annuncio
Comprimi
Ancora nessun annuncio.
Il valigione del tirocinante
Comprimi
X
-
Il nuovo abuso del diritto
Assenza di sostanza economica dell'operazione e realizzazione di vantaggi fiscali indebiti come mero effetto essenziale dell'operazione: queste le caratteristiche del nuovo abuso del diritto previste dal Legislatore.
Il D.Lgs. 5 agosto 2015, n. 128, recante Disposizioni sulla certezza del diritto nei rapporti tra fisco e contribuente, al Titolo I, contiene la nuova disciplina dell'abuso del diritto, in attuazione della Delega Fiscale, di cui alla legge 23/2014 (Delega al Governo recante disposizioni per un sistema fiscale più equo, trasparente e orientato alla crescita).
Detta norma, come noto, aveva attribuito al Governo il compito di procedere alla revisione delle vigenti disposizioni antielusive al fine di unificarle al principio generale del divieto dell'abuso del diritto, in osservanza dei principi e dei criteri direttivi contenuti nella raccomandazione della Commissione europea sulla pianificazione fiscale aggressiva n. 2012/772/UE del 6 dicembre 2012.
La disposizione riscrive l'art. 10-bis dello Statuto dei diritti del contribuente, contestualmente abrogando il citato art. 37 bis, DPR 600.
Detta nuova disciplina configura l'abuso del diritto in tutte quelle operazioni che siano prive di sostanza economica e che, pur nel rispetto formale delle norme fiscali, realizzino essenzialmente vantaggi fiscali indebiti.
Tali operazioni non sono opponibili all'Amministrazione Finanziaria, la quale, dunque, può disconoscerne i vantaggi, determinando i tributi sulla base delle norme e dei principi elusi, e tenuto conto di quanto versato dal contribuente per effetto di dette operazioni.
Si considerano elusive:
a) le operazioni prive di sostanza economica, i fatti, gli atti e i contratti, anche tra loro collegati, inidonei a produrre effetti significativi diversi dai vantaggi fiscali; sono, in particolare, indici di mancanza di sostanza economica, la non coerenza della qualificazione delle singole operazioni con il fondamento giuridico del loro insieme e la non conformità dell'utilizzo degli strumenti giuridici a normali logiche di mercato;
b) costituiscono vantaggi fiscali indebiti, i benefici, anche non immediati, realizzati in contrasto con le finalità delle norme fiscali o con i principi dell'ordinamento tributario.
Viceversa, non si considerano abusive, in ogni caso, le operazioni giustificate da valide ragioni extrafiscali, non marginali, anche di ordine organizzativo o gestionale, che rispondono a finalità di miglioramento strutturale o funzionale dell'impresa, ovvero dell'attività professionale del contribuente.
Resta, comunque, ferma la libertà di scelta del contribuente tra regimi opzionali diversi offerti dalla legge e tra operazioni comportanti un diverso carico fiscale.
Dal punto di vista procedurale, prima della scadenza dei termini della dichiarazione, il contribuente può proporre apposita istanza d'interpello per conoscere se le operazioni che intende realizzare (o che sono state realizzate), costituiscono una qualche fattispecie di abuso del diritto.
Senza pregiudizio dell'ulteriore azione accertatrice nei termini stabiliti per i singoli tributi, l'abuso del diritto è accertato con apposito atto, preceduto, a pena di nullità, dalla notifica al contribuente di una richiesta di chiarimenti da fornire entro il termine di sessanta giorni, in cui sono indicati i motivi per i quali si ritiene configurabile un abuso del diritto.
La richiesta di chiarimenti è notificata dall'Agenzia delle Entrate entro il termine di decadenza previsto per la notificazione dell'atto impositivo. Tra la data di ricevimento dei chiarimenti (o di inutile decorso del termine assegnato al contribuente per rispondere alla richiesta) e quella di decadenza dell'Ufficio dal potere di notificazione dell'atto impositivo, intercorrono non meno di sessanta giorni. In difetto, il termine di decadenza per la notificazione dell'atto impositivo è automaticamente prorogato, in deroga a quello ordinario, fino a concorrenza dei sessanta giorni.
Entro detto termine e fermo quanto disposto per i singoli tributi, l'atto impositivo è specificamente motivato, a pena di nullità, in relazione alla condotta abusiva, alle norme o ai principi elusi, agli indebiti vantaggi fiscali realizzati, nonché ai chiarimenti forniti dal contribuente.
Spetta in ogni caso all'Amministrazione Finanziaria l'onere di dimostrare la sussistenza della condotta abusiva, non rilevabile d'ufficio; mentre, il contribuente ha l'onere di dimostrare l'esistenza delle ragioni extrafiscali.
I soggetti diversi da coloro nei confronti dei quali è stata accertata una fattispecie di abuso del diritto, e che risultano essere controparte di tali operazioni considerate elusive, potranno chiedere il rimborso delle imposte pagate a seguito delle stesse operazioni, inoltrando, entro un anno dal giorno in cui l'accertamento è divenuto definitivo (o è stato comunque definito mediante adesione o conciliazione giudiziale), un'istanza all'Agenzia delle Entrate, la quale provvederà nei limiti dell'imposta e degli interessi effettivamente riscossi a seguito di tali procedure.
In sede di accertamento, l'abuso del diritto potrà peraltro essere configurato solo se i vantaggi fiscali non possono essere disconosciuti contestando la violazione di specifiche disposizioni tributarie. Le operazioni abusive non danno comunque luogo a fatti punibili ai sensi delle leggi penali tributarie, ma resta ferma l'applicazione delle sanzioni amministrative tributarie.
Inoltre, il Decreto precisa che le norme tributarie, le quali, allo scopo di contrastare comportamenti elusivi, limitino deduzioni, detrazioni, crediti d'imposta o altre posizioni soggettive altrimenti ammesse dall'ordinamento tributario, possono essere disapplicate qualora il contribuente (presentando apposita istanza d'interpello) dimostri che, nella particolare fattispecie, tali effetti elusivi non potevano verificarsi.
Con riguardo, infine, all'entrata in vigore, la nuova normativa avrà efficacia a decorrere dal 1° ottobre 2015, ma si applicherà anche alle operazioni poste in essere in epoca anteriore, nel caso in cui (sempre entro la medesima data), non sia stato ancora notificato il relativo atto impositivo.
Commenta
-
Seguite gli sviluppi......
Il Consiglio dei ministri si è riunito oggi, venerdì 4 settembre 2015, alle ore 11.35 a Palazzo Chigi, sotto la presidenza del Presidente del Consiglio dei ministri Matteo Renzi. Segretario il Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dei ministri Claudio De Vincenti.1. Semplificazione e razionalizzazione delle norme in materia di riscossione
*****
ATTUAZIONE DEL PROGRAMMA DI GOVERNO
DECRETI ATTUATIVI DELLA LEGGE DI RIFORMA FISCALE
Il Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell’economia e delle finanze, Pier Carlo Padoan, ha approvato, in secondo esame preliminare, cinque decreti legislativi di attuazione della delega per il riordino del sistema fiscale (legge 11 marzo 2014 n. 23). I testi approvati oggi, che tengono conto delle richieste contenuti nei parere delle Commissioni parlamentari, vengono trasmessi di nuovo alle Camere per gli ulteriori pareri, come previsto dalla legge delega, prima di essere approvati definitivamente.
Il provvedimento punta a creare un sistema di riscossione che favorisca l’adempimento spontaneo da parte dei contribuenti, anche attraverso forme di rateizzazione più ampie e vantaggiose. Anche l’erario potrà beneficiare di una maggiore certezza nei tempi di riscossione e di modalità semplificate.
La novità principale, introdotta accogliendo le indicazioni contenute nei pareri parlamentari, riguarda l’eliminazione della norma che prevedeva, in caso di rateizzazione delle somme iscritte a ruolo, il pagamento ‘’degli interessi sugli interessi’’(anatocismo) e gli interessi sulle sanzioni.
Recependo la richiesta del Parlamento, per agevolare ulteriormente i contribuenti è stato portato da 5 a 7 giorni il ritardo di versamento che rientra nel ‘lieve inadempimento’ e che non porta quindi alla decadenza dal beneficio della rateizzazione. Confermata la norma che riconosce il ‘lieve inadempimento’ (e relativa rateizzazione) nei casi di minore versamento fino al 3% del dovuto con il limite massimo di 10.000 euro.
Un’altra novità del decreto legislativo riguarda gli oneri di funzionamento del servizio nazionale di riscossione, che con il decreto sostituiscono l’aggio per i concessionari della riscossione e che non possono superare il 6% del riscosso (oggi l’aggio è dell’8%). In attuazione di quanto richiesto dalle Commissioni parlamentari è stata inserita una norma transitoria che garantisce il vecchio regime per i ruoli consegnati fino al 31 dicembre 2015. Viene poi previsto che nel passaggio tra il vecchio e il nuovo regime sia garantito ad Equitalia il pareggio di bilancio con la differenza a carico degli ordinari stanziamenti del bilancio dell’Agenzia delle Entrate (fino ad un massimo di 40 milioni nel 2016, fino a 45 milioni nel 2017, fino a 40 milioni nel 2018).
Sempre su indicazione del Parlamento viene ulteriormente ampliato l’utilizzo della posta elettronica certificata nelle procedure di notifica delle cartelle al posto della raccomandata. La notifica attraverso la PEC potrà essere effettuata alle persone fisiche che ne fanno richiesta mentre per le imprese e i professionisti il ricorso alla posta certificata è obbligatorio.
Confermate le norme che prevedono, in caso di definizione concordata dell’accertamento, il pagamento in quattro anni (anziché tre come avviene attualmente), con un minimo di otto rate e un massimo di sedici. Per le somme iscritte a ruolo l’agente della riscossione può concedere dilazioni nel pagamento fino ad un massimo di 72 rate. mensili, dietro semplice richiesta del contribuente che dichiari di versare in una situazione temporanea di difficoltà. Per somme superiori a 50.000 euro la dilazione può essere concessa solo se il contribuente fornisce adeguata documentazione.
2. Stima e monitoraggio dell’evasione fiscale e monitoraggio e riordino delle disposizioni in materia di erosione fiscale
Il decreto prevede il monitoraggio e la revisione delle cosiddette “spese fiscali” e la rilevazione dell’evasione fiscale e contributiva e dei risultati conseguiti nell’azione di contrasto, inserendo le relative attività in modo sistematico nelle procedure di bilancio.
In base alle indicazioni parlamentari viene specificato che le spese fiscali (tax expenditure) per le quali siano trascorsi cinque anni dalla entrata in vigore, sono oggetto di specifiche proposte di eliminazione, riduzione, modifica o conferma. Confermata per le spese fiscali l’operazione annuale di riordino, da prevedere nei tempi della Nota di aggiornamento al Def, attraverso precisi indirizzi programmatici. L’obiettivo è di valutare in modo organico e strutturale gli impatti economici delle singole misure, nella prospettiva di una loro rimodulazione.
Le maggiori entrate derivanti dalle eliminazione o modifica delle tax expenditure confluiscono nel Fondo per la riduzione della pressione fiscale.
Per quanto riguarda il monitoraggio dell’evasione fiscale il Governo ha il compito di presentare annualmente un Rapporto in Parlamento. Diversamente alla prima versione del decreto, tale Rapporto viene presentato come documento autonomo rispetto alla Nota di aggiornamento al Def. Esso recepisce le valutazioni effettuate dall’Istat sull’economia sommersa e contiene una stima dell’evasione attraverso la misurazione del tax gap (la differenza tra le imposte e i contributi effettivamente versati e il gettito che invece si sarebbe dovuto avere in un regime di perfetto).
3. Revisione della disciplina dell’organizzazione delle agenzie fiscali
L’obiettivo del decreto è la revisione dell’organizzazione delle agenzie fiscali, a 15 anni dalle loro istituzione, in funzione del potenziamento dell’efficienza dell’azione amministrativa e della razionalizzazione della spesa. È previsto il riassetto dei servizi di assistenza, consulenza e controllo per facilitare gli adempimenti tributari, contribuire ad accrescere la competitività delle imprese italiane e favorire l’attrattività degli investimenti in Italia.
Rispetto alla versione del decreto approvato dal Consiglio dei ministri nel primo esame preliminare del 26 giugno scorso è stata stralciata la norma sui concorsi per il dirigenti in quanto la stessa è confluita nel dl enti locali, già approvato dal Parlamento e in vigore dal 15 agosto 2015.
Nella loro riorganizzazione le agenzie devono garantire controlli meno invasivi e facilitare un approccio collaborativo tra amministrazione fiscale, imprese e cittadini. La loro attività deve essere ispirata al principio del ‘controllo amministrativo unico’. In questo modo si evitano duplicazioni e sovrapposizioni e si riduce il disagio per l’attività dell’impresa.
Commenta
-
4. Riforma del sistema sanzionatorio
Il decreto legislativo rivede il sistema sanzionatorio penale e amministrativo secondo il principio della proporzionalità rispetto alla gravità dei comportamenti. In sostanza, l’obiettivo è quello di giungere ad un sistema che tenga conto dei comportamenti che, seppure illeciti, sono comunque privi di elementi fraudolenti e quindi meno gravi. Sono invece rese più severe le sanzioni penali in caso di comportamenti fraudolenti.
Tra le novità introdotte con il secondo esame preliminare, vi è la specificazione che il nuovo regime penale si applica subito dall’entrata in vigore del provvedimento, mentre il nuovo regime delle sanzioni amministrative si applica dal primo gennaio 2017.
Accogliendo le osservazioni dei pareri parlamentari si segnala, per l’omessa dichiarazione, l’introduzione della norma che aumenta la pena per il sostituto di imposta (si passa da un minimo di un anno ad un massimo di 3 anni, a un minimo di un anno e messo ad un massimo di 4 anni). Il resto del provvedimento è rimasto sostanzialmente invariato.
FRODE FISCALE: viene dettagliata la tipologia delle condotte fraudolente che si hanno quando a) si mettono in atto operazioni simulate oggettivamente o soggettivamente o artifizi per ostacolare l’attività di accertamento; b) il contribuente si avvale di documenti falsi, fatture false o altri mezzi fraudolenti. Per la frode fiscale la pena rimane quella attualmente prevista del carcere fino a 6 anni.
Resta la norma oggi in vigore secondo cui sotto i 30.000 euro di imposta evasa il contribuente non incorre nel reato di frode fiscale. Viene rivista la soglia di punibilità del reato in riferimento all’ammontare dei ricavi non dichiarati, che deve essere superiore a 1,5 milioni di euro (anziché un milione). Si configura la frode fiscale anche quando l’ammontare complessivo dei crediti e delle ritenute fittizie che vengono portate in diminuzione dell’imposta, è superiore al 5% dell’imposta complessiva, o comunque a 30.000 euro.
DICHIARAZIONE INFEDELE: la soglia di punibilità sale da 50.000 euro a 150.000 euro di imposta evasa. Il reato scatta anche quando l’imponibile evaso supera i 3 milioni di euro (prima il limite era di 2 milioni) o comunque il 10% del totale dei ricavi. In questo caso il reato è punito con il carcere fino a 3 anni.
OMESSO VERSAMENTO DELL’IVA: il decreto introduce la soglia di punibilità pari a 250.000 euro per ciascun periodo di imposta. Al di sotto di tale soglia si applicano le sanzioni amministrative.
SANZIONI AMMINISTRATIVE: il decreto dà attuazione al principio di proporzionalità delle risposta sanzionatoria di fronte a condotte illecite che riguardano le imposte dirette, l’iva e la riscossione dei tributi. L’obiettivo è di graduare le sanzioni, anche riducendole per gli illeciti di più lieve disvalore. Ad esempio, in caso di omessa dichiarazione, la sanzione è proporzionale al ritardo nell’adempimento. Se la dichiarazione viene poi presentata entro il termine per la dichiarazione dei redditi successiva, la sanzione base è ridotta della metà. Nei casi di condotte fraudolente, invece, la sanzione viene aumentata del 50%. È prevista inoltre una riduzione di un terzo della sanzione base nel caso in cui la maggiore imposta accertata o il minore credito accertato siano complessivamente inferiori al 3% rispetto all’imposta o al credito dichiarato.
5. Revisione della disciplina degli interpelli e del contenzioso tributario
L’intervento normativo che torna ora nuovamente all’esame delle commissioni competenti di Camera e Senato, si muove prevalentemente lungo le seguenti principali direttrici:
- [*=left]l’estensione degli strumenti deflattivi del contenzioso;
[*=left]l’estensione della tutela cautelare al processo tributario;
[*=left]l’immediata esecutività delle sentenze per tutte le parti.
Disciplina degli interpelli
Il decreto, in coerenza con quanto disposto dalla legge delega, intende potenziare e razionalizzare l’istituto dell’interpello per dare ai contribuenti certezza circa i tempi di risposta da parte dell’amministrazione finanziaria e circa l’applicazione dei pareri che vengono forniti. Vengono individuate quattro categorie di interpello: ordinario, probatorio, anti abuso, disapplicativo. Recependo le indicazioni delle commissioni parlamentari, con il nuovo l’interpello ordinario, la proposizione di un’istanza di interpello viene declinata in due modi, tra loro complementari: il primo non differisce in nulla rispetto a quanto attualmente previsto mentre il secondo dà rilievo più all’obiettiva incertezza sulla qualificazione della fattispecie che all’interpretazione delle norme di legge invocate dal contribuente nel caso concreto.
È prevista una riduzione dei tempi di risposta per gli appelli ordinari che passano da 120 giorni a 90 giorni e un riconoscimento della certezza dei tempi di risposta (fissati in 120 giorni) per tutte le altre tipologie. Vige la regola del silenzio-assenso, per cui qualora una risposta non pervenga entro il termine previsto diventa valida la soluzione prospettata dal contribuente. La risposta all’interpello, scritta e motivata, vincola l’amministrazione finanziaria con esclusivo riferimento alla questione trattata e limitatamente al richiedente. Infine, per quanto riguarda le regole di istruttoria dell’interpello, quando non è possibile fornire risposta sulla base dei documenti allegati, gli uffici finanziari chiedono all’istante di integrare la documentazione. Inoltre, in caso di richiesta di documentazione integrativa il termine per la risposta diventa più breve del termine previsto ed è pari a 60 giorni per tutti gli interpelli.
Contenzioso tributario
L’immediata esecutività delle sentenze riguarda quelle aventi ad oggetto l’impugnazione di un atto impositivo, oppure un’azione di restituzione di tributi in favore del contribuente e, dopo il parere delle Commissioni parlamentari, anche quelle emesse su ricorso della parte avverso gli atti relativi alle operazioni catastali. E questa la principale novità del provvedimento. Per quanto riguarda l’esecutività delle sentenze in favore dell’Amministrazione, resta il meccanismo della riscossione frazionata del tributo per non aggravare la situazione dei contribuenti. Per l’immediata esecutività delle sentenze a favore del contribuente, per pagamenti di somme superiori a 10.000 euro, può essere richiesta idonea garanzia il cui onere graverà comunque sulla parte che risulterà definitivamente soccombente nel giudizio.
Per ridurre il contenzioso tributario viene potenziato lo strumento della mediazione che attualmente riguarda solo gli atti posti in essere dall’Agenzia delle Entrate con valore non superiore ai 20.000 euro. Con il presente decreto il reclamo finalizzato alla mediazione si applica a tutte le controversie, indipendentemente dall’ente impositore, comprese quindi quelle degli enti locali. Il reclamo viene esteso anche alle controversie catastali (classamento, rendite, ecc.) che a causa del valore indeterminato ne sarebbero state escluse. Dal punto di vista soggettivo il reclamo è esteso a Equitalia e ai concessionari della riscossione. Lo strumento della conciliazione si applica anche al giudizio di appello (fino ad ora riguardava solo le cause di primo grado).
La tutela cautelare viene estesa a tutte le fasi del processo tributario. Ciò comporta che: a) il contribuente può chiedere la sospensione dell’atto impugnato in presenza di un danno grave; b) le parti possono sempre chiedere la sospensione degli effetti della sentenza, sia di primo grado che di appello, analogamente a quanto previsto dal codice di procedura civile.
Commenta
- [*=left]l’estensione degli strumenti deflattivi del contenzioso;
-
Costi black list: un quadro d’insieme
La normativa sull’indeducibilità dei costi black list è stata oggetto di vari interventi da parte del Legislatore.
Prima con la Legge di Stabilità 2015 il Legislatore è intervenuto sull’individuazione dei paradisi fiscali, successivamente con il Decreto sulla crescita e l’internalizzazione si prevede che i suddette costi siano sempre deducibili, qualora ovviamente abbiano avuto concreta esecuzione, nei limiti del valore normale degli stessi secondo quanto determinato ai sensi dell'articolo 9 del Tuir.
Entrambe le modifiche esplicano i propri effetti dal periodo d’imposta 2015. Quindi da UNICO 2016 cambiano le verifiche che bisogna porre in essere per rispettare la normativa de quo.
Individuazione paradisi fiscali – La prima questione da affrontare per rispettare la normativa in questione, riguarda l’individuazione degli Stati paradisiaci. Su tale aspetto va evidenziato che con il co. 678 della Legge di Stabilità 2015 il Legislatore ha demandato al Ministero dell’Economia l’emanazione di una Black list ai fini dell’applicazione dell’art. 110, co. 10 – 12bis, D.P.R. 917/1986 utilizzando come unico parametro di riferimento l’esistenza di accordi che consentano un adeguato scambio di informazioni.
L’esigenza di emanare tale black list è collegata in primo luogo alle recenti Convenzioni contro le doppie imposizioni stipulate dall’Italia (San Marino, Hong Kong, Lussemburgo, Singapore, ecc.), nelle quali vengono sempre inserite disposizioni atte a garantire un adeguato scambio di informazioni tra gli Stati contraenti. Inoltre, lo sviluppo di accordi internazionali (esempio FACTA) volti a favorire lo scambio di informazioni tra Stati, ha fatto sì che altri Stati finora considerati “black list” possano essere espunti dal D.M. 23.01.2002. In attuazione di tale previsione normativa è stato emanato il D.M. 27.04.2015 (pubblicato sulla GU dell’11.05.2015) che conferma la suddivisione dei paesi black list già contenuta nei precedente Decreti, modificandoli come segue:
• nell’articolo 1 vengono individuati gli Stati che si considerano sempre a fiscalità privilegiata; Rispetto alle precedente versione vengono espunti: Alderney (Isole del Canale), Anguilla, Antille Olandesi, Aruba, Belize, Bermuda, Filippine, Gibilterra, Guernsey (Isole del Canale), Herm (Isole del Canale), Isola di Man, Isole Cayman, Isole Turks e Caicos, Isole Vergini britanniche, Jersey (Isole del Canale), Malesia, Montserrat;
• nell’articolo 2, che fornisce alcuni Stati da considerare paradisiaci con alcune eccezioni rappresentate da talune tipologie societarie, vengono espunti. Emirati Arabi Uniti e Singapore;
• nell’articolo 3 si elencano gli Stati che si considerano black list limitatamente a determinate tipologie di società ovvero a soggetti che godono di un regime fiscale similare. Da tale articolo vengono espunti la Costarica e le isole Mauritius.
Le operazioni da monitorare - Il legislatore nel definire l’ambito oggettivo dell’istituto parla di “spese e altri componenti negativi”.
L’indeducibilità dei costi black list riguarda «le spese e gli altri componenti negativi» derivanti da operazioni commerciali intercorse con soggetti residenti, localizzati o domiciliati in paesi a fiscalità privilegiata.
La formulazione normativa è molto ampia e, pertanto, l’ambito oggettivo di applicazione della indeducibilità riguarda qualunque componente negativo di reddito derivante da transazioni commerciali poste in essere con fornitori black list (circolare 51/2010 dell’agenzia delle Entrate). Di conseguenza, sono da considerare indeducibili, oltre ai costi derivanti dall’acquisizione di beni e servizi, gli ammortamenti, le svalutazioni, le perdite, le minusvalenze e ogni altro componente negativo derivante da operazioni intercorse con soggetti Black List. Inoltre, l’Amministrazione Finanziaria con la C.M. 35/E/2012 è intervenuta sul tema precisando che “nella disciplina in oggetto rientrano i componenti negativi derivanti non solo da transazioni ‘commerciali’, ma anche da transazioni di natura finanziaria, quali, ad esempio, interessi e oneri finanziari assimilati”.
Il concetto di valore normale – Mentre nella normativa vigente fino al 31.12.2014 sussisteva una presunzione d’indeducibilità, in base alla quale tutti i costi sostenuti con operatori paradisiaci si consideravano indeducibili salvo provare la sussistenza delle condizioni esimenti, la nuova previsione normativa prevede che i suddetti costi siano sempre deducibili, qualora ovviamente abbiano avuto concreta esecuzione, nei limiti del valore normale degli stessi secondo quanto determinato ai sensi dell'articolo 9 del Tuir.
Per la parte di costo che eccede il valore normale, questa sarà deducibile qualora sia data dimostrazione dell’apposita esimente.
Nel successivo intervento esamineremo la condizione esimente per ottenere la completa deducibilità dei costi, qual è il concetto di valore normale a cui far riferimento, nonché i necessari adempimenti dichiarativi.
Commenta
Commenta