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Il silenzioso macello dei precari della scuola

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    #21
    Giugno, la scuola protesta: scrutini bloccati!

    Tagli, parte la protesta dei docenti Al via blocco a scacchiera degli scrutini - Repubblica.it

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      #22
      Artidolo su Repubblica sullo sciopero degli scrutini

      Scuole, scrutini bloccati cos i prof contestano i tagli - Repubblica.it

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        #23
        Lettera di un precario

        Leggetevi questa lettera pubblicata su Repubblica:


        Lettera da un precario di buona famiglia milanese che salta i pasti PNR – presi nella rete - Blog - Repubblica.it

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          #24
          Documento di due scuole padovane


          Istituto Tecnico Agrario Duca degli Abruzzi e Istituto professionale San Benedetto da Norcia
          di Padova
          IL 17 GIUGNO 2010

          Al Ministero dell’Istruzione
          All’Ufficio Scolastico Regionale
          All’Ufficio Scolastico Provinciale
          Ai Sindacati
          Al consiglio di Istituto
          Al Dirigente scolastico
          e p. c. Ai genitori degli alunni dell’Istituto


          I docenti del Duca degli Abruzzi e del San Benedetto da Norcia di Padova,
          PRESO ATTO CHE

          la legge 6 agosto 2008, n. 133 (piano programmatico del Ministero dell’Istruzione di concerto con il Ministero dell’Economia e delle Finanze) e la legge 30 ottobre 2008 n. 169 (disposizioni urgenti in materia di istruzione e università) configurano una ristrutturazione del sistema di istruzione in Italia, tesa al principio economico del risparmio/taglio.

          ESPRIMONO
          un giudizio fortemente negativo sui tagli della riforma in atto, in quanto hano prodotto una forte riduzione delle riorse economiche e del personale causando l'impoverimento dell’offerta formativa e la dequalificazione della scuola pubblica.
          L’attuale governo ha scelto di non investire sulla formazione, settore strategico per lo sviluppo economico del Paese e così facendo non investe sul futuro.
          Dopo aver pesantemente tagliato i posti di lavoro (87.341 negli ultimi tre anni) ed espulso molti precari dal mondo della scuola, vuole condannare tutti i docenti ad un futuro di miseria:
          · cancella per 3 anni la contrattazione nazionale;
          · blocca le progressioni di carriera senza che possano essere recuperate neanche alla fine del triennio.
          Gli insegnanti italiani hanno contribuito con grande responsabilità e senso civico, dal dopo guerra ad oggi, a formare le nuove generazioni, collaborando con le famiglie talvolta in difficoltà nel mantenere un contatto educativo con i figli adolescenti; ancora più spesso costituendo l’unico centro di aggregazione sociale formativa per i ragazzi; sempre alimentando le aspirazioni migliori dei giovani in una società incapace di offrire loro opportunità e, oggi, anche speranze di lavoro.

          Il profondo allarme per la situazione della scuola pubblica si basa sui seguenti elementi:
          • L’aumento del numero di studenti per classe (in prima fino a 35, la media europea è di circa 20 aluni per classe, in Italia attualmente è di 18) che compromette:
          ü l'efficacia dell'attività didattica e conseguentemente l'apprendimento di ogni singolo
          alunno;
          ü la sicurezza poiché, secondo le norme vigenti, nella maggior parte dei casi le aule non
          sono sufficientemente capienti.
          · La scelta di non investire nell’aggiornamento dei docenti, proprio in un periodo nel quale la considerazione degli insegnanti da parte dell’opinione pubblica è molto scarsa.
          • La soppressione di alcuni insegnamentisenza comprenderne le valenze formative e annullando le professionalità dei docenti.
          • La riduzione dell’orario scolastico negli istituti tecnici da 36 a 32 ore di lezioni settimanali, applicata anche alle classi II, III e IV.
          • Questa riduzione, colpisce sopratutto materie di indirizzo

          I tagli previsti non sono il risultato di un progetto pedagogico-didattico di riforma, ma solo una scelta economica che ha l’obiettivo di calare la scure nel settore scolastico.
          Ad esempio nella nostra scuola le classi prime perderanno alcune materie specifiche di indirizzo.
          I docenti supplenti non vengono pagati da marzo e quest’anno i corsi di recupero verrano pagati
          direttamente dalle famiglie.
          Infine il nostro Istituto ha un credito dallo Stato di oltre € 260.000.


          Chi nella scuola vive e lavora ritiene, invece, che i provvedimenti citati non rispondano a criteri di
          miglioramento del sistema scolastico. Il processo di riforma della scuola andrebbe pensato in un quadro di riforme concordate e pianificate da più Ministeri.
          La crescente complessità del mondo di oggi e le ampie relazioni che la scuola ha con le dinamiche economiche e sociali necessiterebbero di una visione ad ampio respiro e di investimenti maggiori, come accade in altri paesi europei, nonostante la crisi.
          L’infanzia, la fanciullezza e l’adolescenza sono momenti di crescita di un mondo giovanile che rappresenta il futuro del nostro Paese, nel quale la scuola è una protagonista importante.

          INFORMANO
          • Che il personale della scuola si dichiara in agitazione e limiterà il suo impegno ai soli obblighi contrattuali.
          • Si sospenderanno tutte le attività para ed extra scolastiche: viaggi di istruzione, uscite didattiche, visite a musei, tutoraggio degli stage etc..
          • Verranno altresì attuate altre forme di protesta civile fino a proporre l’abrogazione della legge di riforma della scuola mediante una raccolta di firme per il referendum abrogativo.

          INVITANO

          Tutti i lavoratori della scuola, le famiglie, gli allievi e le rappresentanze sindacali a prendere atto della difficile situazione e ad agire, in base al proprio ruolo Istituzionale e come cittadini, per ridurre gli effetti negativi della riforma e della manovra finanziaria e per produrre delle proposte alternative.

          APPROVANO ALL’UNANIMITÀ

          I docenti riuniti in assemblea unitaria presso l’Istituto Duca degli Abruzzi di Padova
          il 17 giugno 2010

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            #25
            Ora anche l'Accademia della Crusca rischia di chiudere

            La Crusca rischia di chiudere

            Il caso La presidente Nicoletta Maraschio denuncia il pericolo di paralisi che corre l' Accademia


            La Crusca rischia di chiudere


            L' appello: in Europa promuoviamo l' italiano, ma siamo senza fondi




            I eri Nicoletta Maraschio ha presentato a un pubblico di giornalisti, al Palazzo Vecchio di Firenze, un appello dell' Accademia della Crusca, di cui è presidente. Con le firme degli accademici e dei soci stranieri, cioè di nomi tra i più significativi fra gli studiosi della lingua italiana nel mondo, la Maraschio denuncia «le condizioni di assoluta precarietà economico-finanziaria» di un' Accademia, fondata nel 1583, che è stata ed è il modello delle accademie della lingua di tutti i Paesi del mondo. A queste accademie la Crusca è legata da programmi di cooperazione, divenuti molto più urgenti dopo l' istituzione dell' unità europea. Perché i membri dell' Unione, nel discutere i problemi dell' Europa, devono ricorrere o a una lingua guida, che è necessariamente, per ovvi motivi, l' inglese, oppure a forme di intercambio linguistico, e soprattutto a traduzioni. E ogni giorno si presentano problemi in cui i diversi orgogli nazionali cercano di far valere le proprie ragioni, oppure tentano di istituire gerarchie operative, utili per gl' innumerevoli traduttori simultanei, ma non sempre eque. Ognuno vede come il prestigio, storico o funzionale o di fatto, riconosciuto a una lingua possa pesare anche in decisioni generali o in delibere di ordine commerciale ed economico. Parlare in una lingua magari ingiustamente poco considerata è come tacere. Ma che cosa si fa per l' italiano? L' Accademia della Crusca si è guadagnata la sua autorità con secoli di lavoro e di realizzazioni. Pubblica riviste fondamentali come gli «Studi di filologia italiana» o gli «Studi di grammatica italiana», e collane o singoli volumi sulla storia dell' italiano o sui problemi dell' italiano d' oggi o sulle affinità con le lingue sorelle (francese, spagnolo, portoghese) o, più in generale, sui problemi del bilinguismo (è appena uscito un prezioso volume sul multilinguismo in atto, con approfondimento, tra l' altro, dei casi del Belgio, di cui si parla in questi giorni, di Malta e della Svizzera). Promuove, con la collaborazione del Ministero degli Affari esteri, le manifestazioni annuali, in varie città europee, della Settimana della lingua italiana. Analizza, in Convegni o in ricerche di équipe, o ancora nella bella pubblicazione «La Crusca per voi», i problemi di didattica dell' italiano, con attenzione continua ai docenti e alle scuole di tutti i livelli. Tiene stretti contatti con gli Istituti Italiani di Cultura nel mondo e con la Federazione Europea delle Istituzioni Linguistiche Nazionali. Continua ad aggiornare la sua Biblioteca, che mette a disposizione del pubblico decine di migliaia di volumi. È poi fondamentale, data l' attenzione costante dell' Accademia ai problemi attuali della lingua, la sua consulenza linguistica. Perché se la Crusca non può certo statuire nulla, potrebbe guidare e suggerire. È un aspetto che si vorrebbe ancor più curato, quando l' Accademia fosse messa in grado di sviluppare tutte le sue energie. Ma per ora, l' Accademia non può che vivacchiare. Le sovvenzioni arrivano, quando arrivano, col contagocce, e in qualunque momento si teme che possa essere costretta a chiudere. La presidente può contare su sei impiegati e qualche precario o borsista, e stupisce che questo gruppetto di persone svolga una massa di lavoro così imponente (l' elenco che abbiamo fatto è solo esemplificativo). Ora che la Corte dei Conti ha riconosciuto la funzione «pubblica» dell' Accademia, come pare ovvio, perché non si stanzia una dotazione ordinaria, che le consenta un funzionamento sicuro e uno sviluppo delle attività che appaia adeguato ai suoi fini statutari? Non si obietti che siamo in una contingenza in cui si cerca di far tacere centinaia di «enti inutili». È una decisione per ora sospesa, ma in complesso sacrosanta. Ognuno dei lettori saprebbe certo additare un buon numero di enti davvero inutili, mangiatoie partitiche o localistiche o autoreferenziali, cimiteri di elefanti. La caccia agli enti inutili dovrebbe essere portata a termine senza guardare in faccia nessuno. Ma quando un ente non solo non è inutile, ma è prezioso, economico e attivissimo come l' Accademia della Crusca, e come del resto altre degnissime istituzioni di ricerca non si sa perché finite nel novero dei cosiddetti «enti inutili» di cui sopra, si dovrebbe pur trovare il modo di fornire un sostegno congruo e regolare. Molto del lavoro che l' Accademia svolge copre anni, e se non si può programmare con fiducia l' avvenire, si è costretti a rinunciare a progetti invitanti. Assicurare alla Crusca una dotazione ordinaria, come ce l' hanno le accademie analoghe di tutti i Paesi importanti, significherebbe disporre di un' istituzione che può soddisfare qualunque esigenza di approfondimento storico, sociale e linguistico relativo alla nostra lingua. Si mostrerebbe tra l' altro che le restrizioni possono favorire le razionalizzazioni, e sostituire agli sprechi degli impieghi estremamente fruttuosi. RIPRODUZIONE RISERVATA **** La denuncia L' appello lanciato ieri dagli accademici della Crusca e dal loro presidente Nicoletta Maraschio (nella foto) ha un messaggio chiaro e preciso: non ci sono i fondi per sopravvivere. Per continuare le sue attività, la Crusca, ha bisogno di una legge ad hoc che garantisca la programmazione della ricerca Attualmente nelle casse della Crusca entrano circa 250 mila euro l' anno. Cifra che non copre neanche le spese ordinarie. Le speranze degli accademici è che si possa arrivare al finanziamento di almeno un milione di euro l' anno

            Segre Cesare

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              #26
              Accademia della Crusca

              Appello degli Accademici della Crusca





              In ciascuno dei principali Paesi europei esiste una grande Accademia o un Istituto particolare, il cui fondamentale fine statutario è quello di studiare e tutelare la lingua nazionale e di promuoverne la conoscenza e la diffusione all’interno e all’esterno dei propri confini. Si tratta di istituzioni fondate in epoche diverse, ma il cui modello ispiratore è quello delle accademie italiane. In particolare l’Accademia della Crusca, attraverso il suo Vocabolario (1612-1923), seppe diffondere in molti stati dell’Europa una parallela e forte coscienza linguistica, portando alla costituzione della Académie française, della Real Academia di Spagna, e della Compagnia fruttifera di Weimar, i cui obiettivi sono ora propri dell’Institut für Deutsche Sprache di Mannheim. Pur con caratteristiche peculiari in rapporto alle diverse realtà “nazionali” in cui si inserivano, queste Istituzioni si sono nel tempo consolidate e adeguate al rinnovarsi delle esigenze linguistiche, culturali e politiche.





              Anche l’Accademia della Crusca – fondata nel 1583 da un gruppo di letterati, giuristi e scienziati fiorentini per studiare e regolare la lingua italiana e presto arricchita da membri di altre parti d’Italia e di vari Paesi d’Europa – nel corso della sua lunga vita ha saputo adattarsi ai cambiamenti storici. Rifondata da Napoleone nel 1811 e dal Governo Militare Alleato nel 1945, grazie alla guida illuminata dei grandi linguisti che l’hanno presieduta dopo la seconda guerra mondiale (Bruno Migliorini, Giacomo Devoto, Giovanni Nencioni e Francesco Sabatini) è oggi un moderno istituto di ricerca, formazione e divulgazione linguistica, la cui autorevolezza è unanimemente apprezzata nel mondo; un istituto che opera sotto la vigilanza del Ministero per i Beni e le Attività Culturali, collabora regolarmente con altri Ministeri (degli Affari Esteri e dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca), altri organi dello Stato (Presidenza della Repubblica, Avvocatura dello Stato) e altri enti di ricerca (CNR) ed è attivo protagonista nel promuovere lo studio e la conoscenza dell’italiano nel multilingue quadro nazionale, europeo e globale, anche attraverso grandi progetti di rilevanza internazionale.





              Lo Stato, attraverso un recente parere del Consiglio di Stato, ha riconosciuto la sua fondamentale funzione “pubblica” legata alla lingua, che è il nostro più importante bene culturale immateriale. In questo grave momento di crisi economica generale e di ripensamento della destinazione dei contributi pubblici, gli Accademici della Crusca e i Soci corrispondenti italiani e stranieri denunciano le condizioni di assoluta precarietà economico-finanziaria dell’istituzione di cui fanno parte (nel 2009 la Crusca ha avuto dallo Stato solo 190.000 euro di contributo tabellare!) e chiedono con forza al Governo che, con un atto normativo, sia finalmente assicurata all’Accademia della Crusca, per la sua unicità di ente di tutela, promozione e valorizzazione della lingua nazionale, una dotazione ordinaria in grado di consentirle un sicuro funzionamento e uno sviluppo delle attività adeguato ai propri fini statutari.





              Gli accademici: Maria Luisa Altieri Biagi, Paola Barocchi, Gian Luigi Beccaria, Pietro G. Beltrami, Rosanna Bettarini, Francesco Bruni, Ornella Castellani Pollidori, Vittorio Coletti, Maurizio Dardano, Tullio De Mauro, Domenico De Robertis, Piero Fiorelli, Lino Leonardi, Giulio Lepschy, Nicoletta Maraschio, Carlo Alberto Mastrelli, Pier Vincenzo Mengaldo, Aldo Menichetti, Silvia Morgana, Bice Mortara Garavelli, Teresa Poggi Salani, Lorenzo Renzi, Francesco Sabatini, Cesare Segre, Luca Serianni, Angelo Stella, Alfredo Stussi, Alberto Varvaro, Maurizio Vitale e i soci corrispondenti: Luciano Agostiniani, Tatiana Alisova, Giuseppe Brincat, Jacqueline Brunet, Rosario Coluccia, Wolfgang U. Dressler, Vittorio Formentin, Hermann Haller, Elisabetta Jamrozik, Alberto Nocentini, Max Pfister, Bernard Quemada, Edgar Radtke, Francisco Rico, Leonardo M. Savoia, Harro Stammerjohann, Edward Fowler Tuttle, Serge Vanvolsem, Harald Weinrich.

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                #27
                Il silenzioso macello dei precari della scuola

                Il silenzioso macello dei precari della scuola « Il Tulipano
                Finito il 2012 circa 150mila lavoratori precari della scuola saranno espulsi dal pubblico impiego ad opera di leggi finanziarie. Con l’ultima tranche di 41mila unità di personale, che uscirà di scena nel prossimo settembre, la L.133 del 6 agosto 2008 avrà costretto la scuola a rinunciare a circa 88mila cattedre e a 45mila unità di personale non docente nel corso del triennio 2009/2012. Con l’avvio del riordino dei cicli scolastici, la cosiddetta riforma, a causa del taglio delle ore una massa immane di docenti di ruolo, anche assumendo ruoli atipici a scapito della loro professione e della qualità della scuola, prenderanno gli spezzoni orario che, fino all’anno precedente, erano dei precari. Si aggiunga che la manovra correttiva di Tremonti ferma per tre anni gli scatti di anzianità. Ciò renderà più frequente da parte del personale docente a tempo indeterminato, a sostegno del reddito, l’uso dello straordinario che per il C.C.N.L. Comparto Scuola, in via eccezionale, permette di raggiungere le 24 ore cattedra contro le 18 usuali. E questo ancora vampirizzando le ore dei precari. Le cifre dell’espulsione dei precari dal mondo della scuola non sono divenute oggetto delle prime pagine dei giornali né dei titoli del diversi telegiornali. Ballarò e Anno Zero hanno ospitato capi dell’opposizione che non hanno mai esplicitato in modo effettivo le cifre di questa mattanza. I partiti di opposizione, da tre anni a questa parte, hanno sempre evitato di esporre con chiarezza il fatto che, a fronte della riduzione dell’organico statale nel settore della formazione, il ministero delle Finanze non voglia concedere le assunzioni di cui la scuola ha bisogno. Negli ultimi vent’anni anni la maggior parte di quei posti di lavoro sono stati coperti da professori con contratto a tempo determinato, quasi dei lavoratori stagionali esclusi da ogni procedura di stabilizzazione. Parallelamente all’azione della coppia Tremonti-Gelmini, Valentina Aprea della VII commissione cultura scienze ed istruzione, nel suo disegno pronto ad essere sbloccato in parlamento, si è già preoccupata di codificare in legge la consuetudine, ormai diffusa nella scuola, di utilizzare risorse umane all’interno di rapporti contrattuali sempre meno garantiti. Ma chi sono e quanti sono i docenti non di ruolo? Il numero esatto non è stato reso pubblico, sull’argomento non vi è chiarezza mediatica, ma si sa che nella categoria rientrano almeno 400mila persone: docenti precari con nomina annuale fino al 31 agosto, docenti precari con nomina fino al 30 giugno (il termine dell’attività didattica) docenti precari che chiamati dai dirigenti scolastici (i presidi) lavorano per qualche mese e anche meno. Lo smantellamento della scuola pubblica è stato fino a questo punto possibile perché, sia col centrodestra che col centrosinistra al governo, è rimasto invariato il rapporto numerico di un docente precario ogni cinque e di un precario ATA (Assistenti, Tecnici, Amministrativi) ogni due. Perché il precario della scuola è stato licenziato per poi essere riassunto ogni anno? Un precario della scuola, fino alla sua silenziosa scomparsa, sarà costato allo stato 8/9mila euro l’anno in meno di un lavoratore assunto a tempo indeterminato. La cifra dello sfruttamento risulta dallo stipendio estivo che un precario molto spesso non percepisce e per la progressione di carriera (scatti di anzianità) di cui non gode. I media e la politica volutamente ignorano i lavoratori che per anni hanno coperto i posti di ruolo e che pazientemente attendono, invano oramai, di trasformare il loro rapporto con l’amministrazione statale. Perché a un anno di distanza dall’inizio del riordino la maggior parte dei media, anche quando sono state affrontate le tematiche dei tagli alla scuola pubblica e il peggioramento del servizio scolastico nel suo insieme, non ha mai fatto riferimento in maniera esplicita alle cifre estremamente significative di questa massa di invisibili? Perché gli operai licenziati fanno notizia e i professori che perdono il lavoro no? Ma la faccenda dei tagli, lo ripetiamo, non è nuova. Già con il passato governo Prodi,Fioroni, alla pubblica istruzione, ha fatto tagli per 43.000 posti a fronte di 50.000 assunti: un netto effettivo di 7.000 assunzioni reali. L’attuale opposizione col suo “ministro ombra dell’istruzione”, Mariapia Garavaglia, in modo malcelato, ha trovato l’occasione per manifestare come vi siano identità di vedute con la destra, in perfetto stile veltroniano “no… ma anche si”.
                Un governo che taglia sull’istruzione e la ricerca è un unicum nel panorama politico europeo.
                La crisi economica è l’occasione per programmare investimenti a lungo termine e quello sulla formazione e la ricerca è un lungimirante obbligo. Ma le ripercussioni sul reale diritto allo studio, sulla possibilità di seguire gli studenti in difficoltà, sui diritti dei diversamente abili e sulla possibilità di valorizzare i talenti dei meritevoli saranno tristemente immediate. I tagli alla pubblica istruzione si affiancano ad una più generale precarizzazione del lavoro che dura da anni e di cui tutti i governi si sono resi responsabili fino a mancare, in modo eclatante e vergognoso, rispetto agli investimenti più cruciali per un paese.

                RETE ORGANIZZATA DOCENTI ED ATA PRECARI DEL VENETO

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