Lo scandalo “toghe sporche” ha investito anche lui, Domenico Seccia, magistrato noto in provincia di Foggia per essersi occupato della mafia garganica e non solo. Procuratore capo di Lucera, il barlettano Seccia, 60 anni, è stato anche sostituto procuratore a Bari nella Direzione Distrettuale Antimafia, occupandosi proprio della criminalità del Gargano. Ha scritto anche due libri sulla mafia del promontorio, la stessa mafia che avrebbe strumentalizzato per spaventare l’imprenditore di Corato, Flavio D’Introno colui che ha poi svelato il presunto sistema corruttivo nella Procura di Trani, ideato dal gip Michele Nardi e messo in atto anche dal pm Antonio Savasta.
Seccia, che dopo Lucera andò a ricoprire l’incarico di procuratore a Fermo prima della nomina nel 2018 a Sostituto Procuratore Generale della Cassazione, è stato tirato in ballo da Savasta il quale avrebbe confermato che l’ex pm antimafia faceva parte della commissione tributaria che a Bari, tra il 2009 e il 2010, si occupò dei ricorsi presentati da Flavio D’Introno su alcune cartelle esattoriali del valore totale di circa 8 milioni di euro: ricorso accolto in primo grado, sentenza ribaltata in appello e confermata in Cassazione.
È stato proprio D’Introno, in seguito, a svelare un giro di corruzione in atti giudiziari che ha portato all’arresto dell’ex gip Michele Nardi – ritenuto dagli inquirenti l’ideatore della “macchina delle tangenti” – e dell’ex pm Antonio Savasta, quest’ultimo ai domiciliari.
https://www.immediato.net/2019/06/20...menico-seccia/
Seccia, che dopo Lucera andò a ricoprire l’incarico di procuratore a Fermo prima della nomina nel 2018 a Sostituto Procuratore Generale della Cassazione, è stato tirato in ballo da Savasta il quale avrebbe confermato che l’ex pm antimafia faceva parte della commissione tributaria che a Bari, tra il 2009 e il 2010, si occupò dei ricorsi presentati da Flavio D’Introno su alcune cartelle esattoriali del valore totale di circa 8 milioni di euro: ricorso accolto in primo grado, sentenza ribaltata in appello e confermata in Cassazione.
È stato proprio D’Introno, in seguito, a svelare un giro di corruzione in atti giudiziari che ha portato all’arresto dell’ex gip Michele Nardi – ritenuto dagli inquirenti l’ideatore della “macchina delle tangenti” – e dell’ex pm Antonio Savasta, quest’ultimo ai domiciliari.
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