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    Originariamente inviato da ROL Visualizza il messaggio
    Il discrimine tra l'accertamento con metodo ed, analitico-induttivo o misto (D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, comma 1, lett. d) e quello con metodo c.d. induttivo puro o extracontabile (D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, comma 2, lett. d) in materia di imposte dirette, va rinvenuto, rispettivamente, nella "parziale" o "assoluta" inattendibilità dei dati risultanti dalle scritture contabili.

    Nell'accertamento c.d. analitico-induttivo, la "incompletezza, falsità od inesattezza" degli elementi indicati non è tale da consentire di prescindere dalle scritture contabili, le cui lacune possono essere colmate dall'Ufficio accertatore, utilizzando anche presunzioni semplici, purché gravi, precise e concordanti, ex art. 2729 c.c., per dimostrare l'esistenza di componenti positivi di reddito non dichiarati, ovvero l'inesistenza di componenti negativi dichiarati.

    Nell'ipotesi di un accertamento induttivo puro, "le omissioni o le false od inesatte indicazioni" inficiano più radicalmente l'attendibilità degli altri dati contabili (apparentemente regolari), con la conseguenza che l'Amministrazione finanziaria può "prescindere in tutto od in parte dalle risultanze del bilancio e delle scritture contabili in quanto esistenti" ed è legittimata a determinare l'imponibile in base ad elementi meramente indiziari anche se inidonei ad assurgere a prova presuntiva ex artt. 2727 e 2729 codice civile (Cass.n.°17952/2013).

    In sostanza, il D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, comma 2 scatta sol quando, dal raffronto tra la contabilità regolare e quella rinvenuta dai verificatori "in nero", emerga uno scostamento, qualitativo e quantitativo rilevante, tale da rendere la contabilità dell'impresa, nel suo complesso, del tutto inattendibile.(Cass. sentenza n.° 16251 del 31 luglio 2015)
    Originariamente inviato da ROL Visualizza il messaggio
    Riscossione- liquidazione della dichiarazione ex art. 36/bis del d.p.r.600/1973- contraddittorio endoprocedimentale

    La legge 212/2000 (c.d. statuto dei diritti del contribuente ) non impone l’obbligo del contraddittorio preventivo in tutti i casi in cui si debba procedere all’iscrizione a ruolo ai sensi dell’art. 36/bis del d.p.r. 600/1973, ma soltanto allorquando sussistano incertezze su aspetti rilevanti della dichiarazione oggetto dell’iscrizione a ruolo.

    Invero l’art. 36/bis presuppone un controllo di tipo documentale sui dati contabili direttamente riportati nella dichiarazione dei redditi, senza margini di tipo interpretativo: qualora ciò non fosse, e quindi sussistessero incertezze su aspetti rilevanti della dichiarazione, allora soltanto in questo caso - di solito non molto frequente - in forza di quanto espressamente statuito dall’art. 6 comma 5 della legge 212/2000 necessita l’instaurarsi del contraddittorio.
    ( Cass. sentenza n.° 1306 del 4 dicembre 2014 dep. 26 gennaio 2015)
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      ciao raga, a circa un mese dalla fine dei tirocinii, ci sono notizie sulle possibili date di inizio degli orali? i ricorsisti potrebbero far slittare le date? notizie sulle udienze di merito dei ricorsi al Tar?

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        Originariamente inviato da ROL Visualizza il messaggio
        Il discrimine tra l'accertamento con metodo ed, analitico-induttivo o misto (D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, comma 1, lett. d) e quello con metodo c.d. induttivo puro o extracontabile (D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, comma 2, lett. d) in materia di imposte dirette, va rinvenuto, rispettivamente, nella "parziale" o "assoluta" inattendibilità dei dati risultanti dalle scritture contabili.

        Nell'accertamento c.d. analitico-induttivo, la "incompletezza, falsità od inesattezza" degli elementi indicati non è tale da consentire di prescindere dalle scritture contabili, le cui lacune possono essere colmate dall'Ufficio accertatore, utilizzando anche presunzioni semplici, purché gravi, precise e concordanti, ex art. 2729 c.c., per dimostrare l'esistenza di componenti positivi di reddito non dichiarati, ovvero l'inesistenza di componenti negativi dichiarati.

        Nell'ipotesi di un accertamento induttivo puro, "le omissioni o le false od inesatte indicazioni" inficiano più radicalmente l'attendibilità degli altri dati contabili (apparentemente regolari), con la conseguenza che l'Amministrazione finanziaria può "prescindere in tutto od in parte dalle risultanze del bilancio e delle scritture contabili in quanto esistenti" ed è legittimata a determinare l'imponibile in base ad elementi meramente indiziari anche se inidonei ad assurgere a prova presuntiva ex artt. 2727 e 2729 codice civile (Cass.n.°17952/2013).

        In sostanza, il D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, comma 2 scatta sol quando, dal raffronto tra la contabilità regolare e quella rinvenuta dai verificatori "in nero", emerga uno scostamento, qualitativo e quantitativo rilevante, tale da rendere la contabilità dell'impresa, nel suo complesso, del tutto inattendibile.(Cass. sentenza n.° 16251 del 31 luglio 2015)




        Accertamento induttivo legittimo se il contribuente non spiega l’antieconomicità del suo comportamento
        Cassazione n. 9722 del 13/5/15

        È legittimo l'accertamento induttivo, pur in presenza di una contabilità formalmente regolare, basato sull'antieconomicità della gestione di una società stabilita in base alla percentuale di ricarico praticata che ha determinato perdite o guadagni minimi negli anni immediatamente precedenti a quello oggetto di accertamento e una minima redditività anche per l'annualità controllata.

        Dopo che l’Ufficio ha contestato l'antieconomicità di un comportamento posto in essere dal contribuente in quanto contrario ai canoni dell'economia, incombe sul quest’ultimo l'onere di fornire le necessarie spiegazioni idonee a confutare la contestata antieconomicità, essendo, in difetto, pienamente legittimo il ricorso all'accertamento induttivo da parte dell'amministrazione.

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          Studi di settore: un lieve scostamento non giustifica l’accertamento
          Cassazione n. 7222 del 10/4/15

          Non giustifica l’accertamento induttivo nei confronti del contribuente un lieve scostamento (2,88%) tra i ricavi dichiarati e quelli presunti in base agli studi di settore.


          L’art. 62 bis del D.L. n. 331/1993 autorizza l’Ufficio finanziario, allorché ravvisi gravi incongruenze, a procedere all’accertamento induttivo anche fuori delle ipotesi previste e, in particolare, anche in presenza di una tenuta formalmente regolare della contabilità e senza obbligo di ispezione dei luoghi, se non assolutamente necessaria.
          Nel caso di specie, lo scostamento tra reddito dichiarato e risultanze dello studio di settore, accertato nella misura del 2,88%, è stato definito dalla Cassazione “oggettivamente non rilevante”.

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            Società di persone e maggiori utili accertati
            Cassazione n. 11989 del 10/6/15


            La presunzione legale in base alla quale i redditi prodotti dalle società di persone sono imputati per trasparenza ai soci a prescindere dalla percezione opera anche in caso di accertamento, in capo alla società, di utili non iscritti in bilancio

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              La prova dell’inerenza è a carico del contribuente
              Cassazione n.4595 del 6/3/15


              Spetta al contribuente l’onere della prova dell’esistenza, dell’inerenza e, ove contestata dall’Amministrazione finanziaria, della coerenza economica dei costi deducibili. Non è sufficiente che la spesa sia stata contabilizzata dall’imprenditore, occorrendo anche che esista una documentazione di supporto da cui ricavare, oltre che l’importo, la ragione e la coerenza economica della stessa, risultando legittima, in difetto, la negazione della deducibilità di un costo sproporzionato ai ricavi o all’oggetto dell’impresa.

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                Merci in magazzino non rinvenute fanno presumere l’avvenuta cessione
                Cassazione n. 6517 del 31/3/15


                È legittimo l’accertamento di un maggior reddito d’impresa sulla base della merce non rinvenuta in magazzino, in quanto è ragionevole presumere che sia stata ceduta a terzi.
                In tema di accertamento delle imposte sul reddito, si applicano, le presunzioni di acquisto e di cessione dei beni rispettivamente rinvenuti o non reperiti nel luogo, o in uno dei luoghi, in cui il contribuente esercita la propria attività, poste in materia di Iva dall’art. 53 del D.P.R. n. 633/1972. È consentita la prova contraria da parte del contribuente.
                Nel caso di specie era stato emesso un avviso di accertamento, ai fini delle imposte sui redditi, basato sulla presunta cessione a terzi della merce non rinvenuta in magazzino, ma registrata nel libro giornale della società, di cui né l’amministratore né il liquidatore erano stati in grado di indicare il luogo dove fosse custodita oppure la destinazione della stessa

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                  Legittima l’acquisizione dei documenti custoditi in cassaforte anche se la G.d.F. l’apre senza l’autorizzazione del Procuratore della Repubblica, ma con il consenso del contribuente
                  Cassazione n. 3204 del 18/2/15


                  L'autorizzazione del Procuratore della Repubblica all'apertura di pieghi sigillati, borse, casseforti, mobili, ecc., prescritta in materia di Iva dall'art. 52, co. 3, del D.P.R. n. 633 del 1972 (e necessaria anche in tema di imposte dirette, in virtù dei richiamo contenuto nell'art. 33 del D.P.R. n. 600 del 1973), è richiesta soltanto nel caso di apertura coattiva e non anche quando l'attività di ricerca si svolga con la collaborazione del contribuente.
                  Nel caso di specie, il contribuente aveva prestato la propria assistenza per l'apertura della cassaforte, senza obiettare alcunché in seno alla dichiarazione resa a chiusura della verifica, riservandosi di formulare eventuali controdeduzioni nelle sedi competenti

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                    Avviso di accertamento nullo se emesso prima di 60 giorni dal verbale di chiusura delle operazioni Cassazione n. 4543 del 5/3/15


                    L’avviso di accertamento emesso prima di 60 giorni dal rilascio del verbale di chiusura delle operazioni di verifica, termine previsto dall’art. 12, co. 7, della legge n. 212/2000.
                    La prova delle ragioni d’urgenza, requisito che esonera l’ufficio dall'osservanza del termine, deve essere fornita dall’Amministrazione.
                    L'inosservanza del termine di 60 giorni per l'emanazione dell'avviso di accertamento - termine che decorre dal rilascio al contribuente, nei cui confronti sia stato effettuato un accesso, un'ispezione o una verifica nei locali destinati all'esercizio dell'attività, della copia del processo verbale di chiusura delle operazioni - determina di per sé, salvo che ricorrano specifiche ragioni di urgenza, l’illegittimità dell'atto impositivo.
                    È stato inoltre affermato che il termine di 60 giorni deve essere rispettato, in assenza di particolari ragioni d’urgenza, anche per l’avviso di recupero del credito d’imposta

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                      Devono essere allegati all’avviso solo gli atti necessari a integrarne la motivazione
                      Cassazione n.5606 del 20/3/15


                      Il contribuente ha diritto di conoscere tutti gli atti il cui contenuto è stato richiamato per integrare la motivazione, ma non il diritto di conoscere il contenuto di tutti quegli atti, cui si faccia rinvio nell’atto impositivo e solo perché ad essi si operi un riferimento, ove la motivazione sia già sufficiente (e il richiamo ad altri atti abbia, pertanto, mero valore “narrativo”), oppure se, comunque, il contenuto di tali ulteriori atti (almeno nella parte rilevante ai fini della motivazione dell’atto impositivo) sia già riportato nell’atto noto.
                      L’obbligo, di cui all’art. 7 della legge n.212/2000, dell’Amministrazione di allegare tutti gli atti citati nell’avviso deve, infatti, intendersi in correlazione con la finalità “integrativa” delle ragioni che sorreggono l’atto impositivo.
                      Pertanto, se l’avviso è impugnato per la mancata allegazione di atti a cui fa rinvio, il contribuente deve dimostrare che almeno una parte del contenuto di quegli atti, non riportata nell’atto impositivo, sia necessaria ad integrarne la motivazione.

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