In carcere sono finiti il presidente del cda, Massimo Dagna, 45 anni, l’ad della fiduciaria di famiglia, Roberto Dagna, 42 anni, e i direttori di due stabilimenti, Graziano Brandino e Franco Aresca. Ai domiciliari sono invece finiti l’azionista di maggioranza di Grissitalia, Cesare Dagna, 70 anni, e ancora Guido Garitta, 75 anni, di Savona, impiegato nello stabilimento di Albissola Marina, e altri quattro autotrasportatori: Paolo Rubin, Stefano Gambaro, Diego Surace e Ronni Cavallo. Nella vicenda sono indagate anche sette persone .
li accertamenti hanno consentito di far emergere che questa condotta andava avanti da almeno un decennio. Gli investigatori hanno accertato che il professionista, successivamente all'ispezione, aveva iniziato a schermare i propri beni al fine di proteggere il proprio patrimonio da eventuali pretese tributarie. "Il quadro complessivamente emerso ha delineato la pericolosità sociale del notaio in virtù del protrarsi nel tempo del suo comportamento illecito e antisociale", spiega la guardia di finanza, "presupposto per l'applicazione delle misure di prevenzione patrimoniali, come ampliate dal nuovo codice antimafia".
La società Ibla srl, che gestiva il patrimonio immobiliare dell'ex calciatore è in liquidazione dal 2009. Oltre a Coco e alla madre è stata chiesta la condanna degli altri due imputati: il commercialista Raffaele Monastero (un anno di reclusione) e il liquidatore della società, Fulvio Bertatini (tre anni di reclusione). Entrambi sono amici dell'ex calciatore. Le difese hanno chiesto invece l'assoluzione degli imputati.
Le società si erano “distinte” nel corso degli anni per non aver mai subito verbali concernenti mancate emissioni di scontrini e per essere state sempre in linea con i cd. “studi di settore”, ma gli elementi in possesso dei finanzieri lasciavano preludere una situazione ben diversa.
Di Debora Alberici Sono soggetti a sequestro i beni della società, anche se costituiti in trust, quando il presunto imprenditore sia indagato per frode fiscale. L'accusa può dimostrare la necessità della misura con presunzioni nonostante l'inquisito non sia l'effettivo titolare dei beni. È quanto affermato dalla Corte di cassazione che, con la sentenza n. 15804 del 16 aprile 2015, ha confermato la misura su un trust di un'azienda il cui legale rappresentante era solo una testa di legno.
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