L’opportunità di omogeneizzare – e, quindi, semplificare – il sistema si ricava dalleseguenti riepilogative osservazioni, induttive, nell’insieme, di una indiscutibiledisorganicità:
- esiste, sul piano teorico, un concetto chiaro e definito di interpello, rispondente aduna individuata, esclusiva funzione chiarificatrice;
- detta formula, pur permanendo astrattamente identica, è stata utilizzata perricomprendere versioni molteplici, intrinsecamente e finalisticamente diverse e,comunque, estranee alla natura interpretativa tipica dell’interpello;
- sono state, quindi, attivate multiformi procedure, canalizzate da decretiministeriali e/o provvedimenti regolamentari dedicati, peraltro ulteriormente filtrati e distintamente compattati alla luce di interpretazioni amministrative di settore, con la produzione dei seguenti, sintetici effetti:
- diversità degli istanti, di volta in volta individuati sulla base della tipicità della versione e delle sue peculiarità;
- diversità dei soggetti attivi chiamati a rendere le risposte (Direzione regionale e/o Direzione centrale), circostanza ricorrente anche all’interno di una stessa categoria di interpello (cfr. interpello ordinario);
- diverse modalità di presentazione delle istanze;
- diversità nella formulazione delle risposte;
- diverse regole di inammissibilità delle istanze;
- diverse tempistiche nella resa del parere: 180 gg. (120 + 60) per interpello antielusivo; 120 gg. per interpello ordinario; 90 gg. per interpello disapplicativo;
- diversità, nella ricorrenza o meno, dell’istituto del silenzio/assenso, escluso in alcuni casi, previsto per altri, e, in questa ultima ipotesi, distintamente esercitabile, ossia esperibile solo a seguito di diffida ovvero in assenza di questa;
- applicazione della procedura dell’interpello ordinario per casi disapplicativi riconducibili a CFC, da cui, conseguentemente, il mutamento dei tempi di risposta rispetto alla procedura disapplicativa ordinaria, l’ammissibilità del silenzio/assenso;
- qualificazione solo apparentemente potestativa (“la società interessata può richiedere la disapplicazione”dell’interpello delle società di comodo, nella realtà dichiaratamente obbligatorio, pur trattandosi di interpello tecnicamente“ordinario”.
Si tratta di una situazione indubbiamente confusa, dovuta a una disciplina che, nel tempo, è stata investita da un flusso particolarmente intenso di provvedimenti, alcuni, con una portata generale, ed altri, invece, con effetti specifici, costitutivi, nell’insieme, di un ampio, articolato contesto, non sempre uniformemente orientato sul piano interpretativo,anche a motivo della straordinaria instabilità, variabilità ed evoluzione delle materie applicative di riferimento.
- esiste, sul piano teorico, un concetto chiaro e definito di interpello, rispondente aduna individuata, esclusiva funzione chiarificatrice;
- detta formula, pur permanendo astrattamente identica, è stata utilizzata perricomprendere versioni molteplici, intrinsecamente e finalisticamente diverse e,comunque, estranee alla natura interpretativa tipica dell’interpello;
- sono state, quindi, attivate multiformi procedure, canalizzate da decretiministeriali e/o provvedimenti regolamentari dedicati, peraltro ulteriormente filtrati e distintamente compattati alla luce di interpretazioni amministrative di settore, con la produzione dei seguenti, sintetici effetti:
- diversità degli istanti, di volta in volta individuati sulla base della tipicità della versione e delle sue peculiarità;
- diversità dei soggetti attivi chiamati a rendere le risposte (Direzione regionale e/o Direzione centrale), circostanza ricorrente anche all’interno di una stessa categoria di interpello (cfr. interpello ordinario);
- diverse modalità di presentazione delle istanze;
- diversità nella formulazione delle risposte;
- diverse regole di inammissibilità delle istanze;
- diverse tempistiche nella resa del parere: 180 gg. (120 + 60) per interpello antielusivo; 120 gg. per interpello ordinario; 90 gg. per interpello disapplicativo;
- diversità, nella ricorrenza o meno, dell’istituto del silenzio/assenso, escluso in alcuni casi, previsto per altri, e, in questa ultima ipotesi, distintamente esercitabile, ossia esperibile solo a seguito di diffida ovvero in assenza di questa;
- applicazione della procedura dell’interpello ordinario per casi disapplicativi riconducibili a CFC, da cui, conseguentemente, il mutamento dei tempi di risposta rispetto alla procedura disapplicativa ordinaria, l’ammissibilità del silenzio/assenso;
- qualificazione solo apparentemente potestativa (“la società interessata può richiedere la disapplicazione”dell’interpello delle società di comodo, nella realtà dichiaratamente obbligatorio, pur trattandosi di interpello tecnicamente“ordinario”.
Si tratta di una situazione indubbiamente confusa, dovuta a una disciplina che, nel tempo, è stata investita da un flusso particolarmente intenso di provvedimenti, alcuni, con una portata generale, ed altri, invece, con effetti specifici, costitutivi, nell’insieme, di un ampio, articolato contesto, non sempre uniformemente orientato sul piano interpretativo,anche a motivo della straordinaria instabilità, variabilità ed evoluzione delle materie applicative di riferimento.
Commenta