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    Stabile organizzazione occulta

    Ipotesi di configurazione

    --> Società italiana controllata da holding estera

    una società italiana è legata da rapporti di controllo ad una società estera (cd. “holding”): la società italiana può qualificarsi come “stabile organizzazione occulta” (“stabile organizzazione materiale”) della holding estera, ai fini delle imposte sul reddito

    --> Società italiana controllata da holding estera (“agente dipendente”)

    una società italiana è legata da rapporti di controllo ad una società estera (cd. “holding”): la società italiana può qualificarsi, in ragione dell’attività svolta e delle modalità di svolgimento della stessa, come “agente dipendente” (ai sensi dell’art. 5 del Modello OCSE) della holding estera: la “stabile organizzazione personale” in Italia della società estera (holding) si configura quale “stabile organizzazione occulta”, ai fini delle imposte sul reddito.

    --> Ramo d’azienda di società italiana controllata da holding estera

    una società italiana è legata da rapporti di controllo ad una società estera (cd. “holding”): uno dei rami d’azienda della società italiana, in ragione dell’attività svolta e delle modalità di svolgimento della stessa (da parte del ramo d’azienda), può qualificarsi come “stabile organizzazione occulta” della holding estera, ai fini delle imposte sul reddito

    --> Ufficio di rappresentanza di società estera


    una società estera possiede in Italia un Ufficio di rappresentanza: quest’ultimo, in ragione dell’attività svolta e delle modalità di svolgimento della stessa, può qualificarsi come “stabile organizzazione occulta” della società estera, ai fini delle
    imposte sul reddito.

    --> Assenza di partecipazione e di Ufficio di rappresentanza di società estere


    una società estera non ha una partecipazione in una società residente né un Ufficio di rappresentanza: nell’ipotesi di esercizio di attività d’impresa “in incognito” attraverso una organizzazione di uomini e mezzi, può configurarsi una “stabile organizzazione occulta” della società estera, ai fini delle imposte sul reddito.


    Profili di identificazione di una “stabile organizzazione occulta”:

    carenza di un’autentica separazione (inconsapevole o consapevole), sotto il profilo dei soggetti cui è demandata la gestione dell’attività e lo svolgimento delle funzioni, fra la società italiana e l’impresa estera;
    sussistenza di un rapporto di sostanziale (per quanto non formale) subordinazione (inconsapevole o consapevole) del personale dirigente della società italiana ai vertici del soggetto estero;
    il soggetto italiano svolge attività (volontariamente o involontariamente) a favore di una o più società estere del gruppo, in assenza di corrispettivo;
    • sussistenza di specifici accordi, aventi ad oggetto la preventiva determinazione della regolamentazione economica delle transazioni concluse tra la società residente italiana e il soggetto non residente;
    partecipazione del soggetto italiano ad una o più delle fasi necessarie alla stipula di contratti in nome e per conto dell’impresa estera, eventualmente anche in assenza, in capo al primo, del potere di negoziare i termini del contratto;
    • circostanza per cui gli enti coinvolti si avvalgono (consapevolmente o inconsapevolmente) dei medesimi strumenti informativi


    Una volta identificata in Italia la “stabile organizzazione occulta” del soggetto estero, ai fini della qualificazione e della quantificazione del reddito da attribuire alla stabile organizzazione – in conformità con quanto previsto dalle disposizioni convenzionali applicabili (in particolare, l’art. 7 del Modello OCSE) e dalla normativa interna – si procede alla individuazione del reddito sottratto a tassazione per il tramite della determinazione del valore normale del margine di profitto conseguito da soggetti, terzi indipendenti, che operano in situazioni analoghe o similari e, quindi, attraverso il riconoscimento di una “percentuale” di costi ritenuta, per effetto della normativa in materia di transfer pricing, congrua.
    Ai fini della corretta quantificazione del reddito da attribuire alla stabile organizzazione (e, pertanto, da assoggettare a tassazione), si fa riferimento al principio internazionale dell’arm’s length e, dal punto di vista metodologico, alle disposizioni di cui all’art. 7 del Modello OCSE
    Ultima modifica di ROL; 11-11-2015, 09:41.

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      Evasione fiscale in assicurazioni a Pisa
      11/11/2015
      Verifiche fiscali eseguite dal nucleo di Polizia Tributaria del Comando provinciale della Guardia di Finanza di Pisa nei confronti di studi medici professionali operanti nel settore della consulenza alle assicurazioni, tutti con sede legale nella provincia e con sedi operative sparse sul territorio nazionale.

      Gli accertamenti, condotti simultaneamente, hanno consentito di evidenziare un vero e proprio 'dedalo' di società create da un medico legale per favorire l’evasione fiscale.
      Gli studi professionali erano costituiti in associazione ad altri aventi sede nei luoghi dove avvenivano i sinistri.
      Il modus operandi era caratterizzato da un meccanismo secondo il quale il professionista accreditato, ricevuto l’incarico lo smistava, grazie ad una sua società, ad un suo studio professionale a seconda del luogo della consulenza.
      Questa struttura ad alveare di studi professionali interposti ha permesso al professionista di creare costi indebiti per ridurre i suoi reali compensi che, altrimenti, sarebbero stati ben più elevati come di fatto accertato al termine delle indagini.








      I finanzieri hanno segnalato un'evasione fiscale di circa 4 milioni di euro, tra redditi non dichiarati (oltre 2.700.000 euro) ed imposte (oltre 1.300.000 euro). Della vicenda è stata informata l'autorità giudiziaria.


      verissimo.....ma sono di più i medici dentisti che operano in questo modo....




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        interessi passivi

        http://www.fiscooggi.it/files/u40/ra...5.11.11_03.pdf

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          Originariamente inviato da ROL Visualizza il messaggio

          TRANSFER PRICING

          Approda in Cassazione un’interessante questione concernente la rettifica in aumento da parte dell’Amministrazione finanziaria dei ricavi dichiarati da una Società a seguito della rideterminazione a valore normale dei prezzi di trasferimento da questa praticati nellacessione di beni e prestazioni di servizi alle sue consociate estere.
          La vicenda che vede coinvolta la sede italiana di una nota compagnia di telecomunicazioniha consentito ai Supremi Giudici la formulazione di principi di diritto nell’ambito di una materia dai tratti ancora piuttosto incerti per l’operatore e molto dibattuta tra gli interpreti, sia in ordine alla natura della disciplina, che viene dalla Corte inquadrata all’interno delle norma a finalità espressamente antielusiva, sia con riguardo ai principi in tema di ripartizione dell’onere probatorio tra Amministrazione finanziaria e contribuente.Il ricorso proposto dall’Agenzia delle Entrate, affidato a sei motivi di diritto, coinvolgeva anche ulteriori rilievi frutto dell’attività di verifica prodromica all’accertamento riguardando la rettifica delle perdite dichiarate dalla società, in esito al recupero a tassazione di alcune componenti negative del reddito, ritenute dall'Amministrazione finanziaria indeducibili, nonché la ripresa a tassazione, per l'anno 1998, ai fini IVA, del costo di alcuni servizi di consulenza e ricerca resi ad una consociata estera e ritenuti dall'Ufficio soggetti ad imposizione in Italia ai sensi del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 7, comma 3, e del valore di alcune operazioni commerciali ritenute inesistenti.Tuttavia, gli esiti di maggiore valenza ermeneutica la Cassazione li raggiunge proprio con riguardo al rilievo sul transfer pricing che ha stimolato la Corte nella formulazione, con la sentenza n. 16399/2015, di un interessante riparto probatorio tra prova positiva da rendersi a cura dell’attore sostanziale del giudizio tributario (i.e.: Amministrazione finanziaria) e prova contraria ad onere del contribuente/ricorrente.Com’è noto, la disciplina del transfer pricing, ai sensi dell’art.110, co.7, d.P.R. n.917/86 (già art.76, co.5), prevede che i componenti derivanti da operazioni con società non residenti nel territorio dello Stato, le quali direttamente o indirettamente controllano l'impresa o ne sono controllate o sono controllate dalla stessa società controllante l'impresa nazionale, siano valutati in base al "valore normale" dei beni ceduti, dei servizi prestati e dei beni ricevuti.L’analisi dei prezzi può essere condotta facendo ricorso a metodi di tipo tradizionale(confronto di prezzo, prezzo di rivendita, costo maggiorato) ovvero con metodi alternativi(ripartizione dei profitti globali, comparazione dei profitti, redditività del capitale investito, margini lordi di settore).Nella fattispecie in esame la valutazione di conformità dei prezzi praticati tra le consociateera stata operata alla stregua del metodo del confronto dei prezzi ritenuto, per giunta, non adeguato dai Giudici di merito siccome "è stato fatto, non fra prodotti identici fra loro, mafra quelli appartenenti ad una stessa generica famiglia e non necessariamente simili comestruttura e composizione" i quali avevano, pertanto, concluso considerando “non raggiunta la prova che le transazioni poste in essere dalla parte con le sue consociate estere sianoavvenute a prezzi inferiori al normale".La Corte ha colto l’occasione per ribadire, da un lato, che la disciplina di cui all’art.110 Tuirfissa una clausola antielusiva finalizzata ad evitare trasferimenti di utili mediantel'applicazione di prezzi inferiori o superiori al valore dei beni scambiati, onde sottrarliall'imposizione fiscale in Italia a favore di tassazioni estere inferiori”, dall’altro, per operare un distinguo in termini di assolvimento dell’onere probatorio a seconda che la rettifica abbia ad oggetto i ricavi dichiarati dalla contribuente ovvero la deducibilità dei costi da questa sostenuti.Sotto il primo profilo la pronuncia chiarisce che, per quanto concerne i componenti positivi del reddito, l'onere di provare la fondatezza della rettifica da transfer pricing incombe sull'Amministrazione finanziaria, secondo le regole generali in materia e che tale onere resta limitato alla dimostrazione dell'esistenza di transazioni tra imprese collegate e dello scostamento evidente tra il corrispettivo pattuito e quello di mercato (valore normale), non essendo tale onere esteso alla prova della funzione elusiva dell'operazione,mentre, con riferimento alle rettifiche dei costi” specificano gli Ermellini “poiché il problema della ripartizione dei costi infragruppo involge anche il profilo dell'inerenza, oltre che quellodell'esistenza, l'onere di fornire la dimostrazione dell'esistenza e dell'inerenza di tali componenti negativi del reddito e, qualora si tratti di costi derivanti da servizi o beni prestati o ceduti da una società controllante estera ad una controllata italiana, anche di ogni elemento che consenta all'Amministrazione di verificare il normale valore dei relativi corrispettivi, non può che ricadere, in forza del c.d. "principio di vicinanza alla prova", sul contribuente”.


          http://www.fiscooggi.it/files/u40/ra...5.11.11_09.pdf

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            sanzioni: reverse charge

            http://www.fiscooggi.it/files/u40/ra...5.11.11_08.pdf

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              consolidato

              http://www.fiscooggi.it/files/u40/ra...5.11.10_02.pdf

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                eh già......

                http://www.fiscooggi.it/files/u40/ra...5.11.10_03.pdf

                Commenta


                  abuso

                  http://www.fiscooggi.it/files/u40/ra...5.11.10_04.pdf

                  http://www.fiscooggi.it/files/u40/ra...5.11.10_10.pdf
                  Ultima modifica di ROL; 11-11-2015, 10:44.

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                    perdite su crediti

                    http://www.fiscooggi.it/files/u40/ra...5.11.10_06.pdf

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                      facciamo questo esempio che è più caruccio.....:-)

                      Si realizza Abuso del diritto quando il vantaggio fiscale non è legittimo e quando tale vantaggio non è riconducibile all'evasione. Si può realizzare abuso del diritto ad esempio in tutte quelle ipotesi di riqualifcazioni delle attribuzioni economiche in trust come DONAZIONE ai beneficiari.
                      Se il Trust (come quasi sempre accade) non si limita alla detenzione passiva ma investe somme e distribuisce successivamente ai beneficiari "attribuzioni" sottoforma di RENDITE VITALIZIE

                      VANTAGGIO INDEBITO--> tax free .....si salta completamente la tassazione progressiva irpef sul beneficiario

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                      Sto operando...
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