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    Giacomo Amadori – Libero 18 Gennaio 2016
    Mureddu, sodale di Carboni, è sotto inchiesta a Perugia e ad Arezzo: con una misteriosa società ha fatto indagini non autorizzate su persone e aziende e ha spiato i movimenti dei finanzieri. Il ruolo di uno spagnolo dell’Opus Dei
    A Civitella Val di Chiana, in provincia di Arezzo, c’è un capannone bianco sporco con una sola insegna, quella di una carrozzeria. Ma nello stesso immobile avrebbe la sede una delle società più misteriose del momento, la Sia srl, un’agenzia investigativa su cui sta indagando la procura di Perugia. Il nome non compare da nessuna parte. Non c’è una targa né il logo sul campanello. In questa landa desolata operava, prima di finire nel mirino dei magistrati, un personaggio misterioso che ora aleggia come un corvo sopra la testa del premier Matteo Renzi e della sua bella ministra Maria Elena Boschi.

    Stiamo parlando di Valeriano Mureddu, quarantaseienne imprenditore tosco-sardo, cresciuto come il presidente del Consiglio a Rignano sull’Arno. Su di lui si sa poco se non nulla. Se non che in una stanza di questo capannone industriale, insieme con i suoi amici e collaboratori, preparava, forse, dossier. Per questo è accusato di aver messo in piedi una specie di associazione segreta, un servizio segreto parallelo. E quando gli investigatori, nel marzo del 2014, gli hanno sequestrato quei documenti scottanti li ha avvertiti: «Non toccateli, è meglio per voi».

    Oggi Mureddu si prende la responsabilità di quell’impresa borderline: «Ma quei fascicoli sono rimasti fermi lì. Me ne volevo occupare io insieme ad altre persone, ma la cosa non è mai andata in porto anche perché le perquisizioni hanno un po’raffreddato i rapporti con gli altri soci e collaboratori». Questo007 senza tesserino non è però un millantatore qualunque. Conosce bene o forse benissimo il premier, ma soprattutto il suo babbo Tiziano e Pier Lui-gi Boschi, il papà di Maria Elena.
    Ai cronisti della Nazione che gli hanno domandato dove vivesse, ha risposto con un laconico: «In ogni dove». Mentre al Corriere della sera ha fatto sapere di lavorare per lo scienziato russo Viktor Ivanovich Petrik, che ufficialmente condivide l’ufficio romano con Flavio Carboni, il presunto gran maestro della loggia P3 finita sotto processo a Roma.

    Flavio Carboni
    In questi giorni Valeriano ha dichiarato di lavorare per un qualche apparato dello Stato, senza però specificare quale. All’Aisi nessuno lo conosce, ma Carboni ci ha detto di cercare sue notizie nella palazzina del Dis, la sezione dei servizi dipendente direttamente da Palazzo Chigi. Suo padre Michele, un ex pastore, ci ha confermato che il figlio lavorerebbe per il governo. In realtà negli ultimi mesi ha vissuto in appartamenti e ha utilizzato auto intestate alla Geovision srl, una società che si occupa di prodotti in plastica e che ha sede a Civitella Val di Chiana a 8 chilometri da Arezzo, allo stesso indirizzo della Sia. È intorno a questa società che bisogna scavare per capire qualcosa in più sugli ultimi affari di Valeriano. Su questa azienda indagano ora due diverse procure: quella di Arezzo e quella di Perugia.
    Nel marzo 2014 gli agenti della Dogana del capoluogo umbro ne perquisirono la sede. Trovarono un gran disordine, ma soprattutto, nella stanza occupata dalla Sia, una quarantina di cartelline con dentro dettagliati dossier su persone e aziende. Qualcuno aveva consegnato a questi aspiranti 007 persino una annotazione dell’Agenzie delle entrate evidentemente nella speranza di un possibile intervento sugli ispettori. Nel computer gli investigatori trovarono un server pieno di email con indirizzi stranissimi. Il provider era identificato dall’acronimo Aisii (con una «i» in più rispetto ai nostri servizi) e gli utilizzatori non erano identificati da nomi, ma da sigle misteriose e non ancora identificate dagli inquirenti. Al loro interno email con relazioni somiglianti ad annotazioni di polizia spesso senza intestazione né saluti. Nei documenti gli estensori descrivevano processi da aggiustare. Ma anche gli spostamenti di finanzieri, come se qualcuno li informasse di eventuali controlli.

    Emiliano Casciere, primo azionista della Sia
    La procura di Perugia, guidata da Luigi De Ficchy, sta preparando le richieste da inviare in giro per l’Italia per verificare la veridicità di quelle notizie e la concretezza di quegli interventi. La Polizia postale sta cercando di scoprire chi si nasconda dietro alle sigle misteriose delle mail. Una rogatoria inviata negli Stati Uniti punta a scoprire chi si nasconda dietro al provider. La Sia è stata costituita nel marzo 2013 ed èstata registrata ufficialmente solo nell’agosto del 2014, dopo le perquisizioni e dopo l’ingresso nella compagine sociale di un investigatore privato, Mario Marchetto, sessantacinquenne vicentino, con il 27 percento delle quote. Il pacchetto di maggioranza appartiene invece a Emiliano Casciere, trentasettenne abruzzese, proprietario della Geovision. Lui è uno dei personaggi più vicini a Mureddu. Per esempio gestiva i rapporti con la padrona di casa aretina di Valeriano.
    Nella Sia compariva come amministratore pure il fratello di Emiliano, Luca, classe 1985. Ha lasciato l’incarico nell’agosto del 2014. Un’altra Sia, una specie di gemmazione della capofila, con sede in Veneto appartienea un ex socio e amico di Valeriano, il quarantunenne Gianluca Cetoloni. Attraverso email e intercettazioni (durate2 mesi) gli investigatori hanno cercato di introdursi nel criptico mondo di Mureddu. Per esempio hanno ascoltato la voce di Angelo Rainone, a cui Valeriano parla di «quello di Roma» e gli chiede se lo abbia incontrato. I due intercettati si riferiscono a Carboni, amico di entrambi. Rainone è l’imprenditore salernitano coinvolto nel procedimento contro l’ex parlamentare Marco Milanese. Quest’ultimo gli avrebbe chiesto 500mila euro per sistemare una verifica della finanza. Nelle carte di Perugia spunta anche il nome di un alto ufficiale delle Fiamme giallein stretti rapporti con Mureddu. Gli investigatori hanno annotato sui loro taccuini anche il nome di Victor Pablo Dana banchiere italiano residente a Dubai, nonché collaboratore del broker thailandese Bee Taechaubol, socio di minoranza del Milan.
    Valeriano con Libero ha negato di conoscerlo personalmente. Tra i personaggi collegati a Valeriano che hanno incuriosito gli investigatori c’è pure lo spagnolo Manuel Ortuno: «È un mio amico, un membro dell’Opus dei. Di quelli veri però. Ha scritto molti libri ed è un personaggio dell’Opera molto conosciuto» ha detto Mureddu. Nel fascicolo perugino c’è anche il nome di Enzo Mattani, residente a pochi chilometri dalla Geovision e Gran maestro dell’Ordine dei cavalieri templari di Gerusalemme: «Ha un ordine suo» ha aggiunto Mureddu. «L’ho conosciuto tre anni fa, ma non è un mio amico». Valeriano & c. sono sospettati anche di aver cercato di far fallire una società, la Generale trading. L’imprenditore rignanese ha ammesso solo un interesse particolare: «Volevo capire sino a che punto il proprietario era riuscito a portarsi con sé qualche giudice e forse qualcuno delle dogane, anche perché secondo me lì c’è un’evasione da 150 milioni».
    Mureddu, Cetoloni, Casciere e gli imprenditori David e Andrea Ferretti di Pontedera, sono accusati a Perugia anche di associazione per delinquere, contrabbando ed evasione fiscale. Non avrebbero pagato molti milioni di euro di Iva (si calcola una ventina) con una frode carosello. Ora tutte queste storie e questi personaggi dovranno trovare un unico filo conduttore.
    (ha collaborato Matteo Calì)
    http://www.ilfattoquotidiano.it/2015...mento/2155534/
    Carboni non e' certo un nome nuovo...

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      :-) non ci posso credere...ti ha censurato :-)))
      potrebbe essere un nuovo esercizio ...
      inserisci la parola corretta dopo averla anagrammata
      luco luca laca

      ...ti allego una cosa ... risolvi con tempo :-)

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        “A seguito di complessi schemi negoziali”, alcune società italiane del gruppo avrebbero fatto carambole finanziarie con società lussemburghesi e poi con “società di comodo di diritto irlandese”.

        Passaggi di azioni, magheggi internazionali, il cui risultato è alla fine un sostanzioso risparmio fiscale.

        Il denaro partito dalle società nazionali della Danieli, dopo un bel giro all’estero, sarebbe tornato in Italia sotto forma di prestito fruttifero, facendo maturare interessi passivi. Così sarebbero stati dichiarati costi fittizi per
        circa 13 milioni di euro, con un’evasione di quasi 4 milioni. Non solo. La Danieli avrebbe utilizzato tre società “formalmente aventi sede in Lussemburgo, ma di fatto gestite in Italia, le cui decisioni operative venivano stabilite proprio in Buttrio”, scrive la procura, “omettendo pertanto di presentare le dichiarazioni dei redditi per gli anni d’imposta dal 2004 al 2013”.

        In questi anni, ha accumulato 255 milioni di euro di redditi non dichiarati, con un’evasione d’imposta di 73 milioni. Non solo. Tra il 2006 e il 2010, la multinazionale avrebbe utilizzato una società degli Emirati Arabi per fare
        false fatturazioni: un “utilizzo in contabilità e nelle dichiarazioni dei redditi di fatture riconducibili a prestazioni mai avvenute, per un totale di costi fittizi per 13.327.509 euro e una corrispondente imposta evasa per complessivi 3.780.293 euro”.


        so proprio curioso.......

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          Originariamente inviato da Limavy Visualizza il messaggio
          :-) non ci posso credere...ti ha censurato :-)))
          potrebbe essere un nuovo esercizio ...
          inserisci la parola corretta dopo averla anagrammata
          luco luca laca

          ...ti allego una cosa ... risolvi con tempo :-)
          ????????

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            Originariamente inviato da ROL Visualizza il messaggio
            “A seguito di complessi schemi negoziali”, alcune società italiane del gruppo avrebbero fatto carambole finanziarie con società lussemburghesi e poi con “società di comodo di diritto irlandese”.

            Passaggi di azioni, magheggi internazionali, il cui risultato è alla fine un sostanzioso risparmio fiscale.

            Il denaro partito dalle società nazionali della Danieli, dopo un bel giro all’estero, sarebbe tornato in Italia sotto forma di prestito fruttifero, facendo maturare interessi passivi. Così sarebbero stati dichiarati costi fittizi per
            circa 13 milioni di euro, con un’evasione di quasi 4 milioni. Non solo. La Danieli avrebbe utilizzato tre società “formalmente aventi sede in Lussemburgo, ma di fatto gestite in Italia, le cui decisioni operative venivano stabilite proprio in Buttrio”, scrive la procura, “omettendo pertanto di presentare le dichiarazioni dei redditi per gli anni d’imposta dal 2004 al 2013”.

            In questi anni, ha accumulato 255 milioni di euro di redditi non dichiarati, con un’evasione d’imposta di 73 milioni. Non solo. Tra il 2006 e il 2010, la multinazionale avrebbe utilizzato una società degli Emirati Arabi per fare
            false fatturazioni: un “utilizzo in contabilità e nelle dichiarazioni dei redditi di fatture riconducibili a prestazioni mai avvenute, per un totale di costi fittizi per 13.327.509 euro e una corrispondente imposta evasa per complessivi 3.780.293 euro”.


            so proprio curioso.......

            ah ecco.......(trovato questo...)

            http://messaggeroveneto.gelocal.it/u...rte-1.12233823

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              http://www.ilgazzettino.it/nordest/u...r-1302720.html

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                https://www.youtube.com/watch?v=ubKNXXwRnOY

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                  ..com'è ..procedere per cerchi? :-)

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                    http://www.rainews.it/dl/rainews/art...605fe1c47.html

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                      https://www.youtube.com/watch?v=FsfrsLxt0l8

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                      Sto operando...
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