Costa, 47 anni, palermitano, arrestato a Bologna, con l' accusa di riciclaggio sedeva su una fortuna stimata dal Gico della Finanza che l' ha sequestrata in 900 miliardi. Capitali polverizzati in decine di società, investiti in oltre 370 mila titoli azionari, depositati in Italia e all' estero in banche dove l' uomo d' affari, già arrestato due volte per bancarotta, operava prelievi miliardari a ritmo mensile e versava denaro in libera uscita dalle "famiglie" di Palermo, dichiarando al fisco non più di 58 milioni l' anno. La ex moglie di Costa, Giuseppa Pandolfo si è costituita a Palermo dopo una perquisizione nella sua casa di Villabate. Le hanno trovato assegni per un miliardo e 700 milioni. Dovrà rimanere ai domiciliari per 90 giorni. Anche l' attuale compagna di Costa, Francesca Fabbretti, legale bolognese, avrebbe seguito Costa in alcune delle avventure societarie, insieme con il padre Tommaso, già presidente del "Bologna Calcio". In Emilia l' intraprendente finanziere dei boss era arrivato nel 1994. Alle spalle una teoria di morti ammazzati e la triste fama di unico sopravvissuto tra i broker di una finanziaria fantasma: la "Suginvest corporation", una improbabile ditta che garantiva il raddoppio dell' investimento a dieci giorni dal deposito. L' ideatore del sistema era Giovanni Sucato, morto in uno strano incendio nel 1996. Il gioco era cominciato proprio a Villabate, a due passi da casa dei coniugi Costa sei anni prima. La voce di fortune miliardarie accumulate in fretta correva di bocca in bocca e la gente faceva la fila per portare i soldi. Sucato cominciò a ricevere in uno studio al centro della città. I galoppini reclutavano investitori per lui. Uno dei più attivi era Costa. Nel suo negozio di ceramiche, raccontano i pentiti, «c' erano miliardi dentro i sacchi della spazzatura». Ma con l' ingresso di Costa nella fauna dei procacciatori si era già compiuto il salto. Sucato aveva messo a disposizione il sistema a vantaggio dei boss. I Graviano di Brancaccio storcevano il muso: «Poi non venite a cercare noi», raccomandavano ai picciotti impazienti. Ci credevano invece i Montalto, Salvatore e Vincenzo, capifamiglia di Villabate. E Costa era uno «che gli stava a lato», raccontano i pentiti. Quando la catena si spezzò e decine di risparmiatori gabbati cercarono, pistola in pugno, di regolare i conti con i galoppini, Costa lasciò Palermo. Per conto dei boss siciliani aveva già concluso l' acquisto di una ville e appartamenti nelle più belle zone turistiche dell' Isola: da Portorosa a Vulcano. In Emilia sviluppò gli affari in edilizia e nelle assicurazioni. A Pesaro rilevò la "Mochi Craft", ramo imbarcazioni da diporto per nababbi. Per sé aveva preso case a Courmayeur, aveva provato speculazioni a Montecarlo e viaggiava in Svizzera con un avvocato siciliano per movimentare quattrini con le banche elvetiche. Tentò anche di cambiare anche "quantas" boliviani. Creava società, comprava di tutto e chiudeva i battenti. Credendosi ormai al riparo dalle inchieste antimafia, sostengono i finanzieri, dopo aver concluso il trasferimento all' estero di gran parte del tesoro accumulato per i boss, si godeva i frutti del suo decennio border line. Fino a quando, improvvisamente, vecchi racconti dei pentiti e nuove indagini bancarie della Guardia di finanza, hanno convinto i pm Sergio Lari e Olga Capasso a chiederne l' arresto.
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Legami con la mafia: stop al Plaza Cafè
L’interdittiva emessa dalla prefettura dopo la riunione del tavolo interforze: rapporti con famiglie legate alle cosche
http://gazzettadimantova.gelocal.it/...ana-1.15726439
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Una bastonata senza precedenti che va a mettere la parola fine alla melina tra l’amministrazione di Giovanni Cavatorta e la società, costituita con un capitale sociale di 100 euro, di cui sono titolari al 50% Nicola Mungo 41enne originario di Catanzaro residente a Boretto, e per la quota restante Luigi Avantaggiato, 42enne nato in Svizzera e domiciliato nel Leccese. Se Avantaggiato è un personaggio praticamente sconosciuto a Viadana, dove non lo si vede quasi mai, tutt’altra risonanza ha invece il nome di Mungo. Era infatti il gestore del bar MyModi via Circonvallazione Fosse, punto di ritrovo abituale della comunità di calabresi che vive a Viadana. Il MyMo, per inciso, era di proprietà della società Magia srl, la cui sede legale, in via De Pioppi, coincide con l'abitazione della moglie di Francesco Riillo, fratello di Pasquale arrestato nell' operazione Aemilia, ritenuto un affiliato della cosca degli Arena. Impossibile pensare a una coincidenza.
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Perché fusibili?
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