Se non escono i Ripam potrebbero dare queste tipologie uscite al tfa due mesi fa.........
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Il futuro non è più quello di una volta
Ho 41 anni, e sono un nativo digitale. Perché ho solo vaghi ricordi del prima. C’era il
film su RaiUno il lunedì sera. Poi, a un certo punto, Dallas su Canale 5. Lunghi
pomeriggi passati a casa a leggere, senza interruzioni. Un quotidiano solo, «La Stampa»
(vivevo a Torino). Scrivevo e ricevevo lettere di carta, che in buona parte ho conservato
5 in una scatola da scarpe, e devo dire che, tra le tante possibili, questa è l’esperienza che
rimpiango più spesso. Vent’anni di internet (ho spedito la mia prima email all’inizio del
1992) hanno fatto diventare remotissimo questo passato prossimo. Così, per un certo
periodo, per capire non solo ciò che mi stava succedendo intorno ma anche ciò che stava
succedendo a me, ho letto tutto quello che mi capitava sottomano sul tema internet e,
10 soprattutto, sul tema «L’istruzione, l’informazione e la circolazione delle idee al tempo di
internet». Ho smesso di farlo per due ragioni. La prima è che la situazione è così fluida
che qualunque saggio sul tema invecchia in pochi mesi: non si fa a tempo a preoccuparsi
di «Second Life» che «Second Life» passa di moda; non si fa a tempo a dire che il mondo
del futuro avrà bisogno soprattutto di esperti in decimazione che già il mondo del futuro
15 dimostra di non sapere bene che farsene, dei decimatori. Ogni analisi, ogni previsione, di-
venta subito archeologia. La seconda ragione è che i saggi che leggevo tendevano a
polarizzarsi tra favorevoli e contrari, come se invece che di capire la trasformazione in
corso si trattasse di fare il tifo. I favorevoli erano molto favorevoli: non era chiaro che
internet avrebbe realizzato, con altri mezzi, i sogni irrealizzati del Sessantotto? I contrari
20 erano molto contrari: non era chiaro che internet avrebbe distrutto la civiltà che avevamo 8
costruito con infinita pazienza nel corso di secoli e che al suo posto avrebbe messo,
esattamente, niente? I favorevoli erano intelligenti, brillanti, inattendibili e un po’ fatui. I
contrari erano intelligenti, colti e un po’ più grigi, e molto meno fatui. Magari non per
indole, ma perché questo è il ruolo che tocca a chi non abbraccia volentieri il
25 cambiamento: gli euforici sono gli altri.
Sulla linea critica, anzi ipercritica, è uscito recentemente un libro di Raffaele Simone dal
titolo Presi nella rete (ma uno sforzo di fantasia, o editori italiani, almeno nei titoli?).
Simone ha un profilo molto diverso rispetto a quello di coloro che si occupano in genere
di questi argomenti: è uno dei linguisti italiani più insigni, ha scritto saggi belli e
30 importanti sull’istruzione. Da uno studioso con questa formazione ci si poteva aspettare
un libro risolutamente contrario alla civiltà digitale: alla sua fretta, alla sua
approssimazione. Presi nella rete non tradisce le attese: l’inciviltà digitale rende i media
ubiqui e ossessionanti (cellulari che squillano ovunque, brandelli di conversazione altrui
che siamo costretti ad ascoltare); restringe lo spazio della lettura e della scrittura e amplia
35 enormemente quello dell’immagine, che è più semplice e più povera di contenuto, e
asseconda la pigrizia; indebolisce la memoria; asseconda le opinioni irriflesse e dà a
qualsiasi idiota la facoltà di urlare la propria (basta un giro tra i commenti su «YouTube»,
o nei blog culturali); è per natura nemica dei saperi tradizionali, quelli che si acquisiscono
attraverso lo studio; fa piazza pulita della varietà linguistica imponendo a tutti quanti un
40 inglese da aeroporto; isterilisce l’”arte del narrare” perché modifica radicalmente le forme
dell’esperienza umana. Eccetera.
Di fatto, il libro di Simone dice dei media attuali molte delle cose che sui media attuali
penso anch’io nei miei momenti di cattivo umore. Ciò che trovo contestabile non è il fatto
che Simone non spenda una parola su quanto di buono in internet c’è o ci potrà essere in
45 futuro: Simone ha tutto il diritto di scrivere un saggio a tesi. Ciò che trovo contestabile è
che, in tutto il libro, Simone contrapponga un modo giusto a un modo sbagliato di fare,
pensare e comunicare le cose, e che il modo giusto sia sempre quello di ieri, e il modo
sbagliato sempre quello di domani. Il testo digitale non porta tracce fisiche di chi l’ha
scritto, e questo è un male; la lettura non si fa più soltanto in spazi isolati e silenziosi ma
50 anche in mezzo alla folla, e questo è un male; l’ebook non si può sfogliare, e questo è un
male; i giovani «hanno un’idea di narrazione e di “storia” del tutto diversa dalla nostra,
cioè da quella dei componenti delle generazioni del Dopoguerra», e questo è un male…
Ripeto: io credo che Simone abbia spesso ragione nello specifico; ma credo che abbia
torto nell’impostazione generale del discorso. Da circa un secolo a questa parte tutti i
55 nonni sanno che i loro nipoti vivranno in un mondo molto diverso da quello in cui hanno
vissuto loro. Negli ultimi decenni il tempo è andato più in fretta, e non accenna a ral-
lentare, così la forbice ha cominciato ad aprirsi tra i genitori e i figli, tra i figli maggiori e
tra i figli minori. Ma proprio l’esperienza del passato ci dice che, se saremo fortunati, nel
mondo di domani i nostri figli avranno problemi e opportunità che oggi neppure
60 immaginiamo, e che gli strumenti di cui si serviranno per risolvere questi problemi e per
approfittare di queste opportunità avranno poco a che fare con quelli che oggi ci sono
familiari. Dunque, nella riflessione sull’avvenire dovremmo sforzarci di abolire parole
come “meglio” o “peggio”, “giusto” o “sbagliato”, e accontentarci di “diverso”;
dovremmo privilegiare l’analisi rispetto al giudizio (di fatto, mi pare che le cose più
65 interessanti sulla svolta digitale non le stiano scrivendo né i filosofi né i moralisti, ma gli
psicologi e i sociologi); e dovremmo cercare di ridurre al minimo i confronti col mondo
del passato: non tanto perché a una certa età si diventa inadattabili, e si tende alla
nostalgia, quanto perché il mondo del passato non c’entra molto col mondo del futuro.
[Tratto e adattato da Claudio Giunta, Preparatevi a una lettura diversa, Supplemento domenicale del «Sole 24ore», 20 maggio 2012]
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Dopo aver letto il testo, risponda alle seguenti domande.
51. Nell’insieme dell’articolo l’autore:
A) espone i pro e i contro dell’era di Internet
B) si esprime decisamente a favore della rivoluzione informatica
C) si esprime decisamente contro la rivoluzione informatica
D) si limita a esporre le idee di altri riguardo alla rivoluzione informatica Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca
52. L’autore dell’articolo si definisce un «nativo digitale» (riga 1):
A) perché si avvale da vent’anni delle tecnologie telematiche
B) perché usa il computer da quando è nato
C) perché non legge da vent’anni libri cartacei
D) perché non ha mai ricevuto lettere di carta, ma solo e-mail
53. Quando l’autore afferma «ho smesso di farlo per due ragioni» (riga 11), che cosa ha smesso di fare?
A) Interessarsi alle diverse opinioni sulle nuove tecnologie
B) Scrivere saggi sulle nuove tecnologie
C) Scrivere e-mail
D) Leggere quotidiani di carta
54. L’espressione «Ogni analisi, ogni previsione, diventa subito archeologia» (righe 15-16) significa:
A) che le trasformazioni socio-culturali sono molto rapide
B) che le analisi degli studiosi sui fenomeni sociali sono durature
C) che le previsioni migliori le fanno gli archeologi
D) che il passato è comunque considerato un’opera d’arte
55. Nella frase «gli euforici sono gli altri» (riga 25), chi sono «gli altri»?
A) I fautori delle novità
B) I tradizionalisti
C) I nostalgici del Sessantotto
D) I giornalisti
56. Secondo l’autore il libro di R. Simone Presi nella rete:
A) è coerente con il profilo intellettuale di chi l’ha scritto (R.Simone)
B) espone idee che non corrispondono al profilo di chi l’ha scritto (R.Simone)
C) è molto superficiale, considerando la grande cultura di R. Simone
D) è molto originale rispetto a quanto detto in altre occasioni da R. Simone
57. Quale tra questi argomenti è sostenuto da R. Simone nel libro Presi nella rete (righe 32-42)?
A) La civiltà dell’immagine è meno complessa di quella della parola
B) I mezzi tecnologici potenziano la memoria
C) Internet argina la diffusione di idee superficiali
D) Grazie alle nuove tecnologie i rapporti sociali miglioreranno
58. Nella frase «tutti i nonni sanno che i loro nipoti vivranno in un mondo molto diverso da quello in cui
hanno vissuto loro» (righe 54-56), loro si riferisce:
A) ai nonni in entrambi i casi
B) ai nipoti in entrambi i casi
C) ai nonni nel primo caso, ai nipoti nel secondo
D) ai nipoti nel primo caso, ai nonni nel secondo
59. L’espressione «la forbice ha cominciato ad aprirsi» (riga 57) con quale altra espressione può essere
sostituita?
A) La distanza è aumentata
B) La paura è finita
C) Lo scambio di informazioni è migliorato
D) C’è maggiore apertura al confronto
60. Secondo quanto afferma l’autore (righe 62-68), che cosa dovremmo sforzarci di fare in futuro?
A) Approfondire le analisi piuttosto che esprimere opinioni
B) Preferire i saggi dei sociologi a quelli degli psicologi
C) Fare più confronti fra passato e presente
D) Abolire la parola “diverso”
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Il futuro non è più quello di una volta
Ho 41 anni, e sono un nativo digitale. Perché ho solo vaghi ricordi del prima. C’era il
film su RaiUno il lunedì sera. Poi, a un certo punto, Dallas su Canale 5. Lunghi
pomeriggi passati a casa a leggere, senza interruzioni. Un quotidiano solo, «La Stampa»
(vivevo a Torino). Scrivevo e ricevevo lettere di carta, che in buona parte ho conservato
5 in una scatola da scarpe, e devo dire che, tra le tante possibili, questa è l’esperienza che
rimpiango più spesso. Vent’anni di internet (ho spedito la mia prima email all’inizio del
1992) hanno fatto diventare remotissimo questo passato prossimo. Così, per un certo
periodo, per capire non solo ciò che mi stava succedendo intorno ma anche ciò che stava
succedendo a me, ho letto tutto quello che mi capitava sottomano sul tema internet e,
10 soprattutto, sul tema «L’istruzione, l’informazione e la circolazione delle idee al tempo di
internet». Ho smesso di farlo per due ragioni. La prima è che la situazione è così fluida
che qualunque saggio sul tema invecchia in pochi mesi: non si fa a tempo a preoccuparsi
di «Second Life» che «Second Life» passa di moda; non si fa a tempo a dire che il mondo
del futuro avrà bisogno soprattutto di esperti in decimazione che già il mondo del futuro
15 dimostra di non sapere bene che farsene, dei decimatori. Ogni analisi, ogni previsione, di-
venta subito archeologia. La seconda ragione è che i saggi che leggevo tendevano a
polarizzarsi tra favorevoli e contrari, come se invece che di capire la trasformazione in
corso si trattasse di fare il tifo. I favorevoli erano molto favorevoli: non era chiaro che
internet avrebbe realizzato, con altri mezzi, i sogni irrealizzati del Sessantotto? I contrari
20 erano molto contrari: non era chiaro che internet avrebbe distrutto la civiltà che avevamo 8
costruito con infinita pazienza nel corso di secoli e che al suo posto avrebbe messo,
esattamente, niente? I favorevoli erano intelligenti, brillanti, inattendibili e un po’ fatui. I
contrari erano intelligenti, colti e un po’ più grigi, e molto meno fatui. Magari non per
indole, ma perché questo è il ruolo che tocca a chi non abbraccia volentieri il
25 cambiamento: gli euforici sono gli altri.
Sulla linea critica, anzi ipercritica, è uscito recentemente un libro di Raffaele Simone dal
titolo Presi nella rete (ma uno sforzo di fantasia, o editori italiani, almeno nei titoli?).
Simone ha un profilo molto diverso rispetto a quello di coloro che si occupano in genere
di questi argomenti: è uno dei linguisti italiani più insigni, ha scritto saggi belli e
30 importanti sull’istruzione. Da uno studioso con questa formazione ci si poteva aspettare
un libro risolutamente contrario alla civiltà digitale: alla sua fretta, alla sua
approssimazione. Presi nella rete non tradisce le attese: l’inciviltà digitale rende i media
ubiqui e ossessionanti (cellulari che squillano ovunque, brandelli di conversazione altrui
che siamo costretti ad ascoltare); restringe lo spazio della lettura e della scrittura e amplia
35 enormemente quello dell’immagine, che è più semplice e più povera di contenuto, e
asseconda la pigrizia; indebolisce la memoria; asseconda le opinioni irriflesse e dà a
qualsiasi idiota la facoltà di urlare la propria (basta un giro tra i commenti su «YouTube»,
o nei blog culturali); è per natura nemica dei saperi tradizionali, quelli che si acquisiscono
attraverso lo studio; fa piazza pulita della varietà linguistica imponendo a tutti quanti un
40 inglese da aeroporto; isterilisce l’”arte del narrare” perché modifica radicalmente le forme
dell’esperienza umana. Eccetera.
Di fatto, il libro di Simone dice dei media attuali molte delle cose che sui media attuali
penso anch’io nei miei momenti di cattivo umore. Ciò che trovo contestabile non è il fatto
che Simone non spenda una parola su quanto di buono in internet c’è o ci potrà essere in
45 futuro: Simone ha tutto il diritto di scrivere un saggio a tesi. Ciò che trovo contestabile è
che, in tutto il libro, Simone contrapponga un modo giusto a un modo sbagliato di fare,
pensare e comunicare le cose, e che il modo giusto sia sempre quello di ieri, e il modo
sbagliato sempre quello di domani. Il testo digitale non porta tracce fisiche di chi l’ha
scritto, e questo è un male; la lettura non si fa più soltanto in spazi isolati e silenziosi ma
50 anche in mezzo alla folla, e questo è un male; l’ebook non si può sfogliare, e questo è un
male; i giovani «hanno un’idea di narrazione e di “storia” del tutto diversa dalla nostra,
cioè da quella dei componenti delle generazioni del Dopoguerra», e questo è un male…
Ripeto: io credo che Simone abbia spesso ragione nello specifico; ma credo che abbia
torto nell’impostazione generale del discorso. Da circa un secolo a questa parte tutti i
55 nonni sanno che i loro nipoti vivranno in un mondo molto diverso da quello in cui hanno
vissuto loro. Negli ultimi decenni il tempo è andato più in fretta, e non accenna a ral-
lentare, così la forbice ha cominciato ad aprirsi tra i genitori e i figli, tra i figli maggiori e
tra i figli minori. Ma proprio l’esperienza del passato ci dice che, se saremo fortunati, nel
mondo di domani i nostri figli avranno problemi e opportunità che oggi neppure
60 immaginiamo, e che gli strumenti di cui si serviranno per risolvere questi problemi e per
approfittare di queste opportunità avranno poco a che fare con quelli che oggi ci sono
familiari. Dunque, nella riflessione sull’avvenire dovremmo sforzarci di abolire parole
come “meglio” o “peggio”, “giusto” o “sbagliato”, e accontentarci di “diverso”;
dovremmo privilegiare l’analisi rispetto al giudizio (di fatto, mi pare che le cose più
65 interessanti sulla svolta digitale non le stiano scrivendo né i filosofi né i moralisti, ma gli
psicologi e i sociologi); e dovremmo cercare di ridurre al minimo i confronti col mondo
del passato: non tanto perché a una certa età si diventa inadattabili, e si tende alla
nostalgia, quanto perché il mondo del passato non c’entra molto col mondo del futuro.
[Tratto e adattato da Claudio Giunta, Preparatevi a una lettura diversa, Supplemento domenicale del «Sole 24ore», 20 maggio 2012]
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Dopo aver letto il testo, risponda alle seguenti domande.
51. Nell’insieme dell’articolo l’autore:
A) espone i pro e i contro dell’era di Internet
B) si esprime decisamente a favore della rivoluzione informatica
C) si esprime decisamente contro la rivoluzione informatica
D) si limita a esporre le idee di altri riguardo alla rivoluzione informatica Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca
52. L’autore dell’articolo si definisce un «nativo digitale» (riga 1):
A) perché si avvale da vent’anni delle tecnologie telematiche
B) perché usa il computer da quando è nato
C) perché non legge da vent’anni libri cartacei
D) perché non ha mai ricevuto lettere di carta, ma solo e-mail
53. Quando l’autore afferma «ho smesso di farlo per due ragioni» (riga 11), che cosa ha smesso di fare?
A) Interessarsi alle diverse opinioni sulle nuove tecnologie
B) Scrivere saggi sulle nuove tecnologie
C) Scrivere e-mail
D) Leggere quotidiani di carta
54. L’espressione «Ogni analisi, ogni previsione, diventa subito archeologia» (righe 15-16) significa:
A) che le trasformazioni socio-culturali sono molto rapide
B) che le analisi degli studiosi sui fenomeni sociali sono durature
C) che le previsioni migliori le fanno gli archeologi
D) che il passato è comunque considerato un’opera d’arte
55. Nella frase «gli euforici sono gli altri» (riga 25), chi sono «gli altri»?
A) I fautori delle novità
B) I tradizionalisti
C) I nostalgici del Sessantotto
D) I giornalisti
56. Secondo l’autore il libro di R. Simone Presi nella rete:
A) è coerente con il profilo intellettuale di chi l’ha scritto (R.Simone)
B) espone idee che non corrispondono al profilo di chi l’ha scritto (R.Simone)
C) è molto superficiale, considerando la grande cultura di R. Simone
D) è molto originale rispetto a quanto detto in altre occasioni da R. Simone
57. Quale tra questi argomenti è sostenuto da R. Simone nel libro Presi nella rete (righe 32-42)?
A) La civiltà dell’immagine è meno complessa di quella della parola
B) I mezzi tecnologici potenziano la memoria
C) Internet argina la diffusione di idee superficiali
D) Grazie alle nuove tecnologie i rapporti sociali miglioreranno
58. Nella frase «tutti i nonni sanno che i loro nipoti vivranno in un mondo molto diverso da quello in cui
hanno vissuto loro» (righe 54-56), loro si riferisce:
A) ai nonni in entrambi i casi
B) ai nipoti in entrambi i casi
C) ai nonni nel primo caso, ai nipoti nel secondo
D) ai nipoti nel primo caso, ai nonni nel secondo
59. L’espressione «la forbice ha cominciato ad aprirsi» (riga 57) con quale altra espressione può essere
sostituita?
A) La distanza è aumentata
B) La paura è finita
C) Lo scambio di informazioni è migliorato
D) C’è maggiore apertura al confronto
60. Secondo quanto afferma l’autore (righe 62-68), che cosa dovremmo sforzarci di fare in futuro?
A) Approfondire le analisi piuttosto che esprimere opinioni
B) Preferire i saggi dei sociologi a quelli degli psicologi
C) Fare più confronti fra passato e presente
D) Abolire la parola “diverso”
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