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concorso agenzia delle entrate 2015 - 892 posti per funzionari amministrativi

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    Exit tax: che cosa è? (art 166 tuir)
    Ultima modifica di ROL; 20-05-2016, 08:48.

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      Mi raccomando, chiudiamo Equitalia così oltre al problema di doverle alla fine pagare le tasse, spariscono pure i soldi

      Società di riscossione, ecco chi ha rubato le tasse pagate dai cittadini
      Un fiume di denaro pubblico, almeno 150 milioni, sottratto da società private di riscossione. Ottocento comuni che perdono entrate per centinaia di milioni. Tra spese pazze, finti bond, ranch in Botswana, consulenze d’oro. E soldi a politici


      Nell’Italia dei record dell’evasione fiscale, ci mancava solo lo scandalo delle tasse rubate. Tributi regolarmente pagati dai cittadini, ma spariti dalle casse degli esattori. Che non sono funzionari dello Stato, ma imprese private autorizzate alla riscossione. Società con forti agganci politici e bancari, che hanno dilapidato un fiume di soldi pubblici, in un vortice di spese pazze, intrighi finanziari, prelievi personali, stipendi da sogno, acquisti di ville, scuderie di cavalli e ranch sparsi tra Italia, America e Africa.


      La Procura di Milano e la Guardia di Finanza di Lecco indagano da mesi su tre casi di bancarotta collegati al business della riscossione delle tasse. La prima certezza giudiziaria è che sono scomparsi almeno 150 milioni di euro. A contare i danni ora sono circa 800 comuni sparsi per tutta Italia, da Trieste a Foggia, da Genova a Trapani. Tra gli indagati, accanto ai manager delle società Aipa, Kgs e Mazal, spuntano un faccendiere internazionale, un politico che è stato sindaco di Como e un patron del calcio lombardo.


      Tutto parte da Aipa, che sta per Agenzia italiana per pubbliche amministrazioni: fino al 2013, la più grande società privata di riscossione. Con l’autorizzazione del ministero, incassa soprattutto tributi locali, dai rifiuti alle affissioni pubblicitarie. Per anni, gli affari volano. Mentre infuriano le polemiche contro Equitalia (la società di riscossione pubblica), centinaia di enti locali si affidano a esattori privati. Aipa, che ha la sede centrale a Milano, apre filiali in mezza Italia, arriva a stipendiare circa 500 dipendenti e stringe relazioni eccellenti, creando tra l’altro un consorzio di riscossione insieme a Poste Italiane. Il titolare di Aipa, Daniele Santucci, vanta agganci potenti anche nella politica, in particolare è amico di famiglia di Claudio Scajola, l’ex ministro di Forza Italia poi coinvolto in diversi guai giudiziari.


      La festa finisce quando i finanzieri di Lecco, partendo da un giro di fatture sospette, si mettono a spulciare i conti di Aipa. Nel marzo 2014 Santucci finisce in carcere con l’accusa di peculato, cioè furto di denaro pubblico. Il processo di primo grado si chiude con una condanna a tre anni e quattro mesi, che riguarda il primo ammanco accertato: tre milioni e 700 mila euro. Nella parallela causa civile, Santucci s’impegna a risarcire quasi sette milioni attraverso la vendita della sua villa con tenuta agricola e scuderia di cavalli a Castelveccana, sulla sponda varesina del Lago Maggiore.


      Le indagini successive mostrano che il patrimonio della società era stato svuotato già allora con acquisti bizzarri: Aipa, attraverso una controllata africana chiamata Elephant Company Ltd, ha usato i soldi dei tributi per comprare una sontuosa fattoria in Botswana, con «bestiame da carne allo stato brado» e «residence per turisti» appassionati di «safari fotografici». Negli Stati Uniti, attraverso Aipa Usa, la società di Santucci ha acquistato «un ranch in Wyoming», «fabbricati agricoli con terreni a pascolo in California» e il 20 per cento di una società americana di «soggiorni turistici a cavallo». Il tutto con le tasse pagate dagli italiani.


      Nel luglio 2014, dopo l’arresto e le dimissioni di Santucci, a prendere le redini di Aipa, con il ruolo di risanatore, arriva un esperto manager finanziario, Luigi Virgilio, che è stato tra gli amministratori di Prisma, una società di gestione del risparmio sfortunatamente commissariata dalla Banca d’Italia. Esaminati i bilanci, il nuovo presidente decide di bandire una gara per affittare l’unico ramo d’azienda valido, cioè le riscossioni, ma fissa requisiti tanto rigorosi da escludere tutte e trenta le imprese candidate. E nel gennaio 2015, vista la mancanza di offerte valide, Virgilio chiude l’affare a trattativa privata: la gestione delle tasse viene subappaltata, senza gara, al gruppo Kgs di Pesaro. Il suo titolare, Fabio Massimo Ceccarelli, si scontra però con un ostacolo legale: per riscuotere tasse, la legge impone un’autorizzazione ministeriale, che presuppone il deposito di un capitale sociale di almeno 10 milioni. Il gruppo Kgs, invece, non ha il permesso né i soldi.


      La soluzione viene trovata nel maggio 2015: il contratto per la riscossione delle tasse viene rivenduto a una società nuova di zecca, Mazal Global Solutions. È questa ditta a ottenere l’autorizzazione ministeriale, dopo aver trovato i famosi dieci milioni previsti dalla legge come garanzia per gli enti pubblici e i loro cittadini. Ma qui si apre un giallo finanziario: anziché versare soldi liquidi, la Mazal deposita titoli obbligazionari, in apparenza solidissimi perché emessi dal colosso bancario Jp Morgan.


      A procurare quei bond americani è il gruppo italiano che controlla il 95 per cento di Mazal: proprio Kgs, lo stesso che sembrava aver rinunciato all’affare per mancanza dei requisiti. Ma quanto valgono quei titoli? Sulla carta, ben 18 milioni. In realtà, niente: la stessa Jp Morgan conferma alla Guardia di Finanza che «non sono rimborsabili», perché hanno «un capitale nullo», come dimostra una “X” appositamente inserita nel loro codice identificativo. Infatti altri istituti, come Unipol Banca, hanno rifiutato di prenderli per buoni. Ad accettare i bond-fantasma è però la Popolare dell’Etruria, proprio la banca poi azzerata dalle perdite tra le proteste dei risparmiatori.


      Grazie a quel «deposito titoli» e al conto corrente collegato, Mazal gestisce dall’aprile 2015 la riscossione di varie tasse locali per la sua scuderia di 800 comuni. Le convenzioni acquisite da Aipa dovrebbero assicurarle ricavi per oltre cento milioni all’anno, con un margine di profitto (in gergo, aggio) dell’otto per cento. Eppure, in appena nove mesi di vita, Mazal accumula perdite per 17 milioni, che con il capitale evaporato salgono a 27. Anche il gruppo-madre Kgs è in profondo rosso: già nell’estate 2015 ha debiti per oltre 16 milioni e nell’aprile 2016 il tribunale di Pesaro ne dichiara il fallimento. Il passivo di Aipa, la società all’origine del business, si rivela ancora più pesante: ben 125 milioni di euro.


      A conti fatti, in questo triangolo di esattorie private sono spariti oltre 150 milioni: tasse pagate dai cittadini e mai arrivate ai Comuni, che ora non hanno i soldi per costruire scuole, riparare strade, fognature o acquedotti. Per sfuggire al fallimento, Aipa ha proposto un concordato che riconosce agli enti locali appena il 3,6 per cento del dovuto. Quindi gli effetti del crack cominciano a vedersi in tutta Italia. In provincia di Milano molti comuni che hanno comprato gli autovelox ora vedono svanire gli incassi delle multe. A Sondrio da mesi sono senza stipendio gli ausiliari della sosta. A Cagliari, dove Aipa-Mazal gestisce le tasse sulle affissioni e sull’occupazione di suolo pubblico, risultano scomparsi quasi 600 mila euro. Va ancora peggio in città come Bologna, Foggia o Marsala, che avevano appaltato ai privati anche le tasse sui rifiuti. L’elenco dei comuni danneggiati, in misura più o meno grave, comprende Agrigento, Bari, Brescia, Civitavecchia, Genova, Milano, Novara, Pescara, Roma, Trapani, Verona e centinaia di altri centri.

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        In questa situazione è intervenuta la procura di Milano, con il pm Donata Costa, che ha sequestrato le società Aipa e Mazal, affidandole ai custodi giudiziari Stefania Chiaruttini e Roberto Pireddu. Che hanno già azzerato i compensi dei precedenti manager privati: fino a 15 mila euro al mese. L’obiettivo degli inquirenti è salvare i posti di lavoro e recuperare le tasse sparite. L’inchiesta più calda riguarda i titoli fantasma. Dal conto della Mazal in Banca Etruria sono usciti 170 mila euro in contanti, che risultano incassati dal commercialista Stefano Bruni, ex sindaco di Forza Italia a Como, come parcella per una sua mediazione sui bond. Come venditore dei titoli compare un concessionario d’auto e nautica, Daniele Bizzozero, che è anche patron del Lecco Calcio, dove ha nominato presidente onorario l’ex mezzala Evaristo Beccalossi. Ora Bruni è indagato a Milano: interrogato in procura, si è difeso sostenendo di non aver mai sospettato che i bond fossero finti.


        Mentre il suo amico Bizzozero ha problemi più gravi: in aprile è stato arrestato a Siracusa come complice di una presunta maxi-truffa con carte di credito clonate a ignari clienti. La Guardia di Finanza intanto ha scoperto che i bond-fantasma sono stati usati per fornire capitale fittizio anche al Monza Calcio nel tentativo di salvarlo dal crack. Tentativo fallito. Lo stesso copione si è ripetuto anche su decine di società per coprirne i buchi nei conti. Il proprietario originario dei finti titoli Jp Morgan è un faccendiere olandese con base in Svizzera, che possiede bond analoghi per un valore nominale di oltre 200 milioni di euro, pronti a essere piazzati per l’Italia.


        L’altro troncone d’inchiesta riguarda la bancarotta delle società di riscossione e punta a scoprire dove sono finiti i soldi. Per l’Aipa nell’era di Santucci, il danno ormai è fatto: i comuni potranno al massimo spartirsi i ricavi della vendita dei ranch esotici. Le uscite della Mazal invece sono recentissime. Le indagini stanno ricostruendo consulenze per un valore totale di 2 milioni ritenute sproporzionate per un’azienda prossima al crack: le parcelle più alte, circa 900 mila euro, risultano incassate da Prometeia, la società di analisi economiche con base a Bologna presieduta da Angelo Tantazzi, a lungo a capo della Borsa italiana. In questo caso i titoli fantasma non c’entrano, per cui fino a prova contraria si tratta di fatture regolari. L’inchiesta però continua a riservare sorprese. E nelle carte dell’accusa c’è già chi arriva a definire la riscossione come «il bancomat della politica».

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          L’Agenzia delle Entrate può subordinare l’autorizzazione alla sospensione o alla rateazione dell’exit tax al rilascio di idonea
          garanzia, in presenza di un “grave e concreto pericolo per la riscossione”. Nessuna garanzia può essere richiesta per le aziende che presentano gli ultimi tre bilanci in utile e detengono un patrimonio netto pari al 120% dell’imposta dovuta

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          La decadenza dal beneficio della sospensione o rateazione interviene al verificarsi di uno dei seguenti presupposti:
          · fusione, la scissione o il conferimento dell’azienda che comportano il trasferimento dei componenti ad altro
          soggetto residente in un paese non UE (più Norvegia e Islanda);
          · apertura di una procedura di insolvenza, di liquidazione o l’estinzione del soggetto;
          · trasferimento della residenza in un paese non UE (più Norvegia e Islanda);
          · cessione di quote da parte di soci società di persone;
          · mancata presentazione della garanzia o mancato rinnovo della stessa;
          · venir meno della garanzia in assenza dell’autorizzazione dell’Ufficio territorialmente competente;
          · mancata presentazione della dichiarazione (soltanto in caso di sospensione);
          · omessa tenuta e conservazione della documentazione prescritta;
          · mancata risposta al questionario inviato dall'Agenzia delle Entrate;
          · mancata comunicazione della variazione dell’indirizzo della sede estera;
          · omesso pagamento di una rata o di una quota degli importi dovuti, salve le ipotesi di ravvedimento

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            E il ministero dà pure le autorizzazioni a società con capitale di carta straccia

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              Originariamente inviato da Assistente123 Visualizza il messaggio
              In questa situazione è intervenuta la procura di Milano, con il pm Donata Costa, che ha sequestrato le società Aipa e Mazal, affidandole ai custodi giudiziari Stefania Chiaruttini e Roberto Pireddu. Che hanno già azzerato i compensi dei precedenti manager privati: fino a 15 mila euro al mese. L’obiettivo degli inquirenti è salvare i posti di lavoro e recuperare le tasse sparite. L’inchiesta più calda riguarda i titoli fantasma. Dal conto della Mazal in Banca Etruria sono usciti 170 mila euro in contanti, che risultano incassati dal commercialista Stefano Bruni, ex sindaco di Forza Italia a Como, come parcella per una sua mediazione sui bond. Come venditore dei titoli compare un concessionario d’auto e nautica, Daniele Bizzozero, che è anche patron del Lecco Calcio, dove ha nominato presidente onorario l’ex mezzala Evaristo Beccalossi. Ora Bruni è indagato a Milano: interrogato in procura, si è difeso sostenendo di non aver mai sospettato che i bond fossero finti.


              Mentre il suo amico Bizzozero ha problemi più gravi: in aprile è stato arrestato a Siracusa come complice di una presunta maxi-truffa con carte di credito clonate a ignari clienti. La Guardia di Finanza intanto ha scoperto che i bond-fantasma sono stati usati per fornire capitale fittizio anche al Monza Calcio nel tentativo di salvarlo dal crack. Tentativo fallito. Lo stesso copione si è ripetuto anche su decine di società per coprirne i buchi nei conti. Il proprietario originario dei finti titoli Jp Morgan è un faccendiere olandese con base in Svizzera, che possiede bond analoghi per un valore nominale di oltre 200 milioni di euro, pronti a essere piazzati per l’Italia.


              L’altro troncone d’inchiesta riguarda la bancarotta delle società di riscossione e punta a scoprire dove sono finiti i soldi. Per l’Aipa nell’era di Santucci, il danno ormai è fatto: i comuni potranno al massimo spartirsi i ricavi della vendita dei ranch esotici. Le uscite della Mazal invece sono recentissime. Le indagini stanno ricostruendo consulenze per un valore totale di 2 milioni ritenute sproporzionate per un’azienda prossima al crack: le parcelle più alte, circa 900 mila euro, risultano incassate da Prometeia, la società di analisi economiche con base a Bologna presieduta da Angelo Tantazzi, a lungo a capo della Borsa italiana. In questo caso i titoli fantasma non c’entrano, per cui fino a prova contraria si tratta di fatture regolari. L’inchiesta però continua a riservare sorprese. E nelle carte dell’accusa c’è già chi arriva a definire la riscossione come «il bancomat della politica».

              e secondo te questi straccioni possono fare tutto questo da soli?

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                La riscossione deve essere in mano al pubblico....

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                  il privato (per certe funzioni) è cosa buona e giusta ma solo in linea teorica.....

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                    Lo scrivono sui libri all'università.....ma è tutta aria fritta, nella realtà non funziona..

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                      chissà, magari lo pompano perchè intravedono un business......(CONSULENZE DI CUI SOPRA)

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                      Sto operando...
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