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Una banca accetta di vendere il titolo di una società quotata, per esempio a un fondo pensione, prima dello stacco della cedola e glielo consegna dopo che il dividendo viene pagato. Sia la banca che il fondo pensione fanno richiesta della ritenuta sui dividendi (witholding tax).
In alcuni casi le banche vendono azioni che non posseggono e concordano di acquistarle più avanti nel tempo secondo il metodo dello short selling. Il titolo viene rapidamente trattato all'interno di un gruppo sindacato di istituti di credito, investitori ed hedge fund per creare l'impressione che vi siano molti possessori (ma l'azione è una solo). I profitti da questa operazione (illegale) vengono poi divisi fra i soggetti.
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Originariamente inviato da ROL Visualizza il messaggioUna banca accetta di vendere il titolo di una società quotata, per esempio a un fondo pensione, prima dello stacco della cedola e glielo consegna dopo che il dividendo viene pagato. Sia la banca che il fondo pensione fanno richiesta della ritenuta sui dividendi (witholding tax).
In alcuni casi le banche vendono azioni che non posseggono e concordano di acquistarle più avanti nel tempo secondo il metodo dello short selling. Il titolo viene rapidamente trattato all'interno di un gruppo sindacato di istituti di credito, investitori ed hedge fund per creare l'impressione che vi siano molti possessori (ma l'azione è una solo). I profitti da questa operazione (illegale) vengono poi divisi fra i soggetti.
Ma le strategie “cum-ex” vanno oltre. Si basano sulla restituzione dell'imposta sui guadagni sul capitale che vengono applicati ai dividendi, anche se queste imposte non sono mai state pagate.
In un'operazione “cum-ex”, per esempio, un fondo di investimento incarica un broker o una banca d'investimento di acquistare azioni di una società quotata alla vigilia del pagamento del dividendo. Questi titoli sono acquistati da un venditore breve o corto, che cioé non possiede effettivamente le azioni al momento della vendita.
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Lo schema su cui la procura di Colonia indaga utilizzava fondi di investimento o pensioni esteri - quindi al di fuori della Germania - che avevano diritto a restituzioni totali o parziali di imposte sul reddito da capitale grazie ad accordi fiscali che i paesi in cui i fondi erano domiciliati avevano firmato con la Germania. Ad esempio, fondi pensione americani.
Le operazioni di compravendita normalmente non vengono registrate nello stesso momento in cui vengono ordinate, ma diversi giorni lavorativi dopo. Ciò significa che se il fondo di investimento dava l'ordine di acquistare i titoli di una società alla vigilia dello stacco del dividendo, quando riceveva le azioni il pagamento della cedola era già avvenuto e quindi il valore delle stesse azioni era diminuito (”ex dividendo”, senza dividendo).
Ma quando il fondo di investimento aveva ordinato l’acquisto dei titoli, le azioni avevano il valore del dividendo incorporato (”cum dividend”, con dividendo). Pertanto, il venditore delle azioni era obbligato a risarcire il fondo di investimento con un pagamento equivalente al dividendo.
Il pagamento compensativo era soggetto alle stesse imposte come il dividendo originale ma in questo caso l'obbligo di trattenere l'imposta sul guadagno di capitale spettava alla banca che vendeva i titoli. E qui scattava lo stratagemma giuridico che - secondo la procura di Colonia era alla base del meccanismo di evasione fiscale -: se la banca era domiciliata fuori dalla Germania, non aveva alcun obbligo di applicare le ritenute fiscali.
Nonostante questo, il fondo d'investimento della banca che aveva acquisito le azioni e aveva ricevuto il pagamento compensativo poteva rilasciare un certificato che attestava che le deduzioni erano state pagate al Fisco tedesco. Questo certificato concedeva il diritto di richiedere alle autorità fiscali della Germania il rimborso di una tassa mai pagata.
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Lo scambio di azioni fra tre investitori
Ma come funzionava concretamente lo schema sotto accusa? Alla base c'è un accordo tra tre “investitori”. L'investitore A acquista, ad esempio, azioni di una società quotata per 20 milioni euro. Un altro soggetto, l'investitore B, ordina anch'egli l'acquisto delle azioni della stessa società per la stessa cifra di 20 milioni poco prima del pagamento del dividendo (cum dividend).
L'investitore B compra le azioni dall'investitore C, che però non possiede le azioni al momento della vendita. Ma non importa perché C non deve consegnare le azioni a B nello stesso istante della vendita. È quella che si chiama vendita allo scoperto.
La società paga il dividendo di un milione di euro all'investitore A ma versa solo 750mila euro. Il resto della cifra (250mila euro, cioé il 25% del dividendo) la società lo versa allo Stato come imposta sui rendimenti del capitale. L'investitore A riceve per questa imposta un certificato con il quale, a determinate condizioni, può richiedere il rimborso allo Stato.
A questo punto l'investitore A vende le sue azioni all'investitore C, che ne ha bisogno per consegnarle all'investitore B.
C, però, paga ad A non 20 milioni di euro ma solo 19 perché le azioni valgono meno, in quanto hanno già staccato la cedola (”ex dividend”). L'investitore C consegna quindi le azioni all'investitore B ma poiché le azioni adesso valgono meno perché hanno staccato il dividendo, B apporta a C un'integrazione di 750mila euro. Per gli altri 250mila euro, C riceve un certificato fiscale. Alla fine B rivende le azioni all'investitore A.
Al termine di questo complicato giro, tutto ritorna come prima della vendita, come se l'operazione non sia mai stata effettuata. Ma lo Stato ha ricevuto i 250mila euro una sola volta nonstante alla fine dell'operazione esistano due certificati fiscali di 250mila euro ciascuno: in tutto 500mila euro. A e B possono reclamare allo Stato la stessa quantità di soldi e lo Stato ha perso 250mila euro. I tre investitori si dividono questo bottino.
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Originariamente inviato da ROL Visualizza il messaggio---> le operazioni circolari.
Anche se non si vuole avvalorare la liceità delle operazioni prospettate nella risoluzione, qualche dubbio vi è sul fatto che si tratti di abuso del diritto. Le operazioni “circolari” sono di fatto situazioni ascrivibili alla simulazione/dissimulazione/interposizione (fittizia), cioè vicende di evasione. Si evade, infatti, non soltanto quando si agisce apertamente contra legem, ma anche quando viene palesato un assetto negoziale apparente. Ovviamente, ai fini dell’imposizione tributaria, il compito dell’amministrazione è quello di accertare l’assetto effettivo, che è l’unico rilevante ai fini dell’applicazione dei tributi e al quale i contribuenti devono comunque fare riferimento nell’adempiere ai propri obblighi, formali e sostanziali.
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Originariamente inviato da strelizia Visualizza il messaggio
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https://www.ilfattoquotidiano.it/201...atura/4701765/
nemmeno si avviano .... già pensano alle piante....
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