Cari utenti del forum, sono un dipendente dell’Agenzia delle Entrate, da tempo seguo con interesse le vicissitudini degli idonei appartenenti alle recenti procedure concorsuali. Il riconoscimento delle giuste ragioni degli idonei (anche se efficace solo per una parte di questi) mi riempie di soddisfazione. Voglio comunque approfittare di un piccolo spazio su questo forum per esternare alcune considerazioni inerenti il paradosso che questa vicenda costituisce.
Innanzitutto, trovo deprimente il fatto che il direttore dell’Agenzia delle Entrate, il dott. Massimo Romano, abbia ripetutamente (ed in più occasioni) voluto giustificare la decisione di non ricorrere alle liste degli idonei delle passate procedure. Tale decisione è stata motivata con la volontà di acquisire esclusivamente dipendenti dotati della necessaria “intelligenza” al fine di contrastare l’evasione fiscale o, per usare le parole dello stesso dott. Romano: “con lo scorrimento integrale delle graduatorie degli idonei si finirebbe per ripiegare su scelte largamente al di sotto di traguardi di eccellenza”.
Purtroppo, con questo atteggiamento, il dott. Romano ha dato implicitamente del deficiente a chiunque non sia riuscito a piazzarsi abbastanza in alto nella graduatoria, pur sapendo (spero) che le prove alle quali viene sottoposto un candidato difficilmente possono fornire una misura della sua intelligenza. Parimenti il dott. Romano ha indirettamente criticato coloro i quali hanno valutato “comunque idonei alle mansioni” diversi tra quelli che non sono risultati vincitori. Se chi si piazza tra gli ultimi posti pur essendo idoneo non è intelligente, ne deriva che anche chi lo ha valutato e considerato idoneo non può essere molto furbo, peccato che i componenti delle commissioni d’esame erano (e sono tuttora) alcuni tra i massimi dirigenti dell’agenzia. Inoltre, il dott. Romano, sostenendo questa sua tesi, si trova adesso nella surreale situazione di chi è a capo di una organizzazione nella quale diversi componenti sono contemporaneamente intelligenti e deficienti a seconda dell’area geografica di riferimento. Mi spiego, credo che sia noto a tutti il fatto che, a causa della estrema difficoltà che incontra un dipendente assunto nelle regioni del nord ad ottenere la mobilità verso le regioni del sud (qualsivoglia sia il motivo), diversi dipendenti dell’agenzia utilizzano lo strumento del concorso per ottenere lo stesso risultato negato con la mobilità. Ora dato che l’Agenzia delle Entrate tende a non farsi del male da sola privandosi di elementi validi dove questi servono di più (al nord), le commissioni d’esame cercano di limitare questo fenomeno utilizzando un criterio di valutazione leggermente più severo nei confronti dei candidati già dipendenti. Questo comporta che diversi dei candidati già dipendenti non riescono a vincere il concorso e si trovano relegati nelle parti basse della graduatoria, come dire intelligenti ed adatti a contrastare l’evasione fiscale in Lombardia ma deficienti ed inadeguati in Puglia.
In conclusione mi duole ammettere che in tutta questa vicenda il dott. Romano ha mancato il punto saliente della questione, il vero problema non è tanto quello di assumere personale qualificato, volenteroso ed intelligente, doti che sono convinto non mancano affatto tra i partecipanti ai vari concorsi, il problema e tenersele queste risorse!
Quante tra queste qualificate ed intelligenti risorse saranno disposte a lavorare con impegno e dedizione duratura a fronte di uno stipendio che le colloca appena al disopra della fascia più indigente della popolazione? Giusto perché ognuno possa farsi i suoi calcoli la retribuzione netta di un funzionario terza area fascia F1 è circa 1450 euro al mese (mentre è risaputo che l’affitto di un bilocale di 40 mq, non fatiscente, in una città del nord può arrivare costare 900 euro al mese), e se è pur vero che questo stipendio è ottimo rispetto a quanto un neolaureato potrebbe percepire durante i primi due o tre anni di attività nel settore privato è pur vero anche che tale retribuzione non è destinata a crescere in proporzione alle responsabilità ed alla tanto sbandierata produttività (a quanto mi risulta negli ultimi dieci anni vi sono stati solo due aumenti di stipendio uno di circa 50 euro lordi ed uno di 70).
A conferma di quanto dico sarebbe interessante che il dott. Romano esaminasse la percentuale di dimissionari tra i recenti assunti nell’arco dei primi tre o quattro anni di carriera, quando diversi tra i giovani più qualificati, dotati ed intraprendenti, dopo aver sperimentato a dovere ciò che la Pubblica Amministrazione ha in serbo per loro, rivolgono le loro giuste aspirazioni al settore privato mettendosi al servizio della “parte avversa” tanto temuta dal dott. Romano, mentre a quelli che restano rimane solo la consapevolezza di doversi confrontare ogni giorno con una realtà lavorativa dove la responsabilità è massima ai livelli gerarchici inferiori e minima (se non nulla) a quelli superiori, dove gli arredi degli uffici costituiscono uno status simbol e uomini adulti con quasi 60 anni d’età sono capaci di strepitare ed accapigliarsi per qualche centimetro di scrivania in più (visto con i miei occhi), dove a volte, purtroppo, prevalgono gli interessi “personali” rispetto ai doveri istituzionali.
Queste sono solo considerazioni frutto della mia esperienza, spero sinceramente che vengano smentite dall’esperienza dei nuovi colleghi che stanno per arrivare. Concludo con un grande augurio di “in bocca al lupo” a tutti i nuovi colleghi ed anche a tutti coloro che, pur essendo stati esclusi dalle ultime assunzioni, sono certo non tarderanno trovare la loro strada data la perseveranza che li distingue.
Innanzitutto, trovo deprimente il fatto che il direttore dell’Agenzia delle Entrate, il dott. Massimo Romano, abbia ripetutamente (ed in più occasioni) voluto giustificare la decisione di non ricorrere alle liste degli idonei delle passate procedure. Tale decisione è stata motivata con la volontà di acquisire esclusivamente dipendenti dotati della necessaria “intelligenza” al fine di contrastare l’evasione fiscale o, per usare le parole dello stesso dott. Romano: “con lo scorrimento integrale delle graduatorie degli idonei si finirebbe per ripiegare su scelte largamente al di sotto di traguardi di eccellenza”.
Purtroppo, con questo atteggiamento, il dott. Romano ha dato implicitamente del deficiente a chiunque non sia riuscito a piazzarsi abbastanza in alto nella graduatoria, pur sapendo (spero) che le prove alle quali viene sottoposto un candidato difficilmente possono fornire una misura della sua intelligenza. Parimenti il dott. Romano ha indirettamente criticato coloro i quali hanno valutato “comunque idonei alle mansioni” diversi tra quelli che non sono risultati vincitori. Se chi si piazza tra gli ultimi posti pur essendo idoneo non è intelligente, ne deriva che anche chi lo ha valutato e considerato idoneo non può essere molto furbo, peccato che i componenti delle commissioni d’esame erano (e sono tuttora) alcuni tra i massimi dirigenti dell’agenzia. Inoltre, il dott. Romano, sostenendo questa sua tesi, si trova adesso nella surreale situazione di chi è a capo di una organizzazione nella quale diversi componenti sono contemporaneamente intelligenti e deficienti a seconda dell’area geografica di riferimento. Mi spiego, credo che sia noto a tutti il fatto che, a causa della estrema difficoltà che incontra un dipendente assunto nelle regioni del nord ad ottenere la mobilità verso le regioni del sud (qualsivoglia sia il motivo), diversi dipendenti dell’agenzia utilizzano lo strumento del concorso per ottenere lo stesso risultato negato con la mobilità. Ora dato che l’Agenzia delle Entrate tende a non farsi del male da sola privandosi di elementi validi dove questi servono di più (al nord), le commissioni d’esame cercano di limitare questo fenomeno utilizzando un criterio di valutazione leggermente più severo nei confronti dei candidati già dipendenti. Questo comporta che diversi dei candidati già dipendenti non riescono a vincere il concorso e si trovano relegati nelle parti basse della graduatoria, come dire intelligenti ed adatti a contrastare l’evasione fiscale in Lombardia ma deficienti ed inadeguati in Puglia.
In conclusione mi duole ammettere che in tutta questa vicenda il dott. Romano ha mancato il punto saliente della questione, il vero problema non è tanto quello di assumere personale qualificato, volenteroso ed intelligente, doti che sono convinto non mancano affatto tra i partecipanti ai vari concorsi, il problema e tenersele queste risorse!
Quante tra queste qualificate ed intelligenti risorse saranno disposte a lavorare con impegno e dedizione duratura a fronte di uno stipendio che le colloca appena al disopra della fascia più indigente della popolazione? Giusto perché ognuno possa farsi i suoi calcoli la retribuzione netta di un funzionario terza area fascia F1 è circa 1450 euro al mese (mentre è risaputo che l’affitto di un bilocale di 40 mq, non fatiscente, in una città del nord può arrivare costare 900 euro al mese), e se è pur vero che questo stipendio è ottimo rispetto a quanto un neolaureato potrebbe percepire durante i primi due o tre anni di attività nel settore privato è pur vero anche che tale retribuzione non è destinata a crescere in proporzione alle responsabilità ed alla tanto sbandierata produttività (a quanto mi risulta negli ultimi dieci anni vi sono stati solo due aumenti di stipendio uno di circa 50 euro lordi ed uno di 70).
A conferma di quanto dico sarebbe interessante che il dott. Romano esaminasse la percentuale di dimissionari tra i recenti assunti nell’arco dei primi tre o quattro anni di carriera, quando diversi tra i giovani più qualificati, dotati ed intraprendenti, dopo aver sperimentato a dovere ciò che la Pubblica Amministrazione ha in serbo per loro, rivolgono le loro giuste aspirazioni al settore privato mettendosi al servizio della “parte avversa” tanto temuta dal dott. Romano, mentre a quelli che restano rimane solo la consapevolezza di doversi confrontare ogni giorno con una realtà lavorativa dove la responsabilità è massima ai livelli gerarchici inferiori e minima (se non nulla) a quelli superiori, dove gli arredi degli uffici costituiscono uno status simbol e uomini adulti con quasi 60 anni d’età sono capaci di strepitare ed accapigliarsi per qualche centimetro di scrivania in più (visto con i miei occhi), dove a volte, purtroppo, prevalgono gli interessi “personali” rispetto ai doveri istituzionali.
Queste sono solo considerazioni frutto della mia esperienza, spero sinceramente che vengano smentite dall’esperienza dei nuovi colleghi che stanno per arrivare. Concludo con un grande augurio di “in bocca al lupo” a tutti i nuovi colleghi ed anche a tutti coloro che, pur essendo stati esclusi dalle ultime assunzioni, sono certo non tarderanno trovare la loro strada data la perseveranza che li distingue.
Commenta