http://messaggeroveneto.gelocal.it/udine/cronaca/2016/04/14/news/udine-scoperta-evasione-fiscale-per-18-milioni-1.13295982
In particolare, l’imprenditore friulano aveva fatto ricorso, per emettere i documenti fittizi, alla denominazione sociale e alla partita Iva di una terza società con sede in provincia di Treviso (risultata poi inconsapevole), a nome della quale aveva compilato ben 189 fatture false.
Perno del sistema fiscalmente fraudolento era il ricorso ad una banca austriaca, precisamente di Villaco, utilizzata per far transitare i pagamenti delle fatture inesistenti.
Nella filiale dell’istituto di credito austriaco l'imprenditore friulano aveva simulato, all’apertura del conto, inesistenti poteri di rappresentanza della società trevigiana titolare dello stesso, fornendo ai funzionari risultanze anagrafiche diverse e documenti falsificati.
Il meccanismo fraudolento si perfezionava, poi, facendo bonificare i pagamenti delle fatture fasulle sul citato conto estero dove, giunto l’accredito, l’imprenditore friulano al netto del suo “compenso” (circa l’8 per cento) prelevava le somme in contanti con banconote di taglio elevato che poi trasportava in Italia occultandole nella sua autovettura (200-250 mila euro alla volta), per “riconsegnarle” a Milano agli esponenti della società che originariamente avevano disposto i bonifici delle somme verso l'Austria.
In particolare, l’imprenditore friulano aveva fatto ricorso, per emettere i documenti fittizi, alla denominazione sociale e alla partita Iva di una terza società con sede in provincia di Treviso (risultata poi inconsapevole), a nome della quale aveva compilato ben 189 fatture false.
Perno del sistema fiscalmente fraudolento era il ricorso ad una banca austriaca, precisamente di Villaco, utilizzata per far transitare i pagamenti delle fatture inesistenti.
Nella filiale dell’istituto di credito austriaco l'imprenditore friulano aveva simulato, all’apertura del conto, inesistenti poteri di rappresentanza della società trevigiana titolare dello stesso, fornendo ai funzionari risultanze anagrafiche diverse e documenti falsificati.
Il meccanismo fraudolento si perfezionava, poi, facendo bonificare i pagamenti delle fatture fasulle sul citato conto estero dove, giunto l’accredito, l’imprenditore friulano al netto del suo “compenso” (circa l’8 per cento) prelevava le somme in contanti con banconote di taglio elevato che poi trasportava in Italia occultandole nella sua autovettura (200-250 mila euro alla volta), per “riconsegnarle” a Milano agli esponenti della società che originariamente avevano disposto i bonifici delle somme verso l'Austria.
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