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L'angolo di ROL
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Originariamente inviato da ROL Visualizza il messaggioIl metodo delle plusvalenze “fittizie incrociate” è però un arma a doppio taglio. Se vi si ricorre una sola volta non crea problemi, se invece diventa un’abitudine i rischi sono moltissimi. Vediamo perché.
Supponiamo che ogni anno i miei bilanci siano in rosso e che non abbia fondi per ripianarlo (è il caso della quasi totalità delle società di calcio). Ricorro quindi al sistema che abbiamo appena visto e, di volta in volta, aggiusto i miei conti. Ma cosa succede con gli ammortamenti? Se ogni anno realizzo plusvalenze fittizie incrociate la conseguenza è che la quota ammortamenti cresce esponenzialmente. Facciamo un altro esempio: se il primo anno compro Tizio per 20 milioni, il secondo Caio per 30 e il terzo Sempronio per 40, accordando a tutti 5 anni di contratto, ho un piano di ammortamento così composto: il primo anno 4 milioni di Tizio, il secondo anno 4 milioni di Tizio più i 6 di Caio, il terzo anno i 4 milioni di Tizio, i 6 di Caio e gli 8 di Sempronio (quindi, in totale, 18 milioni di costi a bilancio) e così via fino all’esaurimento delle quote. Di questo passo, aggiungendo giocatori con quotazioni sballate, il costo degli ammortamenti cresce esponenzialmente rendendo sempre più difficile pareggiare i conti.
È questo il nocciolo della questione, l’incipit del crollo del sistema calcio. Le società calcistiche del nostro campionato (ad eccezione della Juventus e di poche altre) per ovviare alle perdite di bilancio, non hanno intrapreso un programma di contenimento dei costi ma hanno fatto ricorso al sistema delle plusvalenze, gravandosi ogni anno di aggiuntive quote di ammortamento. Per citare un caso concreto, nel 2002 l’Interha realizzato 102 di milioni di plusvalenze (con quali giocatori lo vedremo dopo) ma ha iscritto a bilancio ammortamenti per 108 milioni. E questo di fronte a un ricavo d’esercizio di 125 milioni! Quindi, i ricavi di 125 milioni sono serviti appena per coprire la spropositata quota di ammortamenti generatasi nei pochi anni in cui si è fatto ricorso al sistema che abbiamo appena analizzato.
Come l’Inter, anche molte altre società italiane si sono trovate con esposizioni debitorie enormi dovute all’uso scriteriato di questo meccanismo. Basti pensare che, nel 1998, le plusvalenze da cessione costituivano il 31% dei ricavi complessivi, per salire al 71% solo un anno più tardi. Una situazione che avrebbe portato al collasso completo del nostro calcio se non fosse intervenuto, nel 2003, il famigerato “Decreto Salvacalcio”. Scendiamo ora nel dettaglio, andando ad esaminare con quali e quanti giocatori è stato condotto il sistema delle plusvalenze fittizie incrociate. La prima che la storia del nostro calcio ricordi risale all’estate del 1998 con protagonisti Lazio e Milan: per 10 miliardi di lire i biancocelesti cedono lo sconosciuto Alessandro Iannuzzi ai rossoneri, i quali ricambiano con il carneade Federico Crovari. Cifre incredibili se si considera che in quella stessa campagna trasferimenti il Milan vendette al Venezia il portiere Taibi realizzando una plusvalenza di due miliardi, e di uno solo per le cessioni di Filippo Maniero (sempre al Venezia) e di Christian Brocchi (al Verona). La Lazio invece, cedendo il simbolo Beppe Signori al Bologna, ha dovuto accontentarsi di una plusvalenza di quattro miliardi. Inutile infine dire che né Iannuzzi, né Crovari hanno mai trovato posto nella formazione titolare delle rispettive squadre.
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