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I poteri ispettivi degli enti previdenziali

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    I poteri ispettivi degli enti previdenziali

    Sempre nell’ottica di un confronto costruttivo, propongo all’attenzione di tutti voi, un tema che, a mio parere, sui principali libri di testo specifici per la preparazione al concorso è trattato in modo poco approfondito e, direi, anche poco chiaro.
    Premetto che è essenziale un’ attenta lettura del d. lgs. 124 /2004. Il testo in esame, composto di una ventina di articoli, è il punto di riferimento per comprendere l’ argomento.
    Sinteticamente, attraverso il decreto in questione viene realizzata una profonda e sostanziale modifica dell'attività ispettiva in materia di lavoro e previdenza sociale sia sotto il profilo organizzativo,che funzionale. Sul primo versante, l'attività ispettiva del Ministero del lavoro e della previdenza sociale viene riorganizzata attraverso l'istituzione di una direzione generale con compiti di direzione e coordinamento delle strutture periferiche del Ministero al fine di assicurare l'esercizio unitario della predetta funzione,provvedendosi, altresì, a razionalizzare gli interventi ispettivi di tutti gli organi di vigilanza,compresi quelli degli enti previdenziali,ed attribuendosi alle direzioni regionali e provinciali del lavoro compiti di direzione e coordinamento operativo sulla base delle direttive adottate dalla direzione generale .
    Sotto il profilo funzionale l'attività ispettiva viene connaturata,rispetto al passato,di competenze ulteriori quali la consulenza a favore dei soggetti destinatari della disciplina in materia di lavoro e previdenza sociale e la conciliazione delle controversie individuali e ciò ,da un lato, al fine di improntare il sistema delle ispezioni alla prevenzione e promozione dell'osservanza degli obblighi previdenziali,del rapporto di lavoro,del trattamento economico e normativo minimo e dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale e ,dall'altro, nell'intento di definire un raccordo efficace tra la funzione ispettiva e quella conciliativa .

    Fatta questa breve ma doverosa premessa sugli scopi della riforma, passerei ad analizzare il contenuto ed i limiti dei poteri ispettivi degli enti previdenziali quali risultano dall’applicazione della nuova disciplina.
    Certamente il Ministero del Lavoro e i servizi ispettivi delle Direzioni regionali e provinciali sono in una posizione di “centralità” nello svolgimento dell’attività di vigilanza, nel senso che ad essi spettano funzioni ispettive di carattere generale in materia di lavoro e di legislazione sociale (vedi art. 6. com. 1 del decreto 124 /2004), tuttavia, un ruolo importante in tal senso è svolto anche dagli enti previdenziali, quali l’Inps, l’Inail, l’Enpals e gli altri enti per i quali sussiste la contribuzione obbligatoria che sono investiti di un potere di vigilanza, limitatamente però alla materia previdenziale e assistenziale (vedi art. 6 com. 3 )
    Da non sottovalutare, inoltre, il fatto che la legge non attribuisce al personale ispettivo degli enti previdenziali, nell’esercizio delle proprie funzioni, la qualifica di ufficiale o agente di polizia giudiziaria cosa che invece fa con il personale ispettivo del Ministero del lavoro. (vedi art. 6 com. 2 e 3 )
    E, non si pensi, che questa differenziazione nella qualifica soggettiva del personale in esame sia di poco conto. Ad esempio, agli ispettori degli enti previdenziali non spetta il potere di accertare e contestare contravvenzioni, potere che, al contrario, è attribuito al personale ispettivo delle DPL proprio in quanto dotato della qualifica di ufficiale di polizia giudiziaria. Ciò comporta, inoltre, che nel caso in cui l’ispettore Inps (pubblico ufficiale) dovesse rilevare nell’ambito di un’ indagine ispettiva indizi di reato dovrà farne denuncia all’autorità giudiziaria ai sensi dell’art. 331 c.p.p. e il materiale probatorio potrà essere utilizzato in sede penale purché lo stesso sia stato acquisito nel rispetto delle norme previste dal codice di procedura penale.


    Il comma 3 dell’ art. 6 individua, dunque, nell’attività di verifica del rispetto degli obblighi previdenziali e contributivi l’ambito all’interno del quale la potestà ispettiva degli enti previdenziali può legittimamente esplicarsi. Per effetto di tale disposizione risulta confermato il sistema di competenze delineato dalla precedente normativa che ha attribuito agli ispettori degli enti di previdenza il potere :
    a) di accedere a tutti i locali delle aziende,agli stabilimenti,ai laboratori,ai cantieri ed altri luoghi di lavoro per esaminare i libri di matricola e paga,i documenti equipollenti ed ogni altra documentazione,compresa quella contabile,che abbia diretta o indiretta pertinenza con l'assolvimento degli obblighi contributivi e l'erogazione delle prestazioni;
    b) di assumere dai datori di lavoro,dai lavoratori,dalle rispettive rappresentanze sindacali e dagli istituti di patronato,dichiarazioni e notizie attinenti alla sussistenza dei rapporti di lavoro,alle retribuzioni,agli adempimenti contributivi e assicurativi e alla erogazione delle prestazioni.
    Con l’aggiunta, ad opera dell’intervento normativo del 2004, :
    c) di esercitare il potere di diffida, proprio degli ispettori del lavoro, limitatamente alla materia della previdenza e dell’assistenza sociale per le inadempienze rilevate (art. 13 com. 4 d. lgs. 124 /2004)

    Tutti gli altri poteri ispettivi previsti dalla riforma del 2004 spettano esclusivamente al personale di vigilanza delle Direzioni regionali e provinciali del lavoro e mi riferisco, in particolare, ai poteri di avviare la conciliazione monocratica (art. 11), la diffida accertativa dei crediti patrimoniali (art. 12) di impartire disposizioni (art. 14) e di prescrizione obbligatoria (art. 15). Ciò proprio in quanto il decreto n. 124, nel disciplinare questi istituti, non procede ad un’ espressa attribuzione di tali poteri anche al personale ispettivo degli enti previdenziali.
    Naturalmente, i poteri ispettivi di carattere generale spettanti agli ispettori del lavoro in materia previdenziale e assistenziale possono essere esercitati anche dal personale di vigilanza degli enti previdenziali e mi riferisco, in particolare, al potere di accesso in qualunque ora del giorno ai luoghi di lavoro, di accertamento delle infrazioni attraverso l’ispezione di cose e luoghi e l’esame della documentazione aziendale, di sequestro (cautelare) della documentazione stessa e comunque delle cose che possono formare oggetto di confisca amministrativa, di contestazione al datore di lavoro, attraverso apposito verbale, delle inadempienze riscontrate.
    Per quanto concerne il potere di diffida ex. art. 13 com. 4, si tratta, dunque, di una competenza aggiuntiva degli ispettori previdenziali in precedenza attribuita solo a quelli del lavoro.
    L’ art. 13 com. 1 prevede testualmente che “ in caso di constatata inosservanza delle norme in materia di lavoro e legislazione sociale e qualora il personale ispettivo rilevi inadempimenti dai quali derivino sanzioni amministrative, questi provvede a diffidare il datore di lavoro alla regolarizzazione delle inosservanze comunque sanabili, fissando il relativo termine”.
    Ciò vuol dire che l’operatività della misura presuppone che 1) vi sia già in corso un’ispezione 2) nel corso della stessa venga constatata l’inosservanza di norme in materia di previdenza ed assistenza sociale 3) vengano rilevati inadempimenti da cui derivino sanzioni amministrative 4) le inosservanze risultino comunque sanabili.
    Secondo il nuovo dettato normativo, la diffida costituisce, dunque, una condizione di procedibilità per l’applicazione delle relative sanzioni in ipotesi di illeciti amministrativi che risultano accertati e provati e in tal senso riveste ora carattere obbligatorio e non più, come in passato, carattere discrezionale.
    Infatti, l’adozione di un provvedimento di contestazione/ notificazione di una violazione amministrativa non preceduta dalla diffida è inficiata da un vizio di carattere procedimentale, che si ripercuote sulla legittimità del provvedimento stesso.
    Ciò sostanzialmente nell’ottica della finalità preventiva della diffida volta a ridurre il contenzioso con il datore di lavoro ed improntata alla logica del c.d. ravvedimento operoso, ovvero nell’adempimento dell’obbligo violato da parte del trasgressore consentendogli di estinguere l’illecito ed accedere ad una sanzione pecuniaria ridotta.
    Per l’adozione dell’istituto è poi necessario che l’inadempienza risulti ancora sanabile, come nel caso di adempimenti formali, omessi in tutto o in parte, che possono ancora essere materialmente realizzabili. Alcune circolari Inps hanno chiarito, elencandone alcune, quali inadempienze sono ritenute sanabili. A titolo esemplificativo si cita la mancata denuncia all’Inail entro 2 giorni da quando il datore di lavoro ha avuto conoscenza dell’infortunio sul lavoro prognosticato guaribile in più di 3 giorni.
    Segue.

    #2
    Continuazione.

    Tuttavia, per quanto riguarda gli enti previdenziali l’ambito di operatività della diffida è molto limitato per effetto del 2° comma dell’art.116 della legge 23 dicembre 2000, n.388 che ha abolito tutte le sanzioni amministrative relative a violazioni in materia di previdenza e assistenza obbligatoria consistenti nell'omissione totale o parziale del versamento di contributi o premi o dalle quali comunque derivi l'omissione totale o parziale del versamento di contributi o premi, ai sensi dell'art.35, commi secondo e terzo, della legge 24 novembre 1981, n.689, nonchè a violazioni di norme sul collocamento di carattere formale”.


    Una volta accertata l’inosservanza e valutata la sua sanabilità, l’ispettore provvede a diffidare il datore di lavoro alla regolarizzazione, fissandogli un termine la cui determinazione è affidata dalla norma all’organo di vigilanza. L’adozione della diffida interrompe, fino alla scadenza del termine per la regolarizzazione, i termini per la contestazione dell’illecito (art. 13 com. 3).
    Qualora il datore di lavoro ottemperi alla diffida, egli è ammesso al pagamento della sanzione ridotta, pari al minimo fissato dalla legge oppure ad un quarto dell’importo della sanzione stabilito in misura fissa. Il pagamento della sanzione ridotta da parte del datore di lavoro estingue il procedimento sanzionatorio, mentre, ove questi non adempia, l’attività ispettiva riprende il suo corso (art. 13 com.2).

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