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Il valigione del tirocinante

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    Originariamente inviato da Mirves Visualizza il messaggio
    ROL piuttosto, a proposito di valigia, riprendo un discorso che avevo trascurato. In giacca e cravatta i primi giorni di tirocinio ma poi in UT va bene più casual (intendo maglioncino senza giacca, per esempio) oppure dipende dal tipo di servizio?
    Purtroppo pur svolgendo un'attività molto formale sono un poco allergico alle etichette ( e fortunatamente non lavoro in uno studio di Milano [emoji16])

    Inviato dal mio Galaxy Nexus utilizzando Tapatalk
    considera che il terzo giorno abbiamo il colloquio con il direttore provinciale; quindi per i primi 3 giorni, almeno per quanto mi riguarda, ritengo idoneo vestire giacca e cravatta. I giorni successivi in UT penso sia sufficiente camicia e pantalone decente.

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      Originariamente inviato da cortesix Visualizza il messaggio
      considera che il terzo giorno abbiamo il colloquio con il direttore provinciale; quindi per i primi 3 giorni, almeno per quanto mi riguarda, ritengo idoneo vestire giacca e cravatta. I giorni successivi in UT penso sia sufficiente camicia e pantalone decente.
      Cortesix di nome e di fatto [emoji1]
      Comunque farò così anche io

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        Originariamente inviato da Mirves Visualizza il messaggio
        Il primo giorno immagino presentazione, foto, firme; il secondo giorno non saprei.
        Verdeacqua gentilmente puoi dirci qualcosa in più?

        Inviato dal mio Galaxy Nexus utilizzando Tapatalk

        https://www.youtube.com/watch?v=96kqdxsZZao

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          Cessione INTRA: l’iscrizione al VIES non determina la non imponibilità

          Il Decreto semplificazioni fiscali è intervenuto sugli effetti dell’iscrizione al VIES mancando però di affrontare altre questioni di estrema rilevanza che incidono sul regime IVA da applicare alle operazioni intracomunitarie. Prima di passare in rassegna gli orientamenti dell’Amministrazione Finanziaria e della giurisprudenza su tale ultima questione, pare opportuno analizzare le recenti novità introdotte dal Legislatore.

          VIES iscrizione immediata -
          Con l’art. 22 del Decreto semplificazioni fiscali (D.Lgs. 175/2014), è stato riscritto l’art. 35 del D.P.R. 633/1972, prevedendo che con l’esercizio dell’opzione per l’inclusione nell’archivio VIES, o al momento di presentazione della Dichiarazione di inizio attività o in un momento successivo, il soggetto viene automaticamente incluso nell’archivio VIES e può iniziare da subito a effettuare operazioni intracomunitarie (senza attendere 30 giorni). Nella previgente normativa, l’iscrizione all’archivio VIES poteva avvenire o al momento di presentazione della Dichiarazione di inizio attività o in un momento successivo. Tale iscrizione diveniva efficace decorsi 30 giorni dalla presentazione della richiesta, tranne il caso in cui nel medesimo termine l’Amministrazione Finanziaria emanasse unprovvedimento motivato di diniego, che precludeva l’inserimento nel Vies.

          Ciò che si vuole evidenziare è che la soggettività attiva e passiva all’effettuazione di operazioni intracomunitarie era sospesa nel periodo di 30 giorni dall’effettuazione della richiesta, ovvero dopo la notifica del diniego.

          In seguito alla modifica normativa in commento, il soggetto passivo – diversamente da quanto precedentemente disposto – ottiene l’iscrizione nella banca dati VIES già al momento della attribuzione della partita IVA o, se la volontà di effettuare operazioni intracomunitarie è manifestata successivamente, al momento in cui manifesta tale volontà.

          Con il Provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle Entrate n. 159941 del 15.12.2014 sono state definite le modalità per l’inclusione immediata nell’archivio VIES (Vat information exchange system) per chi apre una partita Iva o anche successivamente, senza più dover attendere 30 giorni di tempo, con la possibilità, dunque, di effettuare fin da subito operazioni con gli altri Paesi UE .

          Gli effetti della mancata iscrizione al VIES
          – Abbiamo già evidenziato la mancata previsione di una norma ad hoc per le operazioni intracomunitarie poste in essere con controparti non iscritte al VIES.

          Va preliminarmente osservato che l’assenza dall’archivio VIES, secondo l’orientamento espresso dall’Agenzia delle Entrate nella C.M. 39/E/2011, determina il venire meno della possibilità di effettuare operazioni intracomunitarie e di applicare il regime fiscale loro proprio, in quanto il soggetto non può essere considerato come soggetto passivo IVA italiano ai fini dell’effettuazione di operazioni intracomunitarie. In altre parole, eventuali operazioni realizzate in mancanza d’iscrizione vanno comprese nel regime ordinario Iva.

          Tale interpretazione è stata più volte oggetto d’analisi dei giudici della Suprema Corte, che il più delle volte l’hanno ritenuta non condivisibile.

          Ad esempio, sia i giudici comunitari che quelli nazionali hanno affermato che il possesso dei requisiti sostanziali da parte del cessionario comunitario sia condizione sufficiente per applicare il regime di non imponibilità, mentre il possesso dei requisiti formali (iscrizione al VIES) non rappresenta condizione necessaria e sufficiente per l’applicazione del regime di non imponibilità proprio delle operazioni intracomunitarie. In altre parole, il regime di non imponibilità può essere applicato se il contribuente riesce a dimostrare che la controparte agisce in qualità di soggetto economico.

          Può capitare ad esempio che la controparte non sia presente negli archivi VIE; ma si riesca a provare la regolarità delle cessioni intracomunitarie attraverso il certificato di attribuzione della partita Iva del cessionario rilasciato dalle autorità competenti unitamente a visura camerale, dichiarazioni fiscali presentate e modelli Intrastat (CTR Lombardia 2495/2015) oppure al caso in cui sono stati presentati tutti i documenti che attestano l’avvio dell’iter di attribuzione della stessa (CTR Lombardia 2112/2015).

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            contabilità (azioni proprie)

            http://www.eutekne.info/Sezioni/Art_...paign=articolo

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              "off topic"
              accomodatevi , prego...:-))

              http://www.eutekne.info/Sezioni/Art_...paign=articolo

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                motivazioni organizzative forever

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                  Bilancio: riserve disponibili non sempre distribuibili

                  C’è una fondamentale distinzione che deve essere richiamata con riferimento alle riserve: quella che esiste tra le riserve di utili e le riserve di capitali.

                  Le riserve di utili sono generalmente costituite in occasione del riparto dell’utile di bilancio, mediante esplicita destinazione a riserva, o mediante semplice delibera di non distribuzione, in modo che l’eventuale utile residuo venga accantonato nella voce AVIII “Utili (perdite) portati a nuovo” del passivo dello stato patrimoniale.
                  Sono riserve di utili:

                  • [*=left]la riserva legale;
                    [*=left]la riserva statutaria;
                    [*=left]La riserva per azioni proprie;
                    [*=left]la riserva da utili netti su cambi;
                    [*=left]la riserva da valutazione delle partecipazioni con il metodo del Patrimonio Netto.



                  Le riserve di capitale, invece, rappresentano le quote di patrimonio netto che derivano, per esempio, da ulteriori apporti dei soci, dalla conversione di obbligazioni in azioni, dalle rivalutazioni monetarie e dalla rinuncia di crediti da parte dei soci.
                  Possiamo richiamare le seguenti riserve di capitale:

                  • [*=left]riserva per azioni proprie;
                    [*=left]riserva per azioni o quote di società controllante;
                    [*=left]riserva da soprapprezzo azioni;
                    [*=left]riserva da conversione obbligazioni;
                    [*=left]riserva di rivalutazione.



                  Tale distinzione assume rilevanza anche con riferimento al momento nel quale le riserve sono contabilizzate.
                  Le riserve di utili, infatti, non possono essere iscritte in contabilità nell’esercizio in cui emerge l’utile, in quanto è necessaria l’approvazione del bilancio da parte della assemblea dei soci e la successiva delibera assembleare sulla destinazione dell’utile.

                  Le riserve di capitale, invece, si iscrivono al momento del verificarsi dell’operazione che ne richiede l’iscrizione o direttamente in sede di formazione del bilancio, senza che occorra alcuna deliberazione dell’assemblea.

                  Distribuibilità e disponibilità
                  Molto spesso si finisce per confondere il concetto di disponibilità della riserva con quello di distribuibilità della stessa.

                  La distribuibilità, infatti, riguarda la possibilità di erogazione ai soci, mentre la disponibilità attiene la possibilità di utilizzazione della riserva (ad esempio per aumenti gratuiti di capitale).
                  Le riserve possono pertanto essere disponibili ma non distribuibili.

                  Si ricorda, in ogni caso, che ai fini della distribuibilità delle riserve occorre tener conto anche di altre disposizioni previste dal codice civile, ragion per cui alcune riserve distribuibili potrebbero non esserlo in particolari momenti della vita aziendale.

                  Ad esempio, l’articolo 2426 c.c., al punto 5, stabilisce che i costi di impianto e di ampliamento, i costi di ricerca, di sviluppo e di pubblicità aventi utilità pluriennale possono essere iscritti nell'attivo con il consenso, ove esistente, del collegio sindacale e devono essere ammortizzati entro un periodo non superiore a cinque anni. Fino a che l'ammortamento non è completato possono essere distribuiti dividendi solo se residuano riserve disponibili sufficienti a coprire l'ammontare dei costi non ammortizzati.

                  La riserva legale

                  Con specifico riferimento alle disposizioni in tema di destinazione degli utili a riserva legale, merita in questa sede di essere richiamata, molto brevemente, un’importante distinzione tra le Srl ordinarie e quelle a capitale minimo.

                  Le Srl (ordinarie ma anche semplificate), continuano infatti a sottostare alle disposizioni che richiedono un accantonamento del 5% degli utili fino a 1/5 del capitale sociale.
                  Per le Srl a capitale minimo (ovvero aventi capitale inferiore a 10.000 euro ma non semplificate), invece, sono delineate particolari norme. È infatti richiesto che siano accantonati a riserva legale il 20% degli utili, fino a quando il patrimonio netto non abbia raggiunto i 10.000 euro.

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                    Versamenti per futuro aumento di capitale: non restituibili

                    Gli aumenti del capitale sociale, come ricorda anche il principio contabile OIC 28, possono essere reali, nominali o misti.

                    Quali sono le differenze?

                    Ebbene, l’aumento reale comporta la sottoscrizione delle azioni di nuova emissione, da parte dei soci o di terzi e implica l’obbligo a effettuare nuovi conferimenti in denaro, in natura e di crediti.
                    L’aumento nominale del capitale, invece, avviene mediante l’attribuzione al capitale sociale di altre riserve disponibili.
                    L’aumento del capitale in forma mista, infine, avviene in parte con assegnazione gratuita e in parte a pagamento.

                    Gli aumenti reali

                    Concentrandoci sulle Srl, merita di essere ricordato che l’aumento reale di capitale è disciplinato dagli articoli 2481 e 2481-bis c.c.
                    A tal proposito deve essere sottolineato, in primo luogo, che è possibile aumentare il capitale sociale soltanto se i conferimenti precedentemente dovuti sono stati integralmente eseguiti.

                    In caso di decisione di aumento del capitale sociale mediante nuovi conferimenti, spetta inoltre ai soci il diritto di sottoscriverlo in proporzione delle partecipazioni da essi possedute.
                    L'atto costitutivo può tuttavia prevedere che l'aumento di capitale possa essere attuato anche mediante offerta di quote di nuova emissione a terzi; in tal caso spetta però ai soci che non hanno consentito alla decisione il diritto di recesso.

                    I sottoscrittori dell'aumento di capitale devono, all'atto della sottoscrizione, versare alla società almeno il venticinque per cento della parte di capitale sottoscritta e, se previsto, l'intero soprapprezzo.
                    Se l'aumento di capitale è sottoscritto dall'unico socio, invece, il conferimento in danaro deve essere integralmente versato all'atto della sottoscrizione.

                    Nei trenta giorni dall'avvenuta sottoscrizione gli amministratori devono depositare per l'iscrizione nel registro delle imprese un'attestazione che l'aumento di capitale è stato eseguito.

                    Pertanto, nel caso in cui, alla chiusura dell’esercizio sia ancora in corso il termine per la sottoscrizione del capitale, gli importi sottoscritti sono rilevati nella voce “Versamenti in conto aumento del capitale sociale”, che costituisce una riserva di capitale con un preciso vincolo di destinazione.
                    All’atto dell’iscrizione nel registro delle imprese da parte degli amministratori, si provvederà a girare tale riserva alla voce AI “Capitale”.

                    In ogni caso, è importante precisare che il nuovo Principio contabile OIC 28 espressamente chiarisce che i “Versamenti in conto futuro aumento di capitale” sono iscritti nel patrimonio netto solo a condizione che non siano restituibili.
                    È invece errato iscrivere in suddetta voce importi che potrebbero essere successivamente riversati ai soci.

                    L’aumento gratuito di capitale

                    L’aumento del capitale sociale in forma “gratuita” si attua tramite l’utilizzo delle riserve “disponibili” del patrimonio netto.

                    Le riserve che possono essere utilizzate per l’aumento gratuito del capitale sono le seguenti:

                    • [*=left]Riserva da sovrapprezzo azioni;
                      [*=left]Riserva da conversione obbligazioni;
                      [*=left]Riserva da utili netti su cambi;
                      [*=left]Riserva da deroghe ex comma 4, articolo 242, codice civile;
                      [*=left]Utili portati a nuovo.



                    La riserva legale, invece, non può essere trasferita a capitale, mentre per la riserva statutaria valgono le disposizioni contenute nello statuto della società.

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                      Immobilizzazioni “stravolte” dai nuovi OIC

                      Abbiamo già avuto modo di analizzare le principali novità introdotte con i nuovi OIC. Le modifiche sono state tante e hanno interessato quasi tutti i principi contabili: possiamo tuttavia tranquillamente ritenere che il principio che è stato letteralmente “stravolto” dall’opera di riforma sia stato il numero 16, destinato alle immobilizzazioni materiali.

                      In alcuni casi possiamo parlare di semplici chiarimenti, in altre le modifiche sono rilevanti e potrebbero impattare notevolmente sul risultato d’esercizio.

                      Si pensi, a tal proposito, all’eliminazione della previsione secondo la quale, se i cespiti non erano stati utilizzati per lungo tempo, l’ammortamento andava ridotto.
                      Il nuovo principio contabile interviene sul punto, chiarendo che si rende comunque necessario continuare il processo di ammortamento, in considerazione del fatto che, nel periodo in cui il bene non è utilizzato, lo stesso è comunque oggetto di obsolescenza economica.

                      Diverso è il caso dei beni obsoleti o comunque non più utilizzati o utilizzabili nel ciclo produttivo, i quali devono essere iscritti in bilancio al minore tra il valore netto contabile e il valore recuperabile, senza poter più procedere con l’ammortamento.

                      È stata inoltre riformulata la disciplina prevista per la capitalizzazione degli oneri finanziari, semplificandola. Secondo la nuova disciplina, infatti, gli interessi passivi, sia relativi ai finanziamenti generici che specifici, possono essere capitalizzati in proporzione alla durata del periodo di fabbricazione, se significativo.

                      La novità che, tuttavia, risulta avere risvolti particolarmente significativi è stata l’eliminazione della previsione secondo la quale era possibile non scorporare il valore del terreno dai fabbricati che su di essi insistono quando il valore del terreno tende a coincidere con il valore del fondo di ripristino/bonifica del sito.
                      Secondo il nuovo principio contabile, invece, è sempre necessario rilevare distintamente il fabbricato dal terreno, al fine di fornire una migliore rappresentazione al lettore del bilancio.

                      È stato inoltre precisato che le immobilizzazioni materiali acquisite a titolo gratuito sono iscritte al presumibile valore di mercato al lordo degli oneri accessori, e che le svalutazioni delle immobilizzazioni rivalutate devono transitare per il conto economico, salvo diversa disposizione di legge.

                      Anche da sottolineare è il fatto che è stata stralciata dal principio contabile Oic n.16 la parte relativa alla svalutazione per perdite durevoli di valore, la quale è stata oggetto di trattazione specifica da parte di un nuovo principio contabile, l’Oic n.9.

                      Gli immobili destinati alla vendita
                      Il nuovo principio contabile OIC n.16 si sofferma con particolare attenzione sulle immobilizzazioni materiali destinate alla vendita.
                      Viene infatti chiarito che, in questi casi, il bene può essere iscritto nell’attivo circolante al minore tra il valore netto contabile e il valore di realizzazione desumibile dall’andamento del mercato, e non è più oggetto di ammortamento.

                      Affinché il bene possa passare dalle immobilizzazioni all’attivo circolante è tuttavia necessario che:

                      • [*=left]le immobilizzazioni sono vendibili nelle loro condizioni e non sono richieste particolari modifiche tali da differirne l’alienazione;
                        [*=left]la vendita appare altamente probabile, in considerazione delle iniziative intraprese, del prezzo previsto e delle condizioni di mercato;
                        [*=left]l’operazione dovrebbe concludersi nel breve termine.



                      Queste importanti precisazioni potrebbero avere effetti non irrilevanti in tema di test di operatività ai fini dell’applicazione della disciplina delle società di comodo.

                      Poter classificare un immobile tra l’attivo circolante piuttosto che tra le immobilizzazioni ha un rilevantissimo effetto, in quanto, mentre nel primo caso il valore non rientra nella base di calcolo dei ricavi minimi presunti, nel secondo sì (e anche per un importo spesso elevato).

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