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    Innalzamento delle soglie per gli omessi versamenti. Senza ombra di dubbio la modifica più attesa ed invocata atteneva alle fattispecie di cui agli artt. 10 bis e 10 ter d.lgs. 74/2000. I delitti di omesso versamento di ritenute certificate e di omesso versamento di IVA dichiarata, in conseguenza dell’aggravarsi della crisi economica, hanno conosciuto uno straordinario incremento. L’afflittività dei procedimenti penali pendenti è risultata poi acuita dal sistematico ricorso al sequestro per equivalente che molto spesso andava a colpire beni personali dell’amministratore della società che, a causa della crisi economica, aveva omesso il versamento. Sistematico dunque, da un lato, il richiamo delle difese all’argomento della non punibilità a fronte della crisi economica quale causa di forza maggiore, o comunque situazione tale da escludere il dolo di evasione; evidente, dall’altro lato, la percezione per il contribuente della ingiustizia di tale intervento penale. A fronte delle aspettative di una abolitio criminis, da più parti invocata anche alla luce della sostanziale assenza di decettività nelle condotte di cui ai reati in questione, il legislatore ha adottato la soluzione mediana, conservando la penale rilevanza delle condotte, ma elevando notevolmente la soglia originaria di punibilità, portata a 150.000,00 euro per le ritenute e 250.000,00 per l’omesso versamento di IVA. L’innalzamento delle soglie avrà naturalmente efficacia retroattiva con conseguente non punibilità anche per i fatti commessi prima della novella legislativa. Importante sottolineare una modifica sostanziale apportata alla struttura della fattispecie di omesso versamento delle ritenute: il reato si perfezionerà anche sulla base della mera dichiarazione senza la necessità – ritenuta necessaria, sulla base del testo previgente, dalla prevalente e più recente giurisprudenza – che siano state anche rilasciate ai sostituiti le attestazioni di avvenuto versamento della ritenuta. Spiace rimarcare come tale modifica abbia ulteriormente impoverito la già scarna decettività della condotta incriminata, ponendo anche problemi (di costituzionalità?) in relazione alle prescrizioni contrarie contenute nella legge delega.

    La stretta sulle indebite compensazioni. Significativo l’intervento della novella sulla fattispecie prevista dall’art. 10 quater. In tale caso il legislatore ha lasciato ferma la soglia di punibilità pari ad euro 50.000,00, ma è intervenuto sulla struttura della fattispecie operando una opportuna distinzione fra la ipotesi in cui sia portato in compensazione un credito «inesistente», dalla ipotesi in cui detto credito sia meramente «non spettante». Nel primo caso il trattamento sanzionatorio è stato elevato da un minimo di un anno e sei mesi ad un massimo di sei anni, mentre nel caso di credito «non spettante», ma esistente, rimane la vecchia sanzione da sei mesi a due anni di reclusione. Notevolissimo dunque l’aggravamento sanzionatorio per il credito «inesistente», aggravamento che non opererà retroattivamente, ma consentirà per il futuro, da un lato, il ricorso alle intercettazioni telefoniche ed impedirà, dall’altro, la punibilità per tenuità del fatto e occasionalità della condotta.
    La confisca. L’art. 10 del decreto legislativo introduce un nuovo art. 12 bis, dedicato alla confisca. Il primo comma del nuovo art. 12 bis si limita a realizzare una più coerente collocazione normativa della disposizione relativa alla confisca, già applicabile ai reati tributari per effetto dell'art. 1, comma 143, l. n. 244/2007 – che viene infatti abrogato dall'art. 14 del decreto legislativo del 22 settembre. La novella è dunque priva di carattere innovativo – oltre la sistematica –, non curandosi nemmeno di includere i reati tributari fra i reati presupposto della responsabilità dell'ente e come fondamento di una confisca per equivalente in danno dell’ente stesso, come auspicato esplicitamente anche dalla giurisprudenza di legittimità. Carattere innovativo ha, invece, senza dubbio il comma 2 che esclude la confisca «per la parte che il contribuente si impegna a versare». Come aveva già chiarito la giurisprudenza in caso di sequestro per equivalente già disposto il contribuente può impegnarsi a versare quanto oggetto della misura cautelare reale per saldare il debito tributario ed evitare per tale via la misura della confisca.

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      Il pagamento del debito tributario quale causa di non punibilità. Ancor più innovativo e decisamente premiale ha il dettato del primo comma del novellato art. 13, che prevede la non punibilità (in luogo della previgente mera diminuzione di pena), per i soli delitti di cui agli artt. 10bis, 10 ter e 10 quater, comma 1, nel caso di integrale pagamento del debito tributario – comprensivo di interessi e sanzioni – prima dell’apertura del dibattimento. Ciò vale, per esplicito dettato, anche se il pagamento avviene a seguito di speciali procedure conciliative, di adesione o di ravvedimento operoso. Il contribuente attraverso il pagamento di quanto dovuto può dunque elidere la penale rilevanza della propria condotta. Il comma 2 del nuovo art. 13 prevede altresì una causa di non punibilità relativa ai delitti di dichiarazione infedele e omessa dichiarazione (artt. 3 e 4) sempre ancorata all’avvenuto pagamento del debito tributario maggiorato di interessi e sanzioni, anche a seguito di ravvedimento operoso. Tuttavia in tale caso la non punibilità è ancorata alla spontaneità della resipiscenza del contribuente, che deve intervenire, per scriminare, prima che lo stesso «abbia avuto formale conoscenza di accessi, ispezioni, verifiche o dell’inizio di qualunque accertamento amministrativo o di procedimenti penali». Ad agevolare l’adempimento del contribuente concorre anche il dettato del comma 3°, che prevede, nel caso in cui il debito tributario sia in via di estinzione mediante pagamento rateale prima della apertura del dibattimento, la concessione da parte del giudice di un termine di tre mesi per il pagamento del residuo, prorogabile per una sola volta per ulteriori tre mesi. Alla concessione del termine consegue la sospensione ex lege del decorso del termine di prescrizione del reato.
      Le nuove circostanze. L’art. 12 prevede l’inserimento di un nuovo art. 13 bis del d.lgs. 74/2000 che disciplina le nuove circostanze applicabili ai reati previsti dal medesimo decreto. Nel dettaglio il comma 1 prevede la diminuzione della pena sino alla metà e la non applicabilità delle sanzioni accessorie nel caso di integrale pagamento del debito tributario, prima dell’apertura del dibattimento di primo grado, anche a seguito di speciali procedure conciliative e di adesione all’accertamento. Il comma 2, riprendendo il testo del vecchio art. 13, comma 2 bis, – introdotto nel 2011 –, prevede la possibilità di definizione del procedimento con la applicazione della pena su richiesta di parte (art. 444 c.p.p.) solo quando ricorra la circostanza di cui al comma 1 nonché il ravvedimento operoso. Resta da chiedersi perché il ravvedimento operoso, che consente ai sensi del comma 3 il ricorso al patteggiamento, non sia menzionato nel comma 1 e dunque non consenta la riduzione della pena sino alla metà. Particolarmente significativa la nuova circostanza aggravante di cui al comma 3° del nuovo art. 13 bis che prevede un aumento della pena sino alla metà se il reato è commesso dal compartecipe nell’esercizio dell’attività di consulenza fiscale svolta da un professionista o un intermediario finanziario o bancario attraverso l’elaborazione di modelli di evasione fiscale. Trattasi di una aumento di pena che colpisce il professionista che concorra nei delitti di evasione fiscale del contribuente. E’ importante sottolineare che per l’operatività dell’aggravante non è sufficiente la particolare qualifica soggettiva del «compartecipe» in quanto la norma specifica anche il contributo che tale concorrente deve fornire al fine di ritenere applicabile l’aumento di pena: l’elaborazione di modelli di evasione fiscale. La nuova circostanza aggravante altro non fa che confermare la crescente attenzione e rigore verso l’operato di consulenti e professionisti che già la giurisprudenza di legittimità aveva manifestato in propri recenti arresti.
      Abrogazioni e note conclusive. L’art. 14 del decreto legislativo prevede l’abrogazione di: a) articoli 7 e 16 del decreto legislativo 10 marzo 2000, n. 74; b) comma 143 dell’art. 1 della legge 24 dicembre 2007, n. 244. Dell’art. 7 d.lgs. 74/2000 e 1 legge 244/2007 si è già detto. Quanto alla abrogazione dell’art. 16 d.lgs. 74/2000, detta norma sanciva la non punibilità, ai sensi del medesimo decreto, di chi si fosse uniformato al parere del Comitato consultivo per l’applicazione delle norme antielusive, previsto dall’art. 21 della legge 30 dicembre 1991, n. 413. Lo scopo originario della norma era semplicemente quello di introdurre una scusante correlata ad un caso “codificato” di ignoranza inevitabile della legge penale, conseguente all’affidamento del contribuente nel parere di un organo tecnico particolarmente qualificato. Come noto, propria da questa norma la giurisprudenza di legittimità aveva tratto, a contrario sensu, argomento per sostenere la rilevanza penalistica dell’elusione fiscale. Una volta esclusa in modo espresso quest’ultima, secondo quanto disposto dal comma 13 dell’art. 10 bis della legge n. 212 del 2000, introdotto, come si è visto, dall’art. 1, comma 1 del decreto legislativo recante disposizioni sulla certezza del diritto nei rapporti tra fisco e contribuente, la previsione normativa in questione restava priva di alcun significato. Corretto, dunque, l’intervento che ne ha previsto l’abrogazione. Ad un prima lettura l’intervento riformatore, il più incisivo dalla entrata in vigore del d.lgs. 74/2000, merita sicuramente una valutazione complessivamente positiva. Rispetto alla precedente versione, in quella definitivamente approvata è stata eliminata la previsione di una vigenza temporanea e conseguente irretroattività delle norme più favorevoli, che suscitava le maggiori perplessità e dubbi di compatibilità con i principi affermati dalla Cedu, se non forse di costituzionalità. Non mancano le perplessità, solo alcune delle quali sono state evidenziate nel presente, breve e di prima lettura commento, ma l’indirizzo di limitare l’intervento penale corrisponde al tanto condivisibile quanto sempre meno rispettato principio di sussidiarietà del diritto penale. La via intrapresa, seppur migliorabile, è dunque corretta, l’importante è che il legislatore continui a percorrerla prima di cadere vittima, come costantemente accaduto in passato, delle spinte controriformatrici.

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        Evasione d’imposta--> Rilevanza penale (Violazione di uno specifico obbligo tributario che determina una falsa rappresentazione della realtà.--> Riguarda tutte le imposte per cui è prevista una specifica fattispecie incriminatrice

        Abuso del diritto --> Nessuna rilevanza penale (“Aggiramento” delle norme tributarie attraverso negozi privi di sostanza economica posti in essere allo scopo di conseguire un vantaggio fiscale) --> riguarda tutte le imposte

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          Originariamente inviato da strelizia Visualizza il messaggio
          Dalla lettura dell'art. 4 del D.Lgs. n. 74/2000 in tema di dichiarazione infedele e quindi di antieconomicita' mi sembra di capire che se l'imposta evasa è superiore per ciascuna imposta (imposte sui redditi o IVA) a 150.000 euro e se l'ammontare complessivo degli elementi attivi, e qdi dei ricavi, sottratti all'imposizione, anche mediante indicazione di elementi passivi inesistenti, è superiore al 10% dell'ammontare complessivo degli elementi attivi indicati in dichiarazione o cmq e' superiore a 3.000.000 di euro è prevista la reclusione da 1 a 3 anni. Qdi in questo caso si tratterebbe di frode fiscale
          Per effetto delle modifiche apportate non hanno più rilevanza penale le contestazioni fino a 150.000 euro. Per i
          fenomeni evasivi più rilevanti, invece, la soglia degli elementi attivi rilevanti passa da 2.000.000 a 3.000.000
          euro.

          in equazione simbolica

          Congiuntamente:
          - imposta evasa > 150.000
          - elementi sottratti > al 10% o a
          3.000.000

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            al discount....

            Estinzione del reato-->

            - Per dichiarazione infedele e omessa si ottiene con il pagamento degli importi dovuti con ravvedimento o presentazione della dichiarazione omessa (prima di verifiche e controlli)

            - Per omesso versamento ritenute, IVA, indebita compensazione si ottiene con il pagamento degli importi dovuti con ravvedimento, adesione o istituti deflattivi

            Negli altri casi, riduzione delle sanzioni al 50%
            Ultima modifica di ROL; 05-02-2016, 12:59.

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              riforma delle sanzioni amministrative..........

              Tra i vari interventi adottati dal legislatore segnalo per le violazioni meno rilevanti (quali?) sanzione dal 90 al 180% dell’imposta (ad oggi, la sanzione ordinariamente applicabile è il 100-200%).

              Per l’omessa dichiarazione, invece, si applica la sanzione dal 120 al 240%.(come oggi)
              Ultima modifica di ROL; 05-02-2016, 13:12.

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                Possibilità di presentare, con una riduzione delle sanzioni, la dichiarazione omessa, sempreché questa sia presentata non oltre alla scadenza della dichiarazione successiva: in questo caso, se non sono stati avviati accessi e verifiche, si potrà beneficiare di una riduzione delle sanzioni

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                  studiate il decreto.....

                  Dichiarazione omessa

                  Ipotesi base ---> Dal 120 al 240%


                  Assenza di imposta evasa---> Da 250 a 1.000 euro


                  Presentazione tardiva ---> Dal 60 al 120%


                  Presentazione tardiva + assenza di imposta evasa --> Da 150 a 500 euro


                  Redditi prodotti all’estero --> +1/3

                  (questo soprattutto per i quiz...)

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                    Dichiarazione infedele

                    Ipotesi base --> Dal 90 al 180%


                    Assenza di imposta evasa -->250 euro


                    Frode --->+1/2


                    Redditi prodotti all’estero --> +1/3

                    Attenuanti--> -1/3


                    Mancanza di danni per l’erario--> Sanzione fissa 250 euro

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                      Probabile domanda sui deflattivi.

                      attenzione.....

                      Il cumulo giuridico opererà ora solo per singola imposta e per singole annualità non solo per l'ACCERTAMENTO CON ADESIONE ma anche per MEDIAZIONE e CONCILIAZIONE

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                      Sto operando...
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