imposte correnti per i quali è stato richiesto il rimborso; l’Iva a credito da portare a nuovo; le ritenute a titolo di acconto subite all’atto della riscossione di determinati proventi; gli acconti eccedenti il debito tributario per imposte correnti. L’elencazione non è esaustiva, visto che nella voce in esame si ricomprende anche l’Iva richiesta a rimborso.

                  I precedenti giurisprudenziali. Pur se in materia di Iva, la Suprema Corte ha dettato dei principi per effetto dei quali non sempre è necessario esporre in dichiarazione la richiesta di rimborso Iva. Nella sentenza n. 10808/2012, i giudici di legittimità hanno sostenuto che compete sempre il rimborso dell’Iva al cessionario che ha ricevuto l’imposta tramite atto notarile, anche se il cedente non ha correttamente esposto il credito, ormai ceduto, nella propria dichiarazione annuale. Infatti, si legge nella sentenza, «la dichiarazione del contribuente non costituisce la fonte dell’obbligo tributario», poiché, nell’Iva, essa è data unicamente dal coinvolgimento del contribuente in una delle operazioni imponibili previste dall’articolo 1 del D.P.R. n. 633/1972, vale a dire l’Iva si applica sulle cessioni di beni e prestazioni di servizi effettuate nel territorio dello Stato nell’esercizio di imprese, arti e professioni e sulle importazioni da chiunque effettuate. E’ questa norma, dunque, che pone il contribuente nella posizione di evidenziare la maturazione del credito Iva. Con la sentenza n. 19326/2011, poi, la Cassazione ha stabilito che il contribuente ha diritto di ottenere il rimborso Iva, anche se la dichiarazione relativa all’anno in cui insorge il credito è presentata in ritardo. Ancora, a parere dei giudici della legge (Cass. n. 13920/2011) il rimborso Iva compete anche se per la richiesta è stato utilizzato un modello errato. La mancata esposizione della detrazione nelle dichiarazioni Iva periodiche e in quella annuale esclude il diritto di detrarre l’eccedenza, ma al contribuente compete il rimborso dell’imposta entro i termini di legge.

                  L’attuale giurisprudenza.
                  Recentemente, con riguardo ad una controversia riguardante una richiesta di rimborso Irpeg (attuale Ires), ma si ritiene che il principio valga anche per l’Iva, gli ultimi giudici, con ordinanza n. 6947 del 25 marzo 2014, hanno stabilito che «incombe al contribuente, il quale invochi il riconoscimento di un credito d’imposta, l’onere di provare i fatti costitutivi dell’esistenza del medesimo, e, a tal fine, non è sufficiente l’esposizione della pretesa nella dichiarazione, poiché il credito fiscale non nasce da questa, ma dal meccanismo fisiologico di applicazione del tributo». Pertanto, proseguono i giudici, è obbligo del contribuente fornire la prova dell’esistenza del credito stesso «mediante esibizione quanto meno del bilancio di esercizio, non essendo sufficiente la mera indicazione del credito nella dichiarazione» (in senso conforme Cass. n. 18427/2012; Cass. n. 10808/2012).

                  Conclusioni.
                  Alla luce di quanto precede, le società che si accingono a approvare il bilancio d’esercizio relativo al 2013, devono prestare attenzione all’esposizione dei crediti tributari, quindi all’esatta allocazione contabile in bilancio. D’altro canto, non bisogna dimenticare che le scritture contabili hanno efficacia probatoria, ai sensi degli articoli 2709 e seguenti c.c., dunque un eventuale contenzioso con l’Amministrazione Finanziaria può risolversi in modo favorevole per il contribuente con l’esibizione in giudizio delle scritture contabili al fine di dirimere la controversia relativa al rimborso del credito tributario. Pertanto, non basta più esporre il credito in esame in dichiarazione, ma è necessario che sia anche indicato nel bilancio.

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                    Nota integrativa: i "fatti" dopo la chiusura

                    Necessari per le corrette valutazioni e per prendere decisioni appropriate

                    Premessa – I “fatti intervenuti dopo la chiusura dell'esercizio” che devono essere illustrati in nota integrativa sono quelli che, pur non richiedendo variazioni nei valori dello stesso, influenzano la situazione esistente alla chiusura dell'esercizio.
                    Chiusura esercizio - Successivamente alla data di chiusura dell'esercizio e prima del consiglio di amministrazione chiamato ad approvare il progetto di bilancio, possono emergere fatti che, se recepiti, influenzerebbero le valutazioni di bilancio. In queste situazioni, nella prassi, si pone l'esigenza di verificare se sia necessario o no tenere in considerazione tali eventi nella fase di chiusura del bilancio. La disciplina di questi fatti è oggetto del principio contabile nazionale OIC 29. Per "fatti intervenuti dopo la chiusura dell'esercizio" si intendono, in sostanza, quei fatti, sia positivi che negativi, che si manifestano tra la data di chiusura e la data di formazione del bilancio d'esercizio (di norma coincidente con la data di redazione del progetto di bilancio da parte dell'organo amministrativo). Si possono distinguere le seguenti due tipologie: fatti successivi che devono essere recepiti nel bilancio e fatti successivi che non devono essere recepiti nel bilancio.

                    Fatti da recepire nel bilancio – I fatti successivi che devono essere recepiti nel bilanci sono i fatti che mettono in evidenza condizioni che esistevano già alla data di riferimento del bilancio, ma che si manifestano solo dopo la chiusura dell'esercizio e che richiedono modifiche ai valori delle attività e passività in bilancio. Qualora il loro effetto non sia determinabile, se ne deve dare informazione nella nota integrativa.

                    Fatti da non recepire -
                    I fatti successivi che non devono essere recepiti nel bilancio corrispondono ai fatti che modificano situazioni già esistenti alla data di riferimento del bilancio che, non richiedendo variazione dei valori di bilancio, devono essere menzionati in nota integrativa o, a seconda dei casi, nella relazione sulla gestione, perché comportano, nell'esercizio successivo, variazioni straordinarie o rilevanti della situazione di attività o passività esistenti alla data di chiusura. Questi eventi devono essere menzionati in quanto rappresentano avvenimenti la cui mancata comunicazione comprometterebbe la possibilità per i terzi di fare corrette valutazioni e prendere appropriate decisioni.

                    Nota integrativa -
                    I fatti successivi che devono essere illustrati in nota integrativa sono quelli che, pur non richiedendo variazioni nei valori dello stesso, influenzano la situazione esistente alla chiusura dell'esercizio e sono di importanza tale che la loro mancata comunicazione comprometterebbe la possibilità dei destinatari dell'informazione societaria di fare corrette valutazioni e prendere decisioni appropriate.

                    Descrizione - In tali casi, è necessario indicare la natura e la descrizione del fatto intervenuto, nonché, per quelli di maggiore significatività e rilevanza, la stima dell'effetto sulla situazione patrimoniale e finanziaria dell'impresa, oppure la dichiarazione che l'effetto non risulta determinabile.

                    Esempi - Esempi di fatti riportati dal principio contabile sono i seguenti: operazioni di natura straordinaria (fusioni, scissioni, conferimenti ecc.) deliberate dopo la chiusura dell'esercizio; annuncio di un piano di dismissioni di importanti attività; acquisti o cessioni di un'azienda significativa; distruzioni di impianti, macchinari, merci in seguito a incendi, inondazioni o altre calamità naturali; annuncio o avvio di piani di ristrutturazione; emissione di un prestito obbligazionario; aumento di capitale; assunzione di rilevanti impegni contrattuali; significativi contenziosi (contrattuali, legali, fiscali) sorti dopo la chiusura dell'esercizio; fluttuazioni anomale significative nei valori di mercato delle attività di bilancio o nei tassi di cambio con le valute straniere verso le quali l'impresa è maggiormente esposta senza coperture; richieste di ammissione alla quotazione nelle borse valori.

                    Relazione sulla gestione -
                    Nella relazione sulla gestione il codice civile richiede che in ogni caso risultino i fatti di rilievo avvenuti dopo la chiusura dell'esercizio (art. 2428, comma 3, n. 5, cod. civ.).

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                      Conferimenti nelle srl

                      La soglia di 10.000 euro determina il versamento

                      Premessa – Nelle nuove srl nel caso in cui il capitale sociale sia di almeno euro 10.000, la relativa sottoscrizione deve essere accompagnata dal versamento di almeno il 25% dei conferimenti in denaro e dall'intero ammontare di quelli in natura. Al contrario, nel caso in cui il capitale sia sotto euro 10.000, ma pari ad almeno euro 1, i conferimenti devono essere interamente versati al momento della sottoscrizione e possono effettuarsi solo in denaro.

                      Studio del notariato - Lo Studio 892-2013/I, approvato dal Consiglio nazionale del Notariato il 12.12.2013, incentrato sul tema delle nuove S.r.l., fornisce i primi chiarimenti dopo le ultime novità introdotte in materia dalla L. 99/2013 di conversione del D.L. 76/2013.

                      Capitale sociale -
                      Il Notariato, dopo avere rilevato che il Legislatore ha introdotto una serie di norme senza il necessario coordinamento delle stesse, si sofferma anche sul tema del capitale sociale precisando come, dal confronto tra le società con capitale di almeno euro 10.000 rispetto a quelle con importo inferiore, emerge che nelle prime i soci sono complessivamente tenuti a versare il 25% al momento della sottoscrizione, mentre nelle seconde, i conferimenti possono farsi soltanto in denaro e i soci sono complessivamente tenuti a versare tutti gli euro 9.999,99 all'atto della sottoscrizione.

                      Riserva - Non si esclude tuttavia che, anche quando il capitale sia inferiore a euro 10.000, i soci possano conferire beni in natura, ma tali apporti non potrebbero comunque essere imputati a capitale, quindi dovrebbero essere iscritti in apposita riserva.

                      Capitalizzazione -
                      Il Notariato evidenzia inoltre che non esiste per le nuove S.r.l. l'obbligo di capitalizzare la società fino all'importo di euro 10.000, ma semplicemente che il co. 5 dell'art. 2463 c.c., in deroga all'art. 2430 c.c., impone di accantonare un quinto, non un ventesimo, degli utili, fino a che la riserva non abbia raggiunto, unitamente al capitale, l'ammontare di euro 10.000 e non, invece, fino a che questa non abbia raggiunto il quinto del capitale.

                      Riserva legale - Tuttavia, al raggiungimento della soglia prevista per la riserva legale, non sussiste l'obbligo per la società di imputare a capitale quanto è stato accantonato né è previsto un termine di scadenza entro il quale la società sia tenuta a raggiungere, tra capitale e riserva, l'ammontare di euro 10.000.

                      Conferimento in denaro -
                      Il Notariato poi precisa che sia la regola dell'esclusività del conferimento in denaro sia quella dell'integrale versamento dello stesso devono essere rispettate anche in sede di aumento di capitale nei casi in cui, per effetto dell'aumento, il capitale della società non superi l'importo di euro 10.000.

                      Conferimenti in natura - Inoltre, se per effetto dell'aumento l'importo del capitale risulti pari o superiore a euro 10.000, i conferimenti potranno essere eseguiti anche in natura, laddove ciò sia previsto nell'atto costitutivo.

                      Versamento
                      - Parimenti, in caso di conferimento in denaro che aumenta il capitale a una soglia pari o superiore a euro 10.000, occorre versare il 25% dello stesso.

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