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    ma che dici....
    Non è lui che ha fatto saltare in aria Borsellino? Sapeva tante cose...

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      Originariamente inviato da strelizia Visualizza il messaggio

      Non è lui che ha fatto saltare in aria Borsellino? Sapeva tante cose...
      non lo sappiamo, non mi pare ci sia una sentenza definitiva che acclari ciò

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        Originariamente inviato da ROL Visualizza il messaggio

        non lo sappiamo, non mi pare ci sia una sentenza definitiva che acclari ciò
        ok, è solo un'ipotesi, allora...

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          In sostanza, i pirati informatici riescono a prendere il controllo di un numero di cellulare e di lì a un conto corrente bancario o bitcoin, a un account su Facebook, a foto private, per esempio. Tutto questo perché il numero di cellulare è, sempre di più, porta di accesso a un mondo di contenuti e servizi, anche molto importanti. Come appunto il conto corrente, da cui l’attaccante può fare un bonifico a proprio favore.

          Ad oggi, molti servizi sono protetti da sistemi a doppia autenticazione, che poggiano su un numero di cellulare. Bisogna utilizzare un codice, che ci arriva di solito via sms, per accedere a un account. E ci sono servizi, come Whatsapp o Snapchat, che sono direttamente legati al nostro numero di cellulare, che dal prossimo autunno ci permetterà anche di attivare un iPhone.

          Il cellulare tende insomma a diventare la nostra password universale per il mondo di servizi e contenuti digitali. Il problema è che “per un attaccante ben determinato, è possibile ottenere, tramite operatore telefonico un controllo temporaneo, su un numero di telefono e quindi poter vedere tutti gli sms che arrivano”, spiega Luca Bechelli, del consiglio direttivo del Clusit, l’associazione informatica italiana.

          Si chiama “dirottamento del cellulare” (“phone hijacking”) ed è un fenomeno in forte crescita, come riporta, per prima, l’autorità americana Federal Trade Commission, con un raddoppio dei casi in tre anni.

          Anche in Italia, “dove spesso il furto di numero di telefono avviene nei negozi degli operatori”, spiega Bechelli. “Succede così – continua. Un criminale entra in un negozio, dice di aver subito il furto del cellulare e del portafoglio con i documenti, e di avere bisogno subito – per una emergenza, che può inventare – di avere accesso al proprio numero. Allora può convincere il commesso a disabilitare la vecchia sim e a dargliene una nuova, con quel numero. Procedura che ormai avviene in poche ore”.

          Un altro modo è chiamare il call center dell’operatore fino a trovare un addetto abbastanza ingenuo o impreparato da farsi convincere ad attivare un inoltro di chiamate e sms su un numero che è nelle disponibilità del criminale”, continua. Prima o poi, tenta e ritenta, si riuscirà a carpire la buona fede dell’addetto. In ogni caso, si può così avere accesso a codici, via sms, per autorizzare un bonifico o il trasferimento di bitcoin. “Alcune banche fanno arrivare la one time password via sms. Altre hanno invece app per generarle, ma è un sistema aggirabile per chi ha controllo su un numero di telfeono. Un criminale infatti può usare un codice sms per attivare questa app sul proprio cellulare”.

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            Si può anche prendere controllo di una casella mail, che a sua volta ci dà accesso ad altri servizi e contenuti”. Le cronache riportano casi di furto di foto private, a scopo di ricatto. “Molto ambiti, ora, anche i dati sanitari di una persona, ai quali è possibile accedere se si ha controllo della mail associata al servizio. Lo scopo è usare i dati per truffe o ricatti”.

            Di fondo, c’è che “gli operatori permettono agli addetti di fare eccezioni alle regole di sicurezza che stanno dietro al controllo su un numero di telefono. E questo perché dal loro punto di vista, se da una parte sarebbe oneroso utilizzare sistemi di sicurezza più rigorosi, dall’altra è basso il danno per un furto: al massimo dovranno rimborsare il credito telefonico utilizzato

            dal malvivente”. Peccato però che ormai il valore di quel numero non è più solo il credito telefonico, ma un intero mondo di servizi e contenuti, che vanno dal nostro conto corrente ai nostri dati più privati.

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              Un centro sanitario d’eccellenza capace di fruttare enormi quantità di denaro e una rete d’intelligence a protezione dell’allora capo di Cosa Nostra Bernardo Provenzano. Sono questi gli elementi emersi dalle indagini che il 5 novembre 2003 portarono all’arresto l’imprenditore bagherese Michele Aiello.
              Come affiora dalle oltre mille pagine della sentenza di condanna, i contatti con Provenzano iniziano già negli anni 80’, ma con il tempo il ruolo dell’ingegnere Aiello diviene sempre più importante nella rete del boss per il suo capitale sociale e per gli interessi nel settore sanitario.
              Dopo aver acquisito con l’aiuto di Cosa Nostra l’ex hotel a’ Zabara e averlo adeguato a centro ambulatoriale, dal 1999 al 2001 Villa Santa Teresa diventa per l’ingegnere una miniera d’oro grazie alla complicità del direttore sanitario, Lorenzo Iannì.

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                Originariamente inviato da ROL Visualizza il messaggio
                Un centro sanitario d’eccellenza capace di fruttare enormi quantità di denaro e una rete d’intelligence a protezione dell’allora capo di Cosa Nostra Bernardo Provenzano. Sono questi gli elementi emersi dalle indagini che il 5 novembre 2003 portarono all’arresto l’imprenditore bagherese Michele Aiello.
                Come affiora dalle oltre mille pagine della sentenza di condanna, i contatti con Provenzano iniziano già negli anni 80’, ma con il tempo il ruolo dell’ingegnere Aiello diviene sempre più importante nella rete del boss per il suo capitale sociale e per gli interessi nel settore sanitario.
                Dopo aver acquisito con l’aiuto di Cosa Nostra l’ex hotel a’ Zabara e averlo adeguato a centro ambulatoriale, dal 1999 al 2001 Villa Santa Teresa diventa per l’ingegnere una miniera d’oro grazie alla complicità del direttore sanitario, Lorenzo Iannì.
                l meccanismo della truffa era apparentemente legale e sfruttava il regime dell’assistenza indiretta: il cittadino che necessitava di cure non direttamente offerte dal sistema sanitario nazionale si rivolgeva a una struttura privata che era poi rimborsata dalla Regione Sicilia.
                Per ottenere il maggior profitto possibile da un lato venivano alzate le tariffe, dall’altro venivano emesse più fatture riguardanti singole parti dell’intero servizio offerto riportando però sempre il costo finale. Alla fine lo stesso trattamento veniva rimborsato più e più volte. Il direttore Iannì si occupava della parte burocratica, evitando che i centri di Aiello fossero sottoposti a controlli in cambio di regali e trattamenti di favore.

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                  Le cose cambiarono con l’entrata in vigore del decreto legge 229/1999, che imponeva l’approvazione di un tariffario regionale, un atto amministrativo che prevedeva il parere di una commissione tecnica. Per Michele Aiello, a quel punto, quindi non era più sufficiente la sola complicità di Iannì.
                  Iniziò quindi una lunga trattativa con Salvatore Cuffaro - governatore della Regione Sicilia - portata avanti anche da Antonio Borzacchelli, maresciallo dei carabinieri eletto grazie ad una lista creata ad hoc, che si occupava di soddisfare le richieste di Aiello direttamente nel parlamento siciliano. Le tariffe di cui discutevano erano superiori all’incirca del 1000-1300% rispetto alla media nazionale.

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                    l ruolo di Borzacchelli nel sistema Aiello però non era solo questo. Fu proprio il maresciallo dei carabinieri a presentargli Giorgio Riolo, maresciallo dei ROS esperto d’intercettazioni ambientali. Riolo informava Aiello in tempo reale della presenza di microspie dentro l'automobile e la casa degli Eucaliptus, fuomini d'onore dela famiglia bagherese vicinissima a Provenzano. A fornire informazioni c'era anche Giuseppe Ciuro, maresciallo della guardia di finanza e collaboratore del pubblico ministero Antonio Ingroia.

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                      Quando nel 2002 Aiello venne iscritto nel registro degli indagati, fu proprio Ciuro a creare una rete di telefonini “a circuito chiuso”, comunicanti cioè solo tra loro, nella quale gli inquirenti riuscirono a penetrare grazie ad un lungo lavoro di ricerca e a un errore commesso proprio dalla moglie di Ciuro che lo chiama “aprendo” la rete. Nel 2003 gli arresti, nel 2008 le condanne, nel 2013 la confisca definitiva dei beni di Michele Aiello.
                      Lo scandalo colpisce irrimediabilmente l’immagine di Villa Santa Teresa che all’indomani dell'arresto di Aiello si trova al centro di un attacco mediatico duro e continuo. Nonostante la qualità delle prestazioni offerte non fosse mai messa in discussione, era necessario ristabilire un rapporto sereno con l’A.S.L n. 6 di Palermo, attraverso un tariffario corretto, riorganizzare il centro e ricostruirne l’immagine.

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